![]() | ![]() |
|
|
Seneca
Seneca
nacque a
Abbandonata
la vita contemplativa, Seneca intraprese il cursus
honorum e rivestì l'incarico di questore. I rapporti con l'imperatore
furono però ostili: dapprima Caligola progettò di ucciderlo e in seguito il nuovo imperatore, Claudio, nel 41 d. C. lo accusò di
adulterio e lo spedì in esilio in
Alla morte di Claudio e alla successione di Nerone, Seneca
si trovò a dirigere le redini dell'impero insieme ad Agrippina. Ma non durò molto: Nerone, infatti, dopo alcuni anni,
uccise la madre ed istaurò un regime dispotico e
totalitario. In seguito alla morte
Le tragedie
Ci è pervenuto, sotto il nome di Seneca, un corpus di dieci tragedie di argomento mitologico. Si presuppone che quest'ultime, siano state scritte sotto l'impero Neroniano, dove egli prestava servizio.
Le controversie sulla produzione tragica di Seneca vertono su quale sia il vero intento ideologico perseguito dall'autore.
L'ipotesi
più accreditata è quella secondo la quale, le tragedie, furono concepite non come un "teatro di opposizione", ma come "teatro
di esortazione". Il carattere fortemente
antitirannico delle tragedie, infatti, presuppone che Seneca abbia scelto di
attribuire alla poesia uno scopo pedagogico, di farne uno strumento di
ammaestramento morale, di affidarle una funzione ausiliaria rispetto alla
filosofia. Dunque, i drammi senecani, furono composti per mettere dinanzi agli
occhi
Le tragedie di Seneca sono dominate dalla lotta tra la ratio (ragione) e il furor (inteso come pazzia):
rappresentazione
accentuazione di tinte fosche e cupe, degli aspetti più truci e sinistri, dei particolari più atroci e raccapriccianti,
fortissima accentuazione patetica dell'impulso irrazionale delle passioni (amore, odio, gelosia, ambizione, sete di potere, ira, rancore) intese come furor cioè pazzia.
Il significato pedagogico e morale si individua, dunque, nell'intenzione di proporre esempi paradigmatici dello scontro, nell'animo umano, di impulsi contrastanti, positivi e negativi (rif. Apollineo e Dionisiaco di Nietzsche nella tragedia).
Ci si aspetterebbe però, dallo stoico Seneca, l'introduzione di personaggi, moralmente positivi, atti ad esprimere la certezza che una ragione provvidenziale domini il cosmo e guidi l'umanità. Ma così non è: salvo rarissime eccezioni, il quadro complessivo è fosco e raccapricciante La Fortuna governa le vicende umane senza alcun ordine e sparge i suoi doni con mano cieca,favorendo i peggiori».
Tale
visione pessimistic 535h77f a, tuttavia, appare funzionale proprio a quel valore di
esemplarità negativa che i personaggi tragici rivestono agli occhi
Le Lettere a Lucilio
Le Epistulae
morales ad Lucilium sono una raccolta di 124 lettere raccolte in 20 libri,
scritte durante il periodo
Uno dei temi principali dell'opera è l'invito al secessus e l'esortazione all'otium.
Per conquistare la felicità si deve raggiungere la sapientia; che si può acquistare solo ed esclusivamente impegnandosi a tempo pieno nella lotta contro le passioni, contro gli impulsi e i desideri irrazionali che da ogni parte aggrediscono e minacciano l'uomo, privandolo della pace dell'anima (atarassia epicurea).
La ricerca del vero bene, inoltre, consiste unicamente nella ricerca della virtù: bisogna liberarsi dai falsi giudizi del volgo e astenersi da ogni occupazione frivola e moralmente inutile; si deve poi evitare il contatto con la folla, riservandosi alla compagnia di pochi e scelti amici e dedicandosi ad un dialogo continuo e fecondo con i grandi filosofi del passato (teoria epicurea del "vivi nascosto").
LETTERA IV
ACCETTARE LA MORTE
RECA RIMEDIO A TUTTI I
VITA. TUTTE LE COSE SONO EFFETTO DEL MODO CON CUI SI PENSA
Mi fa grande pena
che tu soffra di frequenti catarri e piccole febbri che seguono i catarri
troppo persistenti e diventati poi cronici: tanto più mi fa pena perché anch'io
ho sperimentato questo genere di malattia, che in principio ho trascurata. La
mia giovinezza poteva ben spregiare le offese delle malattie e contrapporre
loro sdegnosamente la sua forza. In seguito però ho dovuto soccombere, e sono
arrivato ad un momento nel quale, ridotto ad
un'estrema magrezza, avevo l'impressione di liquefare. Più volte ho sentito una
gran voglia di romperla con la vita: ma mi ha trattenuto la tarda età
Ti dirò quali cose mi siano state allora di conforto, ma voglio dirti prima che queste cose in cui cercavo la quiete hanno avuto l'efficacia di una medicina. I buoni onesti conforti diventano rimedi, e ciò che ha sollevato lo spirito finisce per giovare anche al corpo. I nostri studi sono stati la mia salvezza: se mi sono alzato da letto ed ho riacquistata la salute ne rendo merito alla filosofia; alla filosofia io debbo la vita ed è il minore dei debiti che ho verso di essa. Alla piena guarigione hanno anche contribuito gli amici che colle loro premure, colla loro assistenza e anche colle loro conversazioni, mi hanno dato grande sollievo. Nulla, mio Lucilio ottimo fra gli uomini, ristora e solleva un ammalato come l'affetto degli amici, nulla giova tanto a rasserenarti l'aspettazione della morte e a toglierti i timori: pensando essi in vita, non avevo l'impressione di andare verso la morte. Mi pareva che sarei vissuto non con loro ma attraverso loro: mi pareva che non avrei dovuto esalare il mio fiato ma consegnano ad altri.
Così mi sono formata una decisa
volontà di venire in aiuto a me stesso e di adattarmi perciò a soffrire
pazientemente ogni dolore: quando si è messo da parte l'idea di affrontare la
morte, l'estrema miseria è non avere l'animo di affrontare la vita. Cerchiamo dunque i rimedi a tutto questo. Il medico da parte
sua ti prescriverà le passeggiate e gli esercizi che dovrai fare, ti dirà di
non abbandonarti con troppa indulgenza all'ozio, a cui ci porta per natura la
malferma salute, che tu legga a voce chiara e che tenga così in attività le vie
e gli organi della respirazione dove risiede il male, ti consiglierà di andare
in barca, e così con questo leggero ondeggiamento fare un po' di massaggio alle
viscere; ti dirà che cibi devi prendere, quando devi bere un po' di vino per
ravvivare le tue forze e quando devi cessare perché non ti irriti e non ti
esasperi la tosse. Io poi ti prescrivo un rimedio che
deve servirti non solo per questa malattia ma per tutta la vita: disprezza la
morte. Nulla più ci può rattristare quando abbiamo superato la paura della morte. In ogni malattia vi
sono queste tre cose gravi: la paura della morte, il dolore
Torniamo ora a quello che è il vero incomodo: la malattia porta grandi sofferenze, che
però sono rese tollerabili dagli intervalli. Infatti l'accesso violento
Per gli ignoranti poi nelle
sofferenze
Potrà anche
giovare volgere l'animo ad altri pensieri e distrarsi così dal dolore.
Pensa alle azioni oneste e forti che hai compiute, e fermati a considerare con te stesso ciò che vi è in esse di meglio, e richiama alla
memoria i fatti che tu hai più vivamente ammirato. Allora si presenteranno al
ricordo tutti coloro che hanno dato maggior prova di fortezza e hanno vinto il
dolore: uno che ha continuato a leggere un suo libro mentre stendeva la gamba
per farsi tagliare le vene varicose: un altro che non ha cessato di ridere
mentre i carnefici arrabbiati proprio per questo sperimentavano su lui tutti
gli strumenti della loro crudeltà: si può credere che la ragione non riesca a
vincere il dolore, se è riuscito a vincerlo il riso? Ed ora
parla pure di tutto ciò. che vuoi, delle tue flussioni, della tosse
aspra che ti fa gettar fuori una parte delle viscere, parla della febbre che ti
brucia dentro i precordi, della sete, delle membra sformate per le
articolazioni contorte; ma evidentemente sono qualcosa di peggio i roghi, i
cavalletti, le lastre infocate, tutti questi strumenti di tortura che vengono a
gonfiare delle ferite per rinnovarle e renderle più gravi e più profonde.
Eppure c'è stato chi fra questi tormenti non ha dato un gemito; e questo è
ancora poco, vi è chi non ha chiesto nulla e vi è chi non ha nemmeno risposto
alle domande rivoltegli, e vi è infine chi ha superato anche questo ridendo di
tutto cuore. Non vuoi dopo tutto questo anche tu farti beffa
Osserviamo
inoltre che ci sono due specie di piaceri. La malattia talvolta inibisce
ma non toglie totalmente i piaceri corporali; anzi se consideri bene essa li
eccita di più. Si beve con più piacere quando si ha sete, ed
il cibo riesce più gradito quando si ha fame: dopo l'astinenza prendiamo con
maggior avidità tutto ciò che la buona sorte ci manda. I piaceri dello spirito
poi che sono più grandi e più sicuri, non sono negati al malato da nessun
medico: e d'altra parte chi persegue questi piaceri e sa
gustarli disprezza tutti i blandimenti dei sensi. " Che
infelice il malato! " Perché diciamo questo? Forse perché non scioglie la neve nel vino? Perché spezzato il ghiaccio sulla bevanda che ha versato in una capace tazza
non restituisce alla bevanda la sua primitiva freschezza? Perché sulla mensa stessa non gli vengono aperte le ostriche
E ce ne libereremo quando ci saremo formati un preciso
concetto dei beni e dei
LETTERA IX
SENECA SPIEGA ALL'AMICO COME EGLI SI PREPARI A MORIRE BENE ED ESORTA L AMICO AD ACCOGLIERE OGNI EVENTO CON SERENO ANIMO
Cessiamo di volere ancora ciò che già abbiamo voluto. Io cerco di agire su me stesso in modo da apprendere a non volere più da vecchio le cose che volevo da fanciullo. Mi passano i giorni e mi passano le notti, in questa sola occupazione, che prende tutta la mia attività ed è oggetto di tutte le mie meditazioni: mettere fine ai vizi d'un tempo. Io mi adopero perché un giorno solo possa essere modello di tutta la vita. E non voglio afferrare quel giorno e godermelo come se fosse l'ultimo della vita, ma lo considero come se possa anche essere l'ultimo. Io ti scrivo questa lettera tenendo presente questo pensiero, che la morte mi può chiamare ancora mentre scrivo; sono pronto a lasciare la vita, e la godo proprio per questo che non mi preoccupo affatto quanto sia ancora lontano quel momento. Prima di essere giunto alla vecchiezza pensavo a vivere bene, ora che sono vecchio penso a morire bene: e morire bene equivale a morire con lieta accettazione senza rammarico. Procura di non fare mai cosa a tuo malgrado. Quello che si presenta come dura necessità per chi reagisce, non è una necessità per chi accetta. In altri termini, chi accetta lietamente un comando, ha già evitato ciò che è più crudo nella servitù: fare quello che non si ha voglia di fare. Non è infelice chi fa qualche cosa perché comandato, ma chi fa contro voglia. Dobbiamo dunque educare il nostro spirito così che, sappiamo volere tutto ciò che la realtà esige, e soprattutto sappiamo pensare senza tristezza alla nostra fine. Prima che alla vita bisogna prepararci alla morte. La vita è sufficientemente provvista di tutto, ma noi siamo sempre insaziati; ci sembra e ci sembrerà sempre che ci manchi qualche cosa. L'essere vissuti abbastanza non dipende dal numero degli anni o dei giorni, ma dipende dallo stesso animo nostro. Ho vissuto, carissimo Lucilio, quanto mi poteva bastare, ora sono sazio e aspetto la morte. Addio.
Privacy |
Articolo informazione
Commentare questo articolo:Non sei registratoDevi essere registrato per commentare ISCRIVITI |
Copiare il codice nella pagina web del tuo sito. |
Copyright InfTub.com 2025