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STORIA DEL DIRITTO ITALIANO
LEZIONI SUL PADOA SCHIOPPA DEL PROF. TAVILLA
I BIZANTINI
Si dice che la nostra disciplina nasce nel 476 d.c.: in questa data viene deposto l'ultimo imperatore romano a Roma, il famoso Romolo Augusto.
una data importante, perché segna il confine tra il mondo antico e il medio evo.
Nel 477 abbiamo una spaccatura politica dell'impero romano: il potere politico si trasferisce a oriente (Bisanzio) dove da ora in poi siederà l'imperatore (Costantinopoli).
L'occidente perde di importanza politica e rimane ostaggio di varie dominazioni: questo non vuole dire, però, che imperatore d'oriente non abbia più nessun potere nell'occidente.
in Italia che la dominazione bizantina si fa sentire maggiormente (soprattutto a Ravenna, la capitale bizantina d'Italia e dove sta l'esarca; ma anche in Puglia = CAPITANATO; in Calabria; in Sicilia).
ESARCA: rappresentante politico dell'imperatore bizantino d'oriente.
L'imperatore bizantino d'oriente ha qualcosa di più rispetto agli altri imperatori, perché ha una sacra maiestas, che gli imperatori romani non conoscevano: a Bisanzio si crea una convergenza, tipica del mondo orientale, tra potere laico e potere religioso. Questo vuole dire che l'imperatore d'oriente è il capo delle istituzioni politiche e delle istituzioni religiose: infatti, si parla di CESAROPAPISMO.
L'esarca sta a Ravenna.
Non esiste in questo periodo nessun tipo di separatezza di poteri: chi sta al vertice del potere politico racchiude in sé tutti i poteri.
L'esarca è un capo militare, cioè comanda gli eserciti. Questa è un'epoca di guerra: la penetrazione politica di un'istituzione si misura sull'efficienza dell'esercito. Quindi, avere il controllo dell'esercito è un controllo politico, amministrativo e finanziario del territorio.
Quindi, l'esarca è, prima di tutto, un capo militare.
ESARCA = capo dell'esercito - rappresentante politico - capo supremo dell'amministrazione giudiziaria (della giustizia).
L'esarca ha una sua burocrazia, dei suoi funzionari, comanda i vari duchi (capi dell'esercito). Anche il fisco è controllato dall'esarca. L'esarca nomina gli ecclesiastici (vescovi).
L'esarcato viene istituito nel 584 e muore nel 751, con l'arrivo dei longobardi. Altra data storica molto importante è il 751 = cade Ravenna e cade tutta la dominazione bizantina in Italia.
Importante è anche il 666 = AUTOCEFALIA = Ravenna diventa indipendente da Roma.
L'esarca non lavora da solo: egli ha tutta una serie di FUNZIONARI CENTRALI (quelli che stanno a Ravenna con l'esarca). Questi funzionari sono (con riferimento alla giustizia):
CONSILIARII (ADSESSORES) = indicano l'attività dei consulenti giudiziari.
CANCELLARII = coloro che mettono per iscritto gli atti giudiziari.
NOTARII = coloro che conservano gli atti ed eventualmente ne fanno una copia. Sono sempre bilingue: devono sapere il latino e il greco.
SCHOLASTICI = coloro che istruiscono le cause: pongono in essere tutte quelle attività conoscitive utili per la decisione di merito.
ALTRI COLLABORATORI per l'attività amministrativa: scribones, scriptores, scriptor, sacellarius.
Nel territorio italiano il secondo funzionario importante (sotto l'esarca) è il PREFETTO D'ITALIA = grande funzionario bizantino, ma di prestigio minore rispetto all'esarca.
Ha grandi compiti, soprattutto quello che riguarda il fisco e le finanze ed è supportato da due vicari: uno a Roma e uno a Genova. Anch'essi, a loro volta, hanno dei funzionari inferiori (PALATINI = uomini di palazzo, che si occupano delle spese pubbliche e delle spese private).
Gli uffici sono chiamati SCRINIA (=uffici finanziari).
Due città importanti, oltre a Ravenna, per i diversi destini che hanno sono Roma e Venezia:
ROMA = è in picchiata verso il basso, non è più la grande Roma. Roma resta sempre, a livello culturale ideale, la capitale del mondo, ma a livello amministrativo burocratico troviamo poco: troviamo uno dei due vicari del prefetto d'Italia; il vecchio senato romano; il tribuno (capo della difesa militare); i vescovi e la curia dei vescovi; non si parla di chiesa e di stato della chiesa, ma si parla solo di "patrimonio di S. Pietro" = l'organizzazione ecclesiastica ha un patrimonio di terre p 242i89c rivate, quindi non è ancora un'organizzazione istituzionale pubblica.
VENEZIA = proprio in questi anni di predominanze ravennate emerge una città di grande fascino, che nasce come momento difensivo alle invasione barbariche (infatti, proprio per motivi difensivi nasce sulla laguna). Qui c'è un duca a parte, il DOGE. Venezia già in questi anni assume una sua particolarità: c'è un duca particolare che si autoeleggono loro e c'è una concia, cioè un parlamento. Venezia comincia ad assumere un ruolo di particolare autonomia che la farà poi diventare una città di grandissimo splendore. In questi anni, quindi, si pongono le premesse per una storia istituzionale a parte di Venezia.
Ancora, riguardo all'amministrazione della giustizia bizantina, si parla di TEMA (=circoscrizione territoriale): ad esempio, c'è il tema di Calabria, c'è il tema di Sicilia, ecc. A capo del tema c'è lo STRATEGA (=capo del tema, ma anche capo militare).
Concludendo..
Potere pubblicistico articolato e complesso dei bizantini vuole dire efficienza, complessità e articolazione.
A Roma, invece, c'è l'emersione di un potere privatistico e conflittuale.
Questo potere privatistico contro il potere pubblicistico dei romani lo si vede soprattutto a livello locale: emersione dei potentati locali, emersione di famiglie importanti che accumulano patrimoni immobiliari = da tutto questo si può capire come nasce la signoria territoriale, la signoria fondiaria e il feudo = nasce dall'evoluzione di questo sfaldamento dell'Italia amministrativa dell'epoca.
All'epoca gli uomini importanti delle città si chiamano BONI HOMINES (=buoni uomini) = quelli che hanno grandi patrimoni immobiliari e hanno tutte cariche amministrative.
Dall'altra parte c'è l'oriente, c'è l'esarca. C'è un imperatore solo, che cerca di cambiare le sorti senza riuscirci, ed è Giustiniano.
Giustiniano è un imperatore straordinario, di umili origini, portato al potere dallo zio Giustino, e ha un'idea fissa: vuole riportare l'oriente verso l'occidente (primi anni del 500) e fa questo in due modi:
con le armi, cercando di riprendere i confini perduti e, soprattutto, instaurando in Italia la guerra gotico-bizantina (guerra che dura dal 535 al 553 che spopola quasi tutta l'Italia ed è un periodo di grande crisi politica, amministrativa e militare);
operazione culturale giuridica (529-540 circa) sanziona una serie di raccolte normative straordinarie: il codex, i digesta, le institutiones, le novellae. Queste grandi compilazioni sono divise in due grandi categorie: LEGES (=norme che vengono dagli imperatori) e IURA (=opinioni dei giuristi). (Digesta è una raccolta di iura; il codex e le novellae sono leges).
Una data molto importante è il 554 = abbiamo una PETITIO (richiesta) di Papa Vigilio, il quale è indotto a chiedere a Giustiniano di estendere l'applicazione del corpus iuris civilis, cioè di tutte le norme giustinianee, anche in Italia. Nel 554 viene emanata la PRAGMATICA SANCTIO = legge di Giustiniano con la quale si estende l'applicazione delle norme giustinianee anche in Italia (perché l'ha chiesto, appunto, Papa Vigilio).
Dal 554 la compilazione giustinianea è applicata anche all'Italia. Però, la compilazione giustinianea in Italia la troviamo solo nelle zone più bizantinizzate.
I LONGOBARDI
568 d.c. = da un valico montano del Friuli venivano in Italia i longobardi (anche se come costituzione di regno i franchi sono più antichi dei longobardi, ma in Italia arrivano prima i longobardi).
Da questa data, quindi, i longobardi invadono l'Italia, progressivamente, partendo dal Friuli e soprattutto nella zona settentrionale, conosciuta infatti come LANGOBARDIA (oggi, Lombardia).
Il re a capo di questa spedizione è ALBOINO (=capo militare, più che un re vero e proprio).
I longobardi sono un popolo nomade che vive spesso della pastorizia e delle conquiste militari: perciò, i capi dei longobardi non possono che essere dei capi militari.
I longobardi sono organizzati in FARE (singolare FARA) = UNITA' FAMILIARE ECONOMICA MILITARE DEI LONGOBARDI (famiglia allargata fatta da parenti sotto un unico capo, in cui le donne, i minori, gli anziani non hanno capacità giuridica anche se possono avere utilità pratica: chi ha personalità giuridica sono gli uomini in armi, cioè i combattenti che si riuniscono in CLAN).
Ognuna di queste FARE (o CLAN) è comandata da un capo militare, che è in contatto con gli altri capi militari dei longobardi (quella che noi oggi chiamiamo TRIBU').
Alboino era il capo di una di queste fare e gli altri capi lo hanno investito del potere militare per una certa spedizione: in altre parole, egli è un PRIMUS INTER PARES (tutti i capi militari hanno uguale dignità, però viene considerato primo, perché gli altri lo hanno investito di una particolare funzione strategica).
Quindi, vediamo una sovranità di grado molto basso e funzionale al potere militare: di regola (discorso a parte per i franchi) tutte le popolazioni barbariche, nomadi e in armi hanno una struttura familiare militare con un primo inter pares che funge da capo (poi diventerà re, ma il passaggio è graduale).
I longobardi scendono in Italia, prendono le terre migliori e, in una prima fase, si insediano.
Subito dopo Alboino - 574 = CLEFI: le cose cambiano; egli da una svolta alla dominazione longobarda (anche lui è un capo militare).
Clefi rompe un po' questo equilibrio di invasioni e attua una spoliazione violenta dei possedimenti latini (chiese, ecc.).
Questa organizzazione di primo inter pares ha un grosso svantaggio, perché se i capi militari non vanno d'accordo tra di loro c'è l'anarchia più totale: in questa fase di spoliazione violenta succede proprio questo. Per accaparrarsi i beni da razziare i capi militari longobardi entrano in conflitto tra di loro e abbiamo così 10 ANNI DI INTERREGNO: per 10 anni i longobardi non riescono a mettersi d'accordo su questo primo inter pares.
Quindi, un periodo di grande frantumazione di questi clan.
Le cose cambiano ancora quando arriva AUTARI - 590 = segno del nuovo equilibrio. I capi militari si rendono conto che la dominazione in Italia può diventare instabile, senza un accordo fra i capi militari. E finalmente si mettono d'accordo su un nuovo primo inter pares.
Con Autari i longobardi cominciano a territorializzarsi, cioè cominciano a fare la scelta di stare in Italia. Da popolo nomade cominciano a diventare popolo stanziale: ogni fara sceglie un luogo in cui stanziarsi. Poi capiscono, dopo 10 anni di interregno, che è necessario organizzarsi in modo più stabile e questa stabilità comincia proprio con Autari.
Forse con Autari possiamo parlare di regno.
Autari resta sempre un primo inter pares. La piena ed assoluta maiestas, che avevano i romani, con i longobardi non esiste: è inconcepibile che un capo militare abbia la potestà assoluta su tutti i residenti o su tutti i militari. Resta sempre un capo militare con la dignità di un capo militare, ma niente di più.
Perché diciamo che con Autari le cose cambiano Con Autari si ha un meccanismo misto: si ha una sorta di ereditarietà = segno di regalità maggiore perché toglie ai capi la scelta, però i capi hanno sempre il diritto di votarlo: il primo inter pares si sceglie nella discendenza di Autari. Autari e i suoi discendenti rimangono sempre in rapporto di coordinamento con gli altri capi, non di sovraordinazione.
Però, un sovrano per essere tale deve avere un patrimonio che gli permetta di amministrare il suo potere. E qui c'è un compromesso molto importante: i duchi (capi militari) si sono stanziati in varie parti d'Italia e si sono presi le terre (risorsa produttiva per eccellenza). I duchi, per assestare questo potere, e dopo la grande paura dell'interregno (dove si sono visti quasi sgretolarsi) decidono di dare metà delle loro terre da gestire al re.
La sovranità non ha ancora le caratteristiche di un potere pubblico: è un potere militare. I duchi trattano le loro terre come se fossero, giustamente, le loro terre, poiché sono le terre che loro hanno conquistato in guerra.
Di queste terre, metà le conferiscono al sovrano.
Quindi, abbiamo un territorio molto frazionato: non si può parlare di stato perché i duchi mantengono grandi territori autonomi e conferiscono metà di questi territori e delle loro ricchezze ad Autari, che le gestisce come re, ma il disaccordo fra gli storici è se egli le gestisce come re (come privato) o come re in veste di una funzione pubblica. Certamente non è un potere pubblico come lo intendiamo noi.
Il segno della sovranità e della pubblicità sta nel fatto che una parte di questi territori, dei duchi, vengono dati al sovrano in quanto sovrano, non in quanto privato: quindi, su questi territori c'è una marca di discrezionalità.
Perché succede questo Perché i longobardi cominciano a rinunciare al loro nomadismo, si strutturano in un territorio e, quando un popolo si struttura in un territorio, fatalmente cambiano le sue strutture amministrative, perché quelle strutture amministrative di conquista non sono più funzionali. Se si rimane, bisogna gestire quello che rimane (terra, residenti, economia): quindi ci vuole un'organizzazione almeno gerarchica. E con Autari si comincia ad avere questa gerarchia.
Le due città più longobardizzate d'Italia sono Spoleto e Benevento: anche quando la dominazione longobarda finirà, queste due città rimarranno ducati longobardi autonomi, in cui ancora regnano dei duchi direttamente discendenti dagli antichi duchi longobardi.
Altra città profondamente longobardizzata è Salerno.
Il re, Autari e compagni si stanziano a PAVIA, nel pieno della pianura padana. A Pavia c'è il PALATIUM (palazzo del potere) dove sta il primo inter pares, il quale possiamo finalmente cominciare a definirlo un REX, purché non gli attribuiamo piena ed assoluta maiestas.
Nel palatium c'è la CURTIS REGIA (corte del re). Il re è circondato da GASINDI (fideles = fedeli del re): il re ha bisogno di persone fedeli, cioè di uomini che mantengano la parola, che gli siano fedeli in caso di guerra o di pericolo. La curtis regia è fatta di capi militari longobardi che sono fedeli del re.
Nel territorio ci stanno gli ACTORES (agenti del re che amministrano le terre). Le decisioni importanti sono prese da un'assemblea formata dai capi militari = GAIRETHINKS (assemblea degli uomini armati) che si riunisce, presieduta dal primo inter pares (re) per le decisioni importanti, appunto, (leggi, guerre, paci, grandi decisioni). Però il gairethinks serve anche ad un'altra cosa: per pubblicizzare un evento importante (come la vendita di una terra), si riunisce l'assemblea e tutti i capi militari fanno i testimoni a quell'atto formale. Questo assicura la pubblicità.
Quindi il REX:
ha i suoi fideles
sta nel gairethinks
ha i suoi actores
riscuote le rendite immobiliari
riscuote le imposte
incassa le composizioni
COMPOSIZIONI = ad un certo tipo di reato corrisponde la rifusione in termini di somma di denaro (tipica concezione barbarica del diritto penale) = idea di giustizia privata, ha la funzione di vendetta privata.
Si deve pagare un GUIDRIGILDO (compositio) = si paga una somma di denaro il cui importo cambia a seconda del soggetto che viene ferito e a seconda della parte del corpo. Si tratta di un vero e proprio tariffario.
Il Re impone questi tariffari, li fa approvare al gairethinks, dopo di che, una parte di questa somma si da al clan della vittima e una parte la prende il re (è una sorta di tassa, perché garantisce l'ordine pubblico).
LA LEGGE DEI LONGOBARDI
Chi sono i destinatari delle norme? Vige il principio della PERSONALITA' DELLA LEGGE e non della territorialità. La legge è un attributo della persona e non del territorio. LA LEGGE E' UN ATTRIBUTO ETNICO.
Parliamo di consuetudini (orali) quelle che i longobardi si portano appresso e che chiamano CAWARFIDE.
Questa situazione resta costante per tutti i longobardi, ma non immobile.
Ci sono due tappe importanti da ricordare, con due sovrani molto importanti:
ROTARI (643) pubblica il primo editto: è una cosa rivoluzionaria per i longobardi, i quali da sempre si sono regolati con consuetudini orali. Rotari prende tutte queste consuetudini e le mette per iscritto, violando la consuetudine culturale del popolo longobardo, perché le mette per iscritto in lingua latina (lingua degli intellettuali dell'epoca).
LIUTPRANDO (744) pubblica l'ultimo editto: Liutprando si converte al cattolicesimo e con lui tutta la popolazione. Liutprando e i longobardi hanno introiettato i valori culturali della latinità e della cattolicità: ad esempio, il sistema della faida con il cattolicesimo entra in crisi. Due esempi importanti: A) FAIDA (vendetta privata) = uno dei sistemi tipici della vendetta privata, garantita dalle cawarfide, è il duello o l'ordalia. Liutprando fa una norma nella quale dice che vorrebbe abolire il duello in quanto contrario al suo sentire di cattolico, ma non può farlo, perché è un'istituzione che gli chiedono i suoi fideles; B)cap. 91 - de scribes: i notai non devono essere ignoranti e devono conoscere le norme, le consuetudini, e proprio per questo devono essere a conoscenza di tutte le consuetudini delle popolazioni (latini e longobardi). Se c'è una controversia tra un latino e un longobardo si applica la PROFESSIO IURIS (scelta del diritto = le parti davanti allo scriba devono dichiarare quale delle due consuetudini giuridiche vogliono che si applichi in caso di contestazione).
I FRANCHI
774 = i franchi sconfiggono i longobardi o, per meglio dire, cade Pavia, la capitale del regno langobardorum.
Da un punto di vista europeo i franchi sono venuti prima dei longobardi (mentre in Italia è avvenuto il contrario: bizantini, longobardi, franchi).
Il regno franco nasce nel 481, nella zona settentrionale della Francia: si tratta dei franchi più antichi, i FRANCHI SALII.
Nel 481 il re in questione è CLODOVEO.
Un grande passo avanti dei franchi salii è la sconfitta dei Burgundi (nella parte atlantica più a sud della Francia).
Importante notare che, mentre i longobardi diventano importanti perché stanno in Italia (la loro forza è nel regno Lanogobardorum), per i franchi è diverso: la loro importanza deriva già dal 481, perché dopo la caduta dell'impero romano, è il primo regno che in Europa assume una determinata struttura di regno.
Quale legge hanno i franchi salii La LEGGE SALICA, la cui intitolazione è "PACTUS LEGIS SALICAE".
Dobbiamo però soffermarci su queste due parole: "pactus legis", perché o è un patto o è una legge. Innanzitutto il termine legge non deve ingannare, perché non è una legge: è vero che c'è un re, ma in quest'epoca nessun re può imporre qualcosa. Perché possa succedere questo bisogna essere o nell'impero romano (già crollato) o bisogna aspettare il 1400-1500 con l'assolutismo. In quest'epoca e per queste popolazioni la legge è, in primo luogo, la consuetudine.
Come Rotari e Liutprando avevano messo per iscritto le cawarfide, anche Clodoveo, negli ultimi anni del suo regno (inizio 500), mette per iscritto la tradizione consuetudinaria dei franchi salii.
Il re decide di mettere per iscritto le consuetudini e lo fa con il suo popolo, il popolo dei franchi salii, che sono solo gli uomini in armi: il popolo si riunisce, accetta perché vede quanto scritto nel pactus legis salicae che corrisponde alla loro antichissima tradizione. Quindi si mettono d'accordo sul fatto che quella legge è proprio così.
Questo è il significato della parola "patto" = è un patto tra gli uomini liberi in armi. (la libertà consiste con l'esercizio dell'arte militare).
Il contenuto delle leggi, sia per i longobardi che per i franchi, non cambia, né prima quando erano nomadi e non cambia nemmeno quando si fermano: quello che cambia quando si fermano è che decidono, proprio perché il fermarsi li mette in contatto con altre popolazioni locali, di mettere per iscritto le loro consuetudini affinché non si mescolino con altre e perché si evitano i conflitti all'interno della comunità.
La messa per iscritto accerta il contenuto della legge.
Come si regolavano i franchi La figura del re è valorizzata dai franchi salii, ma non perché è un legislatore che comanda tutti, ma semplicemente perché è stato nominato ARBITRO CHE GARANTISCE LE CONSUETUDINI, ma non le può cambiare.
In più il re impone qualche tributo, fa le composizioni tariffarie, prende una parte delle composizioni pecuniarie, ecc. Quindi, il re assume una posizione preminente, ma niente di più.
(se per caso il reo al quale viene assegnata una composizione pecuniaria non paga, perché non vuole o non può pagare, egli viene rimesso al clan dell'offeso, il quale lo può schiavizzare, ma lo può anche uccidere = perde, cioè, la sua soggettività giuridica).
Organizzazione amministrativa dei franchi Per i franchi è la stessa cosa dei longobardi: anche Clodoveo, sino a Carlo Magno, è un primo inter pares.
Dopo Carlo Magno cominciano i guai per i franchi: i figli litigano e si spartiscono i 3 regni ed è da qui che nasce il regno franco ed il regno di Germania.
Carlo Magno, la notte di Natale dell'800, si fa incoronare imperatore. Nonostante questo, però, il regno franco non è un regno diverso da tutti gli altri regni barbarici: è il regno più antico, Carlo Magno ha la pensata dell'impero (che ha una grande estensione territoriale), ma non è uno stato nel senso moderno, perché non c'è un'organizzazione gerarchica ben strutturata.
I capi militari franchi si chiamano CONTI (in latino COMES o, al plurale, COMITES = compagno). Questi conti corrispondono ai duchi longobardi. I conti dovevano avere un rapporto di fedeltà con il sovrano, gli giuravano fedeltà: ma ogni tanto questa fedeltà si incrinava e i conti facevano un po' a modo loro. Quindi, questa organizzazione burocratica RE - CONTI (fideles) non c'è.
Ad un certo punto il re ha investito del titolo di conti anche dei vescovi, cioè delle cariche ecclesiastiche, e questo ha fatto pensare a degli emissari del re.
Insomma, questo rapporto di fedeltà c'è, ma il fatto che sia un rapporto di fedeltà non vuole dire che questa sia un'organizzazione burocratica nel senso proprio del termine.
Questi sono capi militari che aiutano il re nella guerra, si stanziano in un territorio che è loro e il re, per farli stare buoni, gli da dei poteri per fare in modo che, giuridicamente, dipendano dal re.
E' un atto di investitura solo formale: i conti hanno dei poteri nelle loro contee, ma questi poteri non dipendono dall'investitura del re (li avrebbero in tutti i casi, perché sono capi militari e nelle loro contee si comportano come piccoli sovrani).
Siamo in un'epoca in cui avere un territorio (essere titolari), cioè starci come signori, significa essere signori di quella terra.
Starci come signori significa: tutti devono riconoscermi titolare di quella terra.
nessuno deve osare sconfessare quella terra,perché
ho un esercito e lo faccio fuori.
Chi ha terra ed esercito è signore di quella terra (anche se il re non lo riconosce).
Chi ha terra ed esercito, non ha solo terra ed esercito, ma ha tutti i poteri possibili su quella terra: costringere a lavorarla, ad aiutarlo in guerra, a pagare delle tasse, ecc.
Tutti questi poteri sono chiamati BANNUM = POTERE DI COMANDO.
Oltre ai conti, un'altra categoria di funzionari è quella dei MISSI DOMINICI (messi del signore), ma non hanno un rapporto con i conti.
Il re franco ha il MUNDEBURDIUM = PROTEZIONE: il sovrano protegge la chiesa. Il re, in quest'epoca, è un arbitro: deve essere l'arbitro dei suoi fedeli, deve essere l'arbitro di coloro che hanno le stesse tradizioni giuridiche o tradizioni giuridiche diverse (e spesso entrano in conflitto tra di loro e il re li garantisce) o hanno religioni diverse.
Quindi, il re tutela pace
difesa
tradizione
Questo fanno tutti i re medievali (e anche i duchi e i conti medievali): si è capi perché si assicura la pace interna, perché si respingono i nemici, perché si tutela la tradizione delle antiche consuetudini. Solo chi fa tutto questo è CAPO: il capo tra i capi è RE, in quanto tutela la pace, la difesa, la tradizione dei fideles.
Ecco perché non si può parlare di stato: si può parlare di regno, perché il regno nasce così. Il regno non costituisce leggi, costituzioni, leggi pubbliche, strutture amministrative: il regno tutela la tradizione, tutela i rapporti di fedeltà.
Concludendo..
Il re, come tutti gli altri signori, tutelano la tradizione consuetudinaria.
Leggi dei franchi - CAPITULA (proprio perché sono divise in capitoli): il re ogni tanto deve intervenire con dei capitoli, ma non per fare nuove leggi, ma per integrare, correggere, migliorare queste vecchie tradizioni.
Si parla di 3 tipi di capitula:
CAPITULA MISSORUM = le istruzioni date ai missi (sono delle specie di circolari).
CAPITULA LEGIBUS ADDENDA = le leggi sono le antiche tradizioni consuetudinarie, che magari risultano un po' vecchie: allora si aggiunge e si integra = sono integrativi e correttivi della tradizione.
CAPITULA PER SE SCRIBENDA = capitoli che si scrivono per se stessi, quindi che hanno una certa autonomia rispetto alle tradizioni. Va oltre al consuetudine, perché la consuetudine non riesce e regolare tutte le fattispecie pratiche = regolano ex novo una fattispecie giuridica per la quale la consuetudine ha mostrato delle lacune.
SIGNORIA RURALE
Come funzionava la società in Italia? Che tipo di società c'è in Italia, dal 400 in poi, quando arrivano i barbari?
Sostanzialmente si vive in campagna: le città sono insicure, in quanto sono soggette ad attacchi, mentre le campagne sono più sicure e c'è forse più possibilità di sopravvivere.
Come si viveva in quest'epoca Prima cosa che possiamo dire è che c'è un'economia chiusa, cioè produce quello che consuma e consuma quello che produce: non c'è un surplus destinato al commercio. Questa economia fa sparire la moneta, quasi del tutto, fa sparire i mercati e fa sparire tutta quella parte giuridica che riguarda il commercio.
Dove e come si produce Siamo in campagna dove ci sono dei DOMINI (signori titolari della terra): chi sono questi signori non lo sappiamo. Possono essere dei discendenti dei vecchi senatori, o dei vecchi latifondisti, o possono essere dei signori longobardi.
Sono dei signori che per vari motivi occidentali in questo periodo risultano stabilmente titolari di una terra.
Dove sta il signore Il signore sta in un suo insediamento = CURTIS (o VILLA). Egli si serve anche della campagna circostante la sua casa = PARS DOMINICA (=parte del signore) che gli produce i frutti di cui ha bisogno per vivere lui e la sua servitù: infatti, non è il signore a coltivarla direttamente, ma ha una serie di servi (FAMILII) che lo aiutano, ma anche degli uomini liberi, che non sono necessariamente servi e che vivono nelle varie zone della campagna e che in determinati giorni lo aiutano per la produzione.
Il signore non ha solo la curtis e la pars dominica: ha anche altro terreno, che può essere più grande, oppure tanti appezzamenti di terra lontani l'uno dall'altro = PARS MASSARICIA = da MASSA o, al plurale, MASSE = unità rurali più piccole dove c'è la casa, della terra e dove stanno dei contadini, che teoricamente sono liberi - coloni, ascriptici, enfiteutici, ecc., ogni zona usa il suo termine. Sostanzialmente sono o erano uomini liberi, che però sono contadini, e coltivano la pars massaricia nelle varie masse, producono dei frutti e solo una piccola parte la tengono per sé, mentre l'altra parte devono darla al dominus, attraverso una percentuale del prodotto, oppure lavorando 7 giorni (es., 3 nella loro massa e 4 nella pars dominica) = sono i cosiddetti OBSEQUIA: i contadini devono degli obsequia al signore. Questo termine "obsequia" non fa rilevare un aspetto economico, ma fa rilevare un ASPETTO DI DIPENDENZA: il contadino dipende dal signore e questo è dimostrato dal fatto che dà una parte del suo lavoro o del suo prodotto al signore.
PARS MASSARICIA = PARS TRIBUTARIA, perché i contadini della pars massaricia devono dare dei tributi al signore.
Cambiano anche i rapporti: non è più un rapporto in cui gli uomini liberi in armi sono su un piano di uguaglianza (come era, per esempio, per i longobardi) = idea del mondo barbarico.
In questa realtà produttiva i rapporti non sono di uguaglianza: comincia a strutturarsi un rapporto verticale di subordinazione.
Questo sistema è funzionale alla PROTEZIONE: in quest'epoca non si vive se non si è protetti.
In quest'epoca si parla di potenti = POTENTS, OPTIMATES, BONI HOMINES = sono coloro che hanno terre e che hanno la possibilità militare di difendere queste terre, cioè hanno uomini in armi al loro servizio. E chi è un potents, o un optimates, o un boni homines, ha bisogno di qualcuno che lo protegga e quindi questo sistema gli conviene, perché ha qualcuno che gli da la terra, qualcuno che lo difende se arrivano delle popolazioni barbariche, qualcuno che gli da il materiale per lavorare = è il sistema della subordinazione e finalizzato alla protezione.
Questa struttura non è frutto dell'arbitrio, ma è frutto di una necessità.
Chi decideva quanto dare di prodotto o quanto lavorare per il signore La consuetudine.
Non si sa quando nasce, ma si sa che, ad esempio, i miei avi davano l'80% della produzione al signore.
Tutti sanno che questa è una cosa che non si può modificare.
Nel caso di una controversia tra due contadini da chi si andava per dirimere la controversia Dal dominus.
Quindi, il dominus non è solo un capo economico, ma amministra la giustizia: ha anche poteri giurisdizionali.
Il dominus ha: bannum (potere di comando)
Iustitia dominica
Il dominus dirime la controversia sulla base della consuetudine. E' una consuetudine spontanea, di questi luoghi, ma messa per iscritto: per questo non si sa quando inizia.
Il dominus ha degli agenti (ACTORES) che vanno nelle varie masse a controllare il reddito: da alcune parti sono chiamati IUDICES, perché amministrano le rendite, ma a volte aiutano il signore a dirimere le controversie.
In questo contesto, tra avere una terra, amministrare una giustizia e avere un bannum, non c'è nessuna separatezza: è un unico potere e il potere deriva dalla terra. Chi ha la terra ha potere economico, un bannum e un potere di giustizia = potere unico derivato dalla società e da queste esigenze.
Tutto questo discorso deve essere, poi, collegato al FEUDO.
La situazione, però, è molto più complessa: non è che i domini sono tutti uguali.
C'è il domino piccolo (cioè il signore che ha un piccolo appezzamento di terra) e c'è il domino grande (cioè il signore che ha un grande appezzamento di terra e con tanti residenti). Tra questi due si instaura un rapporto di inferiorità - superiorità: il domino piccolo, cerca di avere buoni rapporti con il domino grande e, in qualche modo, cerca di ottenere dal domino grande la protezione, perché ha un impatto bellico o un impatto di carestia eccessivo e il domino piccolo con tutta la sua povera struttura rischia di schizzare. Allora è importante anche avere dei buoni rapporti con i domini più grandi, quelli che hanno ricchezza e potere militare maggiore.
Quindi, vediamo un sistema articolato, non soltanto tra contadini e signori, ma anche tra signori tra di loro, tutti alla ricerca di protezione, di difesa: il più forte difende il più piccolo ed è un sistema vantaggioso, perché il più forte ha delle persone che gli tornano utili per la difesa, per esprimere potenze militari.
Altro elemento: le CHIESE.
Una chiesa ha un beneficio (un pezzo di terra). Anche la chiesa può essere un dominus.
(esempi concreti: Nonantola; il monastero di S. Giulia a Brescia; Bobbio in provincia di Piacenza).
Parole chiave in quest'epoca: difesa, protezione, tutela.
Io sono un dominus e ho un piccolo appezzamento di terra: da solo non ce la faccio, sono vittima di attacchi, di carestie, non ho residenti sufficienti per fare coltivare la mia terra. Allora prendo la mia terra e la regalo a un dominus più grande: quel pezzo di terra mi torna indietro, ma come dipendente, me la coltivo io, ma sotto la protezione di un titolare.
E questo si fa molto con le chiese: si regalano terre alle chiese e la chiesa me la restituisce perché la coltivi io = è meglio che quella terra io non l'abbia come titolare, ma come dipendente: è vero che divento un dipendente con rapporto di subordinazione, ma ho almeno la protezione.
In questo periodo ci sono anche le piccole proprietà libere = ALLODI (singolare, ALLODIO), ma sono veramente pochi. L'allodio è la terra più indifesa che ci sia, perché è vittima dell'attacco di tutti. Quello che è vincente è il rapporto di subordinazione, perché stare sotto a qualcuno garantisce la protezione e la difesa.
In altre parole, la SOCIETA' SI STRATIFICA in termini piramidali, dal più grande al più piccolo: i più piccoli cercano di andare sotto i più grandi.
Il medioevo funziona così. Mentre la nostra società, oggi, è tendenzialmente egualitaria, grazie alla rivoluzione francese, tutto il medioevo è piramidale: da qui nascerà l'aristocrazia, la nobiltà, che la rivoluzione francese, poi, cancellerà. Tutto questo nasce dalle condizione di vita.
Quindi, è importante sottolineare la spontaneità di questa cosa, soprattutto il fatto che in questa spontaneità troviamo anche l'amministrazione della giustizia.
Questi sono dei signori territoriali che hanno dei poteri e non hanno bisogno di un re che glieli dia, o perché sono signori di una terra, o perché sono capi militari (duchi, conti, ecc.): il re può essere, nel caso migliore, un tutore di questa situazione, non di più.
Parlando qui di signori territoriali, dobbiamo fare una precisazione. Questo signore, in questa situazione, è un SIGNORE RURALE e si parla, infatti, di SIGNORIA RURALE, cioè il dominus che sta nella campagna.
I signori rurali più grandi prendono sotto di loro i signori rurali più piccoli: quindi, il signore rurale grande diventa un SIGNORE TERRITORIALE = è un signore rurale importante, ricco, pieno di terre e un buon esercito, che può esprimere potere anche in un territorio.
I signori territoriali non stanno più nella curtis, ma stanno nei CASTELLI che è il segno militare per eccellenza. Il signore territoriale esprime una difesa ed una protezione ancora più ampia dei piccoli signori rurali e controlla un grande territorio militare.
Quando piccoli domini litigano tra di loro per dirimere la controversia si va dal signore territoriale.
Un grande signore territoriale può essere benissimo un conte o un duca longobardo.
Ultimo aspetto: l'espressione "io sono libero" in questi anni cosa può volere dire?
Sono un contadino che lavoro in un manso; sono un piccolo proprietario terriero, un allodiale, che non riesce a tirare avanti e regalo la mia terra, ad esempio, a Nonantola la quale me la restituisce e mi fa lavorare come dipendente. In questi casi posso dire "io sono libero".
Ma è diverso da quello che non ha nulla e deve lavorare la terra altrui.
"Io sono un piccolo signore rurale e tutti mi portano i frutti e non lavoro": anche in questo caso posso dire che sono libero, però devo proteggermi, perché sono un signore rurale non molto ricco e devo andare in castello dal signore rurale a farmi difendere.
L'uomo che non ha niente, ha solo le sue braccia per lavorare in campagna, è un uomo libero. Il signore territoriale è un uomo libero.
Comunque, la libertà in quest'epoca non rileva nel senso democratico nostro, perché quello che conta è la verticalità del rapporto di subordinazione derivato dalla cultura sociale che chiede protezione.
(i non liberi sono tutti gli schiavi, i CAPTIVI = preso. In quest'epoca tra gli schiavi e un contadino, che lavora in un manso ed è libero, comincia a non esserci più nessuna differenza sostanziale: vengono schiacciati verso il basso e ciò sembra un'ingiustizia, un peggioramento, però è la protezione. Lo schiavo deve essere mantenuto dal padrone, può essere ucciso dal padrone; l'uomo libero, allodiale, non lo mantiene nessuno).
IL FEUDO
Il feudo è un istituto consuetudinario: non si sa con precisione l'età e il modo preciso in cui viene in essere. Si sa solo che si diffuse dall'VIII sec. in poi.
Comunque, il feudo non nasce dal nulla: questo istituto giuridico, come tutti gli istituti giuridici di natura consuetudinaria, deve essere collegato ad una realtà preesistente. Ad esempio, dal diritto romano, l'istituto della "clientela" = CLIENTES e PATRONI = tipico istituto tardo romanistica in cui un signore ricco e potente ha al suo seguito una serie di clientes, cioè di raccomandati, di chi si affida al potere di quel signore ricco ed influente per ottenerne tutta una serie di vantaggi nella società = questa può essere una delle linee di continuità.
Sempre a proposito del diritto romano, i latifondi romani: i signori romani (senatori) che possedevano grandi territori. Probabilmente loro stessi erano patroni e probabilmente anche loro stanno alla base di questo istituto feudale.
Questi signori, come abbiamo visto nella signoria rurale, non hanno solo poteri economici, ma hanno anche poteri amministrativi, poteri di comando, poteri giudiziali.
Tutte queste cose, insomma, possono essere viste come le premesse del feudo stesso.
Da un'altra parte, i popoli barbari: già il re aveva dei suoi fedeli = gasindi, per i longobardi, antustion per i franchi: il sovrano aveva bisogno di suoi fedeli.
Possiamo citare anche i contratti agrari: gli allodiali, quelli che hanno proprietà terriere spesso preferivano donarle ad un signore, o ad una chiesa, per riceverle in cambio come subordinati a quella chiesa, o a quel signore stesso. Quindi, lo stesso mondo agrario è un mondo che si pone in una relazione di fedeltà e di subordinazione a qualcuno.
C'è un mondo delle campagne, quello che richiedeva protezione e difesa, e c'è anche un mondo militare barbarico che vede la presenza di questi fideles.
Quindi, come vediamo, il feudo non nasce dal nulla: nasce da questa realtà rurale e da questa realtà barbarica (realtà sostanzialmente militare).
L'ambiente nel quale per la prima si incontra questo termine, feudo, è l'ambiente militare.
Il re è un primus inter pares, cioè è un comandante che coordina altri comandanti, ma tecnicamente non è diverso da un comandante: poi acquisterà poteri grazie a questa sua preminenza, ma sostanzialmente è un comandante militare.
In che modo un comandante militare, che deve coordinare altri comandanti militari, può coordinarli e soprattutto in che modo può guadagnare e conservare il rapporto privilegiato con questi comandanti? La risposta è questa: il comandante dei comandanti, cioè il rex (il dominus per eccellenza) si coordina con i suoi fideles (i suoi comandanti, che possono essere duchi, conti, ecc.) con dei rapporti di FEDELTA' (ONORE, parola tipica dell'aristocrazia e l'aristocrazia ha proprio origine militare).
Quindi, le due parole chiave del mondo militare: ONORE e FEDELTA'.
Cosa vuole dire Che i comandanti giuravano fedeltà al signore. E' il rapporto che regola il dominus al vassallo: il rapporto della fedeltà (io sto alla parola data, mi lego a te da un rapporto di fedeltà).
Dominus / rex
Fidelitas
Vassalli
E' un rapporto personale, di onore: chi viola questo patto, chi lo rompe, si macchia di FELLONIA = reato gravissimo, perché interrompe il rapporto di fedeltà (è il TRADIMENTO).
Il feudo nasce dalla fidelitas in ambiente militare.
FIDELITAS: cosa deve fare il vassallo per rispettare la fidelitas? In cosa consiste?
Giuridicamente ci sono due tipi di obblighi:
Obblighi di facere, che a loro volta si distinguono in altri due tipi:
Auxilium = aiuto militare (aiuto in guerra, aiuto in caso di attacco). Poi ci sono altre specificazioni all'aiuto: se fanno prigioniero il dominus, o un figlio, il vassallo deve aiutarlo a liberarlo o a pagare il riscatto.
Consilium = da un punto di vista giuridico, è l'aiuto verbale che il vassallo deve dare al signore, nel momento della sua attività giudiziaria (ius dicere) e nell'attività normativa (mai creativa ex novo, ma sempre di tipo dichiarativo, integrativo, emendativo, correttivo).
Obblighi di non facere = non tradire, non allearsi con i nemici, non nuocere al dominus in nessun modo.
Qual è l'atto con cui il vassallo giura fedeltà Si chiama OMAGGIO (che deriva da "omo" = uomo = "io mi faccio tuo uomo: io divento tuo fedele e in qualche modo ti appartengo").
L'omaggio è un atto giuridico ufficiale con cui si giura fedeltà e che può essere rotto dalla FELLONIA (=tradimento): modo di rottura traumatico del rapporto tra fideles (si diventa traditori e si perdono tutti i diritti).
Quando cessa il rapporto di fedeltà (a parte la fellonia)? Con la morte, o del dominus, o del vassallo, il rapporto di fedeltà si estingue.
Quindi, da questo deriva che si tratta di un RAPPORTO PERSONALE, perché incentrato sulla fidelitas: la fidelitas non può che essere un rapporto personale, perché la fidelitas è ab personam (non è in base al ruolo).
Ancora oggi, nel linguaggio comune, si usa il termine "feudo": dicendo feudo, oggi, intendiamo "un pezzo di terra".
Che rapporto c'è tra la fidelitas e questa accezione che è rimasta a noi oggi del pezzo di terra
Deve essere chiaro che il feudo si basa sul rapporto personale. Il vassallo ha nei confronti del re degli obblighi di facere (auxilium e consilium) e di non facere. Ma è un rapporto sinallagmatico: non si può pensare che il vassallo si faccia fedele del dominus in cambio di nulla; qualche vantaggio deve averlo.
Quello che il dominus deve al vassallo è:
Protezione
Difesa
Mantenimento
Da tutto questo si capisce anche perché si arriva alla terra: se il signore deve mantenere il suo fedele che va con lui a combattere, ma poi deve vivere, bisogna dargli qualcosa.
Quindi, tecnicamente il rex al suo vassallo deve un BENEFICIUM (=fare del bene nell'ottica del mantenimento e della protezione) = il beneficium è la terra.
Nel rapporto sinallagmatico, alla fidelitas corrisponde un beneficium, a condizione, però, di pensare che non sempre è la terra: poi diventerà sempre la terra. Nel senso comune FEUDO = TERRA (però all'inizio poteva anche essere una carica pubblica, una somma di denaro, ecc.).
Che fine fa questa terra
In caso di fellonia torna al signore
Se il vassallo muore torna al signore
Se il dominus muore l'erede si riprende la terra
Se una delle due persone viene meno, il beneficium e la fidelitas vanno ridiscusse: eventualmente si può rinnovare, però non è detto, perché tecnicamente il rapporto di fedeltà finisce.
E' possibile che il vassallo giuri fedeltà ad un altro dominus? La fedeltà è esclusiva?
All'inizio la fedeltà non era esclusiva: si poteva essere vassalli anche di tre signori. Ma questo può dare grossi problemi, perché la fedeltà a più signori può far sì che venga meno il rapporto privilegiato con uno e, in caso di contrasti, si possa dare la fellonia.
Perciò, col passare del tempo ebbe successo un certo tipo di feudo che è il FEUDO LIGIO = rapporto di fedeltà esclusivo: chi è titolare di un feudo ligio non può farsi fedele e vassallo con un altro signore.
Tornando al concetto di terra..
Se il dominus da una terra al vassallo, il vassallo trae dei benefici economici da questa terra.
Su questa terra il vassallo (che poi è signore di questa terra) che altri poteri potrebbe avere Il potere economico (trarre dei frutti), il potere di imporre delle tasse, il potere di amministrare la giustizia, il potere di comandare (bannum).
Il dominus ha dei poteri onnicomprensivi, non di diritto privato e di diritto pubblico: il feudo è la negazione del privato e del pubblico, nel senso che dove c'è il feudo non esiste questo tipo di distinzione, perché il fatto di essere titolari di una terra da necessariamente dei poteri, anche sui residenti.
Esistono delle regole o è tutto arbitrario Ci sono le regole, ma sono tutte regole consuetudinarie.
Quindi, il vassallo si fa servo, però a sua volta diventa signore di quella terra che consiste nel beneficium: a sua volta, poi, i residenti di quella terra instaurano col signore un rapporto di fedeltà.
I rapporti di fedeltà, che nascono in ambiente militare supremo, innervano tutta la società, perché è una società che ha bisogno di protezione e il feudo, che è nato in ambiente militare, incarna perfettamente queste esigenze e fa si che questo istituto, nato per quest'ottica (militare) innerva tutta la società, perché serve a tutta la società per farsi difendere gli uni dagli altri: chi è più debole va sotto ad uno più forte, chi è più forte trova uno ancora più forte di lui e così via.
La società si struttura verticalmente (e non orizzontalmente).
Non è un autoritarismo diffuso: è un'esigenza elementare di sopravvivenza in un mondo del genere.
Troviamo spesso, in molti libri, l'impressione che il feudo possa essere un'altra cosa, cioè: l'invenzione di un re (a tavolino) e un modo per controllare il territorio. Ci sono due tipi di idee del feudo, che però sono da cancellare e cioè: l'idea che c'è il re al vertice del comando con dei feudi, dati ai suoi vassalli, i vassalli li danno ai sub-vassalli, o ai contadini e così via, e la società si struttura gerarchicamente. Quindi, il feudo come forma di amministrazione della società.
Oppure, al contrario, alcuni dicono che il feudo è il contrario dello stato, un elemento disgregatore della società, perché dove c'è il feudo non ci può essere lo stato.
Qual è l'elemento critico? E' quello della terra. I titolari di terra nell'alto medioevo, prima che il feudo nascesse, c'erano già nelle campagne dei domini che erano titolari di terra e organizzavano la produzione dell'azienda curtense al loro vantaggio, quindi sfruttando economicamente la terra, ma sfruttando economicamente i residenti, imponendo ai residenti delle impositiones, costringendoli ad andare in guerra o a tutta una serie di prestazioni, amministrando la giustizia. Questa era una prassi che si era consolidata nelle consuetudini e c'è prima del feudo.
Quando incontro signori che hanno la terra e hanno questi poteri non posso dire che è stato il re a darglieli: questi poteri sono già connessi alla titolarità della terra. Il potere sulla terra non è una delega del rex al vassallo. Nell'atto di fedeltà c'è solo un rapporto di fedeltà personale: le persone si mettono d'accordo sulla fedeltà, non si trova mai un atto di omaggio definiti quali sono i poteri sulla terra, e questo perché i poteri sulla terra sono spontanei, nascono dal fatto di essere titolari della terra. (perché spontaneamente tali poteri erano già nati in precedenza, con la signoria rurale).
Tanto è vero che incontriamo questo fenomeno: i signori che hanno già la loro terra ed esercitano il loro comando come signori rurali, o come signori territoriali, o come comandanti militari, e si da poi quella stessa terra a titolo di beneficio = si riconosce un potere che avevano già prima. Il vantaggio è quello di farseli fideles, di legarli con un rapporto personale, ma MAI POTREBBE DARE DEI POTERI SULLA TERRA, che sono già preesistenti sulla titolarità (quello che succede con la signoria rurale).
Al massimo i poteri sulla terra si troveranno disciplinati nelle consuetudini di un determinato luogo, anche se però tutto ciò è poco definito (e difficile anche per noi definirlo) ed è anche vero che può essere oggetto di abuso, perché il signore può, in caso di consuetudini poco precise, può abusare, cioè può farne uso in modo eccessivo, ma sempre a partire da una consuetudine che è già presente.
Concludendo..
Importante sottolineare questo fatto della PERSONALITA' DEL RAPPORTO FEUDALE.
Il beneficium consiste in una terra, perché è l'opzione di ricchezza, di contraccambio, di vantaggio, che più risponde alle esigenze feudali.
FEUDO ALLODIO
Piena e libera proprietà
Però nessuno lo vuole,
perché non può essere
difeso, protetto, i beni
economici fanno fatica
ad essere sfruttati,
perché non ci sono
attrezzi o contadini per
lavorare.
A livello alto (perché il feudo nasce dall'alto) si parla di FEUDO OBLATO = un grosso proprietario terriero, libero, preferisce darlo ad un signore ancora più grosso di lui e farselo ridare indietro come feudo: c'è un ATTO DI OBLAZIONE - in realtà la proprietà era mia, ma io la do ad un signore perché me le restituisca a titolo feudale (è una delle tante fattispecie di feudo).
Sostanzialmente l'allodio tende a scomparire: non vuole dire che non c'è più, ma percentualmente è una quantità minima del patrimonio immobiliare dell'Europa medievale e addirittura in Bretagna e Normandia (Francia del nord) nasce un detto - "nulle terre sans signeur" - = nessuna terra senza signore. Si afferma come detto: non c'è una terra che non abbia un signore.
I rapporti di dipendenza si articolano in modo talmente diffuso sul territorio e sulle relazioni interpersonali che addirittura si trova qualche aneddoto secondo cui alcune persone nell'Inghilterra del medioevo venivano incarcerate o arrestate qualora non riuscissero a dichiarare ai pubblici ufficiali sotto quale signore si ponessero.
In altre parole, certamente le terre appartengono quasi tutte a signori feudali, che comunque possono vantare queste forme di subordinazione, e ogni persona tende ad allacciare rapporti di dipendenza, più o meno feudale, ma di sicuro del tipo che abbiamo descritto.
Tornando al feudo come istituto giuridico..
SIGNORE
investitura
homagium/fidelitas
DIPENDENTE / VASSALLO
Beneficio = terra (oggetto di una prestazione).
Investitura = atto formale con cui il signore con la spada investe il vassallo della dipendenza e che poi obbliga il signore, in cambio della fedeltà, di dargli protezione (e mantenimento = beneficio = terra).
Che tipo di rapporto è quello feudale tra signore e dipendente Rapporto personale: l'elemento qualificante è la fidelitas.
Quando si perfezione l'atto feudale Nel momento in cui il vassallo giura fedeltà e il signore lo investe: da questo momento il rapporto è perfetto.
Arriviamo al beneficio (che, di solito, è la terra): il beneficio inserisce nel rapporto personale un elemento reale (da res = cosa: quando nel rapporto giuridico si introduce una cosa tangibile che rappresenta un elemento costitutivo di un rapporto).
La concessione del beneficio è un elemento costitutivo del rapporto feudale No, perché il rapporto feudale è un rapporto personale: se non c'è la fidelitas il rapporto si rompe: mentre, in origine, il beneficio non era necessario. Quindi, di per sé è già perfetto, basta che io giuri fedeltà e basta che io venga investito. Se non c'è il beneficio il rapporto feudale c'è lo stesso: il fatto che, statisticamente, ci sia sempre il beneficio con terra non deve trarre in inganno.
Il rapporto si rompe non per mancanza della terra, ma per mancanza della fidelitas, che può venire a mancare, o per fellonia, o per morte del signore o del vassallo.
I poteri sulla terra che ha il vassallo non sono oggetto di concessione feudale: essendo un rapporto personale, i poteri sulla terra non derivano dall'investitura, anche se nell'investitura possiamo trovarne traccia, ma derivano dalla titolarità della terra in quanto tale.
Ciò vuole dire che, prima ancora che nascesse il feudo, questi poteri sulla terra già esistevano.
Il feudo riveste la situazione che già si era creata nella signoria rurale.
Il feudo è un rapporto personale che lega persone e patrimoni ed è il modo più efficiente e più efficace che quella civiltà ha elaborato: è una creazione spontanea di quella società. Risponde ad esigenze profonde: i poteri a quell'epoca, o si combattono e si distruggono, o si legano tra di loro (e il modo attraverso cui ci si lega è quello della fidelitas = rapporto essenzialmente personale). Il feudo è la risposta alle esigenze di quella civiltà in cui bisogna legarsi con rapporti di dipendenza gerarchica e di protezione reciproca.
La fedeltà diventa una forma mentale dell'uomo medievale, con cui si considera il rapporto, sì di subordinazione, ma soprattutto di protezione (quello che a loro interessava): su questo si innerva tutta la società.
Il beneficium è l'elemento che può essere oggetto di confusione, perché si rischia di interpretare questi poteri come delegati dal signore di appartenenza: invece non è così. (Es.: il feudo oblato = spesso i signori hanno già dei territori e vogliono legarsi ad un signore più grande per farsi proteggere e per avere reciproci vantaggi, ma già i poteri su quella terra in qualche modo esistevano).
I poteri sulla terra sono spontanei e nascono dalla titolarità della terra: quello che lega i signori tra di loro è il rapporto personale.
POTERI SULLA TERRA:
IMMUNITAS - potere negativo, perché sta ad indicare non un potere del signore feudale, ma del signore che è investito = il signore (che investe) rinuncia ad esercitare i suoi poteri su quella terra: quindi, quella terra è immune dai poteri del dante causa (sennò ci sarebbe concorrenza di poteri): i poteri li esercita solo la persona investita.
DISTRICTIO (corrisponde al bannum) - potere positivo: sono i poteri di costrizione che il signore ha nei confronti dei residenti, cioè il potere di comandare (da cui la parola "distretto" = territorio su cui un'autorità pubblica ha la sua competenza). La districtio si esercita sul territorio, si è incorporata al territorio e, nel nostro linguaggio, è diventata un territorio con dei confini.
IURISDICTIO - potere positivo: potere di amministrare la giustizia in base alle norme consuetudinarie locali (con l'elemento problematico della consuetudine da applicare).
I poteri di districtio e di iurisdictio li aveva anche il signore rurale: quindi, vediamo che il feudo, con la signoria rurale, combaciano perfettamente. Tra questi due elementi di civiltà (signoria rurale nell'ottica produttiva; feudo nell'ottica militare) economia e milizia combaciano perfettamente. Perciò, districtio e iurisdictio sono preesistenti sul beneficio e, comunque, anche se io non avevo quella terra e vengo investito ex novo, non è il signore che mi da i poteri, perché basta che io diventi titolare della terra che automaticamente già scattano.
Quello che è importante che il signore mi assicuri è l'immunitas, perché deve assicurarmi che lui non interviene più sul territorio, perché se il signore concedente interviene ancora c'è concorrenza di poteri: quindi, il dante causa deve concedere l'immunitas.
Questa situazione sul territorio, sull'elemento reale del beneficio, non ci deve mai far perdere di vista che il rapporto è personale.
L'elemento importante per il signore è che lui ha questa terra e che su questa terra lui esercita dei poteri: il rapporto personale, che dal punto di vista giuridico è essenziale, dal punto di vista dei vantaggi pratici viene meno, perché quello che importa è avere i poteri sulla terra.
I signori concessionari (quelli che hanno ricevuto la terra) tendono a conservarla e a sfruttarla il più possibile, cioè trarne più vantaggi possibili.
Cosa vuole dire conservarla Cercare di essere il più indipendenti possibili dal signore concedente, ma soprattutto fare in modo tale che questa terra e i relativi poteri rimangano oltre il concessionario, cioè vengano TRASMESSI EREDITARIAMENTE, perché se c'è un elemento debole in tutta questa catena per i signori concessionari è il fatto che, essendo un rapporto personale, si estingue con la rottura del rapporto personale, o per fellonia o per morte. E un potere non è tale se non si trasmette di padre in figlio.
Qui c'è stata una vera e propria lotta, di fatto e giuridica, su come interpretare questo rapporto.
Di solito si faceva in maniera empirica: quando moriva il concessionario, il re provvedeva a reinvestire il figlio, di fatto = di fatto si aveva una nuova investitura.
Giuridicamente un diritto si ha per la prima volta nel 877 (periodo franco) con un CAPITOLARE DI CARLO IL CALVO emanato a Querzy sur Oise = da questo momento in poi i feudi maggiori, cioè solo i grandi aristocratici, potranno considerarsi in diritto di trasmettere il feudo ai propri figli. Per gli altri, o ritorna indietro il feudo, o si provvede ad una nuova investitura, caso per caso.
Nel 1037 CORRADO IL SALICO con EDITTO DE BENEFICIUS (a Milano) = promette a tutti l'ereditarietà dei feudi, anche dei feudi minori (in realtà l'aveva promesso solo in occasione della campagna militare, ma poi i feudatari si prendono questo potere per sempre).
Tutto questo avviene secondo due tipi di regole:
IURE FRANCORUM = per diritto dei franchi = sono trasmissibili ereditariamente in linea retta maschile (solo ai primogeniti maschi).
IURE LANGOBARDORUM = secondo l'uso dei longobardi = il feudo può essere frazionato (5 figli maschi, 5 porzioni di feudo).
Il sistema usato di più fu IURE FRANCORUM, perché iure langobardorum è uno svantaggio.
Di solito le donne vengono escluse dalla successione feudale (ci sono eccezioni, ma di regola sono escluse): è logico, perché l'istituto feudale nasce dalla milizia, dall'esercito, quindi le prestazioni militari non possono, di regola, essere date dalla donna.
Il feudo non è alienabile, anche se in futuro avremo esempi di alienabilità del feudo con prelazione del concedente: il signore che è investito ha una sorta di prelazione sulla volontà di vendere, oppure deve dare l'assenso alla vendita = RETRATTO.
Per quanto riguarda, invece, la trasmissibilità ereditaria (regola ormai generalizzata) = RELEVIO = quando il figlio (erede) viene automaticamente investito dal feudo, ma deve pagare una somma di denaro al sovrano o al concedente, come forma si rinnovazione dell'investitura (che si chiama "relevio").
Il feudo non è un elemento disgregante della società medievale: è un elemento di coesione della società medievale.
CULTURA GIURIDICA DELL'ALTO MEDIOEVO
Il medioevo va dalla caduta dell'ultimo imperatore d'occidente, Romolo Augusto, 476 d.c., fino alla scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo (1492).
L'alto medioevo è il medioevo più antico, che va dal 476 sino all'anno 1000.
Il basso medioevo è il medioevo più vicino a noi, dall'anno 1000 in poi (data attorno alla quale cambia un po' la società europea perché si afferma una forte rinascita urbana e demografica, quindi cambia un po' il corso della civiltà europea e anche il corso della civiltà giuridica).
Siamo ancora nell'alto medioevo.
Quali sono i giuristi dell'alto medioevo? O meglio, ci sono giuristi nell'alto medioevo e dove li andiamo a trovare? Il giurista dell'alto medioevo assume una connotazione molto diversa da quella che intendiamo noi, perché la consuetudine è molto vicina al dato fatuale, più che all'elemento tecnico e specifico da giuristi. Quindi, abbiamo una serie di elementi problematici che ci fanno vedere la grossa differenza rispetto alla cultura moderna: il giurista è un tecnico, ma in quest'epoca trovare un tecnico nel senso come lo intendiamo noi è qualcosa di molto problematico e probabilmente anche impossibile.
Prima di vedere la consuetudine dobbiamo prima escludere una problematica. Il giurista è colui che tecnicamente sa il diritto: certamente, da questa angolazione, la consuetudine è un'altra cosa.
Quale può essere il diritto in questo periodo Un diritto ingombrante l'avremmo avuto: nel VI sec. a Bisanzio c'è un imperatore, Giustiniano, che sanziona una compilazione enorme con un grande successo, e tenta di esportarla nella parte occidentale dell'impero, con la guerra franco gotica (prima), poi con la pragmatica sancito (554) che su richiesta di papa Vigilio, Giustiniano aveva provveduto a sanzionare.
In realtà, però, le condizioni di vita dell'epoca fanno sì che questa compilazione molto articolata non abbia molta rispondenza nell'epoca, perché le condizioni di vita mutano in modo drammatico e, quindi, di quella compilazione si perde quasi traccia.
La prima risposta che dobbiamo affrontare, quindi, è: che fine fa la compilazione giustinianea (per vedere se ci sono soggetti che si interessano a questa compilazione e se sono quindi capaci di esplicare quell'attività tecnica minima indispensabile per poter dire "siamo di fronte a dei giuristi").
Questa compilazione giustinianea scompare pochi anni dopo essere stata esportata in Italia, perché le invasioni longobarde, le condizioni di vita che decadono specialmente nei centri urbani, l'affermarsi definitivo di un'economia agricola, chiusa, non destinata al commercio e l'affermazioni di consuetudini. Quindi la compilazione giustinianea tramonta (non è che scompare definitivamente): da qualche parte questa compilazione rimane, in uno stato letale.
COMPILAZIONE GIUSTINIANEA:
Digesta = iura (opinioni di giuristi)
Codex = leges (norme fatte dagli imperatori)
Novellae = leges (norme fatte dagli imperatori)
Institutiones = manula (manuale elementare di diritto raccolto in 4 libri)
Per quanto riguarda I DIGESTA non ne rimane nulla, si perde totalmente traccia nell'alto medioevo, perché è in 50 libri, è espressione della cultura giuridica
romana più raffinata e più complessa: quindi, una società decaduta, e giunta ad un livello elementare di vita sociale ed economica, non ha bisogno di una compilazione così complessa ed articolata.
Del CODEX qualcosa rimane, però il codex nell'alto medioevo assume una strana forma: rimane in EPITOME (=termine di origine greca che vuole dire "riassunto"). Si dice che il codex rimane in forma "epitomata": troviamo scritti in questi anni dell'alto medioevo alcuni riassunti dei primi 9 libri del codex (i 3 finali non vengono riassunti perché riguardano la parte pubblicistica dell'impero romano). Una famosa prende il nome di EPITOME CODICES che riassume esclusivamente i primi 9 libri.
Anche delle NOVELLAE rimangono delle epitome, dei riassunti, la più famosa delle quali è EPITOME JULIANI, probabilmente fatta da un esperto del diritto di nome Juliani.
Le INSTITUTIONES è l'unica parte della compilazione giustinianea che troviamo integralmente, perché era il manuale elementare per gli studenti: in quattro libri si riassumeva tutto. L'alto medioevo, che lascia il diritto romano, se deve conservare qualcosa del diritto romano lo conserva in qualcosa di già preconfezionato.
Questo è un quadro molto generico che ci dice solo che nell'alto medioevo noi troviamo tracce antiche di scrittura che risalgono a questi secoli.
Delle institutiones ne troviamo traccia nelle SCHOLE = centri di apprendimento che troviamo nei MONASTERI e nelle CATTEDRALI: in epoca più antica, nei monasteri e si parla di SCUOLE MONASTICHE, come Nonantola o Bobbio = si apprende qualche cosa di cultura - (i monasteri sono i campagna; le cattedrali sono in città); nell'epoca più recente (anno 1000 in poi) nelle SCUOLE CATTEDRALI, le scuole le troviamo nelle città (es.: Modena - una scuola molta importante che è quella che darà poi il via all'università - 1175). Nell'alto medioevo esistono queste scuole: non esistono le università. Quello alto medievale è un sapere enciclopedico, non specialistico: non si studia una cosa, si studia tutto in un'organizzazione del sapere che prende il nome di ARTI LIBERALI. Nelle scuole monastiche e cattedrali si studiano le arti liberali, che sono 7:
3 SERMOCINALES (grammatica, logica, retorica)
4 REALES (matematica, musica, astronomia, geometria)
Il libro di testo nelle scuole - ETIMOLOGIE DI S. ISIDORO (di Siviglia) = Vescovo spagnolo del V-VI sec., che scrive quest'opera (e che ha decine di copie), una specie di dizionario in cui dalla A alla Z c'era la definizione di tutto lo scibile umano secondo questa logica. Questo è quello che studiano gli studenti, che spesso sono dei giovani che si avviano alla carriera ecclesiastica.
Quello che si sapeva del diritto veniva messo in mezzo alle 7 arti liberali, (o meglio, delle 3 arti liberali, perché: il diritto si esprime a parole, quindi è utile la grammatica; il diritto ha bisogno di una successione di ragionamenti, e si studia all'interno della logica; perché bisogna imparare ad esprimersi verso l'esterno per farsi capire, e serve la retorica). All'interno di queste 3 discipline c'erano anche cognizioni di diritto. In quest'epoca, DIRITTO = MORALE, perché siamo in ambito ecclesiastico.
In altre parole, dei giuristi in senso tecnico non ce n'è, perché mancano le basi testuali tecniche (scompaiono) e il sapere diffuso nei pochissimi che studiano è questo delle arti liberali, in cui il diritto non ha un ruolo autonomo.
Torniamo ora alla CONSUETUDINE (consuetudo), che non è soltanto la consuetudine che intendiamo noi, cioè un modo soltanto reiterato di comportarsi nel tempo che genera obbligo: in questo periodo la consuetudine è anche un fattore etnico.
A volte nei documenti dell'alto medioevo si trova questa espressione: LEX ROMANA = quando nell'alto medioevo si parla di "lex", non è quella autoritativa, ma spesso vuole dire "consuetudo".
Quindi, nell'alto medioevo la lex romana è una consuetudine che fa parte di quel filone di bagaglio culturale che viene latini (cioè una consuetudine diversa da quella dei longobardi, dei franchi, ecc.).
Per sapere cos'è la consuetudine non c'è bisogno di giuristi, perché non è un elemento tecnico specifico.
La sentenza in questo periodo (decise in base alla consuetudine) ha efficacia dichiarativa (dichiara l'esistenza di qualcosa), e non costitutiva, e ci sono due modi per accertare una consuetudine: inquisitio per testes (=testimonianza)
antiquiores loci (=anziani del luogo)
Il giudice deve dichiarare, ma prima di dichiarare deve accertare la consuetudine: la consuetudine si accerta, oltre che con la forma scritta (che non è un vero e proprio accertamento), chiamando dei testimoni che avevano assistito ai fatti e che avevano conoscenza delle situazioni di fatto da accertare; oppure ci si rivolge agli anziani del luogo (di età media 45/50 anni).
Non ci sono i giuristi. Qualcuno che si avvicina ai giuristi sono i GIUDICI (coloro che fanno le sentenze dichiarative) e i NOTAI (=SCRIBI), cioè quelli che sanno leggere e scrivere.
SCRIBI = sono utilizzati perché sanno leggere e scrivere, soprattutto sanno mettere per iscritto la CHARTA, cioè il documento.
Anche la charta, come la sentenza, ha un valore meramente dichiarativo (non costitutivo): quello che può avere valore costitutivo è quella ritualità che è stata compiuta secondo le consuetudini o le tradizioni di una certa popolazione o di una certa zona.
Si utilizzano gli scribi, perché si sapeva che mettere per iscritto in una charta determinati vincoli giuridici era più conveniente, perché poi la charta poteva essere utilizzata nel momento di una controversia, davanti al giudice, facendo la OSTENSIO CHARTA = pubblicazione (presentazione) della charta.
La charta ha solo efficacia dichiarativa, è messa per iscritto da un notaio (che non è un giurista), spesso troviamo delle "assurdità giuridiche" (es. una compravendita che viene definita 15 volte con 15 termini diversi): inoltre, la charta contiene la firma, o spesso la croce, di 20 testimoni che vuole dire che quelle persone hanno assistito a quella promessa = è tutta la ritualità che viene riassunta nella charta. Questa charta ha un'efficacia processuale molto relativa: poiché la charta non fa altro che descrivere una situazione, se in processo si mostra la charta non è detto che si abbia la vittoria, perché si può portare altri 100 testimoni che dicono il contrario della charta, e chi vince è chi ha portato i 100 testimoni.
E' importante la testimonianza, non la charta in quanto tale: la charta non è un elemento costitutivo del vincolo, ma è semplicemente una prova. CHARTA = ELEMENTO PROBATORIO DEL VINCOLO GIURIDICO.
Lo scriba (il notaio) non è un'autorità pubblica: è solo una persona che sa leggere e scrivere e che pone al servizio delle parti il suo sapere: non c'è un re che lo ha investito (almeno nel 99% non c'è).
Qualche rarissimo notaio è uno investito dal re, o dall'imperatore, o dal papa = notaio pubblico. Una grande abbazia, ad esempio, che si vuole fare riconoscere la sua potestas sul territorio va dal notaio imperiale, perché ha le entrature giuste e la potenza giusta per rivolgersi ad un notaio pubblico: quindi, quella charta che riconosce la supremazia del monastero di Nonantola su tutto il circondario ha efficacia pubblica, ma è un caso raro.
In alcune parti, soprattutto nel meridione d'Italia, le parti vanno dal giudice, mostrano la charta e la charta diventa oggetto di una sentenza: poiché le sentenza ha efficacia dichiarativa, allora per rafforzare la charta, prima che avvenga il contenzioso, si va dal giudice per farsela sanzionare con una sentenza dichiarativa che comunque rafforza l'efficacia pubblica del documento.
Quella che noi chiamiamo efficacia a quell'epoca si chiama FIRMITAS.
In Italia la tendenza è quella di dare efficacia processuale alla charta, perché in Italia c'è una cultura giuridica romanizzata, latinizzata: non si conosce la norma romana, perché se n'è perso traccia, però la cultura aleggiante è quella secondo cui la charta ha un valore pressoché vincolante. Fuori dall'Italia, dove la cultura romana è pressoché nulla, la charta non conta quasi nulla: contano di più i testimoni, i duelli, le ordalie.
I notai pubblici, investiti dall'imperatore, li troviamo a PAVIA, la capitale del regno langobardorum, prima, e del regno franco, dopo.
1024 = Pavia viene distrutta: da questo momento in poi questa istituzione notarile va in crisi e in Italia, da quel momento, non essendoci più Pavia, i notai pubblici potranno essere nominati soltanto dai CONTI DI LOMELLO (o cosiddetti LOMELLINI) = conti molto importanti in Italia che nel periodo che segue il 1024 rimarranno con questo privilegio (di nominare loro dei notai pubblici anche nei secoli avvenire).
GIUDICE (IUDEX) = non è un tecnico. Il termine iudex non vuole necessariamente dire quello che fa le sentenze: è anche un agente amministratore delle rendite fondiarie (actores). Abbiamo visto come in questo periodo la titolarità delle terre e l'amministrazione delle rendite economiche di una terra si accoppiano anche a dei poteri pubblicistici o para pubblicistici: che gestisce la terra, amministra anche la giustizia, fa valere le consuetudini e dirime le controversie.
Per questo il termine iudex può essere ambiguo da questo punto di vista.
Lo iudex non è un tecnico e quando lo è nel senso che intendiamo noi, cioè fa le sentenze (che a quell'epoca si chiamano PLACITUM: al plurale PLACITA = qualcosa che da approvazione ad una certa situazione e per fare questo occorre essere a conoscenza della consuetudine ed essere investito dall'autorità del luogo).
Termine che indica molto bene l'epoca dell'alto medioevo: "per pugnam sine justitia" = attraverso la guerra senza giustizia.
Dobbiamo ora vedere le origini delle due più grandi istituzioni dell'alto medioevo: queste due grandi istituzioni sono l'IMPERO e la CHIESA.
IMPERO La notte di Natale dell'800 si parla di RENOVATIO IMPERO (la rifondazione dell'impero) avvenuta a Roma quando Carlo Magno si fece incoronare imperatore da papa Leone II.
La dialettica impero e chiesa non è una dialettica inventata: la troveremo costantemente, soprattutto però a partire dall'anno 1000, quando cominciano ad entrare nuovi protagonisti nella vita civile, giuridica e politica dell'Europa.
Prima dell'anno 1000 francamente si fa fatica ad individuare delle istituzioni prepotentemente protagoniste.
L'idea dell'impero viene da Roma e la prima domanda a cui potremo rispondere: è una realtà o solo un'idea l'impero Certamente è una realtà, perché l'impero vive, però vive nella parte orientale, a Bisanzio: l'impero vive in parte anche in Italia, perché in Italia ci sono i Bizantini (Ravenna, Marche, alcune altre zone dell'Italia), che scompaiono definitivamente nel 750 con la caduta di Ravenna (arrivo dei longobardi). Quindi, certamente è una realtà. Ma anche l'idea è una realtà, nel senso che l'idea imperiale non è mai tramontata perché non è mai tramontata l'idea degli splendori della Roma imperiale.
Pensiamo ai longobardi. Certamente questa è un'epoca in cui la cultura ha una picchiata verso il basso, nonostante Giustiniano tenti di rispolverare le fonti romane, queste fonti romane non vengono poi osservate, perché si è arrivati ad un punto minimo di sopravvivenza che quel tipo di strutture giuridiche sono inutili: pochi sanno leggere e scrivere, pochi studiano, soltanto gli ecclesiastici conservano, copiando, le fonti dell'antica tradizione romana, però l'idea romana.
I longobardi erano un esercito federato della Roma imperiale, poi sono diventati conquistatori. Avevano un'idea della regalità molto diversa da quella dei romani, ma questa diversità in qualche modo rifletteva un rispetto per i romani stessi: loro ci tenevano a chiamarsi "patrizi" (titolo nobiliare per eccellenza dei romani), ma nessuno di loro si voleva chiamare "imperatore". Nessuno di loro ha pensato a questo. Poi, quando fanno le leggi sanno che stanno mettendo per iscritto delle vere e proprie consuetudini: Rotari, nel 643, dice di volere "corrigere ed emendare" le proprie leggi: non dice mai di voler "combere" le leggi, prima di tutto perché non si possono combere delle consuetudini (le consuetudini già ci sono che essere messe per iscritto, corrette, trascritte, modificate, rinnovate, ma niente di più). Il "combere leges" è un'operazione autoritativa che è riconosciuta soltanto agli imperatori.
Quindi, questa idea c'è, che volendo è un'idealità, nel senso che forse a questo punto è un'utopia in quest'epoca, perché l'impero è rimasto come idea nelle menti di alcuni uomini di cultura e niente di più. In certi casi l'idea può essere una idealità, in certi casi può essere una ideologia (=complesso articolato di idee funzionalizzato ad un progetto politico).
Certamente quella imperiale è una di quelle idee che è trasformata in ideologia, perché ad un certo punto ha qualche istituzione ed è servita per portare avanti un progetto politico.
A chi serve come progetto politico restaurare l'idea dell'impero L'idea prevalente è che questa bella idea sia venuta fuori a Carlo Magno, perché gli serviva per il suo progetto di egemonia politico territoriale. Carlo Magno è stato
visto come l'uomo delle nuove scienze, della nuova scuola (ha ridato vigore agli studi in un periodo in cui l'alto medioevo era in un periodo buio e povero). Carlo Magno era dunque un re forte, con una sua gerarchia amministrativa piramidale, al cui vertice sta il rex e alla base troviamo i conti decentrati nelle varie province, articolati tra di loro attraverso le istruzioni dei missi dominici. Arrivato a questa grande espansione, entra in Italia, nel 774 occupa Pavia e sgomina i longobardi: a questo punto ha la parte germanica, la Francia l'ha occupata tutta, metà Italia, ha i suoi conti dislocati in tutta Europa e l'idea è di autolegittimarsi come qualcosa di più di re, cioè come imperatore.
Gli scrittori che avallano un'idea del genere, però, sono soprattutto gli ecclesiastici, cioè gli esponenti del mondo della chiesa, che ci parlano di questo avvenimento in questi termini. C'è qualcosa che non va.
Carlo Magno è comunque un capo barbarico, un primus inter pares: certamente ha un'estensione territoriale molto ampia, ma questo non amplia le preminenze che spettano ad un capo militare: i conti non sono suoi delegati amministrativi, ma sono dei capi militari dotati di potestà, spesso e volentieri, autonoma e con tendenze spesso anche ribellistiche rispetto all'autorità regia, che il re però riesce a stringere a sé attraverso la fidelitas (epoca in cui Carlo Magno chiede il giuramento di fedeltà a tutti i sudditi).
Carlo Magno non è altro che un capo militare e come capo militare deve assicurare:
Difesa = la difesa militare. E' un grande capo militare colui che riesce ad organizzare più eserciti, perché ha sotto di lui dei signori che sono a lui vincolati con il vincolo della fedeltà e che accorrono in suo aiuto. Con Carlo Magno abbiamo una piena organizzazione di questo sistema, ma sempre dal punto di vista feudale e militare, (non dal punto di vista statale o sovra statale imperiale).
Protezione = in latino assume il termine TUITIO (=tutore). La tuitio è difesa e protezione insieme: esprime sicuramente una difesa militare, ma esprime anche un concetto di difesa nei confronti dei deboli (minori, donne, e miserabiles personae, cioè i poveri). Secondo le antiche fonti di matrice ecclesiale la chiesa (e in oriente anche l'imperatore, dove qui l'imperatore è anche papa), ha la suprema tuitio dei deboli.
I franchi sono una popolazione barbarica che viene prima anche dei longobardi e la chiesa ha sempre guardato loro con favore. Il rex franco, oltre la difesa militare, ci ha sempre tenuto ad esercitare questa tritio dei minori, delle donne e delle miserabiles personae: non solo, ma è il defensor per eccellenza ecclesiae (anche la chiesa è debole ed è difesa dai più antichi popoli barbarici, cioè i franchi).
Questo è il regno franco anche e soprattutto con Carlo Magno.
Torniamo alla notte di Natale dell'800: cosa succede? I franchi si sono costituiti con Clodoveo (merovingi, il primo regno). Si interrompono genealogie, si combattono tra di loro come fanno spesso le popolazioni barbariche e, ad un certo punto, non un re, ma un MAIOR DOMUS (=quelli che stanno nel palatium e hanno una posizione predominante), figlio di CARLO MARTELLO (nonno di Carlo Magno) prepara l'assunzione al trono dei carolingi (la nuova dinastia) con PIPINO IL BREVE.
Con Pipino il Breve nasce la dinastia carolingia.
In Italia cosa succede nel frattempo Nel 751 i longobardi espugnano Ravenna.
La chiesa è preoccupatissima: è vero che i longobardi si sono cattolicizzati, però la situazione si fa grave, perché vede schiacciarsi le sue possibilità di egemonia culturale (questo ha la chiesa).
I bizantini si rivolgono al pontefice di andare a Pavia a parlare con i longobardi per la restituzione di Ravenna. Papa Leone va a Pavia, ma non riesce ad ottenere nulla dai longobardi.
La chiesa e Bisanzio si accordano per giocare la carta dei franchi. Chiedono ai franchi di scendere in Italia per abbassare il livello di pericolosità dei longobardi.
I franchi hanno una lunga tradizione di confidenza con gli istituti ecclesiastici e, quindi, niente di più ovvio che cercare di chiamare loro e, soprattutto, chiamare Carlo Magno che in questo momento ha una grande fortuna militare e una grande fortuna interna, riesce a controllare tutti i conti, ma non perché i conti sono sottoposti a lui amministrativamente, ma perché in questo periodo riesce a far valere bene la sua fidelitas.
DA QUESTA SITUAZIONE un capo militare di un popolo già anticamente cristianizzato, una contingenza politica che vede i bizantini sconfitti e la chiesa preoccupata per l'egemonia dei longobardi, ecco che i franchi hanno la possibilità di venire in Italia. Così, nel 774 (20 anni dopo Ravenna) sgominano i longobardi e assediano Pavia: da quel momento Pavia non sarà più la capitale del regno dell'Italia longobarda, ma la capitale dell'Italia franca.
I franchi sono stati chiamati in Italia da un accordo chiesa/Bisanzio.
Però tutti i compromessi come sempre hanno il rovescio della medaglia: una volta che sono chiamati i franchi, i franchi poi non sono così facilmente disposti a fare di più di quello che hanno fatto i longobardi, cioè a lasciare lo spazio ai bizantini e a lasciare l'egemonia alla chiesa.
La notte di Natale dell'800 è un modo per dire al mondo dei grandi capi militari europei che c'è un accordo politico culturale forte e per dire: "i franchi sono i nuovi eredi dell'antica romanità, sono coloro che difendono ufficialmente la chiesa e, quindi, noi gli diamo la sacra unzione e Dio che ha investito il rex francorum di questo potere che è secolare, ma è anche un potere sacro, perché Dio vuole che la chiesa venga difesa (non come i longobardi che ci hanno messo in pericolo, nonostante fossero cristiani)".
In quest'ottica cambia tutto: questa notte di Natale, probabilmente, l'ha voluta più la chiesa, di quanto l'abbiano voluta i franchi. Certo, ai franchi faceva comodo avere un titolo di legittimazione e, in particolare, a Carlo Magno, più che essere chiamato solo rex francorum, essere invece chiamato "imperatore", ma questa operazione a lui non cambiava niente, perché lui aveva già conquistato tutta la Francia, tutta la Germania e tutta l'Italia. Da questo punto di vista, il capo militare ha raggiunto il suo scopo: l'idea culturale può averlo affascinato, ma fino ad un certo punto.
Probabilmente da questa notte di Natale la vera istituzione che ci guadagna veramente qualcosa è la chiesa, perché la chiesa stringe a sé, in un vincolo culturale di lunghissima durata, l'istituzione politico militare più forte in Europa in questo periodo.
La chiesa è la stessa che da Giustiniano, nel codex, ha ricevuto molti privilegi. La chiesa è sempre alla ricerca di un favorevole rapporto con le istituzioni secolari, perché ha bisogno di qualcuno che la difenda e le assicuri dei privilegi. L'ha fatto
con i bizantini (poi ci sono state anche delle divergenze teologiche, ortodossia e cattolicesimo), adesso lo fa con i franchi, con la notte di Natale.
Quindi, un'operazione voluta forse più dalla chiesa: se lo hanno voluto insieme (forse è così), dal punto di vista politico la chiesa è stata più beneficiaria.
Il fatto che questa operazione, poi, non sia stata tutta questa grande operazione, è provato da alcuni fatti che vediamo.
Appena si nomina Carlo Magno i bizantini ci rimangono malissimo, perché gli imperatori erano loro e a Roma, secondo loro, il papa non avrebbe dovuto nominare imperatore un barbaro.
I franchi non hanno molto da opporre a tutto questo: già il padre di Carlo Magno (Pipino), e lo stesso Carlo Martello, si facevano chiamare "patrizi", allo stesso modo dei longobardi, quindi a loro bastava e avanzava. Lo stesso Carlo Magno, dopo l'800, si chiamava "imperator francorum" (per lui, lui era sempre rex de suo popolo).
Quindi, già questa renovatio imperi ha una marcia indietro.
Ludovico il Pio (figlio di Carlo Magno) si fa incoronare dallo stesso Carlo Magno, (quindi non tornando più a Roma per farsi incoronare dal papa).
Questa renovatio imperi, come vediamo, non c'è: è stato un atto (come diremo oggi) molto pubblicitario, che serviva molto alla chiesa, che lo stesso Carlo Magno ha utilizzato fino ad un certo punto per non scontentare i bizantini e che già con Ludovico il Pio, pur essendo lui pio, non utilizzò più perché si fece incoronare dal padre e non tornò a Roma dal papa, perché non voleva ulteriori debiti con la chiesa.
Concludendo..
Carlo Magno, imperatore nell'800, ma si fa chiamare imperatore dei franchi.
Ludovico il Pio, successore, si fa incoronare da Carlo Magno e non torna più a Roma.
= PACE DI AQUISGRANA = i franchi restituiscono il titolo di imperatore a Bisanzio (ecco qui la renovatio imperi: già nell'812, finalmente, il titolo viene lasciato al suo destino, perché una volta che hanno tutta l'Europa non gli interessa avere questo titolo culturale che serve solo a farsi vincolare dalla chiesa).
(data drammatica per l'Italia) = da buoni popoli germanici, i franchi litigano tra di loro: i figli di Carlo Magno (oltre a Ludovico il Pio, Carlo II e Lotario) litigano tra di loro e fanno il loro lavoro di capi militari, cioè si fanno la guerra. Così finisce l'impero. Ludovico il Pio torna a fare il re di Francia; e gli altri, uno rimane re d'Italia e l'altro re di Germania. Da qui nascono i tre grandi regni: Francia, Germania, Italia, dal frazionamento del regno franco costruito da Carlo Magno.
Il regno franco si eclissa del tutto: o meglio, il regno franco rimane, ma in Francia. In Germania e in Italia è una lotta di signori militari: dopo l'843 non si trova, in Italia, un potere stabile, sino ai primi anni 1000, quando si formano i comuni (e l'impero nasce nuovamente).
La vera renovatio imperi l'abbiamo nel 962 in Germania con Ottone I e Ottone II: i primi due imperatori germanici. Da qui inizia la storia occidentale della lotta tra impero, chiesa e città italiane (quella che porterà Federico Barbarossa, Federico II, alla lega lombarda, alla pace di Costanza).
LA CHIESA
La chiesa influisce profondamente nella storia giuridica dell'Europa e, in particolare, del nostro paese.
La chiesa nasce come istituzione religiosa e questa istituzione religiosa assume ben presto una rilevanza istituzionale giuridica profonda e, addirittura, contribuisce in maniera determinante anche alla nascita di altre istituzioni.
In un primo tempo, almeno fino al IV secolo, il cristianesimo è una religione perseguitata dall'impero: nel giro di 70 anni il cristianesimo, da religione perseguitata diventa una religione privilegiata dello stato.
Le date sono sostanzialmente tre:
311 = l'imperatore Galerio vieta le persecuzioni contro i cristiani;
313 = l'imperatore Costantino (editto di Milano) dichiara il cristianesimo religione tollerata, il cui culto è liberamente ammesso all'interno dei confini dell'impero;
380 = l'imperatore Teodosio I stabilisce che il cristianesimo è la religione ufficiale di stato
Altri riconoscimenti sono stati fatti dallo stesso Teodosio I e da Giustiniano, attraverso delle norme che attribuiscono privilegi alla chiesa: entrambi lo fanno nei loro rispettivi "codex" e, in particolar modo in una sezione, che si intitola DE EPISCOPIS ET CLERICIS (titolo del codice giustinianeo, che a sua volta riprende il titolo del codice di Teodosio, dedicato ai vescovi e agli ecclesiastici in generale). In questa sezione troviamo:
PRIVILEGIUM FORI = tutte le controversie che riguardano ecclesiastici vengono decise dal tribunale ecclesiastico (da un foro privilegiato ad hoc): privilegio che dura 1200 anni (lo ritroveremo, circa, fino al 1700). Da questo momento in poi gli ecclesiastici rappresenteranno una carta a sé (e non solo per i tribunali).
EPISCOPALIS AUDIENTIA = (udienza davanti al vescovo) = istituto molto particolare perché Giustiniano l'aveva definito in un certo modo e nell'alto medioevo assume un altro significato. In altre parole, si tratta di un'udienza che si fa davanti al vescovo, quindi ci riconduce ad un'eventuale funzione giudiziaria del vescovo. Giustiniano diceva: "poiché la chiesa ha la tuitio dei deboli, cioè dei minori, delle donne e delle miserabiles personae (poveri), cioè di quelle persone di cui la società non si vuole prendere carico, il vescovo in certi casi può chiamarli a sé, per recepire le loro lamentele e i loro problemi, perché il vescovo, con la sua autorità religiosa, possa farne carico alle autorità secolari" = udienza favorevole alle classi disagiate della società. Solo che in Italia nel 500, con la guerra gotica, le invasioni dei longobardi, poi dei franchi, c'è un periodo di sfacelo istituzionale totale: le strutture imperiali crollano, mentre quelle bizantine restano solo in pochi nuclei urbani. In sostanza, i residenti delle pochi città che rimangono popolate, quando hanno un contenzioso, si rivolgono al vescovo, con il risultato che questa udienza, che doveva essere limitata soltanto ai tre ceti privilegiati, quelli più deboli, e solo per alcune ipotesi limitate, diventa una vera e propria prassi: il vescovo si trova ad esercitare spontaneamente una funzione giudiziaria in quelle città rimaste sprovviste di autorità organizzate. Quindi, il vescovo faceva questo, un po' per colmare questo vuoto, ma poi si legittimava anche con questa norma.
Molto spesso i vescovi sono esponenti dell'aristocrazia del luogo: il vescovo di una città, al 90%, è un esponente delle famiglie più in vista di quel luogo.
Questo vuole dire che, privilegi signorili, privilegi aristocratici, privilegi ecclesiastici, si fondono assieme: perciò spesso troviamo vescovi non solo che sono conti, ma anche se non sono conti, detengono nel loro territorio (dove risiedono i loro fedeli) poteri come la districtio e la immunitas.
Anche il vescovo può vantare una sua districtio, cioè un suo distretto dove esercita poteri di comando, e può vantare una immunitas, cioè il fatto che il re o chi per lui non esercita su quel territorio i suoi poteri.
Quindi, il vescovo si inserisce spontaneamente nell'organizzazione feudale della società.
Questa situazione ha dei pro e dei contro.
La chiesa riceve una serie di privilegi, ma rischia poi di sottostare a tutta una serie di ingerenze da parte del potere laico.
ESEMPIO: a oriente, a Bisanzio, Giustiniano da dei privilegi alla chiesa, ma comanda anche la chiesa: quindi, da questo punto di vista, la chiesa ha poca autonomia.
Vediamo i franchi: i franchi fanno molte leggi (capitolari) e scrivono anche molti capitolari ecclesiastici, cioè norme che regolano l'organizzazione della chiesa. Il re franco è il "defensor de clesiae", da dei privilegi alla chiesa, ma certamente vuole intervenire, perché la tutela è sempre reciproca.
Dobbiamo però mettere in chiaro alcune cose.
Così come vi è stata una separatezza tra la parte orientale e la parte occidentale dell'impero, così anche la storia della chiesa si diversificherà per sempre dall'oriente (ancora adesso il rito orientale è profondamente diverso da quello occidentale e l'oriente non riconosce, se non in termini di fraterna amichevolezza, la superiorità del pontefice). E' proprio in questi anni che si crea questa frattura.
In occidente c'è lo sfascio totale delle istituzioni ecclesiastiche: il pontefice, da una parte, per difendere se stesso, cerca di reagire e si inserisce in questa carenza di istituzioni e di amministrazioni, per aumentare il proprio potere (questa è anche un'operazione spontanea: la chiesa deve sopperire all'assenza di istituzioni). Pertanto, in occidente la chiesa cerca di guadagnare autonomia rispetto al potere laico.
Tra i tanti dati che si ritrovano a questo proposito, il più importante fu quello espresso da papa Gelasio I nel 494, il quale mandò una lettera all'imperatore Anastasio (a Bisanzio): in questa lettera lui esprimeva la teoria dei poteri che dovevano spettare al pontefice e le teorie che dovevano spettare all'imperatore = TEORIA DELLE DIGNITATES DISTINCTAE (delle dignità distinte): le dignità distinte sono quelle del potere secolare e del potere religioso. E' la prima volta che un pontefice da Roma, cioè un primus inter pares tra i cardinali di Roma, scrive all'imperatore d'oriente per dire che l'imperatore non può avere tutti i poteri anche di un capo religioso, perché si tratta di due dignità che devono rimanere distinte: l'imperatore deve pensare alle cose secolari, il pontefice deve pensare alle cose spirituali (religiose), perché la finalità è la salvezza delle anime in questa loro vita.
Roma sente su di sé la responsabilità di crearsi un'autonomia in occidente: in occidente c'è un vuoto di potere che rischia di schiacciare la chiesa e la chiesa reagisce.
Il grande successo della chiesa consiste in questa sua capacità di inventare quotidianamente un proprio ruolo nelle situazioni storiche più diverse.
Possiamo dire che dal 494 inizia progressivamente la storia del formarsi della chiesa come istituzione: la chiesa non è ancora un'istituzione. La chiesa è ancora una religione, una piccola organizzazione di fedeli (che ha a Roma la sua capitale), dove c'è un confesso di cardinali (successori degli apostoli), dove tra questi cardinali ce n'è uno che è il primus inter pares, che sarà il pontefice, e per la prima volta in questo anno uno di questi pontefici dice che è indipendente da Bisanzio.
Quali sono gli altri passaggi
590 - Cassino: S. Benedetto forma l'ordine dei benedettini ("ora et lavora"). Su questa regola sorgono tanti altri monasteri che si sparpagliano in tutta Italia e in tutta Europa (il monastero non è solo luogo di preghiera e di scrittura di manoscritti: è anche luogo di organizzazione delle terre. I monasteri sono signori rurali, hanno un loro patrimonio e si organizzano secondo una regola). Con l'istituzione di questi monasteri benedettini, la chiesa comincia ad organizzarsi come istituzione disciplinata, con un abate al vertice e un'organizzazione che serve per auto produrre, quando è necessario al proprio sostentamento, per organizzare le rendite del territorio, per organizzare il lavoro dei residenti. Quindi, un'organizzazione gerarchica fondata sul rispetto dell'autorictas (cioè di un capo, che è l'abate). I monasteri benedettini si differenziano poi da quelli bizantini, i quali non si organizzano secondo una regola: i monasteri benedettini organizzano il territorio, lo lavorano, cioè crescono e accumulano ricchezze e poteri. E' questa la fortuna di questi monasteri. (invece quelli orientali hanno un'altra struttura e non riescono ad organizzarsi come centri di poteri).
Fine del VI sec. - papa Gregorio Magno - si avvale di una EPISTULA (plurale EPISTULAE = lettera): per la prima volta c'è l'uso della sacra scrittura come fonte normativa (come autorictas) sulla quale viene esemplata una norma di comportamento. Quindi, PRINCIPIO DI NORMATIVITA' che è un po' la nascita in embrione di quello che sarà il diritto canonico.
In certi casi la chiesa è stata costretta a fare certi tipi di operazioni. E' ovvio che la chiesa ha sempre cercato di legittimare il suo potere e l'ha fatto anche in modo spregiudicato, ma dobbiamo dire che la chiesa ha dovuto, in certi casi, perché la storia glielo chiedeva, assolvere a certe carenze della società del periodo (per esempio, l'assenza di strutture giuridiche).
Quando Gregorio Magno "inventa" le epistolae basate sulla normatività lo fa per tenere unita, in qualche modo, un'istituzione che ha ramificazioni in tutta Europa e di sopravvivere in una Europa violenta e spesso preda delle invasioni di non si sa bene quali popoli, anche se si dicono cristiani: tiene unita questa istituzione solo affermando un principio autoritativo, che comincia ad essere il principio autoritativo delle sacre scritture.
FONTI DEL DIRITTO DELLA CHIESA
DIRITTO DIVINO = rivelazione (non ha strumenti giuridici: la rivelazione è immediata); tradizione della chiesa (quanto la chiesa e le fonti religiose hanno elaborato, soprattutto le sacre scritture); diritto naturale (ordine che Dio ha dato al creato: possono essere le leggi fisiche dell'universo, ma possono anche essere leggi giuridiche, come ad es. il principio di sottoposizione all'autorità) = diritto che viene da Dio.
DIRITTO UMANO = diritto canonico; diritto ecclesiastico; diritto secolare (quello della compilazione giustinianea) = diritto che viene dagli uomini.
Chi fa il diritto canonico Una fonte di diritto canonico sono I CONCILI (assemblee che periodicamente fa la chiesa, i suoi organi): in determinante parti d'Europa i vescovi si riuniscono e decidono le questioni più importanti.
Ma poi ci sono anche le DECISIONI DEL PONTEFICE (del papa) che prendono vari nomi: decisiones, constitutiones, edicta, ma soprattutto un nome avrà successo = EPISTOLAE DECRETALES = lettere che decretano (quelle che ha inventato Gregorio Magno), cioè sono le lettere che vengono mandate a dei sottoposti per dirimere le controversie. Si parlerà poi solo di DECRETALES, come LEGGI DELLA CHIESA.
In tutto questo non bisogna però cancellare quanto detto a proposito dei longobardi e dei franchi, cioè il mondo delle consuetudini, dove non c'è l'autorità: per mettere per iscritto le consuetudini si riunisce l'assemblea. Il re le può rinnovare, emendare, correggere, ma non può crearne delle nuove.
Qui siamo all'opposto: la chiesa eredita perfettamente l'idea romana di autoritatività della legge. La legge come espressione verticale dell'autorità (non orizzontale della consuetudine).
Per i romani la consuetudine era fatta dall'imperatore, l'unico legittimato a fare le leggi, perché con il "senatoconsulto de legibus" (la lex regia de imperio) il senato romano aveva conferito ad Augusto il potere di fare leggi.
Cade l'impero romano: la chiesa per esigenze storiche introietta in sé questo principio dell'autoritatività (con Gelasio, con S. Benedetto, con Gregorio Magno) = l'idea della legge viene dall'alto, perché Dio sta in alto e in terra ci deve essere l'immagine dell'ordine universale.
Quindi, un'idea opposta alla consuetudine.
In queste decretales troviamo un fenomeno sconvolgente per la mentalità barbarica.
Cosa fa la chiesa quando si trova di fronte ad una consuetudine che mette in discussione i principi di equitas cristiana Ecco che Gregorio Magno scrive un'epistola decretalis in cui dice che bisogna comportarsi in un certo modo, perché il vangelo stabilisce così e se la consuetudine, ad es. in Normandia, dice in un altro modo, bisogna disattenderla, perché contraria a Dio.
Qui si afferma l'idea che la legge ha un principio e un mondo di applicazione: il principio viene da Dio e tutto ciò che non risponde a quel diritto che ci ha dato Dio deve essere modificato.
La chiesa ha questo dovere e non c'è consuetudine che tenga.
La consuetudine non può essere (come dicono le fonti) una PRAVA CONSUETUDO, cioè una cattiva consuetudine: una cattiva consuetudine è la consuetudine che contrasta con i principi canonici. La chiesa, per la prima volta, si assume la responsabilità storica di dichiarare non valida la consuetudine.
Riguardo alla questione della chiesa come istituzione abbiamo già ricordato alcuni nomi fondamentali, cioè:
GELASIO = dignitates distinctae..
S. BENEDETTO = principio di autoritatività..
GREGORIO MAGNO = epistolae - principio di normatività: ogni comportamento viene esemplata su una parte delle sacre scritture e, di conseguenza, il contrasto con la consuetudine si afferma su questo principio, perché se una consuetudine locale contrasta con le sacre scritture, questa consuetudine viene dichiarata "prava" (cattiva) e, quindi, la norma dice di disattendere la consuetudine.
Oltre S. Benedetto dobbiamo ricordare un altro monaco, irlandese, S. COLOMBANO (Bobbio): intorno al VII sec. si afferma con S. Colombano un altro genere letterario, di carattere religioso, ma con un'implicazione giuridica non indifferente = LIBRI PENITENZIALI (libri dove sono scritte le penitenze) = ad ogni peccato corrisponde una penitenza (e la penitenza può essere, ad esempio, 100 padre nostro, o anche la chiusura in una cella e un digiuno per un certo periodo di tempo). Questa struttura "peccato=penitenza" ci ricorda il tariffario germanico: l'idea che ad un peccato corrisponda una certa tariffa, una certa quantità di pena da espiare.
Nasce in quest'ottica un diritto penale, che in un certo senso è diverso dal guidrigildo, ma allo stesso tempo ne eredita alcune caratteristiche (cioè quella della tariffa: ad ogni peccato, secondo la gravità del peccato, una certa quantità di pena che ricorda molto il tariffario quantitativo di matrice germanica).
Cosa distingue un reato da un peccato Quello che distingue un reato da un peccato è un'azione o atto giuridicamente rilevante, cioè qualcosa che all'esterno possa essere percepito.
Alla chiesa non interessa il diritto penale in quanto tale, ma le interessa il peccato. Però il peccato, in questa fase il diritto penale non c'è: siamo fermi al guidrigildo, siamo nella fase di pregiuridico penale.
La chiesa inserisce un elemento sconosciuto al mondo germanico: non solo il principio dell'autoritatività, non solo il principio della normatività, ma il principio soggettivo della colpa, cioè l'intenzionalità, che al mondo germanico è sconosciuto: al mondo germanico interessa vedere qual è effettivamente il danno che è stato fatto e, se si può, compensare quel danno, sennò l'offensore viene rimesso alla famiglia dell'offeso.
L'elemento dell'intenzione, cioè del volere soggettivo (del male che una mente concepisce per porre in essere un maleficio) non è previsto dalla mentalità germanica, perché manca proprio l'elemento soggettivo (elemento psicologico).
Questo elemento soggettivo della colpa viene dalla chiesa contro il mondo germanico.
Da questo punto di vista compiere un reato contro una donna o contro un minore o contro un anziano, per la chiesa era la stessa cosa: l'intenzionalità, la premeditazione, rispetto all'impulso d'ira, era più grave per la chiesa. La chiesa puniva anche il semplice pensiero, perché si è nell'ottica del peccato: ma proprio perché siamo nel peccato, il peccato è la classica situazione dove l'elemento psicologico deve essere evidente (se io penso solo un reato, ma non lo compio, addirittura arriviamo la paradosso di colpire la psicologia, ma non l'atto).
Quindi, l'elemento soggettivo della colpa con S. Colombano si fonde con l'elemento germanico del tariffario.
L'elemento soggettivo l'abbiamo anche a proposito del matrimonio: la chiesa valorizza l'elemento consensuale della donna. La donna, per il diritto longobardo o per il diritto franco, è oggetto di scambio: la chiesa dice che c'è bisogno del consenso anche della donna e cos'è il consenso, se non l'esaltazione del momento soggettivo. Perciò, l'elemento volontaristico, psicologico e soggettivo.
Questo non vuole dire che l'elemento germanico scompaia in questi anni, anzi S. Colombano, proprio perché viene dall'Irlanda, riesce perfettamente a far combaciare questi due elementi.
In questi modi la chiesa si prepara a diventare un'istituzione, è quasi un'istituzione, e sta per diventare una fonte produttrice di norme.
Finora di norme la chiesa non ne ha proprio prodotte: ci sono le sacre scritture, che però sono già scritte, e c'è chi può aprirle e chi no (chi è qualificato, chi ha fatto certi studi, può aprire le sacre scritture e dire, ad esempio, "Dio ci ha detto così").
La chiesa come istituzione tenderà, secondo il principio autoritativo, ad acquistare il monopolio dell'interpretazione: la chiesa dice - "è vero le sacre scritture sono quelle, ma solo io posso dare un'interpretazione univoca e se tu le interpreti in un altro modo, sei fuori dalla chiesa".
Abbiamo visto i concili come fonte normativa della chiesa: i vescovi europei e i cardinali si riuniscono ed emettono delle decisioni che sono norme. Ma questi concili non sono solo un momento normativo, ma sono un momento drammatico di scissione della chiesa, perché in questi concili venivano le chiese di tutta Europa e non tutti erano d'accordo con l'idea centrale che veniva da Roma, per cui tutte le sette e le eresie venivano fuori dai concili.
Tutte queste cose hanno diviso profondamente il mondo della chiesa: la forza della chiesa è stata quella di riunire intorno a sé il maggiore consenso possibile (e se lo poteva permettere anche perché la chiesa lavorava come una potenza istituzionale, cioè riusciva a trarre il consenso e riusciva ad estromettere le frangie eretiche).
Questo è il lavoro che fa la chiesa come istituzione: un lavoro interno alla chiesa stessa, con delle scissioni anche molto dolorose; e un lavoro esterno di rapporti diplomatici con l'autorità secolare (imperatori bizantini, franchi).
Il diritto canonico nascerà con Capanna e con un monaco, Graziano, che scrive la prima raccolta di diritto canonico e che diventerà la raccolta ufficiale: quindi, siamo intorno al 1140.
Ma all'epoca di S. Benedetto, nell'epoca dei longobardi e dei franchi, la chiesa produce norme? Sì, produce norme, ma sono delle norme che con l'età nuova (dopo il 1000) verranno lasciate un po' in disparte, o, meglio, alcune rimarranno e alcune no. Il processo della chiesa in questi anni è davvero sorprendente.
La chiesa è una grande istituzione culturale (la cultura appartiene alla chiesa): tutti i manoscritti latini che noi conosciamo sopravvivono grazie alla chiesa, perché negli antichi scriptoria i monaci continuavano a copiare manoscritti, di cui sapevano che in quegli anni non servivano a nessuno, ma li continuavano a copiare e, quindi, a trasmettere l'eredità del passato.
La cultura è un grosso potere in questo periodo: la chiesa non ha armi, ma ha la cultura e grazie alla cultura è riuscita a sopravvivere e a fare una guerra che a volte riesce a vincere persino le armi.
In questi anni la chiesa fa delle raccolte di norme (anni dei franchi): finalmente riesce a chiamare in Italia un popolo che si definisce "defensor ecclesiae", che riconosce molti privilegi alla chiesa, però poi i franchi si ingeriscono pesantemente nelle nomine degli ecclesiastici. Allora la chiesa si fa avanti e vuole dimostrare ai franchi che i propri privilegi vengono da lontano e da fonti autoritative, ad esempio, dalla compilazione giustinianea. Allora la chiesa chiama i suoi personaggi culturalmente più rappresentativi per fare una raccolta di norme da portare poi a franchi e fargli vedere come devono il rispetto: la chiesa è prestigiosa. (il prestigio è l'unico aspetto su cui può essere vincente la chiese, non avendo armi: in questo momento in cui solo le armi vincono, solo il prestigio culturale può opporsi a questo accordo).
Le opere della chiesa:
774 = COLLECTIO DYONISIANA (raccolta di norme): il papa Adriano I la dona a Carlo Magno (siamo 26 anni prima a che si consumi la famosa notte di Natale dell'incoronazione di Carlo Magno) per fargli vedere che si ha a che fare con un'istituzione prestigiosa che ha delle norme antiche e queste norme non possono essere violate: la cultura dell'epoca è molto rispettosa della tradizione e dell'autorictas.
IX sec. = COLLECTIO CANONUM ANSELMI DICATA (una collezione di canoni dedicata a S. Anselmo) e LEX ROMANA CONONICE COMPTA (la legge romana confezionata al modo della legge canonica): è il periodo in cui i tre figli di Carlo Magno si divideranno le tre parti dell'impero. La chiesa sa che è un momento delicato e fa queste due raccolte, le quali fanno una sorta di selezione di norme provenienti dal diritto romano utili e funzionali al prestigio della chiesa, al fine che poi quelle norme servano a supportare la chiesa come istituzione di prestigio.
DECRETALI PSEUDO ISIDORIANE: S. Isidoro è un personaggio molto importante, da 4 o 5 secoli prima di questa raccolta, quindi non potrebbe mai averle scritte lui: infatti oggi sono conosciute come "pseudo", cioè false. Questa è una tipica operazione che fa la chiesa: la chiesa, oltre ad aver inventato il principio di normatività, di autoritatività e il principio della soggettività nel diritto penale, inventa la falsificazione. La chiesa è una grande falsificatrice (per fini di bene, per sopravvivere): sa che S. Isidoro è un personaggio conosciuto ed importante, che è andato in una scuola di arti liberali, e subito ha orecchiato S. Isidoro (quello che ha scritto le etimologie, e che già allora aveva scritto delle decretalia in favore della chiesa, per ricordare che la chiesa è un'istituzione che non può essere compressa dall'autorità secolare, cioè dai re). E la chiesa fa così circolare queste norme, che non possono essere contestate, perché la chiesa è portatrice di autorictas e di traditio (mentre i germani hanno solo una tradizione, le loro consuetudini, e per quanto sono forti e potenti perdono questa battaglia culturale, anche se non del tutto, ma dal punto di vista culturale la chiesa è efficiente, perché produce a raffica una serie di norme vere o inventate per dimostrare la sua supremazia come istituzione, ed è l'unico modo per sopravvivere).
Per noi la verità è scienza: tipica idea illuminista, cioè grazie alle fonti riusciamo a sapere cosa è vero e cosa è falso. Per noi la verità è il frutto di un prodotto razionale e scientifico.
In quest'epoca non ragionavano così: avevano un'idea molto diversa (es.: per loro la terra è piatta e non sanno che gira intorno al sole). Per loro VERITA' = AUTORICTAS: non è vero ciò che è scientificamente dimostrabile, ma è vero ciò che viene da una fonte autorevole (la verità è l'evidenza di qualcosa che viene dall'alto). Ciò che viene da Dio, o che crediamo venga da Dio, è vero: non è vero ciò che noi crediamo, perché ci possiamo sbagliare, mentre Dio no. Quindi, se una cosa è detta dalla chiesa, vuole dire che è detta da Dio, perciò è vero.
Quindi, se la chiesa fa quella falsificazione (come ne farà altre) lo fa a fin di bene ed esprime la volontà dell'autorictas: presso la gente dell'occidente quell'autorictas è veritas.
Liutprando dona alla chiesa dei terreni (è qui che nasce la chiesa come stato) - DONAZIONE DI SUTRI (che però è una restituzione: i longobardi avevano invaso le terre che la chiesa possedeva come signore rurale e poi gliele ha restituite). Poi, quando i franchi sconfiggono i longobardi, la chiesa che prima aveva promesso di dare questo territorio, in realtà poi se lo tiene per sé.
Oppure, la FALSA DONAZIONE DI COSTANTINO: la chiesa sparge in giro per l'Europa questa idea che Costantino quando vede Dio e si convince che nel 313 deve fare l'editto per liberalizzare le religioni, ha detto che siccome la chiesa è l'unica verità, gli ha donato tutta la parte occidentale dell'impero (cosa che Costantino non aveva neanche mai pensato). Nel 1400 gli umanisti capiranno che questa idea è falsa, quando inventano il metodo scientifico.
Concludendo..
La chiesa perde credibilità in questi anni: gli imperatori nominano i vescovi, i poteri locali si mischiano con la chiesa e la chiesa entra in un periodo di profonda crisi.
La chiesa rinasce con la riforma della chiesa, attraverso i monasteri di CLUNY e GREGORIO VII..
La chiesa diventa istituzione attraverso i propri strumenti culturali e attraverso delle operazioni politiche spregiudicate.
La chiesa si struttura come fonte giuridica, prima indirettamente facendo assurgere le sacre scritture (per esempio, con Gregorio Magno), ma poi producendo essa stessa direttamente delle norme (epistolae decretales, con i concili, interpretando in maniera monopolista le sacre scritture).
Tutte queste raccolte avranno grande successo: pur non poggiando su fatti ideologicamente certi, ma basate su principi autoritativi, queste raccolte sono state recepite anche da intellettuali che, a loro volta, hanno fatto delle operazioni di selezione di materiali normativi della chiesa. Questo è però avvenuto prima di Graziano: Graziano è l'alter ego di Irnerio, (quello che ha riscoperto la compilazione giustinianea). Graziano è colui che pone le basi del diritto canonico.
Prima di Graziano c'è questa raccolta tra il vero e il falso, ma abbiamo anche dei grandi intellettuali, i quali fanno un'altra raccolta molto seria, anche se però a volte è basata su materiali non veri. Ricordiamo soprattutto:
BURCARDO DI WORMS
IVO DI CHARTRES (XI sec.) = le opere raccolte da questi due grandi intellettuali, su cui Graziano poi si baserà, vengono dalla tradizione delle antiche raccolte decretales vere-false (viste precedentemente).
Quindi, dobbiamo dire che la chiesa ha le sue radici profonde nell'alto medioevo, nel periodo dell'invasione franca, quando la chiesa, grazie all'alleanza con i franchi, costruisce in maniera solida la propria identità istituzionale.
LA RIFORMA DELLA CHIESA: In cosa consiste la riforma
Se qualcosa deve essere riformato vuole dire che prima ci sono stati dei problemi: in effetti nella chiesa c'è qualcosa che non va e soprattutto nel X secolo (900).
Dopo l'invasione dei franchi, dopo il periodo della crisi dei franchi, il grande impero si divide (con i tre figli di Carlo Magno), ed è un periodo veramente molto caotico in Europa e, in particolare, in Italia (in Sicilia arrivano gli Arabi, quindi una parte dell'Italia è spazzata via). E anche la chiesa vive profondamente questa crisi: questa crisi consiste nella perdita della credibilità spirituale della chiesa.
La chiesa ha una vocazione religiosa che tutti vorrebbero pura e limpida, però questa purezza e questa limpidezza spesso deve entrare a patti con la società del tempo, per sopravvivere come istituzione, perché l'idea della chiesa è un'idea autoritaria, gerarchica, per cui la chiesa deve vivere soprattutto come istituzione. E dovendo vivere come istituzione bisogna entrare in contatto con il modo e con le istituzioni presenti in quello stesso tempo: se queste istituzioni hanno dei problemi, oppure si conformano in un certo modo, i problemi e questa conformazione li assume la chiesa e può anche trarne dei grossi vantaggi.
E' vero che la chiesa diventa una grande realtà istituzionale, ad esempio, inserendosi perfettamente nella struttura burocratica ed organizzativa della gestione del territorio dei franchi.
ESEMPIO: i conti sono dei signori che vengono investiti dal re secondo il rapporto della fidelitas e alcuni di questi grandi conti sono anche dei vescovi, scelti apposta dal sovrano: i vescovi, già da tempo nelle città svolgono il ruolo di signori (es.: attraverso l'episcopalis audientiae = strumento dato da Giustiniano per tutelare meglio i deboli). Tutte queste cose, l'assenza di autorità pubbliche, la chiesa che si struttura come istituzione, fa sì che questi vescovi diventino dei veri e propri signori, o perché sono conti, o perché esercitano delle potestà nella città in assenza di altre strutture "statali".
Nascono delle contraddizioni insanabili, che sono la corruzione, nel senso che i vescovi pensano prima a comportarsi da signori e a gestire il territorio in un certo modo, prima che pensare alla vocazione religiosa: sono espressione di famiglie potenti e assumono quel tipo di logica.
Poi c'è la SIMONIA = fenomeno in base al quale le varie cariche vengono date in base al rapporto di parentela o di amicizia (cosa che va bene in un rapporto feudale, ma se lo si fa in un'organizzazione ecclesiastica c'è qualche problema).
I territori su cui il vescovo esercita la propria districtio e la propria iurisdictio diventano territori quasi feudali, quindi i vescovi, più che convertire le anime, pensano a percepire le rendite (e va bene quando si devono far sopravvivere gli ecclesiastici, ma va male quando si fa solo questo).
Risultato: i vescovi sono dei signori che pensano a tutto tranne che armonizzarsi con la chiesa di Roma. Quindi, i vescovi sono dei signori, in contatto con altri signori, che perdono il contatto con Roma, fanno quello che vogliono dei loro poteri, dei loro benefici, sono molto venali, distribuiscono le cariche, ecc.
Tutto ciò andrebbe benissimo, perché non è che gli altri signori facciano diversamente, solo che una cosa sono i signori laici e un'altra cosa sono i vescovi: i vescovi e, in generale, l'organizzazione della chiesa aveva un arma (la cultura e il prestigio spirituale): prestigio spirituale e prestigio intellettuale fanno la forza della chiesa. Ma se si perde il prestigio spirituale si perde credibilità (sul territorio e sulla popolazione) e non c'è un esercito per riconquistare la credibilità.
Quindi, perdita di prestigio spirituale, frantumazione, perdita di credibilità e così via = CRISI DELLA CHIESA DEL X SECOLO.
Però la chiesa riesce anche a trovare il modo per reagire a questa situazione. E ci sono dei luoghi di grande intellettualità e di grande spiritualità dove avviene questa reazione.
Il luogo dove si avverte maggiormente la reazione alla crisi della chiesa è CLUNY (monastero francese che produce un ordine monastico "cluniacense"): a Cluny ci sono molti intellettuali, una perfetta organizzazione e un grande senso di rigenerazione della chiesa. Ma Cluny non è solo un centro meramente spirituale di rigenerazione intellettuale e per affermare meglio questo vediamo una persona uscita dal monastero di Cluny, che è NICCOLO' II papa (XI secolo).
Naturalmente Niccolò II deve pensare ai mali più pressanti della chiesa nel suo periodo: egli va a Roma, dove c'è una situazione intollerabile. I cardinalati vengono contesi dalle grande famiglie aristocratiche romane, con il risultato che i grandi signori laici, i grandi re o gli imperatori, si contendono le grandi famiglie aristocratiche romane, per controllare il papato. Niccolò II reagisce e riscrive una sorta di legge elettorale del pontefice: elabora un sistema molto più trasparente, che parte sempre dall'elezione dei cardinali, però con un'approvazione di tutti gli ecclesiastici romani e di un'acclamazione popolare: questo per fare in modo tale che l'opinione pubblica sia, almeno formalmente, investita del compito di accettare un pontefice piuttosto che un altro. Quindi, un'operazione anche di propaganda, per rendere più trasparente una nomina del pontefice, in modo da renderlo più autonomo dalle pressioni dell'aristocrazia romana, quindi dei grandi potentati signorili, e per rendere più credibile la carica stessa.
Niccolò II è il predecessore del papa che realizza la vera riforma della chiesa (radicale) - GREGORIO VII (vero nome era Ildebrando da Soana) - seconda metà dell'XI secolo.
= viene introdotto il DICTATUS PAPAE (e da qui si può parlare di papa nel senso come lo intendiamo noi): sono 27 articoli (propositiones) e il dictatus detta quali sono le competenze di un vero papa (è una sorta di carta costituzionale del pontificato) = si dice che cos'è il papa e che ruolo deve avere nel mondo. E questa è una grande reazione a quanto sta avvenendo. Punti più importanti:
CENTRALITA' DI ROMA = Roma è definita al vertice dell'organizzazione ecclesiastica: se si è cattolici si deve seguire quello che dice la chiesa romana, altrimenti non si è cattolici e si è fuori dalla chiesa.
Quando si è fuori dalla chiesa, si può essere colpiti da una SCOMUNICA = atto giuridico con cui l'autorità ecclesiastica pone fuori un soggetto dalla chiesa.
A capo della chiesa c'è il PONTEFICE = il crisma dell'infallibilità: quello che dice il papa non può essere oggetto di discussione critica, perché parla in nome di Dio per interposta persona.
DIVIETO DELLE ORDINAZIONI SIMONIACHE = non si possono più ordinare degli ecclesiastici per rapporti di amicizia o di parentela.
DIVIETO DEL CONCUBUNAGGIO per quanto riguarda i rapporti di parentela: la chiesa cattolica è l'unica famiglia della grande chiesa cristiana che esclude il matrimonio per i suoi sacerdoti (es.: i protestanti non lo escludono).
DIVIETO PER LE AUTORITA' LAICHE (imperatori, re e signori territoriali) DI REALIZZARE NOMINE ECCLESIASTICHE e, in particolare, quelle vescovili: i vescovi li nomina il pontefice.
Si sta affermando, ora, che la chiesa è al vertice di tutto l'occidente.
Riguardo alla scomunica (e da questo momento in poi verranno scomunicate migliaia di persone): 1077 = SCOMUNICA DI ENRICO V, il quale deve andare a Canossa, dove c'è una grande signora territoriale (Matilda). Successivamente i due (Gregorio VII ed Enrico V) vanno nuovamente in guerra e Gregorio VII lo riscomunica di nuovo, ma questa volta Enrico V perde la pazienza e va a Roma e lo scaccia (poi lui dopo qualche anno andrà a morire a Salerno).
Questo per vedere quanto erano tesi i rapporti tra impero e chiesa, ma certamente già il fatto che un imperatore vada a scacciare un pontefice, sembra già una bella vittoria della chiesa, paradossalmente, perché adesso l'imperatore deve muoversi: mentre prima la chiesa era un defensores ecclesiae, adesso la chiesa rappresenta un bel pericolo. Quindi, quando il papa comincia a scomunicare e a dire "il capo sono io", l'imperatore si muove con l'esercito.
Anche se qui la chiesa viene sconfitta militarmente, ma è l'ammissione implicita di un grande potere della chiesa.
La grande dialettica con l'impero nasce adesso e si arriva, così, al 1122 con il CONCORDATO DI WORMS = papato e impero si mettono d'accordo sulle investiture - "lotta per le investiture" - (le investiture sono quelle feudali che, in questo caso, riguardano le investiture dei vescovi): da ora in poi i signori laici saranno investiti dall'impero, mentre i vescovi saranno investiti dalla chiesa. La lotta per le investiture è una lotta per il controllo del territorio europeo.
Questo equilibrio del 1122, in realtà, sarà rotto più avanti: è una guerra che non finirà mai (finirà forse quando lo stato pontificio, tra il 1300 e il 1400, si configura come un vero stato, con un suo territorio, che dal Lazio arriva alla Romagna).
Abbiamo varcato la soglia dell'anno 1000. In questi anni la società si sta profondamente modificando.
E in questi anni l'Italia prende due strade diverse (che non vuole dire che siano opposte, ma certamente esprimono una dialettica che probabilmente ha influenza, ancora oggi, nel destino culturale del nostro paese):
CENTRO NORD CENTRO SUD
COMUNI CITTADINI REGNUM
(es.: Modena, un grande (organizzazione
comune cittadino). burocratica
diversa dallo
alto medioevo)
I COMUNI
Riguardo alla loro nascita.. Qualcuno ha voluto vedere continuità con gli antichi municipi romani, qualcuno ha parlato delle cariche franche: comunque una cosa che si può dire con certezza è che non si può fare la storia delle origini del comune, perché in realtà ogni comune ha la sua storia (e questo è drammatico).
Esempio: alcuni dicono che il comune spesso nasce su iniziativa dei vescovi e questo è vero = l'iniziativa di un'organizzazione autonoma delle città nasce su impulso del vescovo. Però abbiamo anche città come Padova, Bologna e Genova dove il vescovo ha un ruolo molto relativo. Alcuni comuni nascono addirittura come reazione contro il vescovo: alcune città nascono per iniziative signorili.
Quello che di sicuro è vero è che intorno all'anno 1000 si verifica una grande rinascita demografica ed economia: le città che erano abbandonate si ripopolano, soprattutto le città sul mare, come Genova, Pisa, Amalfi.
Questo vuole dire che si comincia a navigare con maggiore tranquillità: è finito il periodo critico delle invasioni dei popoli nomadi.
Quindi, ripopolandosi le città, si comincia anche a commerciare: evidentemente nelle campagne si è creato un surplus, dato dalle migliori condizioni di vita. Così questo surplus viene destinato al commercio, ma il commercio non si può fare se non c'è il signore, perché il signore vuole il surplus. Allora si va nei borghi franchi, dove si può commerciare senza che ci sia un signore che non voglia la sua tassa.
Tutto questo cosa mette in moto Il FENOMENO ASSOCIATIVO, che in questi anni è dirompente, il quale nasce all'interno stesso delle campagne, ma poi andrà contro le campagne: se io ho un surplus che voglio gestirmi io e lo voglio commerciare da solo, ma voglio anche sottrarmi dai rapporti di subordinazione dei signori che tendono ad accaparrarsi quel surplus. Posso fare questo mettendo per iscritto le consuetudini: anche se poi ho delle condizioni dure, sono sempre messe per iscritto e non possono essere gravate, perché posso sempre farle valere davanti al signore.
Giuridicamente la città si distingue da quattro elementi giuridici:
Pace
Libertà
Diritto particolare
Organizzazione
In città viene tutelata la pace, l'ordine pubblico: ci si associa per stare in pace in città.
In città si è liberi (non possono andare gli schiavi) e non si hanno vincoli di dipendenza con il signore.
In città si afferma una consuetudine che non è la consuetudine delle campagne.
La città è un'organizzazione, cioè una struttura che assicuri tutto questo.
E' una struttura opposta a quella della campagna No, perché c'è sempre la protezione: la protezione è sempre il bisogno fondamentale del medioevo, solo che adesso, siccome la società è cambiata, la protezione non può darmela sempre il signore territoriale. Qui si ha una SIGNORIA COLLETTIVA, che nasce da un fenomeno associativo. Quindi, i principi sono opposti alle campagne, ma il modo di concepire i rapporti sul territorio è lo stesso: qui non c'è un signore unico, ma c'è un signore collettivo, nato dal fenomeno associativo.
Nel comune troviamo ancora i signori, ma non hanno più il ruolo che avevano prima, nelle campagne.
FATTORE ASSOCIATIVO = si tratta di un nucleo di persone che si associa e fa una CONIURATIO (=giurare insieme), al plurale "coniurationes", le quali sono state spesso all'origine dell'organizzazione comunale. Sono gruppi di persone che si mettono d'accordo, si giurano fedeltà reciproca e decidono di organizzarsi per qualcosa (ad es.: andare insieme dal proprio signore e farsi mettere per iscritto le consuetudini; oppure, contrattare con il vescovo una serie di attività all'interno della città; in Germania, poi, c'erano le "gilde commerciali" = commercianti e mercanti che si accordano tra di loro, stabiliscono doveri e diritti e si coalizzano per esercitare meglio una certa attività).
La nascita di questa coniurationes, a volte può convivere, mentre a volte può scontrarsi, con la realtà signorile perché, pensando alle città, queste naturalmente hanno bisogno di un territorio attorno alle mura (non si può vivere asserragliati alle mura, bisogna poter uscire): la città ha bisogno di controllare, in qualche modo, la campagna e se può cerca di comportarsi come un signore territoriale nella campagna (e spesso abbiamo dei PATTI DI SOTTOMISSIONE delle comunità rurali alla città, cioè i borghi rurali si sottomettono alla città con dei rapporti di fidelitas) = la città che contrasta il mondo rurale si serve della fidelitas e della protezione per subordinare la campagna circostante (quando può). Quando, però, si imbatte con i nuclei della città opposta (come spesso succede, ad esempio, tra Bologna e Modena) si usano le armi.
Quindi, possiamo dire che con il mondo della signoria precedente c'è concorrenza (a volte conflitto), dialettica (a volte confidenza), ma non c'è un contrasto di principio.
Certamente con il comune nasce un altro modo di intendere i rapporti giuridici, ma non nel senso che nasce di punto di bianco e in modo opposto alla signoria (che non è nemmeno possibile nella storia), ma è uno sviluppo che porterà ad un bivio, ad un'altra dimensione della storia giuridica, perché dal mondo della subordinazione si passa ad un mondo, tendenzialmente, ugualitario.
Dobbiamo però chiarire una cosa, cioè il termine "popolo" (=populus), termine già incontrato nelle popolazioni longobarde. Per i germani il popolo sono gli uomini in armi, i combattenti.
Quando nelle carte programmatiche dei comuni si trova "Libertas / Popolo".
La libertas è la condizione dell'uomo libero e, soprattutto, la condizione che identifica la città come uno spazio privo dei rapporti di subordinazione del mondo delle campagne: la città è un luogo non feudale.
Titolare della libertas è il populus (che non sono più gli uomini in armi): il populus è la comunità dei soggetti che hanno personalità giuridica, cioè che hanno diritti e doveri nell'ambito delle mura urbane.
Allora dobbiamo vedere chi ha diritti e doveri all'interno della città.
Il termine che deve farci riflettere è quello della "coniuratio", cioè il principio associativo: chi sta all'interno di un'associazione gode della libertas e fa parte di un populus (chi sta fuori da un mondo associativo non ha libertas e non fa parte del populus).
E' un concetto molto simile a quello della protezione: si tratta di una protezione che si atteggia in termini tendenzialmente egualitari, ma non vuole dire che realizza una società egualitaria. La distinzione in classi e in ceti si riproduce anche all'interno della città.
ESEMPIO: i piccoli signori rurali, troppo piccoli per sopravvivere in maniera adeguata alle imposizioni dei signori territoriali, fanno una scelta e stanno in città, oppure sono signori territoriali in campagna, ma decidono, per motivi di prestigio e motivi economici, di stare in città = quindi, il mondo signorile sta anche in città e, a volte ci sta bene, certe volte non ci sta bene. (Modena è una città che matura ben presto una tendenza anti magnatizia, cioè contro i magnati=aristocratici: quando a Modena viene fatta una legislazione contro gli aristocratici si decide che quei signori aristocratici non potranno più partecipare alle cariche pubbliche. E a Modena resta una realtà costante per diversi secoli).
Altro aspetto della presenza signorile in città si vede dalle TORRI: a Modena, ormai ne sono rimaste poche, ma a Bologna ce ne sono moltissime. I signori aristocratici stanno nelle città come stavano in campagna, si costruiscono un castello all'interno delle città: delle torri con poche finestre, perché in realtà non erano case, ma erano dei fortini.
Anche il vescovo sta in città (nelle cattedrali).
Ma non ci stanno solo i signori e i vescovi: in città ci stanno anche mercanti e commercianti che si riuniscono nelle "corporazioni", cioè delle SOCIETATES ARTIUM (= società di mestieri). Ma ci sono anche delle SOCIETATES ARMORUM (= società delle armi), di cui un esempio lo troviamo a Siena: ci si riunisce in società delle armi e si difende il proprio quartiere.
Anche questo è un altro fenomeno associativo: chi può, chi ha qualcosa da mettere nella società (braccia, stirpe, abilità, artigianato o commercio) entra in un'associazione: chi non ci sta è fuori e non fa parte del populus.
Mendicanti e stranieri non hanno nessuna rilevanza giuridica.
Si tratta, quindi, di un popolo ristretto con delle gerarchie, perché certamente ci sono delle associazioni che contano di più di altre.
Il comune è anche organizzazione: quali sono i primi capi I CONSULES. Il comune consolare è la prima forma comunale.
I consoli sono sempre in numero pari (quattro, otto, venti, ecc.). Di regola i consules sono aristocratici e, a volte, sono anche ricchi commercianti o artigiani, ma non avviene sempre in tutte le città: ad esempio, Genova è un caso particolare, perché qui il comune nasce dalla compagnia (=cumpane - "mangiare lo stesso pane e lo stesso vino", cioè coloro che dividono la stessa sorte).
In genere, fra i consoli nelle città troviamo solo aristocratici, ma perché in numero pari I signori, quando non sono d'accordo, non alzano la mano, ma alzano la spalla, quindi si cerca sempre di fare delle delibere all'unanimità: il numero pari serve proprio ad evitare che, in qualche modo, qualcuno possa essere tentato a "decidere a colpi di maggioranza", perché i colpi di maggioranza divenivano colpi di spada inferti da una fazione ad un'altra.
Che poteri hanno i consoli Hanno gli stessi poteri che i signori avevano nelle campagne, solo che li hanno all'interno della città, cioè DISTRICTIO (bannum) e IURISDICTIO (l'immunitas non l'hanno, perché questo potere imponeva al signore di astenersi dall'esercitare i poteri sul fondo del suo vassallo, mentre il console non ha un signore al di sopra: avrebbe l'imperatore, o il papa, ma è una cosa del tutto virtuale).
Quali norme si applicano in città In città si applicano gli STATUTA che sono formati da tre elementi:
CONSUETUDINI messe per iscritto.
BREVIA = formule con cui i pubblici ufficiali, nell'entrare in carica, giurano fedeltà: sono norme di diritto pubblico, costituzionale.
STATUTA veri e propri = deliberazioni assembleari (cosa che contraddistingue le città, ma non del tutto perché c'era anche nelle popolazioni germaniche, è l'assemblea, che può chiamarsi "concio" o "colloquio" e dove si riunisce il popolo che prende delle decisioni generali, gli statuta appunto).
Un altro organo costituzionale urbano, oltre ai consoli, sono le ASSEMBLEE, che si riuniscono nelle piazze (piazze centrali, vicino alle cattedrali e vicino ai palazzi comunali).
Luoghi del potere sono:
CHIESA (dove sta il vescovo).
PALAZZO COMUNALE (o il palazzo signorile, con una torre).
PIAZZA (dove si riunisce l'assemblea al suono delle campane).
I consules, per quanti sono, non possono fare tutto da soli e hanno bisogno di un consiglio minore, che di solito si chiama CONSILIO DI CREDENZA (ma poi ogni città ha il suo nome). Tra i capi e l'assemblea ci sono degli organi intermedi, minori più ristretti e maggiori, che servono per governare: quelli minori sono quelli più efficaci, perché sono quelli che collaborano direttamente con i capi e sono organi di governo, cioè quelli che dicono qualcosa sulle decisioni; gli organi maggiori (per esempio, la sala dei 500 a Firenze). Comunque, ogni città ha la sua struttura.
Questo per vedere che tipo di diritto viene applicato: ma chi applica questo diritto I consules hanno anche la iurisdictio, però, siccome la iurisdictio è un'operazione un po' tecnica, non viene gestita da tutti i consules: di regola ce ne sono un paio che prendono questo nome - CONSULES DE IUSTITIA e sono quei due consoli che fanno da giudici ed esercitano la iurisdictio del comune, applicando quel diritto.
Però i consoli non sanno nulla di diritto, ma sanno bene gli statuta, le consuetudini e i brevi, e giurano su questo. Tutte le controversie non possono essere risolte con queste fonti: nei casi più particolari i consules de justitia prendono una pergamena, scrivono il QUID IURIS (quesito), lasciando lo spazio in bianco sotto e lo danno ad un "sapientes" (giurista: nel frattempo si sono affermati anche i giuristi), il quale scrive la soluzione e la riporta ai consules di justitia che, a loro volta, firmano (se sanno, sennò fanno una croce) e questa è la sentenza: questa pratica si chiama CONSILIUM SAPIENTIS IUDICIALE, perché ha natura giudiziaria (non è il parere che il giurista da al privato, ma è il parere ufficiale che gli amministratori della giustizia comunale chiedono al giurista e viene controfirmato).
I consules appartengono agli aristocratici: gli aristocratici continuano a fare quello che fanno da sempre, cioè continuano a scannarsi. Al primo diverbio si ammazzano: quindi, fazioni e lotte. Si trova allora una soluzione.
Quando c'è un problema grave e non vogliono tirare fuori le armi, perché si sa cosa succede, chiamano un arbitro, il quale viene da fuori: si crea, così, la prassi del POTESTAS = nasce sulla prassi di chiamare un arbitro esterno che dirima le controversie. In molte città diviene poi la soluzione stabile: si chiama un forestiero che per un anno (o, a volte, anche solo 6 mesi) detenga il potere della città, così si evita la lotta tra le fazioni.
Questo è un passo molto importante, perché i potestà sono dei professionisti, che si portano appresso tutta una corte di tecnici che fanno parte della sua famiglia e che si spostano di città in città a fare quel mestiere.
Abbiamo quindi un forestiero e dei tecnici non compromessi con le famiglie, perché non fanno dell'aristocrazia, in quanto, appunto, sono esterni.
Ma come fanno le grandi famiglie o i mercanti a fare pressione sui potestas Perché c'è un istituto inventato nel medioevo, che è il SINDICATUS = quando i potestas smettevano la loro carica vi erano i sindacatori che si riunivano, guardavano gli atti e decidevano se il potestas era stato corrotto, era stato ingiusto, ecc.: i sindacatori erano espressione delle famiglie più importanti, per cui il potestas, entrando in carica, sapeva che se in quel determinato periodo non si comportava in un certo modo, dopo sei mesi subiva il giudizio del sindicatus e veniva messo in galera (e non veniva più fatto ripartire). Quindi, il potestas in quel certo tempo della sua carica doveva comportarsi in un certo modo, spesso favorendo le famiglie maggiori, perché spesso il sinidicatus era un elemento di pressione molto forte.
Nel regime consolare e nel regime podestarile c'è qualcuno che non è contento, cioè LE SOCIETA' DELLE ARTI.
Altro elemento di instabilità e di crisi: il mondo produttivo urbano non trova voce politica. Allora, approfittando dell'ennesima crisi potestarile e consolare, arrivano al potere le società delle arti, che nel frattempo si sono organizzate (le società sono "compagnie" e hanno un capo che si chiama "capitano" che comanda ogni singola corporazione).
Qui si creano due specie di comuni paralleli: un comune ufficiale con il potestà e dei sottocomuni con un capitano, un'organizzazione interna, dei propri statuti, ecc.
Ad un certo punto, quando non ne possono più e quando c'è la crisi degli aristocratici, intervengono e cacciano via gli aristocratici: intorno al 1200 si susseguono leggi anti magnatizie (Bologna e Modena soprattutto, ma anche in altri città).
Tra la fine del 1100 e la prima metà del 1200 si crea un nuovo tipo di comune, formato dalle società delle arti, che si chiama COMUNE POPOLARE, perché quel populus, che nonostante fosse già da allora populus, non aveva trovato espressione di comando nei consoli, né nella potesteria, e ne approfitta per diventare comandante nel comune popolare, attraverso un capitano di un popolo, che è il capitano dei capitani delle società delle arti: il comune popolare è il comune delle corporazioni di mestiere che sono nate prima.
Questa è la terza fase ed è quella più instabile, perché il comune rischia grandi sommovimenti, perché queste società delle arti hanno un difetto, cioè ognuno pensa al suo mestiere e, quindi, litigano sempre.
Grande instabilità, grandi lotte, grande incertezza politica, fino a che non si torna punto e daccapo: quando c'è instabilità, quando una società si apre ad una gestione più aperta del potere (e non si sa gestire autonomamente) si aprono gli spazi più pericolosi, del DISPOTISMO, perché in questi casi arriva (o c'è sempre stato) un signore.
E si torna ad avere, così, la signoria, che è la crisi del comune. Ma si parla qui di SIGNORIA URBANA: le istituzioni comunali rimangono, solo che rimangono svuotate, perché l'assemblea pur di non farsi la guerra tutti i giorni, decide di delegare tutto il potere decisionale a un signore feudale, un aristocratico (che tornano in città riveriti e con potere unico).
Da qui nasceranno, poi, gli stati moderni: i signori diventeranno principi, duchi.
(ES.: gli Estensi sono la prima signoria in Italia di questo periodo).
IL REGNO DI SICILIA
Il regnum in generale non è una novità assoluta: certamente è importante, perché questo regno (appunto il regnum siciliane) è il primo regno stabile in Italia e che ha una fortuna enorme, ma poi anche perché è quello che ha una durata più lunga, in quanto rimane fino all'unità d'Italia.
Le caratteristiche istituzionali del regno di Sicilia apportano degli elementi di novità in Europa, intorno al 1100.
I due sovrani più importanti sono RUGGERO II e FEDERICO II (Federico II è stato anche imperatore del sacro romano impero).
Si è detto che il regno di Sicilia, soprattutto quello di Federico II, è un regno nuovo, il primo regno moderno, dove c'è un'organizzazione statale fortemente accentrata. Però parlare di modernità in questo periodo è del tutto fuori luogo, soprattutto perché ci troviamo sempre nel periodo dell'alto medioevo.
E' vero che il regno di Sicilia porta degli elementi di novità indiscutibili, però è anche vero che il regno di Sicilia è un regno medievale, quindi per quanti elementi di novità possiamo individuare, sono sempre gli elementi di novità che nascono nel medioevo e si inseriscono pienamente nel contesto giuridico e culturale del medioevo.
Nella parte settentrionale dell'Italia ci sono i comuni e nella parte meridionale si crea il regnum.
I normanni sono una delle tante popolazioni barbariche che vagabondano per l'Europa, che si sono stabilizzati in Normandia (Francia del nord) e che ad un certo punto sono andati a conquistare l'Inghilterra e la Sicilia (meridione d'Italia): infatti, il regno d'Inghilterra e il regno meridionale normanno hanno punti in comune, che derivano dal fatto che hanno la stessa matrice normanna.
Perché i normanni vengono nel meridione d'Italia Nella parte orientale dell'Italia ci sono i bizantini; la parte occidentale è quella più caotica, perché è piena di ducati e di principati. In Sicilia dal IX sec., quando sono arrivati i Franchi, c'erano già gli arabi.
Sono i normanni quelli che riescono a scacciare gli arabi.
I normanni aspettano solo di fare fortuna e vengono chiamati da alcuni signori campani che si fanno la guerra tra di loro, così per farsi un buon esercito. I nordici hanno sempre avuto la fama di guerrieri (vivono di questo). Così con vari accordi i normanni arrivano in Sicilia per aiutare alcune fazioni a combattere altre fazioni di altri principati. E, soprattutto, vengono guidati da alcuni capi militari, tra i quali però se ne distinguono due in particolare, sono due fratelli nella discendenza normanna degli "Altavilla" e sono ROBERTO (IL GUISCARDO) e RUGGERO (IL GRAN CONTE).
Questi due fratelli sono molto bravi non solo perché sapevano fare bene la guerra (cosa che bene o male sapevano fare tutti), ma perché cominciano a capire che in questa situazione di debolezza di tutti questi principati loro si potessero inserire a buon diritto. Così cominciano a diventare signori militari, ma anche signori territoriali, cioè cominciano a stanziarsi lì, a inglobare le loro signorie, ad allearsi con uno o con l'altro, e così via. Si dividono i compiti: Roberto lavora nella parte della Puglia e della Calabria, mentre Ruggero lavora in Sicilia.
Roberto è molto bravo e comincia ad inglobare le signorie con cui prima era alleato, con cui si scontrava e comincia a sottometterle a sé con la forza. Dopo che diventa signore territoriale militare di fatto, non ha ancora raggiunto il suo scopo. Ha bisogno di una legittimazione politica: così nel 1059 Roberto il Guiscardo chiede questa legittimazione al papa, che gliela da mediante una investitura feudale.
(il papa che da questa legittimazione è Niccolò II, un cluniacense che aveva avuto il merito di rinnovare il sistema elettivo pontificio).
Anche questa volta il vantaggio è reciproco: Roberto non è più solo un combattente, ma comincia a diventare un duca, nel senso di combattente, ma anche di sovrano.
La chiesa fa la solita operazione: legittima la sua superiorità istituzionale e mette una mano in meridione, perché il meridione ha sempre vantato una forma di superiorità (che non ha la forza politica e militare di esercitare e la esercita idealmente con queste investiture feudali).
Tutti e due sono contenti: Niccolò è il signore feudale, come papa, del meridione; Roberto il Guiscardo ha una legittimazione politica e feudale che tutti gli riconoscono come prestigiosa.
La stessa operazione la fa Ruggero il gran conte, il quale però è destinato a maggior gloria, perché fa un'operazione storica e di portata anche religiosa, cioè scaccia via gli arabi dalla Sicilia (operazione molto simile a quella fatta dai franchi): per la chiesa vuole dire SCONFIGGERE GLI INFEDELI DALL'EUROPA. Ed è proprio in questa occasione che Ruggero è chiamato "il gran conte" (=grande condottiero).
Anche lui cerca una legittimazione, però con Ruggero il rapporto con il papato non funziona molto bene. Si comincia ad instaurare col papato la caratteristica del cattivo rapporto che in realtà c'è tra il papato e questi signori.
Finché si trattava di legittimare il potere, il papato andava bene; quando però il papato vuole mettere la lingua negli affari normali allora non va più bene, soprattutto per le cariche ecclesiastiche. E siamo al solito problema, i vescovi e soprattutto i vescovi in Sicilia, i quali vuole controllarli Ruggero il gran conte.
Così il vescovo di Troina viene incarcerato da Ruggero il gran conte, come forma di ritorsione, perché era troppo vicino alla chiesa: dopo varie affannosità diplomatiche, nel 1098 Urbano II concede una bolla pontificia = QUIA PROPTER POTENTIAM TUAM ("in virtù della tua prudenza"), con la quale si concedeva un istituto straordinario, che rimane in vigore sino a tutto il 1700 = APOSTOLICA LEGAZIA = il papa concede ai sovrani meridionali (in questo caso al duca Ruggero il gran conte) il legato (incaricato) apostolico: in altre parole, Ruggero il gran conte e suo figlio sarebbero stati emissari del papa per le nomine ecclesiastiche (una sorta di mandato, solo che questo doveva essere soltanto per Ruggero il gran conte e per suo figlio, per evitare delle situazioni di attrito). I normanni, però, si appropriano di questo potere e se lo conservano per tutte le generazioni avvenire.
L'apostolica legazìa la si trova ancora nel 1700, con cui i sovrani ogni tanto si ricordavano di avere questo potere e decidevano che dovevano mettere mano alle nomine vescovili o alle nomine ecclesiastiche.
Arriviamo al regnum..
Il nipote di Ruggero il gran conte è Ruggero II d'Altavilla, il quale completa l'opera, perché dalla Sicilia (da dove è partito) sale su nel continente e unifica le due parti della conquista normanna: nel 1127 si fa investire da Onorio II. In pratica fa la stessa cosa che aveva fatto Roberto il Guiscardo, quindi una nuova rinnovazione di investitura, però stavolta (e qui la novità) di tutto questo dominio. Onorio II, questa volta, non poteva fare a meno di darglielo (pur sapendo che ciò era molto pericoloso), perché c'è un anti papa (Anacleto II) e nel momento in cui il papato si divide in un papa e in un anti papa, Ruggero II ne approfitta e chiede la legittimazione feudale a Onorio II, il quale deve dargliela, perché sa di aver bisogno di alleati forti contro l'anti papa.
L'abilità di Ruggero II è stata proprio nel chiedere la legittimazione in un momento di debolezza del papato e tre anni dopo, nel 1130, a Palermo si fa nominare REX DI SICILIAE (tutto il meridione), ma non si fa nominare dal papa, ma semplicemente da un legato apostolico di sua fiducia (cioè non fa l'errore di Carlo Magno di andare a Roma) e nella nomina dice "per grazia di Dio" (non dice "per grazia del pontefice"), perché in questo modo è Dio che direttamente gli da l'investitura e la sacralità del regno: salta la mediazione pontificia proprio per evitare gli errori di un Carlo Magno, tre secoli prima.
E' questa la grande novità in Europa, cioè di sovrani (anche loro capi militari) molto spregiudicati che sanno usare la signoria territoriale, la signoria militare, che sanno usare l'investitura feudale, che sanno usare i rapporti con il pontefice e hanno un'idea profondamente spregiudicata del potere e la usano. Questo è quello che fa Ruggero II.
Quali sono le novità di Ruggero II nel regno normanno Riguardo all'organizzazione. L'organizzazione di Ruggero II si basa su due livelli:
Un'organizzazione amministrativa centrale, a Palermo.
Un'organizzazione amministrativa locale, nel territorio.
L'organizzazione centrale non ha niente di particolare, perché poi sostanzialmente è un palatium come quello di Pavia.
Quello che è importante è vedere cosa succede a livello locale.
Prima di tutto si trova dappertutto questa affermazione: "il feudo, nel mezzogiorno d'Italia, è stato introdotto dai normanni". Non c'è niente di strano, almeno in teoria, perché il feudo viene dal nord della Francia e lo hanno inventato i franchi per motivi militari. Quello che convince poco, però, è che da una parte si dice che i sovrani hanno un'organizzazione molto accentrata con il potere a Palermo, mentre poi si dice che mettono il feudo.
Se noi teniamo ferma l'interpretazione che vede il feudo come un modo di rapporti di fedeltà di tipo militare, allora vediamo che non c'è una contraddizione tra dei sovrani fortemente accentratori e l'uso spregiudicato del rapporto feudale.
Perché con il rapporto feudale i normanni non è che delegano dei poteri, ma semplicemente introducono tutta una serie di condottieri normanni nel meridione d'Italia.
Questa situazione di feudalità non è opposta alla situazione del meridione, perché nel meridione incontriamo i monasteri, i latifondisti, i boni homines: quindi, questo rapporto di fedeltà è utile anche a rivestire giudizialmente le situazioni di dipendenza che troviamo nel meridione.
In altre parole: è vero che i normanni introducono il feudo, ma non è vero che il feudo è un elemento disgregante della loro sovranità, anzi, è un elemento pienamente integrante, perché non è vero che il feudo è contrario allo stato, perché in questo periodo non c'è uno stato, ma c'è semplicemente un regno ed è un regno di tipo militare, signorile, perché è un regno pienamente medievale, non è uno stato moderno.
Questo si vede ancora meglio nel rapporto con le città, dove c'è un'altra questione che ha fatto discutere moltissimo.
L'idea è questa: da una parte ci stanno i comuni e da una parte c'è un regno, ma non è che nel regno non ci sono le città: c'è Milano, ma c'è Bari, c'è Bologna, ma c'è Messina; quindi le città ci sono sopra e ci sono sotto.
La differenza è a livello istituzionale. Certamente nel regno non ci possono essere i comuni dell'Italia centro-settentrionale, perché il comune è una coniuratio, o un'associazione di coniurationes, che si da un suo statuto e si auto regola con un suo ius proprium e un'organizzazione particolare, per assicurare pax e libertas.
Anche nel regno ci sarà pax e libertas, ma per quello che riguarda lo ius proprium e l'organizzazione è un discorso un po' diverso, perché una città non può darsi un proprio statuto ed auto regolarsi se c'è un sovrano: o c'è il sovrano o c'è la città.
Il medioevo è un'epoca di coesistenza di poteri, di pluralismo istituzionale e giuridico.
Siamo in un'epoca in cui il diritto non è pienamente disponibile al sovrano: il sovrano non può inventarsi il diritto.
Allora, in quest'ottica, che è la solita ottica medievale, vediamo come in realtà i sovrani delle città, anche se ci furono elementi di scontro, tra questi elementi non c'è un contrasto insanabile, cioè c'è una coesistenza di poteri istituzionali.
Il re gestisce il vertice; le città hanno una loro autonomia, che certamente non è l'autonomia delle città centro-settentrionali.
ESEMPIO: Ruggero II inventa un elemento di grande novità e dice: "per assicurare la pacis integritas" (pax=stesso termine dei comuni e dei signori) Ruggero II ha inventato i GIUSTIZIERI e i CAMERARI, i quali assomigliano un po' ai missi dominici, però a differenza dei missi dominici, i quali vengono mandati nel territorio quando ce n'è bisogno, i giustizieri e i camerari hanno una loro competenza regionale e girano nelle regioni (non hanno una loro capitale): girano nel territorio, sostanzialmente i giustizieri per assicurare la pacis integritas penale, mentre i camerari per assicurare una pacis integritas di tipo civile.
Questa è una novità, un elemento quasi di decentramento: il sovrano, sempre nell'ottica medievale, non manda uno ogni tanto dai signori feudali, come i vari conti e i missi dominici, ma manda dei suoi funzionari che, innanzitutto, non sono dei nobili e che vengono scelti per la loro bravura e fedeltà, e devono andare a vedere se nel territorio tutto va bene.
Vedere che tutto va bene, non vuole dire che bisogna fare la volontà esclusiva del sovrano (non è l'assolutismo del sovrano) = devono assicurare la pacis integritas, cioè devono assicurare la situazione giuridica così com'è, ad esempio, il rispetto delle consuetudini locali, cittadine, feudali.
Però per assicurare la pacis integritas bisogna fare qualche ritocco. Ad esempio, i giustizieri: ci sono dei reati gravissimi per cui il sovrano ritiene che se si compiono quei reati la pacis integritas viene distrutta in maniera irreversibile: delitti di lesa maestà, reati si sangue gravissimi, stupro, violenze, incendi, rapine a mano armata, ecc. (gran parte di questi reati sono compiuti dai feudatari, i quali si scontrano tra di loro). Il sovrano lascia la giustizia locale che già esiste nelle città, nelle campagne, nelle signorie feudali, però quando si verificano quei reati gravi saranno giudicati dal giustiziere del sovrano.
Questo è un accentramento assolutistico Sembra di no, perché sotto a questa forma si presuppone il rispetto delle forme di giustizia locale che esistono. Però è un elemento di novità, perché questi giustizieri sono molto efficienti: ideologicamente il giustiziere non è legittimato dal potere dal re, ma è legittimato dalla pacis integritas. I sovrani sono tali dall'alto, perché c'è l'investitura feudale, dal basso perché assicurano il rispetto degli ordinamenti vigenti.
Il contrasto "feudatari e sovrani" non esiste: esistono invece dei sovrani che vogliono assicurare la pacis integritas con molto vigore, quindi a volte si scontrano con dei poteri inferiori che sono riottosi a questa forma della pacis integritas.
La stessa cosa succede con Federico II, anzi con Federico II succede in maniera ancora più grave, perché è un sovrano che ha molta forza politica, in quanto è anche imperatore, quindi questa pacis integritas la vuole rispettata in maniera più energica.
ESEMPIO: Federico II non dice che le città non possono avere i loro organi, ma i loro organi devono essere approvati da lui, e queste città non devono sgarrare, altrimenti PENA DESOLATIO PERPETUA = pena la devastazione totale della città.
Non è uno schema assolutistico: Federico II da questo schema alle città per assicurare loro la pacis integritas.
Nella prima metà del 1200 Messina si elegge alcuni rappresentanti che vanno oltre lo schema: Federico II arriva e la rade al suolo.
Tutto questo avviene non nell'ottica dello stato assoluto, ma nell'ottica della pacis integritas.
Ultimo accenno.. Ruggero II e Federico II sono anche i primi due sovrani legislatori:
1140 - Ruggero II ad Ariano Irpino, in Basilicata, emana una serie di ASSISE (un vero e proprio piccolo codice di norme).
1221 - Federico II emana il LIBER CONSTITUTIONEM, un vero e proprio corpo di norme, di cui alcune sono sue, alcune sono dei suoi predecessori, ma non li fa a titolo imperiale, ma a titolo di re di Sicilia: sono norme molto importanti, perché rimangono in vigore nel regno di Sicilia sino a tutto il 1700.
RISPOSTE AD ALCUNI QUESITI
(Risposte date dal prof.).
Cosa ci guadagna la chiesa dalla renovatio imperi di Carlo Magno
Dalle poche testimonianze che abbiamo di quell'avvenimento sembra proprio che quella che ci guadagna di più è la chiesa.
Un cronista ci riporta l'idea che Carlo Magno, subito dopo l'incoronazione, non era più molto contento di averla fatta, perché forse percepiva che la sua signoria era già abbastanza vasta, importante e imponente, e questa voglia di essere legittimato dalla chiesa, anche se alla fine gli aveva dato più prestigio, però lo aveva anche messo in lotta con i bizantini.
Inoltre, la renovatio imperi (che non è un granché come avvenimento politico) viene molto pompata dalle fonti ecclesiastiche: questo vuole dire che dal punto di vista ecclesiastico ci hanno tenuto molto a propagandare molto questa operazione, perché la chiesa (che non è una signoria territoriale, né militare, non ha strumenti militari, ma solo strumenti fondiari, cioè terra) deve essere sempre difesa da qualcuno. Hanno cioè bisogno di accreditarsi come istituzione che da legittimazione politica, che in questo periodo è collegata alla legittimazione religiosa: il potere è ciò che è conferito da Dio e Dio da il potere attraverso una persona che parla il nome il suo, cioè il pontefice.
Quindi, si dice che il potere è una cosa sacra, perché l'ha voluto Dio: Dio parla attraverso il pontefice ed è il pontefice che da il crisma della religiosità.
Infatti da ora in poi tutti i sovrani cercano la legittimazione di tipo feudale-sacrale. E qui la chiesa si auto legittima come fonte di legittimazione politica-feudale.
Si afferma che quell'imperatore è tale, perché la chiesa ha detto che quello è imperatore: se la chiesa non dice che è quell'imperatore non ha avuto il potere da Dio, quello non è imperatore.
A cosa mira la pace di Aquisgrana
E' un altro momento di mettere in ordine una situazione militare: da una parte si fa pace con i bizantini, da un'altra parte si organizzano i potentati locali sotto i figli di Carlo Magno, i quali si mettono d'accordo per spartirsi i tre regni, ma in realtà questa spartizione sarà poi definitiva, perché Francia, Germania e Italia si sgretoleranno.
Che differenza c'è tra la subordinazione che si crea nella signoria e quella che si crea nel feudo
Sostanzialmente non c'è nessuna differenza, se non che il feudo è rivestito giuridicamente delle forme giuridico-consuetudinarie della feudalità: cioè, una cosa è essere subordinati di fatto dalla produzione agricola dell'azienda curtense, un'altra cosa è il fatto di giurare fedeltà, oralmente o collettivamente con una forma scritta, e ci si dichiara fedeli o di un monastero, o di un signore, o di un re, ecc. Qui si riveste giuridicamente, perché il feudo è una forma giuridica, anche se è un po' particolare, perché spesso è orale: la feudalità è una forma giuridica consuetudinaria, che diventerà poi scritta, ma successivamente.
E' più corretto dare una forma istituzionale o una forma giuridica al feudo
Istituzionale è un termine che fa pensare a qualcosa di pubblico, definito. E' sicuramente meglio parlare di forma giuridica, perché istituzione per noi è qualcosa di regolato in maniera stabile e di carattere pubblicistico. Qui non ci sono regole definite: il feudo non è un'istituzione pubblicistica e non è neanche un'istituzione privatistica. Quindi, parliamo di forma giuridica. Al limite, il feudo è un istituto giuridico.
Cosa lega la signoria territoriale alla nascita del feudalesimo
Il feudo nasce in ambiente militare e quindi nasce per quelle esigenze. C'è un elemento di fidelitas e di protezione che nasce in ambiente militare, però risponde a qualcosa che è avvertito nel resto della società: il bisogno di essere collegati e di darsi protezione e fedeltà reciproca.
Quindi, una situazione militare può servire a delle situazioni preesistenti: comunque la forma di subordinazione di tipo economico c'è già e il feudo, che nasce in ambiente militare, ma si scopre di fatto e spontaneamente che come forma giuridica non serve solo ai soldati, ma serve anche ai contadini, ai monasteri, cioè serve a tutti, perché da forma giuridica a un'esigenza presente nella società, cioè l'esigenza di collegarsi, di stare uniti e di farsi proteggere.
Quindi, il feudo da forma giuridica ad un'esigenza che c'è già e ha dei legami e dei vincoli che già ci sono di fatto.
Come fanno i monasteri a difendersi materialmente
I monasteri hanno gli strumenti della cultura e della legittimazione politica.
In alcuni casi non riescono a difendersi: certi monasteri vengono distrutti o gli abati vengono assassinati. Si reggono insieme, perché hanno una rete di collegamenti straordinari, cioè perché sono europei. La chiesa ha una vocazione religiosa, ma anche una grande vocazione culturale e diplomatica: la chiesa è sopravissuta in quel periodo perché sa instaurare rapporti vantaggiosi con le signorie laiche e questo vuole dire che ingloba in sé in comportamenti dei signori laici, a volte tradendo la propria vocazione, facendosi signore, cioè coltiva e gestisce la terra con forme organizzative e di subordinazione come un signore territoriale.
L'operazione nella chiesa nell'alto medioevo è veramente stupefacente, perché è l'unica istituzione stabile che con la forza della religione tiene insieme una civiltà. Quello che è rimasto della civiltà romana ce lo abbiamo grazie alla chiesa, perché se la chiesa non avesse fatto da tramite tra Giustiniano, Roma e il medioevo delle città, la cultura classica non sarebbe sopravvissuta.
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