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Il Discorso sul metodo è la presentazione del metodo scoperto da Cartesio grazie al quale ha potuto accrescere per gradi la propia conoscenza; scopo dell'opera non è quello di presentare un metodo che debba essere per forza seguito in quanto vero e indiscutibile, bensì è quello di poter raccontare le vie che si sono percorse per poi, attraverso eventuali critiche, riuscire ad avvicinarsi sempre di più verso quella della verità. Il Discorso si divide in sei parti, ciascuna delle quali affronta diversi temi relativi al metodo: le premesse, le regole di questo, la metafisica basata sul suo metodo, le questioni di fisica, e conclude poi con un capitolo che serva da guida per chi voglia intraprendere la sua strada.
La prima parte è quella introduttiva di tutto il Discorso. Questo viene presentato come il racconto della vita di una persona normale che, con il suo buonsenso, caratteristica chi si presenta uguale in tutti gli uomini, e la giusta applicazione di questo attraverso determinati percorsi intrapresi fin da giovane, giunge a trovare un metodo che possa aiutarla ad aumentare la propria conoscenza. Il racconto inizia con la descrizione della formazione letteraria dell'autore che si rivela poi essere inutile (con lo studio delle lettere si acquista una chiara conoscenza di tutto quello che è importante nella vita non è vero infatti poi si ritrova pieno di dubbi); Cartesio quindi decide di abbandonare "lo studio delle lettere" e di cercare la verità attraverso l'esperienza, prima del mondo poi di se stesso. Viaggiando impara che non bisogna considerare come assolutamente vero ciò che sia stato impartito dalle leggi e dai costumi; il suo scopo sarà dunque quello di riuscire ad orientarsi nel mondo del reale attraverso un metodo che aiuti a scegliere le vie da seguire, metodo che va ricercato all'interno di se stessi.
Nella seconda parte l'attenzione si focalizza sui pensieri e sulle riflessioni di Cartesio. L'autore riflette su come le opere compiute da un singolo siano superiori a quelle realizzate da molti, le quali mancano di perfezione: l'opera filosofica, attraverso il solo ragionamento di un singolo, raggiunge dunque maggiori risultati nel campo della verità rispetto a quelle che si fondano su opinioni diverse. Per poter raggiungere il suo scopo, ossia il conseguimento della verità, Cartesio dovrà liberarsi di tutti gli insegnamenti che aveva ricevuto; prima di respingere le diverse opinioni che la filosofia propone, però, deve dotarsi di un metodo, che possa farlo orientare nel labirinto delle scelte possibili. Il metodo non viene individuato da Cartesio in dottrine già esistenti che sarebbero potute essere a lui utili, ricerca quindi un metodo che si compone di questi quattro precetti: 1)non considerare una cosa vera se non se ne è assolutamente certi e prendere in esame solo le cose che si presentino in modo chiaro e distinto; 2)bisogna dividere le difficoltà che man mano si affrontano in sempre più piccole parti fin quanto fosse necessario per risolverle meglio; 3)bisogna condurre con ordine i pensieri, seguendo una scala di importanza che vada dalle cose più semplici a quelle più complesse; 4)bisogna fare enumerazioni complete e rassegne generali tali da non omettere nulla.
Nella terza parte Cartesio espone la sua morale provvisoria composta di quattro massime, che, gli servirà per poter prendere decisioni in assenza di una filosofia stabile: 1)obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, alla religione, e, per quanto riguarda tutto il resto, di regolarsi secondo le opinioni più moderate, perché nel caso si allontanino dalla via della verità non lo farebbero di molto; 2)rimanere fermi nei propri pensieri per poter raggiungere la verità, se anche ci sono cose dubbie, si deve seguire quelle più probabili e considerarle come verissime e certissime; 3) bisogna considerare i propri desideri nei limiti delle proprie possibilità. Sapendo che la volontà desidera ciò che l'intelletto considera razionalmente possibile, bisogna esercitarsi, come gli stoici, a considerare impossibile tutto ciò che sta al di fuori di noi, possibili sono solo i pensieri, riuscendo in tal modo ad avere a disposizione tutto ciò che si vuole; 4)bisogna cercare di esercitare nella vita la migliore occupazione, che è il coltivare la ragione e il progredire nelle conoscenza della verità.
La quarta parte è quella più propriamente filosofica ed espone la metafisica che Cartesio elaborò. Innanzi tutto l'autore afferma di volersi dedicare alla ricerca della verità, respingendo ciò che contenga il minimo dubbio, per avere nella propria mente nient'altro se non cose che siano indubitabili. Il dubbio per Cartesio esiste nei dati sensoriali, in quanto i sensi ci ingannano nei ragionamenti e anche nei pensieri, perché quelli che si hanno da svegli possono avvenire anche quando dormiamo, momento in cui non sussistono pensieri necessariamente veri: i sensi, i ragionamenti e i pensieri vengono quindi esclusi dalla meditazione filosofica. Primo principio della filosofia cartesiana è il cogito ergo sum, da questo ne deriva la seguente considerazione: nel pensare che il corpo, il mondo, ed infine lo spazio, non esistano, l'io persiste ancora. Se invece cessa l'atto del pensare, non esiste più l'io, da qui ne segue che la natura della sostanza-uomo è quella di pensare, natura del tutto indipendente dalle cose materiali, quindi anche dal corpo. Dal cogito ergo sum, proposizione indubbiamente vera, Cartesio deduce la regola generale perché un'affermazione possa essere considerata tale: le proposizioni per essere vere devono essere chiare e distinte. Vi è un limite però nell'uomo, il dubbio che si ha nel distinguere chiaramente preposizioni vere da quelle false. Il conoscere che una proposizione sia vera è più perfetto del dubitare se la stessa lo sia, quindi l'uomo non possiede un essere del tutto perfetto. Cartesio da ciò decide di ricercare da dove avesse potuto apprendere quest'idea di perfezione. Guardando dentro di sé, scopre di avere due tipi di idee, quella delle cose fuori da sé e quella di un essere più perfetto. Le cose fuori di sé, sia quelle vere sia quelle false, derivano entrambe dall'io, ed in particolare, rispettivamente da quello perfetto e quello manchevole. L'idea di perfezione è quindi stata messa nell'uomo da Dio, l'essere più perfetto in assoluto. Le perfezioni, quindi, sono parte della natura di Dio e si possono individuare valutando le idee che si hanno: quelle perfette appartengono alla natura di Dio, quelle imperfette no. Tra queste vi è l'idea di corporeità, infatti il corpo distinto dall'anima, sede del pensiero razionale, presenta un difetto, la dipendenza, in quanto la composizione, che si presenta in un essere che abbia un corpo ed un anima, attesta dipendenza, perché ogni parte del composto dipende dalle altre, ed il tutto dipende dalle parti. Dio, che ha in sé l'idea di esistenza, è o esiste, tanto quanto qualsiasi dimostrazione geometrica, cioè anche se nel mondo non ci fosse traccia della sua presenza. Proprio per questo alcuni uomini, gli scolastici in particolare, non sono in grado di affermare l'esistenza di Dio e dell'anima, perché essi sono troppo legati al mondo del sensibile, dove le idee di Dio e dell'anima non sono mai state.
La quinta parte del Discorso presenta un
breve riassunto di una sua opera precedente, Il mondo o trattato della luce,
che descrive la concezione della fisica cartesiana. La decisione di scrivere il
riassunto viene presa da Cartesio per non scontrarsi né con i "dotti", gli
scolastici, né con
La sesta ed ultima parte inizia con la spiegazione dei motivi che lo hanno portato a decidere di non pubblicare il Mondo. Venuto a conoscenza della condanna di Galileo, Cartesio si rende conto di come le ragioni che lo avevano portato ad aderire alle considerazioni copernicane, potevano essere sostituite da altre del tutto contrarie, più vere e che inoltre non fossero pregiudizievoli nei confronti della religione e dello stato. Esse sono: la riflessione di come la pubblicazione avrebbe potuto fargli perdere tempo utile a causa delle obiezioni, e di come l'utilità di questa sarebbe stata minore rispetto ad una pubblicazione postuma, che avrebbe contenuto tutti i risultati da lui finora ottenuti, ma anche l'inutilità della divulgazione del metodo per i saggi, che avrebbero tratto un maggior giovamento nel trovarlo da soli attraverso la propria esperienza, e l'evidenza di come gli esperimenti compiuti da altri servissero di meno in quanto fatti in modo superfluo o con poco interesse. Alla fine però pone le due argomentazioni che gli fecero cambiare idea: la prima era legata alla sua reputazione, non pubblicare il testo significava deludere l'aspettativa che si era creata in Europa intorno ai suoi lavori, la seconda era la constatazione di come ci fosse un'impossibilità di progredire nelle scienze a causa di un'infinità di esperimenti necessari al completamento, dal punto di vista sperimentale della sua fisica.
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