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L'intolleranza
L'esistenza umana, già intrinsecamente fragile, esposta com'è a pericoli, sventure e malattie, è resa ancor più precaria da un vizio che attraversa tutte le culture: l'intolleranza. In nome di dottrine religiose, principi etici, concezioni del mondo diverse, pregiudizi ingiustificati, gli uomini lottano e si aggrediscono fra loro, spesso con ferocia, diversamente dalle specie animali che, se si sbranano, lo fanno quasi esclusivamente per soddisfare i loro bisogni alimentari. Studiando la storia e la filosofia, conosciamo le v 111b15b icende di Giordano Bruno, messo al rogo per le sue idee troppo avanzate rispetto ai tempi, di Galileo Galilei e della sua famosa abiura, conosciamo la turpe e secolare opera dell'Inquisizione, gli eretici perseguitati e trucidati, la caccia alle streghe, le teste mozzate durante la Rivoluzione francese, i campi di sterminio nazisti, i gulag sovietici. Una lunga serie di orrori e di violenze che ha costellato il cammino della storia. Altre volte una razza si ritiene superiore biologicamente, e in modo infondato su di un'altra, e si genera il razzismo. Oppure è un genere a ritenersi superiore all'altro: storicamente l'oppressione secolare del genere femminile nasce dal discutibile convincimento che l'uomo sia superiore alla donna. Esistono poi anche forme di intolleranza meno vistose, quelle che nascono da pregiudizi di casta, di classe sociale, di corporazione, ma forse è più giusto parlare di discriminazione. Esiste l'intolleranza economica, laddove all'individuo è preclusa la libera iniziativa economica, perché una burocrazia pseudo-onnisciente, che governa e pianifica, determina dall'alto ogni attività. Siffatti sistemi economici, presto o tardi giungono alla rovina, quasi per implosione; si veda il recente crollo dell'impero sovietico. Eppure un'illustre tradizione del pensiero occidentale, da Ockham a Boccaccio, da Erasmo a Montaigne, da Locke a Voltaire, ha predicato i valori della pacifica convivenza tra gli uomini e della tolleranza. Il problema è che nel corso della storia, alcune elite culturali presumono di possedere la verità e per il bene del mondo, per redimerlo e migliorarlo, cercano di imporre il proprio sistema di valori e credenze agli altri, ritenendo legittimo anche il ricorso alla forza e alla violenza. Per il bene di tutto il genere umano. Nelle sue forme estreme, l'intolleranza si intreccia al fanatismo. Le buone intenzioni si trasformano nell'edificazione di spaventosi inferni. Illuminante è a questo proposito un libretto uscito di recente nella traduzione italiana, dello scrittore israeliano Amos Oz: Contro il fanatismo ne è il titolo. Quello che i riformatori violenti non capiscono è che se da una parte la scienza è in grado di formulare teorie verificabili (e comunque smentibili) sulla base di una metodologia rigorosa, il mondo delle idee è molto più aleatorio. L'uomo è fallibile, dotato di una razionalità limitata e quindi soggetto a errori anche grossolani. Consapevole dei propri limiti gnoseologici, l'uomo dovrebbe perciò vivere secondo le proprie idee, avere la libertà di manifestarle e praticarle nel rispetto della libertà e della vita altrui, senza volerle imporre con la forza agli altri. Le società più evolute e aperte vivono di questo fecondo dialogo culturale, di questo rispetto reciproco, dove lo scontro fra concezioni diverse avviene in maniera rituale e pacifica. Non esistono benessere materiale e psicologico, sviluppo delle arti e delle scienze, laddove c'è guerra, distruzione, dove il ciclo della vita quotidiana, la continuità di studi ed affari, è resa impossibile dalla violenza. L'intolleranza, dunque, sia nelle forme vistose della guerra
di religione, sia nelle più sottili e subdole forme di discriminazione fra
esseri umani, è un male. Coltiviamo allora il suo naturale antidoto: la
tolleranza. Ma cos'è la tolleranza? |
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