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IL 'PARRICIDIO' DI PARMENIDE NEL 'SOFISTA' E L'ORDINE DIVINO DEL MONDO NEL 'TIMEO'

filosofia



 IL "PARRICIDIO"  DI PARMENIDE NEL "SOFISTA"  E L'ORDINE DIVINO DEL MONDO NEL "TIMEO"


§.6.1. ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL RAPPORTO TRA ELEATISMO E PLATONISMO

L'IDEA TRASCENDENTE DEL BENE CI RICORDA L'ESSERE DI PARMENIDE

  L'idea che il  vero Essere sia il  mondo intelligibile,  afferrabile non con i sensi, ma con il discorso razionale e con  l'intuizione intellettuale (cioè con la visione interiore del filosofo),  è  derivata  *verosimilmente da Platone dalla tradizione eleatica:  egli del resto  nel Parmenide riconosce la  matrice eleatica  della sua filosofia.  L'idea del  Bene, causa suprema unitaria di tutte le idee intelligibili,  è *dunque un  tentativo  di adeguarsi all'esigenza parmenidea dell'assoluta unità  dell'Essere. Ma alcune cose che abbiamo esposto in precedenza ci mostrano che  per altri versi egli  era  assai  lontano  da  tale  tradizione: 1) il dualismo mondo sensibile-mondo intelligibile, pur svalutando  l'al  di  qua  rispetto alla *trascendenza,  non  lo  riduce  a puro Non Essere, come fa invece il monismo* di Parmenide (per il quale l'Essere è uno solo, e non è propriamente un mondo, un assetto ordinato, ma qualcosa di assolutamente semplice, non articolato), 2) la dialettica di Platone,  pur considerando il Bene  come  il  principio  unitario  da cui dedurre tutte le  altre idee, non esclude affatto la  pluralità dal mondo intelligibile,  che si  presenta come una complessa gerarchia d'idee generali e idee particolari.



TUTTAVIA IN PLATONE PERMANE LA

MOLTEPLICITA' DELLE IDEE E DELLE COSE


 §.6.2.  LA SVOLTA ANTIPARMENIDEA

 La  critica sistematica di  Parmenide costituisce un  momento di svolta nel pensiero  di  Platone,  che comporta  una  rielaborazione  di  moltissime sue posizioni precedenti.  Essa inizia nel dialogo Parmenide  in cui è immaginato un incontro tra Socrate giovane, Zenone e Parmenide, durante il quale Socrate (*e cioè naturalmente Platone) riconosce la

PLATONE INDIVIDUA I  "GENERI SOMMI" DEL DISCORSO

 contraddittorietà della sua precedente  dottrina delle idee,  e confuta anche la  posizione eleatica  per cui "solo l'uno  è".  Nel  Sofista  non  sarà più Socrate il protagonista, ma uno "straniero di Elea"  che identificherà cinque "generi  sommi del discorso"  (i predicati più generali di tutte le possibili affermazioni e proposizioni):  l'Essere,  il Moto, la Quiete, l'Identico e il Diverso.  L'Essere,  di tutti il più predicabile,  non sarà più definito come ciò  che  è  assolutamente  "in  sé",  al  di  sopra  di  ogni  generazione e corruzione,  ma come ciò che possiede la  potenza di fare o  subire qualcosa, anche solo  per una volta",  cioè,  come si vede,  in modo  tale da includere anche il mondo sensibile del divenire.

ESSERE E' TUTTO CIO' CHE PUO' FARE O SUBIRE

QUALCOSA ANCHE PER UNA SOLA VOLTA

 La dialettica,  identificata con la filosofia stessa, è l'arte di predicare nel  modo giusto un  certo genere  di un certo altro,  per cui si  potrà dire dell'Essere che certe volte è Moto e certe volte è Quiete,  ed  è  Identico a certi altri Esseri e Diverso da certi altri.  Si potrà così anche dire che in certi casi un Essere non è:  per esempio l'Essere  in moto non è  l'Essere in quiete,  in quanto il Moto è diverso dalla Quiete.  Il genere  del Diverso ha permesso così di riabilitare il Non Essere,  ma non si tratta  del Non Essere assoluto,  "in sè" (il puro Nulla, il Vuoto) bensì di un Non Essere relativo, un "Essere Diverso da  Altro".  Questo Non Essere relativo riguarda  anche il mondo intelligibile delle idee:  esse infatti sono anima,  vita e mente (cioè Spirito*,  diremmo noi),  e non possono  perciò essere prive di  moto, essere cioè semplice Identità e semplice Quiete.

L'ESSERE  NON E'  NEL SENSO CHE "E' DIVERSO DA"


 §.6.3.  L'ORDINE DIVINO DEL MONDO

L'ORDINE DEL MONDO E' OPERA

DI UNA DIVINITA' INTELLIGENTE

 La dialettica per Platone concerne  senza distinzione tanto  il campo della Filosofia Prima  (o Metafisica*,  scienza  dell'Essere)  quanto  quello della Logica  (scienza del discorso). Naturalmente queste innovazioni si riflettono ben presto sulla dottrina dell'ordine del mondo sensibile (la Fisica, come la chiamano  di  solito  i greci,  o Cosmologia*,  come sarà anche chiamata in seguito).

Platone  è ora in  grado di  parlare in modo più  coerente dell'ordine del mondo.  Nel mito  cosmogonico narrato  da  Timeo  nel  dialogo  omonimo viene descritta la  formazione  dell'ordine  cosmico  per  opera  del  Demiurgo, la divinità  che  dà  forma  alla  materia  eterna  caotica  sul  modello  della perfezione delle idee.  Il nostro cosmo  è dunque il "figlio" della materia o spazio  (l'eterna "madre")  e del mondo intelligibile (il  "padre" perfetto): con esso nasce il tempo  che può esistere solo se vi è  un movimento regolare di qualcosa nello spazio. E'poi il differenziarsi della materia nello spazio che consente il movimento:  senza la diversità delle varie parti della materia dislocate  in  diversi  punti  dello  spazio  il  movimento non sarebbe possibile.

IL MONDO HA UN CORPO ED UN'ANIMA.ESSO E'

MESCOLANZA DEI GENERI SOMMI INTELLEGIBILI

 Il  cosmo ha  dunque un corpo,  che si muove  nello spazio, e un'Anima intelligente,  che regola questo moto.  Essa è il frutto della mescolanza dei generi sommi intelligibili,  che sono in questo dialogo l'Indivisibile e il Divisibile, l'Identico e il Diverso. La Quiete si ricollega poi con il genere sommo dell'Identico,  e il Movimento con il Diverso.

 APPROFONDIMENTO. MATERIA E FORMA IN PLATONE ED ESIODO

 Si notino le analogie con il mito esiodeo:  in primo luogo il contrasto tra la divinità intelligente formatrice (il mondo intelligibile e il Demiurgo per Platone, gli dei olimpici e Zeus per Esiodo) e la materia eterna, ricettacolo della forma e priva di intelligenza (detta  Madre Terra tanto da  Platone che da  Esiodo);  poi l'esistenza  del  caos  già  prima dell'azione formatrice (Platone lo chiama Spazio e lo  identifica  con la Terra),  mentre in seguito la  teologia  cristiana  considererà  l'intero  mondo  come  originato  dalla creazione;  infine il  fatto che  il  Tempo  (Cronos)  viceversa non esiste dall'eternità,  ma è generato dall'intelligenza ed è già indizio di  ordine e di forma. Platone dice che è "immagine mobile dell'eternità", e nel resto del dialogo si capisce che il tempo è determinato  dal girare su se  stessa della sfera  del cosmo:  *possiamo dire  dunque  che  il  tempo  e  immagine mobile dell'Eternità perchè non è un  divenire  infinito e caotico,  ma il ripetersi definito e ordinato di un ciclo.


 §.6.4.  ORDINE LOGICO E GEOMETRICO DEL MONDO

 Vediamo  ora meglio  il  rapporto tra la dialettica  dei generi dell'essere esposta nel Sofista e l'ordine cosmico del Timeo.

IL MONDO E' VIVO E INTELLIGENTE PERCHE' TALI SONO LE IDEE

  La tensione tra identico e diverso è presente innanzitutto nell'"Anima del mondo",  la quale pervade interamente il  mondo stesso,  rendendolo  vivo e intelligente,  a  immagine  dell'ordine delle  idee  (che  sono, dice qui Platone, "vita, anima e mente"). Da essa il Demiurgo ha tratto le anime degli dei e le  anime di  tutti i viventi,  le  quali,  avendo sede originariamente negli astri accanto alle divinità, si incarnano negli uomini, negli animali e nelle  piante.  Il  filosofo  sottolinea  il  legame  tra  ogni  anima  e una particolare  divinità  astrale:  il  corso  astrale  spiega  così  i  diversi  caratteri e i destini delle anime.

LA PROVVIDENZA DOMINA SULLA NECESSITA' 

 La  Provvidenza ("Pronoia")  agisce sul  mondo  assegnando  a  tutte le sue componenti finalità  precise e coordinate (questo è il *finalismo cosmologico di  Platone,  contrapposto  al *meccanicismo di Democrito).  Secondo Platone, l'intelligenza divina,  che dà ordine al mondo e  lo volge al Bene,  domina e piega ai suoi scopi la "necessità cieca".

 La materia stessa  è sottoposta  all'ordine  ideale matematico-geometrico e suddivisa in particelle  invisibili

LE PARTICELLE GEOMETRICHE AGGREGANDOSI

GENERANO  I  QUATTRO ELEMENTI

 di forma geometrica regolare.  Le particelle dell'aria e  dell'acqua sono multipli della stessa figura geometrica solida (il tetraedro regolare) di cui è composto il fuoco,  che viene così a essere  il loro elemento-base. Possono perciò trasformarsi l'una nell'altra,  e nel fuoco stesso, per aggregazione e disgregazione,  e  possono passare anche provvisoriamente  allo  stato solido (unendosi in cubi,  sempre multipli del tetraedo). Viceversa l'elemento terra (fatto di cubi iriducibili) non è trasformabile negli altri.

 Adattandosi le une alle altre, le particelle riempiono tutto lo spazio (che per Platone è finito),  e quindi non esiste  il  vuoto. *Si noti il contrasto con la dottrina dello spazio infinito e vuoto di Democrito.


 §.6.5 CONFRONTO CON ALTRE CONCEZIONI

 Come  si può facilmente vedere, la concezione platonica  della natura cerca di conciliare: 1) l'esigenza della nuova religiosità (venutasi a formare dopo quella omerica olimpica e in  contrapposizione ad essa)  che, concependo la divinità come buona,  giusta e ordinata, esige una finalità assegnata ad ogni cosa dalla provvidenza; 2) la concezione presocratica del cosmo come un unico grande  essere  vivente, e  più  particolarmente  la  tradizione  orfica  e pitagorica della trasmigrazione delle anime nei corpi di tutti  i viventi; 3) l'esigenza di ridurre ogni  cosa a  numero e forma  geometrica, in conformità con il pitagorismo e in concorrenza con Democrito:  si  intuisce l'intenzione di battere sul suo stesso terreno il meccanicismo e il materialismo di questo filosofo.

PLATONE TIENE INSIEME PROVVIDENZA,

FINALISMO, PAMPSICHISMO E ORDINE

MATEMATICO-GEOMETRICO DELLA MATERIA

 Si  noti  infine  la  ripresa puntuale  di  molti elementi della cosmogonia esiodea:  la madre-terra, priva di ragione ma eterna e divina, e l'intelletto delle potenze superiori  ordinatrici  (il  padre).  Platone,  che  in certe affermazioni

NEL TIMEO E' RECUPERATO IL SENSO GRECO

DEL VALORE DELLA NATURA E DELL'AL DI QUA

 per esempio del Fedone  (l'anima è tomba del corpo) anticipava la separazione netta spirito-materia e la svalutazione di quest'ultima,  che sarà propria di gran  parte  della  filosofia  cristiana, qui  pare riconciliato  con  la tradizione mitica greca.  In effetti in essa  alla "madre terra", alla natura e al mondo dell'al di qua viene assegnata un'autonomia  ed  un  valore che il paradigma creazionistico non sarà  disposto ad ammettere in egual misura.


§  7.  L'ETICA E LA POLITICA DELLA MATURITA': IL FILEBO, IL POLITICO E LE LEGGI


§ 7.1 IL "FILEBO": IL BENE PER L'UOMO E' CONOSCENZA E PIACERE

  Nel Fedro il corpo veniva rappresentato come tomba dell'anima  e il mondo sensibile come mondo del travisamento e dell'errore.  Ora  che  Platone  ha  ammesso  che l'ordine

IL NOSTRO BENE E' MESCOLANZA DI

INTELLETTO E PIACERE  CONTEMPLATIVO

 cosmico,  voluto  espressamente  dalla  divinità,  non  è  semplice  riflesso casuale di essa, ma sua immagine nell'ambito del mutevole, anche la sua etica può senza paura assegnare uno  spazio preciso al piacere. Il bene per l'uomo, secondo il Filebo, è mescolanza equilibrata ("giusta misura") di Intelletto e di Piacere puro  (non di piacere volgare);  l'Intelletto deve  però prevalere sul Piacere puro, e il piacere vero è quello stabile, che non ci fa dipendere dal bisogno di qualcosa di esterno, di altro da noi: si tratta essenzialmente del piacere estetico-contemplativo e intellettuale.


 § 7.2. LA  POLITICA  DELLA  MATURITA': IL  POLITICO  COME "TESSITORE" DELLA SOCIETA' E DELLO STATO

 Nel  Politico  si discute se l'"arte regia"  o "arte politica"  sia o no la "scienza dotata di  comando per l'allevamento degli uomini  in  gruppo", cioè l'"arte del pastore d'uomini".  La  risposta  è  negativa:  una  tale  arte è attribuibile  solo  agli dei.  Questa autoconfutazione ha fatto  pensare agli *interpreti che Platone abbia voluto criticare, almeno parzialmente, anche le sue precedenti  concezioni  della Repubblica:  qui  infatti  la  metafora del pastore erasovente  impiegata.  L'arte  regia o politica  è definita  ora più esattamente come  l'arte  umana "di aver  cura e responsabilità di  uomini in gruppo".  Anche quest'arte  comporta  il  comando,  ma  Platone distingue tra l'arte  regia che opera per libera  accettazione  e  l'arte  tirannica  che è esercitata per forza di costrizione.

IL POLITICO NON E' UN PASTORE  DIVINO

MA COMANDA SU CHI LIBARAMENTE ACCETTA

 Il "re"  (o  il "politico",  suo consigliere,  e  questa precisazione ci fa venire in mente i tentativi di riforma di Platone a  Siracusa) possono essere descritti  con la  metafora non del  pastore,  ma del tessitore. Egli intesse  nello  Statole virtù dei diversi tipi  di  uomo  (il coraggio  guerriero e la temperanza civile)  secondo  una giusta  -e  divina-  misura  e che intreccia insieme,  promuovendo anche legami matrimoniali,  i gruppi sociali depositari delle opposte virtù. Questa è una novità rispetto alla Repubblica, in cui era vietato l'accoppiamento tra le classi superiori e quella inferiore.

IL POLITICO "TESSE" TRA LORO I GRUPPI

SOCIALI SECONDO UNA GIUSTA MISURA

  Nonostante  le  differenze, *notiamo  ancora  molte  somiglianze  con la Repubblica.  1)Il re e il  politico sono uomini  per loro  natura superiori a tutti nel corpo e nell'anima,  come avviene con le regine degli alveari; sono divinamente  ispirati  e ben di  rado  ne  nascono nel nostro  mondo.  2)Essi devono usare non solo la persuasione ma anche la costrizione,  fino alla pena capitale,  contro chi non è in grado di  praticare alcuna virtù,  ma è dedito all'"ateismo",  alla "sregolatezza"  e all'"ingiustizia". 3)Hanno la capacità di regolare nel modo migliore  il mondo  umano,  in cui tutto è continuamente mutevole e in cui ogni uomo è diverso dagli  altri;  perciò il loro governo è preferibile  al  semplice  "governo  delle leggi",  e  anzi  essi  le possono modificare secondo il loro arbitrio,  in quanto le leggi sono fisse, astratte e generali e non possono tener conto soddisfacentemente  del  mutevole  e del concreto. Quando  essi  non  siano  presenti  -e  cioè  in  tutti  tipi  di costituzione esistenti ai  tempi di  Platone-  il  governo meno  cattivo sarà appunto  il  "governo delle leggi",  cui i magistrati  ordinari devono essere vincolati.


 § 7.3  IL REGIME TEOCRATICO DELLE "LEGGI"

 Le Leggi  hanno questo titolo  perchè espongono i  principi filosofici e le leggi  costituzionali  che dovevano  regolare  un'immaginaria colonia cretese alla cui fondazione avrebbe dovuto ppartecipare uno dei protagonisti, Clinia.

LA GIUSTA MISURA NEI RAPPORTI SOCIALI PROVIENE DA DIO

 Anche qui ritorna il tema della giusta misura che deve equilibrare le facoltà dell'anima e i rapporti  sociali.  Essa  proviene solo dall'imitazione  di un modello  divino:  "Dio è la  misura  di  tutte le  cose".  Questa sentenza di Platone è la più netta smentita dell'autonomia dell'ordine dell'uomo  e della polis, in evidente contrapposizione a Protagora.

NELLE LEGG  LA PROPRIETA'E'

EQUAMENTE DISTRIBUITA E INALIENABILE

 Viene  ribadito  che la  migliore costituzione è quella  in  cui tutto è in comune, ma l'indagine delle Leggi è volta ad esaminare la seconda migliore costituzione,  più facilmente attuabile, in cui la proprietà terriera  familiare è distribuita in  modo  equilibrato (nessuno può possedere più del quadruplo di un altro) ed è inalienabile, e i cittadini liberi hanno diritti politici  differenziati  secondo  i  diversi  livelli di reddito  (sul  modello dell'antica  costituzione  ateniese  di  Solone). Vige quindi tra di loro

DIRITTI POLITICI A SECONDA DEI REDDITI

 una approssimativa  eguaglianza  di beni e di potere.  Non ci può essere però una  vita autenticamente comunitaria che metta in  comune  con gli  amici gli averi,  o tanto meno le donne,  i figli,  il corpo e i sentimenti, come nella costituzione perfetta. Ciò è possibile solo in uno "stato, ove sia stabilito, in qualche luogo di esso,  un molteplice gruppo sia  di dei,  sia di figli di dei". Ma lo Stato delle Leggi, benché sia, dopo quell'altro, il più vicino al modello divino, è formato da uomini comuni (in esso tra l'altro è considerata normale la schiavitù).

ESISTE LA SCHIAVITU'

  Perché  esso  possa mantenersi  virtuoso,  l'educazione dei cittadini è diretta  da  un apposito magistrato.  Lo Stato controlla anche  la produzione artistica,  i canti corali e le danze comunitarie, sorvegliandone la coerenza con lo spirito delle leggi.  I cittadini non esercitano  il  commercio (che è affidato a meteci) e non possono recarsi all'estero.

LO STATO SORVEGLIA L'EDUCAZIONE E L'ARTE 

  Alle  magistrature  elettive  è  lasciata  l'amministrazione  e  il potere ordinario,  ma  esse  sono  sorvegliate da  un organo speciale,  il Consiglio Notturno,  i cui membri sono designati  dapprima  dai fondatori dello Stato e poi per cooptazione.  Questi devono essere  uomini di "natura  divina", che "si sono  affaticati  nello studio  delle cose  divine"  e nello studio degli astri e formati spiritualmente attraverso la meditazione e la filosofia. Essi hanno il compito supremo di controllare l'adesione dei cittadini allo spirito delle leggi,  e possono far punire anche con la morte i rei di  empietà e  di ateismo.

IL "CONSIGLIO NOTTURNO" PUNISCE L'EMPIETA' E L'ATEISMO




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