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J.S. Mill L'Utilitarismo

sociologia



J.S. Mill L'Utilitarismo

Le verita' accettate come principi primi di una scienza sono i risultati ultimi di una analisi metafisica condotta sulla elaborazione delle nozioni elementari che la costituiscono: il rapporto che intercorre tra esse e la scienza e' simile a quello tra le radici e l'albero, dove le radici assolvono la loro funzione anche se non sono mai esposte alla luce.

Ogni azione e' compiuta in vista di qualche fine e le sue regole devono assumere una fisionomia e un carattere conformi allo scopo cui sono subordinate.

E' controversa l'esistenza di un istinto morale, tuttalpiU' la facolta' morale puo' fornire solo i principi generali del giudizio morale.

La mancanza di un principio ultimo riconosciuto ha fatto della morale non tanto un 848d36i a guida quanto una consacrazione dei sentimenti effettivi dell'uomo.

Il principio di utilita' o per dirla alla BENTHAM il principio della massima felicita' ha un peso considerevole in qualunque teoria morale: anche KANT nella sua metafisica dei costumi quando formula la legge: agisci come se la regola del tuo comportamento possa adottarsi come una legge da tutti gli esseri razionali, non puo' dimostrare una impossibilita' logica alla adozione di regole piU' sconvenienti.

che cos' e' l'Utilitarismo



I sostenitori dell'utilitarismo da EPICURO a BENTHAM intendono per utilita' non qualche cosa di distinto dal piacere, ma il piacere stesso unito all'assenza del dolore, asserendo che l'utile e' qualche cosa di piacevole.

La dottrina che accetta come fondamento della morale l'utilita', o il principio della massima felicita', sostiene che le azioni sono lecite in quanto tendono a promuovere la felicita', e illecite se tendono a generare il suo opposto.
Per felicita' si intende piacere e assenza di dolore; per infelicita' dolore e privazione del piacere.

Alle accuse di una teoria spregevole MILL afferma del tutto compatibile con il principio dell'utilita' che alcuni tipi di piaceri siano piU' desiderabili e apprezzabili di altri.

In particolare i piaceri dello spirito sono su un piano superiore rispetto a quelli del corpo, sia per la maggiore stabilita', sicurezza e gratuita'.

Di due piaceri, quello verso cui tendono, indipendentemente da ogni sentimento di obbligazione morale, tutti o quasi tutti coloro che hanno esperienza di entrambi e' il piacere piU' desiderabile; in questo senso e' lecito attribuire al piacere preferito una qualita' superiore.

Per rendere ragione alla maggiore appettibilita' dei piaceri superiori dello spirito MILL sottolinea come pochi vorrebbero essere mutati in animali in cambio del pieno godimento dei loro piaceri bestiali.

Secondo il principio della massima felicita' lo scopo ultimo di ogni azione e' un'esistenza il piU' possibile esente dal dolore e ricca di godimenti, sia quantitativamente, sia qualitativamente.

La felicita' da perseguire non e' la felicita' personale di chi agisce, ma la felicita' di tutti gli interessati. Tra la propria felicita' e quella degli altri, l'utilitarismo pretende che colui che agisce sia del tutto imparziale come uno spettatore disinteressato e benevolo.

La moralita', quindi, e' quell'insieme di regole e di norme di condotta dalla cui osservanza una forma di vita, come quella descritta, potrebbe essere garantita, nel modo piU' ampio, a tutto il genere umano e all'intera creazione.

La felicita' non puo' essere considerata un'estasi continua, ma una vita gioiosa costellata da pochi dolori. L'errata educazione e le tristi condizioni sociali impediscono cio'.

Il progresso potra' eliminare molti mali della societa'.

La morale utilitaristica riconosce negli esseri umani la capacita' di sacrificare il proprio sommo bene per il bene degli altri, rifiuta solo di ammettere che il sacrificio sia, di per se stesso, un bene.



La regola aurea di GESU': non fare agli altri.. e ama il prossimo tuo.. costituisce l'ideale perfezione della morale utilitaristica.

L'utilita' vorrebbe imporre, quindi, che le leggi e le istituzioni sociali ponessero la felicita', o l'interesse di ciascuno, il piU' possibile in armonia con l'interesse della collettivita'; e in secondo luogo che l'educazione e l'opinione dovrebbe consolidare l'idea di una unita' tra la propria felicita' e il bene di tutti, tanto da far assurgere la promozione del bene comune come comportamento abituale in ciascuno individuo.

Mill come Bentham precisa la differenza tra intenzione e motivazione nell'atto morale. La moralita' di una azione dipende dall'intenzione, cioe' da cio' che vuol fare chi agisce. Il motivo, cioe' il sentimento che fa agire in quel determinato momento, se non modifica nulla dell'atto, cosi' non muta nulla nella moralita'.

L'utilitarismo non e' una dottrina atea. Ma e' piU' religiosa di qualsiasi altra. Alla accusa che non c'e' tempo prima di una azione per calcolare e pesare gli effetti di un determinato modo di agire Mill risponde che di tempo c'e' ne stato tanto: l'intera durata della specie umana.

E' da imputarsi alla complessa natura dell'uomo se esistono norme etiche in conflitto o esistono delle eccezioni.

Della suprema sanzione del princpio di utilita'

. Qual e' la forza obbligante della norma morale? Perché se la mia felicita' non coincide con quella generale non dovrei darle la precedenza?

Solo attraverso un'educazione si puo' arrivare ad intimo convincimento per tutti.

Il principio di utilita' puo' contemplare tutte le sanzioni che appartengono a qualsiasi altro sistema morale.

Le sanzioni possono essere esterne (speranza di accettazione sociale etc), o interne: il sentimento del dovere che costituisce l'essenza della coscienza.

La sanzione dipendente dal sentimento del dovere non e' vincolante per colui che e' privo di questo sentimento, ma costui non osservera' maggiormente un altro principio morale piU' di quanto non osservi quello utilitaristico.








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