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Mohandas Karamchand Gandhi

filosofia



Mohandas Karamchand Gandhi detto Mahatma, la "Grande anima", nacque a Porbandar, città situata nella penisola di Kathiawar nell' India occidentale, il 2 ottobre 1869. La famiglia apparteneva alla casta dei vaisya, la terza del sistema castale indiano, dopo quella dei brahmini o sacerdoti e dei kashatryas o guerrieri. Secondo la tradizione indiana Gandhi prese in moglie all'età di tredici anni la giovane figlia di un mercante con la quale ebbe cinque figli. Si recò in Inghilterra. a Londra, per studiare legge dal 1888 al 1891. Ritornato in India iniziò la professione di avvocato, ma con scarso successo. Accettò quindi di recarsi in Sud Af 616d32g rica in qualità di rappresentante legale di una ditta, per rimanervi un anno, ma vi si trattenne per venti anni, dedicandosi alla difesa delle minoranze indiane e organizzando la prima campagna di resistenza passiva contro le leggi razziali. Tornato in patria nel 1915 divenne l'ispiratore dei movimenti indipendentisti e, applicando il principio della non-violenza, promosse forme di lotta basate sulla non collaborazione, sul rifiuto di cariche civili o militari, sul boicottaggio di prodotti inglesi e sulla disobbedienza civile. Il suo messaggio, fondato su una rigorosa pratica della spiritualità induista fu costantemente sostenuto dall'esempio e finalizzato alla lotta contro i pregiudizi e al rispetto dell' uomo. Dopo il fallimento delle trattative a Londra per elaborare una costituzione indiana (1931) riprese la sua lotta non violenta, contribuendo con i ripetuti arresti subiti e digiuni di protesta ad attirare l'attenzione di tutto il mondo sulla causa dell'indipendenza dell'India. Partecipò alle trattative che portarono alla proclamazione dell'indipendenza nel 1947 e mentre il suo impegno continuava nel tentativo di far cessare la violenza tra le comunità indù e musulmane, fu vittima di un attentato ad opra di un fanatico indù. Era il 30 gennaio 1948.



Gandhi riassunse la sua idea della politica nei concetti di Ahimsa ( non-violenza ) e di Satyagraha, una parola da lui coniata che significa "la forza della verità". Egli non fu un teorizzatore, cioè non scrisse un testo sistematico su questa sua concezione. I suoi scritti si ricavano da centinaia e centinaia di articoli pubblicati sui settimanali da lui fondati " Young India " e " Harijan " in occasione di determinati avvenimenti, allo scopo di chiarire, a se stesso o agli altri, problemi che di volta in volta si presentavano o in risposta alle molte domande o critiche che gli venivano poste. Gandhi ha più volte sottolineato il carattere provvisorio e sperimentale della sua concezione. Scriveva ad esempio nel 1936 " Le opinioni che mi sono formato e le conclusioni a cui sono giunto non sono definitive. Potrei modificarle in qualsiasi momento". " ... il mio intento è quello di essere coerente con la verità come essa mi si presenta in un dato momento". Per quanto riguarda la concezione di non violenza e le regole per attuarla, Gandhi insiste molto sulla differenza tra la non violenza come convinzione cioè non violenza del forte o Satyagraha e non violenza come scelta tattica o non violenza del debole. La non-violenza del forte consiste nel rifiuto morale della violenza e nella convinzione di aver trovato una valida alternativa ad essa. Per attuarla occorre coraggio, disciplina, abnegazione e una profonda fede nella giustizia dei fini per cui si lotta. La non violenza del debole o resistenza passiva è una scelta tattica e a sua volta si distingue nettamente dalla non violenza del codardo, cioè dall'atteggiamento di colui che si astiene dalla violenza per semplice vigliaccheria o per altri motivi egoistici. A questo atteggiamento è addirittura preferibile, secondo Gandhi, la violenza. " Sebbene la violenza non sia lecita, quando viene usata per auto difesa o a protezione degli indifesi, essa è un atto di coraggio di gran lunga migliore della codarda sottomissione". Agire in modo non violento non significa secondo Gandhi astenersi solo dalla violenza fisica,ma anche da quella verbale, psicologica e da quella esercitata contro la proprietà e non implica solo l'astensione da azioni negative, ma anche l'impegno in una serie di azioni positive da compiere anche nei confronti di chi fa il male. La seconda regola del comportamento conflittuale è, secondo Gandhi, che qualsiasi azione si scelga di compiere essa deve essere coerente con il fine. Fin dall'inizio del conflitto dovrebbe essere inclusa cioè l'azione costruttiva e conforme al fine. Non si dovrebbe poi cooperare con il male e occorre anche essere disposti al sacrificio che serve per autodisciplinarsi ed è anche un mezzo di crescita personale,ma soprattutto serve per comunicare alla parte avversa che ciò per cui si lotta è qualcosa di molto serio. Un'altra importante regola è riuscire a distinguere tra il male e la persona che lo compie: con la persona è necessario mantenere sempre un contatto personale per cercare di comprendere il suo punto di vista e per non provocare " escalation" nel conflitto è opportuno comportarsi in modo leale. Non si deve provocare nè umiliare e bisognerebbe essere interiormente abbastanza forti da non sentirsi provocati nè umiliati anche se questo avviene. Alla fine i conflitti " devono" essere risolti, non possono durare per sempre e non possono essere nascosti "sotto il tappeto". Coerente ai principi dell' Ahimsa e alle regole di comportamento della Satyagraha, Gandhi fu un grande uomo politico. Egli non si accontentò di indicare all'India le modalità di lotta non violenta per liberarsi dal colonialismo e dall'imperialismo britannico, guidandola verso l'indipendenza, ma presentò anche alla nazione indiana un " Programma Costruttivo " che, se fosse stato realizzato su vasta scala avrebbe certamente rivoluzionato l'intera società indiana. Alcuni punti fondamentali del programma sono i seguenti:

Riconciliazione tra i vari gruppi religiosi, in particolare tra indù e musulmani.

Lotta contro il sistema delle caste, a favore degli intoccabili o Harijan.

Lotta contro l'abuso delle bevande alcoliche e delle droghe.

Filatura e lavorazione casalinga del cotone: espressione della dignità e importanza del lavoro manuale, protesta contro una civiltà industriale disumanizzante, valorizzazione del capitale umano e simbolo dell'indipendenza.

Promozione della piccola industria di villaggio.

Miglioramento dell'istruzione.

Parificazione dei due sessi.

Uno dei punti più criticati del Programma Costruttivo di Gandhi è quello concernente il Kaddar, cioè la filatura e la lavorazione casalinga del cotone. In realtà Gandhi, propagandando senza sosta l'arcolaio e il khadi, voleva ricordare agli indiani che il loro artigianato tessile era stato distrutto dalla concorrenza dei prodotti britannici e invitarli a boicottare quei prodotti. Vivendo inoltre in un paese povero e sovrappopolato, non credeva molto in uno sviluppo economico di tipo occidentale, ma preferiva ridare vita ai villaggi e all'occupazione, valorizzando subito le risorse umane e naturali a disposizione. Ma il suo grande impegno personale e le sue speranze andarono spesso deluse. Nel 1947 infatti l'India divenne indipendente, ma nonostante gli sforzi di Gandhi, i musulmani se ne staccarono per formare un altro stato, il Pakistan e queste vicende furono accompagnate da una vera e propria guerra di religione con un milione di morti e più di sei milioni di profughi. Dopo la sua morte però, nonostante questi insuccessi, gli insegnamenti morali e pratici di Gandhi hanno ispirato in tutto il mondo tutti quegli uomini politici e non che desiderano rendere migliore la qualità della vita. Fra tutti i giudizi che sono stati dati sull'uomo Gandhi voglio riportare quello che Gandhi stesso ha formulato nella sua Autobiografia e in diverse altre occasioni: " Non pretendo di essere perfetto. Ma pretendo di essere un appassionato ricercatore della Verità, la quale non è altro che un sinonimo di Dio." O ancora: " ... non sono un profeta, sono soltanto un comune mortale che procede dall'errore verso la verità."



BIBLIOGRAFIA


Teoria e pratica della non-violenza, a cura di G. Pontara, Einaudi, Torino 1986

Gandhi oggi, Johan Galtung, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1987

Geografia dei continenti extraeuropei, Zanichelli, Edizione 1995/96

Enciclopedia Generale Mondadori pag. 630-631




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