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CRITICA DELL'UOMO ASTRATTO DI ROUSSEAU

filosofia



CRITICA DELL'UOMO ASTRATTO DI ROUSSEAU


La coscienza morale è l'amore degli uomini, e nasce dal rapporto tra l'amore di sé e l'amore per i propri simili, principio primo della giustizia umana. A sua volta l'amore per i propri simili non è altro che una forma di amore 232b19c verso sé stessi, in quanto: è per amore di Dio che devo amare il prossimo come me stesso (forma di egotismo,o esaltazione di sé).

Dio fa da elemento unificante tra l'amore di sé e gli altri, ma ciò che è innato, e caratterizza l'uomo presociale, preistorico, ovvero l'uomo naturale è appunto questo amore verso sé stesso.


Secondo Rousseau, la Giustizia, la capacità di ciascuno di discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, è un'idea che nasce nell'uomo dall'unione dell'amore che prova per sè stesso e l'amore che prova verso gli altri. Il filosofo chiama questo principio Coscienza morale. A sua volta egli considera lo stesso amore che noi nutriamo verso gli altri un derivato dell'amore verso sè stessi, secondo questa affermazione: è per amore di Dio che devo amare il prossimo come me stesso. Da sottolineare questa forma di egotismo, ovvero esaltazione di sè, che pone l'amore verso sè stesso come modello da seguire per amare gli altri; Dio è il termine medio che riunisce i due concetti di amore, essendo Rousseau fortemente religioso. Da ciò consegue che il mio metodo di comportamento verso gli altri segue i principi della Giustizia, e quest'ultima nasce in noi come principio di comportamento verso noi stessi, che cerca ovviamente il giusto che ognuno di noi preferisce per sè. L'uomo sceglie ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, quindi, secondo ciò che è giusto per sè, e secondo quindi quell'amore di sè che, secondo Rousseau, caratterizza l'uomo naturale, pre-sociale, pre-istorico.




Il ritorno alla natura può essere effettuato abbandonando la ragione spesso ingannevole, per seguire questa coscienza morale, cioè quel sentimento innato dell'amore di sé,che, essendo amore verso Dio, è amore verso il prossimo.

Tutto sta nel non guastare l'uomo naturale nell'appropriarlo alla società, ovvero, nel diventare socio-politico, l'uomo naturale deve preservare la sua specifica integrità di persona originaria investita di valori a priori.


L'uomo, per ritornare nella condizione che lo caratterizzava prima dell'avvento della società, deve abbandonare la ragione e seguire la propria coscienza morale che porta ad amare il prossimo come noi stessi. Il problema che si pone Rousseau quindi è: come non guastare questa natura umana primordiale, e quindi questa coscienza morale, appropriando l'uomo ad una società? E' questo ora il fulcro dell'indagine roussoiana.


La difficoltà consiste quindi nel trovare una forma di aggregazione che difenda e protegga con tutta la forza comune la persona e i beni di ogni associato (diritti di proprietà, diritti naturali) e per la quale ciascuno unendosi a tutti gli altri, non obbedisca pertanto che a sé stesso e resti libero come prima.


La difficoltà è quindi rappresentata dalla formulazione di una società che non corrompa la natura dell'uomo e la sua capacità intrinseca di seguire la propria coscienza morale. Questa società deve essere in grado quindi di preservare anche quello stato di natura che garantisce il diritto di proprietà e i diritti naturali. L'uomo deve rimanere integro, obbedendo solo a sé stesso, e quindi deve essere libero. La funzione di questa società ideale è quindi quella di utilizzare tutta la forza comune per preservare le libertà degli individui.


La soluzione era stata trovata nella formulazione di un contratto, col quale ognuno consegna i propri diritti alla comunità, realizzando così l'eguaglianza politica (instaurata per la prima volta con la Rivoluzione francese) e l'emancipazione politica dell'uomo comune. La volontà generale, che costituisce l'apparato politico, si fonda come già detto sulla coscienza morale (come principio primo della giustizia umana), ma essendo questa una forma di egotismo, l'eguaglianza istituita da e per un tale corpo politico sarà quella che quell'egotismo permette.


Una società del genere era già stata formulata dalla Rivoluzione francese, previa la stipulazione di un patto tramite cui ogni cittadino affida ad un apparato politico, il governo, i propri diritti e le proprie libertà, realizzando così l'eguaglianza politica. In questo modo il cittadino ottiene la garanzia che le proprie libertà saranno garantite dai diritti che la società gli riconosce. Questo governo è il depositario quindi della Volontà generale, come la definisce Rousseau, ovvero è il rappresentante della Giustizia collettiva, e quindi di tutte le coscienze morali. Ma questa forma di governo ha un limite: gli stessi uomini che fanno parte dell'apparato politico ricercano i principi del giusto secondo quell'egotismo già accennato, e quindi la loro idea di Giustizia sarà personale, ed escluderà quella generale, unione delle coscienze morali di tutti i cittadini. Quindi l'eguaglianza istituita da un tale corpo politico sarà quella che quell'egotismo permette. Lo Stato avrà quindi come fondamento della propria Giustizia le coscienze morali di pochi singoli, e non realmente la Volontà generale.


Si concepisce in questo modo l'eguaglianza in funzione della libertà, ovvero una forma di tutela delle libertà individuali dell'uomo naturale, ma non viceversa: la libertà non è in funzione dell'eguaglianza fra gli uomini. Di conseguenza l'eguaglianza descritta è di tipo formale, astratta, giuridica, una traduzione legale dei diritti naturali, una legittimazione di questi. In questo modo non si realizza l'eguaglianza reale, ovvero di tipo sociale (richiesta dalla necessaria convivenza degli individui), che sola è in grado di costruire quella libertà sociale che, essendo libertà nella e per la comunità, è libertà di tutti




In questa società si ricerca quindi prima la libertà dei cittadini, a cui dovrebbe seguire l'eguaglianza. Infatti l'individuo è libero, come già detto, grazie ai diritti che gli vengono garantiti, ed a ciò segue l'eguaglianza politica, ovvero l'universalità dei diritti e delle leggi che valgono ugualmente per tutti. Questa forma di eguaglianza non è reale, quindi: è una formalità giuridica, semplice traduzione e legittimazione dei diritti naturali, che però non rende un uomo uguale ad un altro, anzi, garantisce al ricco di mantenere le proprie ricchezze a scapito del povero. Quindi in una società di questo tipo non viene raggiunta la vera eguaglianza fra gli uomini, che è quella di tipo sociale e non politica. Quindi nella ricerca di una società ideale bisognerà ricercare prima di tutto l'eguaglianza, a cui seguirà poi la libertà, e non viceversa. L'eguaglianza sociale è l'unica in grado di costruire la libertà di tutti.



Ritornando a Rousseau c'è da esaminare l'eredità positiva che lascia , precisamente quanto della sua originale problematica storico - filosofica non è storicamente esaurita con la rivoluzione borghese, una volta caduto, perché questo si storicamente esaurito, il metodo di soluzione originario.

Si tratta di vedere cosa resti dei problemi russoniani, tutt'ora in corso, della democrazia moderna: cioè della problematica del socialismo scientifico. Ciò vuol significare qualcosa di diverso dalla tradizionale applicazione della teoria socialista e da una formale dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.

Per occuparci un momento di Kant e del suo discepolo Guglielmo di Humboldt, basterà dire che: essendo il loro stato di diritto quello stato il cui unico scopo è quello di garantire l'ordinamento giuridico, cioè i diritti di proprietà e libertà dei cittadini, la sicurezza, come diceva Humboldt, presuppone un disinteresse per l'istanza democratico - egualitaria russoniana, ma un interesse per quella democratico - liberale borghese.

Kant si dimostra anche contro il dispotismo etico, come nella forma razionale e democratica di Rousseau: lo stato che vuole attuare con mezzi coattivi la felicità individuale o la morale collettiva non raggiunge lo scopo e diventa oppressore.

Ciò che rimane della problematica russoniana di non esaurito è il concetto di una società egualitaria non livellatrice: una società da realizzare consistente in una proporzionalità universale di differenze sociali e di differenze personali di merito (forza, talento, ecc.): proporzionalità universale assicurata dalla "forza comune" del "corpo sociale" o vero "sovrano".

L'originaria formulazione di questa società non consentiva che la garanzia dei meriti e quindi dei diritti di una sola classe sociale: quella borghese, risultando quindi contraddetti i concetti cardinali di volontà generale e di sovranità popolare. Così il problema, scoperto da Rousseau, del riconoscimento sociale dell'individuo, ossia della proporzionalità di valori sociali e meriti individuali, il problema insomma di una libertà egualitaria, resta un problema reale e attende la sua piena soluzione. Bisogna anche vedere come, nel complicato contesto dello sviluppo storico - ideale della democrazia moderna, tale problema sia completamente risolubile con un metodo diverso da quello di Rousseau.

Il metodo di un razionalismo concreto, ossia materialistico, è il metodo del socialismo scientifico, quello marxista - leninista che sostituisce la lotta di classe all'inefficiente principio dell'interclassismo.







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