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PESTALOZZI

pedagogia



PESTALOZZI


La letteratura sviluppata intorno al pensiero del Pestalozzi si dispone su due piani di lettura, il primo si ordina su correlazione tra momento biografico e momento pratico didattico cercando di dare evidenza alla personalità dell'uomo Pestalozzi, la seconda aspira a cogliere la sua direzione di senso, il principio ideale che l'ispira rendendo esplicito il contributo da lui offerto al progresso della filosofia dell'educazione.

Dopo Rousseau non era facile delineare un quadro organico dei contenuti, dei metodi e delle finalità dell'educazione, le parole di Rousseau erano suonate nuove in tutto.

Il Pestalozzi ha il merito di aver trovato ampi e significativi spazi per collocarvi le proprie originali vedute, rivalutazione del modello familiare come riferimento fondamentale per un'autentica educazione secondo natura.

Al Pestalozzi muore il padre all'età di sei anni e cresce con la madre e la tata avvolto in un'ambiente protettivo ricco di affetti e fiducia ma chiuso verso l'esterno, verso i rapporti sociali, e quindi atto a coltivare l'immaginazione.



L'esperienza scolastica si colloca su un piano di continuità con quella familiare che il giovane trova noiosa mentre si arricchiscein adolescenza e in giovinezza con la frequenza al Collegio Carolingio, è finalmente il momento dell'incontro con la cultura cittadina, il momento della sua maturazione e la scoperta della sua vocazione.

Zurigo come tutta l'Europa sta subendo l'influenza del pensiero illuminista e numerosi docenti del Collegio introducono idee innovative sia pur a vario titolo e con diversi interessi.

Questo periodo della vita del Pestalozzi è di particolare interesse perché ne segna la definitiva maturazione e lo indirizza verso la scelta c 343i82d he sarà quella di tutta la sua vita. Della nuova cultura lo colpisce il rigore morale, gli ideali di virtù, della perfezione individuale, dell'amor di patria; il suo animo di sognatore, però, dopo un breve periodo d'entusiasmo si converte in un profondo bisogno di concretezza, e quindi nell'esigenza di una virtù che non sia solo libresca, ma che sia tale da prendere corpo. Così il giovane Pestalozzi rinuncia agli studi, lascia Zurigo e il suo status di cittadino per trasferirsi presso una fattoria sperimentale, per fare esperienza di agricoltura e divenire agricoltore lui stesso. Quella che si appresta a compiere in questi anni il Pestalozzi è una vera e propria rivoluzione culturale, di Rousseau ha fatto propria l'idea del ritorno alla natura e si è convinto che l'attività agricola può condurlo nel contado a condividere la vita dei poveri potendoli aiutare ad elevarsi socialmente facendogli recuperare la loro dignità di uomini.

Nel 1769, all'età di 23 anni acquista una piccola proprietà per sé e sua moglie ed inizia le sue sperimentazioni agricole. Circostanze diverse, fra cui l'imperizia dello stesso Pestalozzi, determinano in pochi anni il fallimento dell'impresa. Il Pestalozzi ha uno scopo molto chiaro in testa e ritenta ospitando fino a 50 ragazzi e aggiungendo al lavoro agricolo anche quello manifatturiero nella prospettiva di un'educazione professionale adeguata alle necessità sociali dei suoi ospiti e, nello stesso tempo, arricchita da una solida educazione etico sociale e da una istruzione elementare di base. Però deve ancora una volta prendere atto che società e vita morale non corrono in parallelo e quindi deve nuovamente chiudere nel 1779. Gli anni che seguirono furono di angoscia, un tormentoso senso di colpa lo affliggeva. Quella che potrebbe apparire pazzia, e cioè l'idea di voler istituire una scuola per i poveri sulle rovine dell'iniziale esperienza agricola, la si comprende soltanto se si tiene presente il bisogno invincibile del Pestalozzi di dare espressione concreta al suo amore per l'umanità: un sentimento mistico che affonda le sue radici nello spirito del cristianesimo. Negl ianni che seguono il Pestalozzi sembra muoversi in direzioni diverse e contraddittorie, anche se tutte finiscono per confluire su un motivo centrale, che è quello stesso che lo conduce a chiarire i termini della sua visione della realtà e della sua filosofia dell'educazione.

Così nel '97 con le Ricerche si vede costretto, per far chiarezza, a ripercorrere l'intero svolgimento della propria vita trovando la via di una ricomposizione unitaria dell'esistenza. Nel '99 dopo una sanguinosa rivolta al Pestalozzi viene affidata la ricostruzione morale e sociale dei ragazzi rimasti orfani a Stans, egli si getta nell'impresa con l'entusiasmo di sempre, questa costituisce una svolta decisiva nello sviluppo dello sperimentalismo pestalozziano e occupa una posizione di primo piano nel panorama della pedagogia europea degli ultimi due secoli. Sul fondamento delle Ricerche, a Stans, l'idea del lavoro assume una precisa connotazione pedagogica, mentre si chiarisce definitivamente il fine dell'educazione.

"Natura", "Società", "Moralità", a Stans si traducono nel modello di una comunità più consapevole dei propri scopi formativi, al Pestalozzi è ormai chiaro che la natura è egoismo e benevolenza, che la società è fonte di corruzione, per cui l'educazione non può proporsi se non come ricerca e superamento degli egoismi individuali e collettivi nell'ubbidienza, attraverso l'amore, alla pura idea della moralità. Più tardi il Pestalozzi sposta la propria attenzione sui problemi di metodo, questo passaggio è motivato da ragioni sociali, e cioè dalla necessità di modificare psicologicamente i metodi d'istruzione, così da rendere possibile una loro generalizzazione, in funzione di una scuola elementare effettivamente popolare. Nel 1811 scrive Madre e figlio opera che va considerata per certi aspetti come un vero e proprio abbozzo della moderna scuola dell'infanzia.

Ciò che caratterizza in proprio il Pestalozzi è la sentita intima esigenza di convertire in ogni momento la pedagogia in educazione, la riflessione teorica in pratica educativa:"Io desideravo fare quello di cui gli altri parlavano soltanto. Ero interessato in do vitale a tutto ciò che riguardava i sentimenti degli uomini ed ero naturalmente condotto a cercare onore e amore piuttosto nel campo del sacrificio e della carità che in quello del pensiero e della ricerca. Indipendenza, autonomia beneficenza, abnegazione e amor di patria erano le parole d'ordine cui si informava la nostra educazione pubblica. Ma il mezzo per arrivare a tutto questo, il mezzo di cui si faceva soprattutto la lode, la distinzione intellettuale, veniva lasciata senza una sufficiente e solida educazione della facoltà pratiche necessarie. Ci si insegnava fantasticamente a ricercare l'autonomia nella conoscenza verbale della verità, senza farci sentire effettivamente il bisogno di quel che sarebbe stato essenziale e necessario per garantire la nostra autonomia, sia quella interna che quella esterna, domestica e civile. Questo indirizzo era spinto al punto di farci credere, fin da scolaretti, che le nostre superficiali cognizioni scolastiche potessero prepararci magnificamente e solidamente alla vita civile". La critica a certo astratto riformismo illuministico è chiara. Dalla pagina pestalozziana emerge chiaramente il rifiuto più risoluto per un tipo di educazione sostanzialmente aristocratica o comunque sciolta dalle reali condizioni di vita popolare, specie del contado.



L'esperienza di Neuhof crea nel Pestalozzi dei giudizi personali severi "La causa della cattiva riuscita della mia iniziativa è da addebitarsi soltanto a me stesso e cioè alla mia incapacità di dedicarmi a qualsiasi cosa che implichi concrete capacità pratiche". Ciò che di Neuhof non deve sfuggire è il suo significato sociale e pedagogico, purchè si sia disposti a scorgervi storicamente il tentativo di avviare, in concreto, un modello pedagogico di liberazione ed elevazione etico-sociale delle classi più povere e, dunque, vi si scorga la volontà di dare avvio, attraverso un esperimento esemplare, ad un'esperienza originale di educazione nazional-popolare. Con l'esperienza di Stans il Pestalozzi resta convinto della sostanziale staticità dell'ordine sociale, ma ora l'idea che <il povero va educato alla povertà> viene chiaramente intesa alla luce di una pedagogia progressiva, nella prospettiva che il povero possa apparire un giorno fra i suoi simili provvisto di cognizioni e di abilità tali da poter recare loro qualche aiuto e di godere della loro considerazione. All'idea dell'educazione come riscatto sociale tende a sostituirsi, quindi, una connotazione pedagogica del lavoro, valutato per il contributo che esso può offrire nel quadro di una formazione plurilaterale della personalità, in stretta connessione con l'educazione intellettuale, affettiva e morale. Il modello per così dire istituzionale resta quello di sempre "la casa". Anche i contenuti dell'educazione non sembrano mutare, dato che il Pestalozzi continua ad insistere sulla connessione di istruzione e lavoro. Senonchè il lavoro assume una valenza pedagogica chiara (non solo sociale). Con questo passaggio il Pestalozzi non abbandona l'itinerario avviato a Neuhof, di un educazione popolare socialmente impegnata nella direzione dell'economia domestica-lavoro agricolo-lavoro industriale; ma, mentre la conferma, la supera da pedagogista, con l'attenzione rivolta alla formazione dell'uomo nella sua totalità. L'insieme delle riflessioni del Pestalozzi è affidato alle Ricerche del 1797. L'idea intorno alla quale ruotano le Ricerche è l'idea di natura. Che il Pestalozzi si sia occupato per tempo e continui a riflettere sull'essenza della natura non può stupire, visto che è tema obbligato di tutta la riflessione filosofica, politica ed etico religiosa del XVIII secolo. Peraltro il problema della natura gli si impone fin dalle origini della sua formazione culturale, e soprattutto, diviene tema primario da Neuhof in poi visto che ne fa scelta educativa e di vita. La connotazione in negativo del vivere sociale e dello Stato costituisce un punto fermo della filosofia della società del Pestalozzi. Peraltro la sua analisi è estremamente raffinata, perché non si limita a dare evidenza alla forza bestiale del potere, ma ne coglie per così dire anche le più sottili mistificazioni. Il potere sa sempre trovare le figure delle proprie mistificazioni idealizzanti: tirannia=sovranità, anarchia=tutela dei diritti, della libertà e dell'uguaglianza, oligarchia=aristocrazia, avidità ecclesiastica=sacerdozio regale A questo punto il Pestalozzi introduce la distinzione dei tre stati lo stato naturale, sociale e morale. Per il Pestalozzi, lo stato di natura non designa un modo di essere dell'uomo storicamente determinato, ma costituisce, per così dire, una metafora che contiene un'importante verità: < lo stato di natura, nel senso proprio della parola, è il più alto grado dell'innocenza animale. L'uomo in questo stato è l'ingenuo figlio del suo istinto, che lo conduce semplicemente e senza malizia ad ogni godimento sensibile>. L'idea di natura incorrotta, da liberare e riconsegnare a se stessa (Rousseau) viene dunque sostituita dal Pestalozzi da uno stato animale come fondamento sostanziale dell'uomo, ugualmente disponibile ad elevarsi verso la sua natura superiore (innocenza e virtù) o a precipitare vittima dei propri impulsi egoistici nel caos corrompitore del vivere sociale. L'uomo naturale e quindi possibilista e pertanto, inserito com'è nella vita sociale, abbisogna di un qualche sostegno esterno per realizzare le sue potenzialità positive. Vedremo che simile aiuto verrà affidato dal Pestalozzi all'educazione, e in primo luogo alla famiglia. Lo stato sociale nasce secondo il Pestalozzi, o dalla debolezza dell'uomo, oppure daal'esuberanza delle sue forze: è lo strumento col quale il debole cerca di soddisfare, sotto la protezione del diritto, i propri bisogni, oppure il mezzo con il quale il più forte cerca di prevalere. L'uomo è nella sua essenza innocenza e forza, come abbiamo visto: ebbene lo stato sociale deve per così dire compiere un'azione di mutilazione così che il vivere sociale divenga possibile:< il senso animale della tua natura non deve sapere cosa gli prendi, non deve attribuire a te ciò che gli fai soffrire, deve esso stesso desiderare di andare dove tu lo guidi, e quel che tu gli fai per trasformarlo in un'altra natura, deve appena distinguerlo da ciò che vi era nella prima>. In questo modo, e non altrimenti, il potere può fare dell'uomo un cittadino. Lo stato naturale e il diritto naturale non indicano delle realtà storiche, ma sono delle idee che emergono dalla nostra stessa natura nel momento di contradizzione opposizione tra le esigenze positive più intime del nostro essere e le costrizioni e deviazioni del vivere sociale. Siamo alle soglie del terzo stato, lo stato morale. Sulla scia di Kant, il Pestalozzi attribuisce alla moralità un'origine autonoma. Lo stato sociale risveglia in ogni condizione dei bisogni che non soddisfa, e inclinazioni che poi non appaga. Ciò significa che lo stato sociale costituisce la condizione perché emerga l'esigenza morale, anche se non ne costituisce l'origine. Il Pestalozzi, così, mette in relazione stato sociale e stato morale,< la lacuna che la mia mutilazione sociale ha portato nella mia natura animale richiede imperiosamente di essere colmata, ed è qui che la forza sociale della mia natura si unisce alla forza morale>. Secondo il Pestalozzi, una buona legislazione potrebbe agevolare in maniera significativa l'elevarsi degli uomini alla moralità < quanto più la legislazione di un dato paese si riveli capace di stringere i legami del sangue e i rapporti di benevolenza fra gli uomini, ostacolando il prevalere della forza brutale sopra il diritto; tanto più una legislazione di tale sorta favorisce nei cittadini quella disposizione naturale, che è assolutamente necessaria a produrre il loro interiore perfezionamento>. Lo stato sociale così si pone come momento intermedio tra stato naturale e stato morale. La legislazione anche più avveduta non crea la moralità, la quale ha radici autonome: >solo per opera mia io sono forza morale,virtù>. Se, come noi crediamo, la pedagogia è, nella sua distintività scientifica, metodologia, occorre allora riconoscere che nel processo stirico di specificazione della pedagogia, il Pestalozzi occupa un posto di tutto rilievo, perché il metodo costituisce per il Pestalozzi, correttamente, il luogo in cui ricondurre a sintesi pratica la sua filosofia dell'educazione e le sue intuizioni ed analisi psicologiche e sociali. Come si è accennato, la viva consapevolezza che il fine dell'educazione vada commisurato con la realtà psicologica del soggetto e con le esigenze-limitazioni poste dal vivere sociale, costituisce il fondamento di tutte le riflessioni del Pestalozzi. Più articolata, come sappiamo, l'analisi sociologica. Dopo i grandi avvenimenti economici e politici tra la fine del '700 e i primi dell'800, il Pestalozzi si rende conto che il rapporto educativo non può essere circoscritto alla relazione madre-figlio, ma deve necessariamente occupare uno spazio più largo che, pur facendo perno sulla famiglia, sappia via via penetrare in aree progressivamente più ampie, dalla famiglia al contado, dalle relazioni sociali all'universalità dei valori morali. Più si riflette sulle varie direzioni di ricerca, tanto più ci si convince della sua straordinaria grandezza di educatore e pedagogo. Pur nei limiti di un pensiero che risente del periodo storico, il Pestalozzi imposta, con singolare passione e lucida consapevolezza teoretica e critico-sperimentale, le problematiche fondamentali della pedagogia contemporanea.



In sintesi:

Col Pestalozzi la pedagogia, che già in Rousseau ha acquistato una propria autonomia, assume i tratti della scienza moderna,infatti affidandosi all'esperienza giunge in non pochi momenti ad identificare scienza e ricerca. La pedagogia del Pestalozzi si fa dunque, metodologia, disponendosi tra una ben definita filosofia dell'educazione e una copiosa serie di dati osservativi, psicologici e soprattutto sociologici. Capire Pestalozzi significa dunque aver chiari i termini della sua filosofia dell'educazione come rilevazione delle antinomie fra natura e vita sociale, di cui indica la via della composizione nell'eticità, e l'educazione si pone come problema la loro armonizzazione. Tener ben fermo che il metodo è posizione stessa del problema educativo nella sua universalità. Di rilievo altresì, la sua matura concezione della formazione professionale, dato che si è deo professionisti soltanto e in quanto si è uomini. A nostro giudizio va ascritto al Pestalozzi, per effetto delle sue ricerche didattiche, la scoperta della moderna scuola dell'infanzia.








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