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LO SVILUPPO MORALE SECONDO PIAGET - Morale eteronoma

psicologia



LO SVILUPPO MORALE SECONDO PIAGET


La teoria psicoanalitica focalizza l'attenzione soprattutto sullo sviluppo dei sentimenti morali, mostrando come nel bambino e nell'adulto nasca il senso di colpa che impedisce o inibisce le azioni moralmente scorrette.

Piaget analizza soprattutto il giudizio morale del bambino, cioè la sua capacità di valutare se una certa azione, commessa da lui o da altri, è corretta oppure no dal punto di vista morale. Lo psicologo è convinto che alla base della moralità vi sia la nozione di regola. La regola prescrive quale sia il comportamento corretto nelle varie situa 111e42b zioni. Un settore dove è possibile osservare in modo privilegiato come le regole vengano rispettate dai bambini è il gioco che Piaget definisce "gioco di regole". Piaget osserva il gioco di bambini di varie età e successivamente discute con loro del modo di intendere le regole del gioco. Nota che i bambini più grandi seguono con più rigore le regole dei giochi e sono più consapevoli dei motivi per cui esse vanno seguite. Lo studioso è convinto che un atteggiamento simile valga anche per la loro condotta morale nella vita quotidiana, a scuola, nel rapporto con gli amici, con i genitori e con gli estranei. Un altro metodo usato da Piaget consiste nel raccontare delle storie molto brevi al bambino e poi chiedergli di giudicare le azioni compiute dai protagonisti. I bambini osservati manifestano dapprima una morale eteronoma e a partire da otto anni, una morale autonoma. Tali periodi corrispondono, all'incirca, alla fase preoperatoria e alla fase delle operazioni concrete.




Morale eteronoma

Secondo Piaget la morale del periodo preoperatorio è eteronoma, ossia dipende da una volontà esterna: quella dei genitori e degli altri adulti rispettati. Lo psicologo è convinto che il bambino impari dai genitori le regole del comportamento morale. Il bambino giudica i propri genitori e gli adulti per lui importanti come persone superiori a sé. Tale rispetto, che è un misto di affetto e timore, è all'origine dei primi sentimenti morali. La prima morale del bambino è quella dell'obbedienza, e il primo criterio del bene è, per i più piccoli, la volontà dei genitori. Questo spiega perché la morale della prima infanzia venga denominata eteronoma. Si tratta di una morale derivante dall'egocentrismo del pensiero infantile, incapace di tenere conto del punto di vista dell'altro.

Il bambino ritiene le norme immodificabili e pensa che il loro valore aumenti in base all'autorevolezza di chi le impone. Il bambino sa che le regole non possono essere trasgredite senza essere puniti. La morale eteronoma giudica le malefatte senza tener conto del contesto in cui sono prodotte, per tale motivo Piaget le attribuisce il carattere del realismo morale che consiste nel valutare il comportamento delle persone in base agli effetti prodotti, indipendentemente dalle intenzioni.


Morale autonoma

Il bambino di 5 o 6 anni ritiene che le regole siano immutabili, stabilite per sempre da un'autorità superiore. Piaget chiarisce questo concetto facendo riferimento al tradizionale gioco delle biglie: i bambini piccoli giocano imitando le regole dei più grandi, i bambini di sette anni fanno invece riferimento, in modo più preciso e coordinato, a un insieme di regole comuni. Piaget fa il seguente esempio: chiediamo ai giocatori più grandi di inventare una nuova regola, diversa da quella tradizionale; chiediamo se questa nuova regola, una volta diffusa e  imitata dai giocatori più giovani, diventi una vera regola. I più piccoli anche se in pratica giocano senza preoccuparsi delle regole, non accettano che la nuova regola diventi una vera regola. Per i bambini più grandi, invece, la nuova regola può diventare vera se tutti la adottano, una vera regola è l'espressione di un accordo comune. La regola non viene più rispettata in quanto è prodotta da una volontà esterna, ma in quanto è il risultato di un accordo. Abbiamo pertanto il passaggio da una morale eteronoma a una morale autonoma. La morale autonoma prevede che le regole siano obbligatorie nella misura in cui i bambini vi si riconoscono e acconsentano di seguirle. Questo tipo di morale comincia a essere presente a partire dai 7-8 anni di età. I giocatori escludono l'imbroglio non solo perché proibito, ma perché viola l'accordo tra persone che hanno stima e fiducia reciproca. Si capisce allora perché, solo a questa età, i bambini capiscono il vero significato di una bugia e perché considerano una bugia tra amici più grave di quella detta agli adulti. Con la crescita, cambia nel bambino anche l'idea di giustizia. Dapprima la giustizia è retributiva, cioè prescrive che i benefici siano proporzionali ai meriti. Segue poi una forma di giustizia distributiva in cui domina l'idea di uguaglianza. Si tratta però di una forma semplicistica di uguaglianza, che non tiene conto delle diverse situazioni. Inoltre, i bambini non sono coerenti e, in modo piuttosto arbitrario,pensano che debba valere ora il primo criterio ora il secondo. Secondo Piaget, si tiene un atteggiamento più equilibrato verso gli 11-12 anni, con lo sviluppo dell'equità. Con l'equità la generosità si allea con la giustizia e compare una forma più avanzata di giustizia, che tiene conto delle diverse esigenze che le situazioni richiedono.




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