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ISTITUZIONI E CULTURA GIURIDICA - AL TRAMONTO DELL'ANCIEN RÉGIME

giurisprudenza



ISTITUZIONI E CULTURA GIURIDICA


AL TRAMONTO DELL'ANCIEN RÉGIME



IL MOVIMENTO ILLUMINISTICO: PROGETTO E PREMESSE


Prima della Rivoluzione francese vi erano già molteplici spinte sociali, economiche e

politiche contrastanti con l'ordinamento delle monarchie rinascimentali.

L'illuminismo proponeva una radicale riforma istituzionale.



L'illuminismo era contro l'ideale umanistico della Stato (questo doveva essere più razionale); i Governi dovevano essere più razionali e tendenti al benessere di tutti i cittadini; si osannavano i principi di uguaglianza, libertà, progresso, tolleranza religiosa; si auspicava una CODIFICAZIONE DELLE LEGGI (ossia tradurre in LEGGI POSITIVE le esigenze di giustizia e i diritti naturali dell'uomo), e una riforma del diritto penale.


J. Rousseau aveva già da tempo individuato nell'aristocrazia l'ostacolo al progetto di ristabilire l'uguaglianza tra i popoli.


Ciò che conta individuare è come l'illuminismo, nel realizzare il suo processo riformatore, si fosse inizialmente appoggiato al processo di unificazione statuale del diritto.


Si è passati così:


da un ASSOLUTISMO RINASCIMENTALE   ad un DISPOTISMO ILLUMINATO


da un UNIVERSALISMO POLITICO-RELIGIOSO ad uno STATO MONARCHICO

CONSOLIDATO (contro i

particolarismi feudali)



crebbe l'esigenza di conferire un ruolo di primo

piano al sovrano e, al tempo stesso, di

REGOLARNE l'autorità.



Il RE aveva una POTESTAS, centro del potere politico, in virtù della quale doveva compiersi ogni

atto legislativo e giuridico.



rappresentava l'AUTORITÀ DELLO STATO: era la ragion d'essere dello Stato


La monarchia rivendicava il diritto di non dover mutare da alcun'altra fonte il proprio potere


Premessa allo sviluppo dei riformatori = usare la forza del poter monarchico per realizzare il nuovo sistema istituzionale.


STORIA


Per il superamento delle istituzioni medievali fu decisivo il ruolo della SCIENZA GIURIDICA



Essa mirava al rinnovamento e allo

studio del DIRITTO PUBBLICO



Ricorrendo alla LEGISLAZIONE ROMANA per abolire

o riformare le istituzioni medievali


Ora, in Francia, l'IMPERIUM e la POTESTAS del re erano uguali a quelle dell'imperatore romano (Rex est imperator in regno suo). Quindi nessuna interferenza né da parte del Papato né da parte dell'aristocrazia.


La SCIENZA GIURIDICA costruì una TEORIA DELLA REGALITÀ


Grazie a CHASSEAUX e REBUFFI



Diretta derivazione da Dio dei poteri regi: solo al re toccava l'IMPERIUM (rendere giustizia e legiferare).


Lo STATO si centralizzava per porre le basi delle riforme istituzionali Europee


Nessuno poteva esercitare il potere politico, salvo che come mandatario o agente del sovrano e, quindi, dello Stato.


Era però necessaria una COORDINAZIONE DEL DIRITTO che intanto non era più derivato da Dio.



In ITALIA la dottrina della regalità diede vita ad un nuovo sistema di DIRITTO PUBBLICO basato

sul POTERE DEL PRINCIPE



Le cui scelte erano LEGGI 


Di cui, teoricamente, i GIUDICI erano interpreti e custodi.


Con lo sviluppo del diritto pubblico si accresceva il ruolo dei MAGISTRATI, titolari di un potere praticamente AUTONOMO rispetto al sovrano.


I giuristi tolsero spazio agli aristocratici. Il loro potere divenne incontrollato: genesi di una propria NOBILTÀ DI TOGA (le Corti di Giustizia ebbero notevole peso amministrativo-giudiziario)

La LEGISLAZIONE SOVRANA venne superata dall'INTERPRETAZIONE DEI GIURISTI


Lo STATO ASSOLUTO creò, dunque, le premesse per un crescente POTERE degli APPARATI MINISTERIALI

Fondato sull'assenza di ogni reale certezza del diritto.


La VOLUNTAS PRINCIPIS si realizzava solo attraverso l'AUCTORITAS del MAGISTRATO, il quale dava corpo alla volontà del sovrano al riparo da ogni controllo.


Il diritto statualizzato era ancora decisamente GIURISPRUDENZIALE.


Da queste premesse nascevano le analisi e i progetti dell'illuminismo. Fino alla Rivoluzione del 1789


VERSO NUOVE SOLUZIONI GIURIDICHE. LA CRITICA ALLA GIURISPRUDENZA

Era la società, e non soltanto l'illuminismo, ad essere in espansione all'inizio del XVIII

Secolo.


L'opera dell'unificazione statuale del sistema giuridico era sostanzialmente esaurita


La legislazione regia si era rivelata assai spesso incapace

di incidere sulla situazione esistente.  



In un sistema caratterizzato da una PLURALITÀ DI FONTI NORMATIVE CONCORRENTI il cui diritto veniva applicato in nome del re, ma secondo gli schemi elaborati dai giuristi (anche per fini politici) nasce la consapevolezza di intervenire sull'amministrazione della giustizia.


In SPAGNA e in ITALIA i togati avevano un preminente ruolo politico



DISORDINE e grave INCERTEZZA



Lo sviluppo sociale era ostacolato da una GIUSTIZIA INEFFICIENTE e dalla incapacità del sovrano di legiferare e abrogare le vecchie leggi.


L.A. MURATORI ne "I difetti della giurisprudenza" si batteva per una RIFORMA capace di superare concretamente e nell'interesse della società l'incertezza causata dal disordine forense.



Il MURATORI indicò le CAUSE della profonda crisi che travagliava il mondo giuridico



- ABUSI POLITICI


VASTI CONFINI DELLA GIURISDIZIONE (era contro il Diritto Comune)


L'incertezza e l'inaffidabilità del sistema derivavano dallo STRAPOTERE DEL CETO FORENSE a tutto danno della collettività.



La corruzione di ogni regola derivava da "gente disposta a patrocinare ogni causa e sostenere oggi una dottrina e impugnarla domani secondo le esigenze dei loro clienti"



Grazie al collante giurisprudenziale:

- DIRITTO ROMANO GIUSTINIANEO

DIRITTO CANONICO    UTRUMQUE IUS

CONSUETUDINI

DIRITTO FEUDALE   IUS PARTICULARE




DIRITTO COMUNE

(Reso operante ovunque)


Il MURATORI contestava la concezione secondo cui il diritto comune doveva essere universalmente considerato un sistema completo, capace di dominare e colmare tutte le lacune lasciate della legislazione dei singoli Stati (IURA PROPRIA CIVITATIS)


Tra tutti i togati era diffuso il convincimento che gli antichi testi, continuamente reinterpretati, potessero regolare tutti i rapporti umani.


I DIRITTI LOCALI non vennero mai considerati fuori dal DIRITTO COMUNE, sebbene continuamente modificati e trasformati dalla PRASSI



GIUDICI = padroni e arbitri della Giustizia




Le loro OPINIONES erano spesso VINCOLANTI


LA PREMINENZA DEL CETO FORENSE E LE VENALITÀ DEGLI UFFICI

L'ascesa del ceto forense era stata favorita dalla struttura burocratica degli Stati Nazionali anche perché dal XVI sec. Si era diffuso il sistema della VENALITÀ DELLE CARICHE PUBBLICHE

(loro vendita ai privati da parte del re)


UFFICI PUBBLICI = BENI PATRIMONIALI


Roland MOUSNIER delineò questo fenomeno ai tempi del regno di Enrico III in Francia.



Gli "OFFICIERS" (acquirenti delle cariche fattore di conservazione per gruppi

pubbliche) appartenevano ai ceti abbienti e  sociali ristretti, i quali potevano

perseguivano l'elevazione sociale e l'investimento trasmettere ereditariamente le cariche

dei capitali


EDITTO DELLA "PAULETTE" concesso da Enrico IV (1604).


Il ruolo delle grandi magistrature si rafforzava a scapito del potere regio facendo leva sulle incertezze e le contraddizioni del sistema del diritto comune.




in ITALIA il potere politico centrale era debole negli Stati ove imperava la "terribile macchina del foro" (GALANTI)

in SPAGNA v'era grande incertezza delle fonti anche per la lontananza del potere centrale a Madrid



Il governo finì col ruotare intorno alle Magistrature, le quali consideravano il diritto scienza delle scienze.


Durante la dominazione spagnola nel DUCATO DI MILANO il potere centrale da Madrid aveva rimproverato che il SENATO (magistratura) usasse arbitrio nelle sentenze "senza guardare leggi,

statuti, né costituzioni dello Stato".



Fondava la sua egemonia sulla derivazione diretta delle proprie attribuzioni dal potere sovrano, ma non esitava a ricorrere all'aequitas


Canone interpretativo svincolato dal rispetto per le norme scritte.


I magistrati rendevano problematica l'applicazione della legge


Riguardo al REGNO DI NAPOLI, Federico D'ANDREA invitava i nipoti a seguire l'avvocatura per onori, ricchezze e dignità e, una volta acquistate, conservarle


La dominazione spagnola aveva favorito la compressione dell'antica NOBILTÀ, ma dovette concedere ai MAGISTRATI un ruolo sempre maggiore.


A NAPOLI erano escluse da venalità le supreme magistrature, ma tutte, comunque, erano ormai

BENI PATRIMONIALI (l'ufficio era vendibile per più di una vita con il sistema

dell'AMPLIAZIONE o con il CONTRATTO DI CESSIONE IN

"BURGENSATICO


A NAPOLI importantissimo era il CONSIGLIO COLLATERALE:




Funzioni:

ATTIVITÀ LEGISLATIVA: emanazione di decreti (prammatiche)

ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA controllo sulle province e polizia generale


La carica di "REGGENTE DEL COLLATERALE" era l'apice della carriera burocratica



Erano 4 o 5 (I ministri del Regno)


Altri istituti fo 242e45c ndamentali erano:


- SACRO REGIO CONSIGLIO    custode della scienza giuridica. Aveva dignità senatoria

- REAL CAMERA DELLA SOMMARIA

- GRAN CORTE DELLA VICARIA


GIURISTI E ISTITUZIONI A NAPOLI TRA I PRIMI TENTATIVI DI RIFORMA E DIFESA DEL POTERE TOGATO


Nel XVIII sec. Vi furono i primi tentativi di riforma istituzionale


Al centro della disputa austro-spagnola per il controllo dell'Italia, nel 1734 CARLO DI BORBONE fu insediato al trono di Napoli per guidare il Mezzogiorno fino all'Unità.




Il Regno divenne un importante punto di riferimento internazionale


Vi furono spinte innovatrici nel fecondo ambiente culturale e così la magistratura tendeva a chiudersi avvertendo il pericolo del suo potere ingiusto e iniquo.


Nel 1738 Napoli riebbe la Corte dalla Sicilia

2 Costituzioni (14 marzo e 17 giugno 1738) posero in difesa il ministero togato che si vide privato della concentrazione della cause nei tribunali della capitale

venne creato il SUPREMO MAGISTRATO DEL COMMERCIO (sottratto ai forensi)



adottava per la prima volta la LINGUA ITALIANA   formata da TECNICI,

(non più il latino) ed era speditissimo    COMMERCIANTI e BANCHIERI


Giuseppe Aurelio DE GENNARO pubblicò nel 1743 "Delle viziose maniere di difendere le cause nel foro" ove difese l'antico sistema delle accuse del MURATORI


Più direttamente contro il MURATORI vi era Francesco RAPOLLA ne la "Difesa della giurisprudenza"





GIUDICARE E GOVERNARE: LE ISTITUZIONI GIURIDICHE TRA LEGISLAZIONE E PRASSI FORENSE

1. MODUS PROCEDENDI

Le molteplici idee dell'illuminismo propiziarono una vera e propria RIVOLUZIONE NEL SISTEMA GIURIDICO; i cardini si ritrovano in alcuni principi basilari:


LA LEGGE DELLO STATO DOVEVA ESSERE EFFETTIVAMENTE SUPERIORE ALLE TRADIZIONALI FONTI DEL DIRITTO

TALE LEGISLAZIONE DOVEVA ESSERE SUPERIORE IN QUANTO ESPRESSIONE DELLA RAGIONE, non dell'arbitrio

IL GIUDICE DOVEVA LIMITARSI AD APPLICARE LA LEGGE, limitando l'attività interpretativa.

LO STATO DOVEVA IMPEDIRE OGNI ABUSO DEI GIUDICI





Questo perché il nesso tra POLITICA e GIURISDIZIONE era stato colto dall'illuminismo




Il SISTEMA PROCESSUALE (vecchissimo) era la roccaforte del potere delle magistrature civili e penali.


Il modo col quale venivano celebrati i processi e l'attribuzione della funzione giurisdizionale ad organismi dotati di poteri semisovrani contribuì a realizzare quella ALLEANZA PER LE RIFORME ISTITUZIONALI tra la MONARCHIA e gli ILLUMINISTI


La parola d'ordine era SOTTRARRE IL POTERE AI TOGATI



Potere amplificato dalle frammentazioni delle giurisdizioni



La critica illuminista aveva reso evidente che gli ideali della dottrina e della giurisprudenza umanistica, proprio perché realizzabili in ASTRATTO, avevano costituito l'incentivo per l'affermazione dei togati ed alla degenerazione della fase processuale.


Trionfava l'ingiustizia come effetto dell'INCERTEZZA e dell'INESISTENZA di ogni reale garanzia



Le riforme erano dunque necessarie, anche in seguito alle "voci di corridoio" che spargevano l'idea di una qualche forma di CODIFICAZIONE.


La GIUSTIZIA PENALE del XVIII sec. Si ispirava ancora alla tradizione '400-'500esca dei giuristi DECIANI, CLARO, FARINACCI, FOLLERIO


L'attuazione stessa del diritto statuale si punire era affidata all'interpretazione ed alle consuetudini forensi.


Il SISTEMA INQUISISTORIO spadroneggiava e ne fece critica il napoletano Pietro ULLOA (critica allo strapotere togato)


Si faceva allora distinzione tra:


INQUISIZIONE GENERALE: consisteva nell'accertare il fatto delittuoso e raccogliere gli

indizi; si traduceva nella regola VISUS et REPERTUM (nel

(legata alla'attività di polizia) recarsi sul luogo del delitto da parte del magistrato per

ispezionare il CORPUS DELICTI)


INQUISIZIONE SPECIALE: il quale passaggio era decretato dal giudice quando ci fosse

concreta possibilità di individuare l'autore del reato

(più delicata e importante, da

cui derivavano, in genere, le ogni mezzo previsto dalla legge era consentito

sentenze) al giudice per la ricerca della verità delle prove

di reità o innocenza)


CORDERO, loda la "macchina inquisitrice" come infallibile



Esigeva assolutamente la conclusione positiva, ossia la punizione esemplare dopo la confessione, con qualsiasi mezzo estorta (tortura, minacce.)


Era un mezzo terribile che spezzava ogni ostacolo

ed ogni possibilità di offesa; non venne solo

utilizzata per i reati punibili con la morte, ma nel

Regno di Napoli venne estesa anche alle semplici

ingiurie verbali.


Il processo aveva in genere 2 fasi:


L'ISTRUTTORIA: destinata alla ricerca delle prove

IL GIUDIZIO: decisione presa alla fine dal giudice esclusivamente in base agli atti SCRITTI

(ove primeggiava il verbale dell'interrogatorio dell'accusato)

il PROCESSO PENALE si fondava sul principio secondo cui era dovere del giudice retribuire il male con il male, con la sentenza bisognava reintegrare l'ordine morale perturbato



il metodo di procedura doveva pervenire alla scoperta della violazione della giustizia.



L'inquisizione vietava la discussione e si

fondeva sul segreto dell'INVESTIGAZIONE SCRITTA.


La fase pubblica era compressa ed il giudizio finale non veniva motivato


Il "RITO DELL'ECCELSO" praticato a Venezia faceva in modo che qualsiasi testimone poteva essere sottoposto a tortura.


La DIFESA era riconosciuta in tutte le legislazioni, ma solo nei limiti angusti lasciati dalla estrema  

segretezza del processo inquisitorio. Il difensore interveniva solo quando il castello accusatorio era compiuto. Chi si difendeva, in genere, soccombeva di fronte alle angherie di una incontrollata istruttoria.


La PROCEDURA era scritta e SEGRETA. Nel DIBATTIMENTO i testimoni uditi nella fase  

istruttoria non erano più citati: si procedeva solamente alla lettura delle loro deposizioni raccolte.


Tutto avveniva senza controllo e solo formalmente valevano le garanzie legali delle prove. Regina delle PROVE era la CONFESSIONE e, BECCARIA insegna, questa poteva ingiustamente essere estorta anche con la tortura.


La divaricazione tra ORDINE FORMALE e ORDINE REALE era abissale





Resistente ad ogni rinnovamento e

si traduceva in prassi lontana dalle

premesse teoretiche.


Anche se era la difesa, tutte le prevenzioni erano contro l'imputato, mentre non di rado riusciva preponderante l'influenza dell'AVVOCATO FISCALE (procuratore del re)





Seguiva l'andamento dell'istruttoria, sottratta

sempre alla cognizione delle parti.



Nonostante gli spazi aperti dal riformismo, per tutto il secolo XVIII in ITALIA il sistema è ancora antiquato e farraginoso. Nel DIRITTO PENALE si doveva tutelare l'ordine sociale alterato assai più delle ragioni dell'imputato (bisognava punire il delitto)

Lo Stato moderno aveva lasciato ai giudici il regolamento del SISTEMA PROCESSUALE e quando interveniva il potere sovrano propiziava incertezze e ABUSI.


Il PROCESSO nelle materie CIVILI era prodotto dalla combinazione delle antiche regole del DIRITTO ROMANO con quelle del DIRITTO CANONICO.


Lo stato confuso e arbitrario del sistema è testimoniato da Marco Angelo LEONI



Riferisce come le maleinterpretate dottrine medievali di BALDO e BARTOLO, crescessero confusioni con le selve di "eccezioni" che iniziavano sin dai 4 atti preparatori del PROCESSO:

ante  citationem

citatio

coram iudice

propositio exceptionum dilatoriarum


in questo PROCESSO ROMANO CANONICO:


- si è abbandonata l'oralità in favore della FORMA SCRITTA impennata dei NOTAI

- il RITO ABBREVIATO si affermò su quello breve e sommario

- si rese obbligatoria l'assistenza di avvocati e procuratori

- le norme sulla COMPETENZA si erano via via sempre più complicate per la concorrenza tra i

tribunali ordinari e speciali


regola sulla competenza: actor sequitut forum rei


secondo BARTOLO da SASSOFERRATO l'obbligazione poteva essere giudicata

dal magistrato del luogo in cui era stata contratta (FORUM CONTRACTUS) a meno che non fosse dai contraenti indicato un luogo diverso (FORUM DESTINATAE SOLUTIONIS).


La dottrina delle azioni nel diritto comune riproducevano gli insegnamenti ROMANI con una modifica


Per ispirazione del diritto canonico non era più necessario far ricorso alle

azioni legalmente determinate per ogni pretesa giuridica





era sufficiente l'esistenza di un diritto per dar vita ad un'azione legittima (anche non contemplata dal diritto romano).


Gli abili avvocati facevano sì che la lite si concludesse solo quando le parti si erano decise di concludere. Per GALANTI il talento della cavillazione era caratterizzante e indispensabile all'interno del foro.

Una valida rappresentazione in foro era più che indispensabile.


Il diritto comune, infatti, aveva già delineato la distinzione tra:

PROCURATOR: assisteva o rappresentava la parte negli atti processuali

ADVOCATUS: forniva il suo consiglio sulle questioni di diritto



Il PROCESSO CIVILE si metteva in moto con la CITAZIONE (per litteram citatoriam) formalmente distinta dal LIBELLUS

(atto introduttivo del giudice in cui

la parte precisava al giudice

l'oggetto della propria domanda) nella pratica del tardo diritto comune deve

registrarsi la confusione tra citazione e libello


più tardi le magistrature resero il libello

completo con la circostanziata esposizione

dei fatti e delle prove degli stessi.


Il CONVENUTO doveva dare la sua risposta


Prima di rispondere sul merito della causa poteva esprimente tutte le eccezioni che riteneva potessero contrastare con l'INGRESSUM  LITIS




Poiché per ciascuna delle ECCEZIONI proposte si apriva un processo incidentale con sentenza e possibilità di appello, le liti diventavano interminabili.


Risolte le questioni preliminari si passava alla LITIS CONTESTATIO (merito della questione)

Per influsso canonico era richiesto all'attore e al convenuto il GIURAMENTO de veritate dicenda, prima di passare alle INTERROGATIONES IN JURE preparate dalla parte e proposte dal giudice alla controparte.


Compiute le interrogazioni si prescriveva che ciascuna delle parti fornisse la prova di ciò che l'avversario aveva negato


L'ONERE DELLA PROVA spettava all'attore (fino al XIV sec. resistettero le "prove germaniche" del duello e dell'acqua, ammesse anche dal diritto canonico)



Col passare del tempo le prove più

importanti erano i documenti contro

i quali non era ammessa che la querela

del falso.


Nel processo civile particolare attenzione fu data alla PROVA TESTIMONIALE



La cui dignità si basava sull'estrazione sociale e sull'appartenenza al sesso maschile.


Si passava, così, alla FASE DELLE ALLEGATIONES, nella quale gli avvocati di ciascuna parte riassumevano i risultati del processo corredando le proprie ragioni con citazioni delle leggi e delle opinioni dei giureconsulti. Le allegationes erano sempre più in forma scritta.


Se l'altra parte non dichiarava di avere nuovi documenti si arrivava alla SENTENZA che,

presso i giudici collegiali, era presa a maggioranza. Redatta per iscritto,

veniva pronunciata e conservata nel Tribunale



difficilmente erano motivate.


La parte soccombente era tenuta alle spese


L'APPELLO doveva essere proposto prima a voce e poi per iscritto al magistrato giudicante e successivamente al magistrato superiore davanti al quale il giudizio si svolgeva con forme sostanzialmente uguali.


La sentenza del giudice superiore, anche quando confermava quella di prima istanza non poneva fine alla controversia che rendeva praticamente irraggiungibile la giustizia ed elevava i costi in maniera esorbitante.

2. GIUSTIZIA ORDINARIA E GIURISDIZIONE DELEGATA NEL REGNO DI NAPOLI


Il sistema giudiziario vedeva le supreme magistrature orientate nella difesa dello "status quo", realizzando gli interessi di un ceto possessore di cariche pubbliche e di grandi proprietà.


Lo Stato centrale anche nei momenti di maggiore fermezza, non andrò oltre compromessi tra le esigenze monarchiche e le posizioni di potere acquistate dai giudici




Già il ministro TANUCCI, nel 1745, avvertiva come ancor prima di pensare al codice, si doveva rettificare la magistratura


Giurisdizione ordinaria > giurisdizione feudale





≠ estensione dell'autorità sovrana





ordine giudiziario intricatissimo anche se sopra (e grazie) a queste svettavano i grandi tribunali della capitale.


Alla venuta di Carlo di Borbone (1734) i giudici locali dalla limitatissima competenza (fino a 3 ducati) erano i BAIULI


Le loro sentenze potevano essere appellate davanti ai GOVERNATORI in ogni comune



(I grado civile e penale superiore ai 3 ducati) erano di nomina regia o feudale


contro le loro sentenze l'appello era proponibile

di fronte alla REGIA UDIENZA provinciale

(grande era però il potere dei feudatari)


la fase della giurisdizione locale si conclude innanzi alla REGIA UDIENZA




in ogni provincia, era composta da una MAGISTRATURA COLLEGIALE composta da un :


Presidente (senza voto se non era dottore)

Capo ruota

2 uditori

avvocato fiscale

avvocato dei poveri


contro le sentenze della Regia Udienza era sempre possibile proporre appello presso la GRAN CORTE DELLA VICARIA


a Napoli, aveva competenza civile e penale ed era presieduta da un REGGENTE (con anche compiti AMMINISTRATIVI: a) capo della Polizia di Napoli; b) governatore di Napoli)



giudice di appello rispetto alle sentenze della Vicaria era il SACRO REGIO CONSIGLIO



rappresentava la stessa autorità sovrana

era competente, comunque, per le cause superiori ai 500 ducati

era divisa in 4 SEZIONI (RUOTE)


ognuna con 6 consiglieri


Contro le loro sentenze (DECRETI) non era proponibile appello, ma il divieto era aggirato con un'infinità di artifizi:

revisioni

querelae nullitatis

insufflatio (tipico italiano di resuscitare cause vecchie di anni)



Pari importanza aveva la REAL CAMERA DELLE SOMMARIA divisa in 3 sezioni




Tribunale di tutte le cause FISCALI e di bilancio per i Comuni.



Al vertice vi era il LUOGOTENENTE (presidente e coordinatore)

Aveva grande influenza politica su tutte le attività economiche



(l'imposta diretta = focatio)



al posto del CONSIGLIO COLLATERALE vi era la REAL CAMERA DI S. CHIARA, composta da:

un Presidente

4 Consiglieri per le 4 ruote del SACRO REGIO CONSIGLIO


Aveva:

compiti consultivi

risolveva i conflitti di giurisdizione tra le magistrature del Regno


presso la REAL CAMERA operava l'AVVOCATO FISCALE (Avvocato della Corona)



da essa emanava il GIUDICE DELLA REAL GIURISDIZIONE




sosteneva la giurisdizione regia nei confronti degli abusi della giurisdizione ecclesiastica



TANNUCCI: l'influenza politica e il conservatorismo del ceto togato portavano ad una difesa ad

oltranza delle vecchie istituzioni.


Tutto a scapito della certezza del diritto. La voluntas principis doveva patteggiare per imporsi


CERVELLINO: lamentava come nel "reggimento de' popoli si ignorano gli ordini e buone

direzioni". Il sovrano era costretto a ricorrere a FORME SPECIALI DI

GIURISDIZIONE non solo per esigenze di speditezza, ma anche di un maggiore

e più diretto controllo sugli aspetti più delicati dell'amministrazione della giustizia.


Ad ogni modo le GIURISDIZIONI SPECIALI erano inefficaci e politicamente inutili


GENOVESI: le leggi sono nel corpo civile come gli strumenti nell'agricoltura: i copiosi raccolti

non vengono solo dell'averne de' molti e de' buoni, ma dall'aver braccia robuste, che

amino e vogliano travagliare"



Oltre al fatto che il termine jurisdictio comprendeva sia la titolarità e l'estensione del potere di applicare il diritto, sia la titolarità del potere di produrne, prima della Rivoluzione Francese vi era la sovrapposizione e la CONFUSIONE tra competenze che oggi definiamo GIURISDIZIONALI e quelle che diciamo AMMINISTRATIVE.


Se con il passaggio dall'età ARAGONESE a quella SPAGNOLA, il sistema costituzionale era rimasto pressoché inalterato, si era invece allentato il legame tra il monarca e i suoi "officiales" cui era attribuito l'esercizio dei poteri giurisdizionali e amministrativi


Ad ogni modo il sistema giurisdizionale era insensibile ad ogni spinta riformatrice ed era destinato all'immobilità ed il re nulla poteva in concreto.


Anche le rare MAGISTRATURE DELEGATE resistettero alla logica imposta dal ceto forense, finendo per essere risucchiate nella tradizionale logica del potere togato



Una delle magistrature delegate potenziate dopo il 1734 fu quella del GIUDICE GENERALE CONTRA DELINQUENTES (o COMMISSARIO DI CAMPAGNA)




Creata nel 1616 e regolata dai c.d. 89 capitoli del Conte di Lemos



Aveva poteri superiori agli altri giudici:


GIURISDIZIONE DELEGATA DA UN GIUDICE ORDINARIO: i poteri del delegato erano

limitati dalla delega

GIURISDIZIONE DELEGATA DAL PRINCIPE: ad delegato venivano riconosciuti poteri e

rito diversi e straordinari


il procedimento aveva tra le caratteristiche principali quella di portare alla sentenza con procedura abbreviata e senza la possibilità di ricorrere al magistrato che sarebbe stato competente a conoscere le sentenze del giudice, alla cui giurisdizione il delegato del principe si sostituiva


il Commissario di Campagna era capace di comprimere gli abusi della giurisdizione feudale e di condizionare la stessa magistrature ordinaria almeno in materia penale.


Era pertanto necessario un controllo continuo e diretto sul delegato: cosa che, di fatto, non si realizzava



Che apparteneva sempre a quella magistratura ordinaria.


Il potere politico, lasciando alla regolamentazione romanistica le materie privatistiche, si occupava di materie pubblicistiche e fiscali, nonché feudali.


Con i Borbone    fisco, ordine pubblico e repressione dei reati più gravi. Vi fu un

tentativo di codificazione



3. MONARCHIA E PARLAMENTI IN FRANCIA. LA RIFORMA MAUPEAU


Dopo le guerre di religione l'assetto istituzionale si allineava alla tendenza assolutistica a partire da LUIGI XIII


Tra il 1624 e il 2642 il Cardinale RICHELIEU realizzò un significativo mutamento del regime politico-costituzionale:


la nobiltà fu colpita nei suoi interessi

il potere dei governanti fu arginato

i freni dell'aristocrazia e del clero furono allentati non convocando più dal 1614 gli Stati Generali

dal 1631, senza autorizzazione del re, nessuno poteva intervenire in affari pubblici

il potere assoluto del monarca era frutto della volontà divina


questo spinse alle BATTAGLIE DELLA FRONDA (1648-1653) contro MAZZARINO, erede politico di Richelieu.


Nel 1653 Mazzarino sconfisse la resistenza aristocratica



Luigi XIV poté regnare assolutisticamente:

annullate forze e resistenze

omogeneizzate le istituzioni amministrative e giudiziarie


la nobiltà di estrazione BORGHESE fu il perno dello Stato di Luigi XIV, i governatori nobili delle province si videro privare delle loro competenze più importanti e il loro mandato ridotto ad un triennio



AMMINISTRAZIONE.

vi furono nuovi tributi (non più ostacolati dagli Stati Generali)

venivano compresse le autonomie cittadine tramite un nuovo sistema di controllo amministrativo affidato alle figura degli INTENDENTI (editto del 1692)


esecutori della volontà regia, organi della politica accentratrice.



FONTI NORMATIVE.

si tentò di unificare quella parte del diritto che risultava regolata da consuetudini o da norme locali

I vari Consigli persero importanza. Il Governo era di fatto guidato:

- dal monarca

4 segretari di Stato

- Cancelliere

Controllore generale delle finanze


FINANZA

Con l'aiuto di COLBERT le istituzioni finanziarie divennero il perno dello Stato:

vennero colpiti gli appaltatori delle imposte ("partisans")

gli "Stati provinciali" (assemblee finanziarie) vennero esautorati salvi quelli della Borgogna, Bretagna e Linguadoca


Tutti gli organi di accentramento furono potenziati:

il CONSIGLIO REALE (togati e uomini legati alla Corona)


Le società degli ordini fondata sullo status sociale venne solo sfiorata




Non era il patrimonio che conferiva dignità e stabiliva il rango, ma piuttosto il contrario


Tale dignità si acquistava per via ereditaria o attraverso il servizio del re o della Chiesa.


Luigi XIV tendeva a stabilire l'assoluto primato del sovrano nei confronti degli ordini, rendendo così armoniosa, rispetto ai fini generali dello Stato, tale presenza.



Che venivano difesi


Si combatteva il privilegio solo in quanto antimonarchico, non perché ingiusto.

La dignità del servizio svolto per il re era pari a quella del sangue e del nome.


L'assolutismo di Luigi XIV aveva segnato sconfitte per l'aristocrazia e per i togati


Tale politica fu proseguita dal successore LUIGI XV, assoggettando, sotto spinte illuministiche, quei corpi intermedi che i grandi tribunali francesi (i PARLAMENTI) impersonavano e difendevano.


Specie sotto Luigi XV lo scontro tra l'illuminismo e i Parlamenti si fece particolarmente aspro.


L'illuminismo vedeva il più duro degli ostacoli da superare per la riforma dello Stato nei MAGISTRATI a causa dello strapotere che avevano assimilato.


VOLTAIRE considerava i Parlamenti come la magistrature che più decisamente incarnava la più temibile resistenza alle nuove idee.


"Corpo di faziosi in toga"


(I Parlamenti, prevalentemente, svolgevano funzioni giurisdizionali, ma avevano anche prerogative

in campo amministrativo e finanziario



il principale mezzo di cui si servivano erano gli ARRÊTS



a parte le RIMOSTRANZE

Con cui contrastare la politica assolutistica della monarchia

Riconoscevano al re il potere di fare le leggi, ma nell'applicarle la loro autorità era e doveva rimanere sovrana.


Durante il regno di Luigi XV e la REGGENZA del DUCA D'ORLEANS, la resistenza dei magistrati in Francia ad ogni controllo acquistò valore emblematico



Si allearono con la nobiltà contro il re e, durante la reggenza, fu chiaro il disegno politico-giudiziario della magistratura.


Luigi XV respingendo le rimostranze e riprovando la prassi introdotta, affermò come i magistrati fossero suoi "officiers" capaci di assoggettare a sé la giustizia.


Questa presa di posizione trovò favorevole il movimento illuminista anch'esso critico nei confronti dei togati


I Parlamenti erano spinti ad un'opposizione tendente alla più miope conservazione dei loro privilegi


D'altronde il loro ufficio li rendeva pressoché indipendenti.



Deporre un magistrato sarebbe costato tantissimo alle casse dello Stato per via dell'ingente rimborso.


Il potere della grande nobiltà di toga ebbero come conseguenze:

forte infeudamento degli strati superiori della borghesia

trascinare nella sua logica e nella sua battaglia anti-assolutistica e contro l'accentramento la piccola magistratura e perfino i più modesti funzionari di cancelleria


Dopo la "Guerra dei 7 anni", il governo, gravato dai debiti tentò una serie di riforme urgenti, ma si scontrò con la potenza e la resistenza dei parlamentari


Nel bel mezzo di quella che fu definita la SOCIÉTÉ PARLAMENTAIRE vi fu il COLPO DI STATO DEL MAUPEAU (come punto di riferimento per ogni successivo tentativo di riforma del rapporto tra poteri dello Stato e ministero togato).


La grande riforma stabiliva:


ABOLIZIONE DELLA VENALITÀ DELLE CARICHE = gratuità della giustizia almeno nelle grandi magistrature

CREAZIONE DI NUOVI ORGANI GIUDIZIARI legati ai loro compiti senza tanti privilegi feudali

SMEMBRAMENTO della smisurata giurisdizione del PARLAMENTO DI PARIGI

SOPPRESSIONE di molti TRIBUNALI SPECIALI


Il 7 gennaio 1771 il Parlamento di Parigi sostenne il proprio rifiuto di riconoscere ed applicare un

qualsiasi editto del re, che dalla magistratura fosse considerato come attentato alle massime antiche e alle leggi del Regno.


19/20 gennaio '71 il Cancelliere MAUPEAU ordinò ai moschettieri del re di recapitare ai magistrati

LETTRES DE CACHET in cui si minacciava l'arresto a quanti avessero proseguito nella loro opposizione.


Il 21 gennaio '71 a coloro che risposero negativamente venne comunicato l'ordine di esilio e la

confisca dell'ufficio.


Il cancelliere istituì una commissione col compito di studiare e costituire un nuovo ordine giudiziario in Francia.


Il 23 febbraio '71 con editto del re furono creati 6 CONSIGLI SUPERIORI (al posto dell'ex

Parlamento di Parigi) con magistrati nominati e stipendiati dal re




Giudicavano in ultima istanza le cause civili e penali.


Ma la Riforma si rivelò incompleta perché:


la venalità sussisteva nelle piccole magistrature, le quali furono praticamente lasciate intatte

la riforma si arenò per le resistenze della provincia


Con il ventenne LUIGI XIV si ritornò al vecchio ordinamento. Soppressi i Consigli Superiori, il controllore generale delle finanze, TOURGOT, ripristinò i PARLAMENTI.


La restaurazione dei Parlamenti, però, inasprì ancor di più la distanza tra i programmi della monarchia borbonica e i progetti del riformismo illuministico.


Il partito dei philosophes scioglieva lentamente i suoi legami con la monarchia: nel 1776 MABLY scriveva che un popolo non avrà mai fiducia nelle leggi finché non sarà egli stesso il proprio legislatore.


LA CODIFICAZIONE DELLE LEGGI PATRIE


LE CONSOLIDAZIONI: ESIGENZA DI UN CORPO UNICO DI LEGGI


RIFORMA DELLA LEGISLAZIONE e RIFORMA DEL SISTEMA GIUDIIZARIO furono i due grandi temi che l'illuminismo giuridico affrontò con grande impegno e che, grazie alla RIVOLUZIONE FRANCESE, condusse a cambiamenti istituzionali e innovazioni.


Il definitivo ABBANDONO del DIRITTO COMUNE pose fine alla crisi del XVIII sec. determinata dagli anacronismi della cultura giurisprudenziale.


Il progresso della CULTURA e dell'ECONOMIA non poteva tollerare un sistema in cui i tribunali creavano ciascuno il proprio stile interpretativo


Di ciò fu mirabile osservatore l'illuminista GALANTI.


Queste condizioni della cultura giuridica tradizionale spinsero verso la creazione di CORPI NORMATIVI OMOGENEI ed ORGANIZZATI al loro interno: i CODICI



Come rimedio al degenerare del sistema giuridico fondato sul diritto comune.


All'estrema COMPLICAZIONE del DIRITTO PRIVATO corrispondeva l'INCERTEZZA del DIRITTO PENALE



Le norme penali non avevano di mira figure di reato, ma colpivano una serie di COMPORTAMENTI CRIMINOSI identificati non tanto dall'azione quanto dal BENE DANNEGGIATO o dalla PERSONA LESA.


Sui presupposti dell'esigenza di una teorizzazione di un sistema fondato su leggi chiare e precise, si aprì nel Settecento la strada per compiere i primi tentativi di codificazione a partire dalla crescente attività di RACCOLTA e nuova PUBBLICAZIONE (CONSOLIDAZIONE) sistematica delle LEGGI sovrane nei vari Stati europei.


Nelle CONSOLIDAZIONI le leggi vigenti non venivano riformulate, ma semplicemente ristampate e raccolte al fine di farle conoscere e reperire con facilità.


In GERMANIA vi fu un'opera di consolidazione ordinata da GIUSEPPE I per sistemare il diritto statutario.

Il CODEX AUGUSTEUS. Voluto dal Principe FEDERICO AUGUSTO.


In ITALIA importante fu l'opera di VITTORIO AMEDEO II DI SAVOIA che perseguì una vera e propria RIORGANIZZAZIONE DELLE ISTITUZIONI in Piemonte




- CONTROLLO delle MAGISTRATURE

RIDUZIONE del potere politico e della forza economica

della NOBILTÀ.




si pervenne, dopo la raccolta e la ricompilazione delle vecchie leggi ed eliminando il superfluo, alla promulgazione nel 1723 delle COSTITUZIONI DI S.M. IL RE DI SARDEGNA.


in rapporto di LEGGE SPECIALE con il diritto comune,  FORMALMENTE non mutarono la situazione


SOSTANZIALMENTE erodevano il diritto comune in maniera decisa, implicando un mutamento nel rapporto diritto romano e diritto regio a favore di quest'ultimo



Apparve esplicito il RIPUDIO del COMMENTO DOTTRINALE e del ricorso all'INTERPRETATIO, che da sempre avevano fagocitato il diritto positivo.


In tutti gli Stati italiani si faceva strada l'idea della codificazione = affermazione di unicità (nello Stato) delle fonti del diritto per renderlo più chiaro e più certo.


La codificazione fu favorito dal collegamento tra la RAZIONALIZZAZIONE DEL DIRITTO e il MIGLIORAMENTO ECONOMICO.


In FRANCIA, al tempo di LUIGI XV, il cancelliere Henri François DAGUESSEAU aveva realizzato una profonda sistemazione del diritto con le ORDONNANCES CIVILES del 1731, 1735, 1747


Intervento del sovrano-legislatore tendente ad offrire unità e certezza del diritto ai suoi sudditi, oltreché un'operazione tecnica e dottrinale.


IL CODICE CAROLINO


Un parziale tentativo fu compiuto a NAPOLI nei primi anni del regno di Carlo di Borbone.


L'avvento della monarchia nazionale aveva contrapposto al potere togato un gruppo di ministri capeggiati da José de MONTEALEGRE




Come descrive AJELLO, vi fu una lotta politica che vedeva:

il GOVERNO ed alcuni intellettuali convinti della possibilità di rinnovare le strutture economiche e finanziarie del Regno, alla luce della giustizia e della razionalità

i TOGATI che in quelle strutture economiche ed amministrative avevano investito i loro capitali.


Nel 1739 l'illuminista Antonio GENOVESI divenne, con la sua scuola privata di filosofia, l'anima degli intellettuali progressisti.


Napoli era in piena effervescenza economica, ostacolata solo dall'arretratezza delle istituzioni.


Inizialmente si mossero Giuseppe Pasquale CIRILLO che propose al ministro illuminato Bernardo TANUCCI e ad una giunta specializzata un CODICE DI TUTTE LE LEGGI DEL REGNO, che però non vide mai la luce.



Avrebbe trattato soprattutto di DIRITTO PUBBLICO:


Libro I. rapporti con il diritto della Chiesa di Roma

Libro II. Grandi tribunali e Real Camera di S. Chiara. Competenze

Libro V. procedura civile

Libro VII. Successioni (stampo romano)

Libri VIII-XII grande caos normativo


Nel 1774 si IMPOSE AI GIUDICI L'AUTORITÀ e la LEGISLAZIONE REGIA




Decreto di TANUCCI che impose ai magistrati napoletani:

MOTIVARE LE SENTENZE PER ISCRITTO

VIETAVA L'ABUSO al ricorso alla DOTTRINA


Gli entusiasmi furono maggiori dei riflessi pratici, poiché si necessitava di


una radicale riforma dell'ordine giudiziario

trasformazione delle regole processuali

una forza governativa forte



per la diffusione di queste idee operò Gaetano FILANGIERI, leader di tutto il movimento riformatore meridionale che pubblicò le "Riflessioni politiche su l'ultima legge del Sovrano che riguarda la riforma dell'amministrazione della giustizia"


egli sintetizzava i temi della polemica riformatrice contro il dispotismo dei tribunali e per la conquista di un sistema giuridico totalmente nuovo.



rifacendosi all'"Esprit des lois" di MONTESQUIEU, in dicava i PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA RIFORMA DELLO STATO:


la SICUREZZA: che dev'essere nel fatto

l'OPINIONE di questa SICUREZZA: che dev'essere nell'immaginazione



compongono la LIBERTÀ dei cittadini



l'ARBITRIO dei MAGISTRATI è CONTRADDITTORIO alla forza delle LEGGI (maggiore arbitrio giudiziario = minore libertà)



il principio della riforma consisteva nella SINTONIA tra LEGGI e GIURISPRUDENZA



l'EQUITÀ è inseparabile dalla giustizia



era necessaria una CODIFICAZIONE e un intervento nella MAGISTRATURA  



LEGGI CHIARE, uniformi, basate sul principio d'uguaglianza.


UN TENTATIVO DI CODIFICAZIONE IN TOSCANA


Entrata nei domini asburgici nel 1738, con gli Asburgo-Lorena, si realizzarono le condizioni per la RIORGANIZZAZIONE DELLO STATO e il RIORDINAMENTO del sistema LEGISLATIVO


Giuseppe GORANI era favorevole al fatto che un DESPOTA ILLUMINATO potesse essere l'origine della pubblica prosperità



completa STATUALIZZAZIONE DEL DIRITTO

la DOTTRINA come anticamera per una NUOVA LEGISLAZIONE e per la RIFORMA dello STATO.



Emanuele di RICHECOURT iniziò il riordino del sistema sotto una politica di

ACCENTRAMENTO e di LIMITAZIONE DEI PRIVILEGI FEUDALI E COMUNALI.


Creò la CAMERA GRANDUCALE (nuovo organo giudiziario competente in materia

finanziaria)

per porre rimedio al CAOS NORMATIVO, fu incaricato Pompeo NERI di formare un CODICE DELLE LEGGI PATRIE



non una raccolta o una consolidazione di

norme preesistenti, ma un corpo che avesse

esso stesso FORZA DI LEGGE, AUTORITÀ

per derogare leggi anteriori e serva di

STATUTO per tutto il Granducato


Oltre a tutto ciò egli voleva intervenire anche nella materia PRIVATISTICA da sempre regolata dal diritto romano. Era evidentemente contro il DIRITTO COMUNE, seppure il rispetto nei suoi confronti rappresentasse il vero limite alla riforma




Il Neri vedeva nell'opera giustinianea

ancora la migliore disposizione di tutta

la materia.


La sua opera doveva essere divisa in "tre parti":


le persone, le cose, le azioni



con lo schema delle Istituzioni di Giustiniano

il codice sarebbe stato breve e chiaro





era dunque impossibile ripudiare la tradizione romanistica universalmente riconosciuta, sebbene fosse irrinunciabile trovare un compromesso tra le esigenze politiche e teorico-pratiche.





Come a Napoli, il tentativo FALLÌ nel giro di pochi anni. Questo perché lo scontro con interessi e condizioni giuridiche difficili da modificare non era alla portata di un potere sovrano senza profonde radici nella realtà politico-sociale.









L'ILLUMINISMO ITALIANO E LA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI


L'ILLUMINISMO TRA DIRITTO E POLITICA


Con le "Lettres persanes" di MONTESQUIEU l'edificio barocco dell'antico regime rivelava tutte le sue contraddizioni e iniquità. Inoltre egli operava una feroce critica verso il diritto romano e canonico.


Più tardi VOLTAIRE riaccese la discussione politica, rifacendosi al PENN e al suo insediamento americano nella Pennsylvania che doveva diventare il mito della cultura illuministica


Tutto l'ordinamento doveva rispondere ad un principio naturale e razionale



Si affermava una RAGIONE antimetafisica, operativa e trasformatrice, intesa come strumento concettuale e pratico, che attribuiva la propria validità all'adozione di tecniche razionali, controllabili e verificabili in ogni settore del sapere e dell'attività umana.


La critica alla tradizione e all'antico sistema si sviluppò specialmente nel campo politico-giuridico, nell'opposizione all'autoritarismo religioso, filosofico e cautamente nell'assolutismo politico.


Il RIFORMISMO ITALIANO viaggiava in grande sintonia, la cui filosofia EMPIRISTA, la

METODOLOGIA scientifica, la grande elaborazione enciclopedistica riconobbero la legittimità :


dello SPERIMENTALISMO rinascimentale

l'eredità SCIENTIFICA GALILEIANA

le correnti del LAICISMO GIURISDIZIONALISTA



aveva finalità molto pratiche: l'UNITÀ e la FELICITÀ PUBBLICA.




I due momenti di tale progetto civile, secondo il FILANGIERI, sono strettamente connessi e devono tendere, attraverso strumenti legislativi, amministrativi ed economico-tecnici ad una nuova organizzazione sociale


La CULTURA ILLUMINISTICA ITALIANA era caratterizzata da due elementi concorrenti:


l'elaborazione di una LEGISLAZIONE CORRETTA ed EFFICACE

l'attenzione ai PROBLEMI POLITICO-SOCIALI


La RIFORMA AMMINISTRATIVA dello Stato fu perseguita con tenacia sulla base di un criterio di "utilità" e fondata non sull'arbitrio ma sul governo nel rispetto delle leggi e della libertà civile


Si avviò una RIFORMA DELL'ECONOMIA e della FINANZA .


Si ritenne improrogabile una RIFORMA LEGISLATIVA e GIUDIZIARIA e la RAZIONALIZZAZIONE del DIRITTO CIVILE


Si gettarono le basi per la LAICIZZAZIONE DELLO STATO e della società civile.





È questa la "pacifica rivoluzione" del FILANGIERI, nel rispetto della ragione e dell'esperienza.


L'elemento comune ai diversi filoni del riformismo giuridico italiano è costituito da cautela politica e grande attenzione ai problemi pratici di governo. Al suo interno sono individuabili due principali correnti:

la RIFORMA DELLA GIUSTIZIA PENALE

la RIFORMA DEL GOVERNO DELLA COSA PUBBLICA (+ l'approfondimento dei problemi economici e amministrativi)




le spinte innovatrici investirono tutti gli Stati italiani, contribuendo a formare una nuova classe politica educata ad una cultura comune anche se in maniera diversa:


Maggior slancio negli Stati AUSTRIACI (Lombardia e Toscana) e negli Stati BORBONICI (Napoli, Sicilia e Parma)

Minore nello Stato sabaudo

Scarso nello Stato Pontificio e nelle oligarchie Veneziana e Genovese


L'ILLUMINISMO LOMBARDO E LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA PENALE


Manzoni esaltava il lavoro del BECCARIA ("Dei delitti e delle pene") non solo come mirante

all'abolizione della tortura, bensì come la riforma di tutta la legislazione criminale.


Pilastro del RIFORMISMO GIURIDICO in Italia, assieme ai riformisti lombardi che facevano capo ai fratelli VERRI


Deciso attacco alle strutture portanti dell'antico regime.


Nella seconda metà del XVIII secolo la procedura penale si affidava all'arbitrio di quei giudici "iniquissimi e scelleratissimi, levati dalla feccia, privi di scienza di virtù, di ragione, i quali hanno in loro potere un accusato: non gli parlano che torturandolo".


Sul piano legislativo solo pochi furono gli interventi sovrani per regolare in modo organico la procedura penale: in Francia ancora facevano testo le ordonnance di Francesco I del 1530


Le regole del processo erano nella prassi quelle adottate dai magistrati di volta in volta



Per i delitti più gravi (assassini, incendi, rapine.) al giudice era consentito di adottare una PROCEDURA SOMMARIA che ben si prestava ad arbitri


La TORTURA fu estesa ed ammessa anche per la cattiva fama dell'imputato


Essa poteva essere:

di I GRADO: consisteva nel MONITUS, ovvero nella minaccia di applicarla

di II GRADO: consisteva nell'inflizione di un tormento di media gravità (la corda)

di III GRADO: si ricorreva a tormenti dolorosissimi e terribili


la CONFESSIONE resa sotto tortura doveva essere ripetuta davanti al giudice, e se veniva ritrattata, l'imputato era riconsegnato ai tormenti.




La tortura era ammessa anche nei confronti dei testimoni mendaci, o che il giudice riteneva contraddittori.


Il BECCARIA rilevò le storture di un processo fondato sul prevalere dell'ipotesi INQUISITORIA



il giudice era arbitrario nell'indagine del fatto, riservandosi l'applicazione della pena

i commentatori favorivano l'interpretazione logica a quella letterale, per via dell'insufficienza della legge

qualora la legge avesse termini oscuri ed insufficienti, i giudici potevano senza scrupolo supplirvi


Di fronte a tanto disordine fu proprio BECCARIA che, con lo stimolo dei fratelli VERRI, pubblicò Dei delitti e delle pene,


Decisa battaglia contro i pregiudizi della società del tempo, indirizzata ad una concreta riforma della legislazione.  


Beccaria:    dichiarava gli uomini uguali di fronte alla legge

Condannava i privilegi e le differenze di casta


Combatteva la crudeltà delle pene e l'irregolarità delle procedure criminali


Partendo dalla concezione contrattualistica del diritto, egli fissava i PRINCIPI FONDAMENTALI sui quali doveva fondarsi il DIRITTO PENALE:

il principio dell'INDEROGABILITÀ DEL PROCESSO

il principio dell'UMANIZZAZIONE DEL DIRITTO PENALE legato al riconoscimento preventivo della pena




le sole LEGGI possono decretare le PENE sui DELITTI, e quest'autorità non può risiedere che presso il LEGISLATORE, che rappresenta tutta la SOCIETÀ unita per CONTRATTO SOCIALE.


Riguardo al diritto penale sostanziale, egli approfondiva il valore e FINALITÀ DELLA PENA




Il fine non è tormentare ed affliggere un essere sensibile né disfare un delitto già commesso e che la inutile prodigalità dei supplizi non ha mai reso migliori gli uomini.


Riguardo alla PENA DI MORTE egli si chiedeva quale fosse il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili.





Quanto più la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più vicina al delitto commesso


L'intento del Beccaria è quello di reagire all'idea consolidata della PENA concepita e comminata COME VENDETTA, come sofferenza e dolore inflitti al colpevole per punirlo al fatto compiuto.


Il FINE doveva dunque consistere soprattutto nella PREVENZIONE DEL REATO e quindi nella DIFESA SOCIALE.



Ciò doveva avvenire anche ponendo un freno all'arbitrio dei giudici, nella previsione di una PROPORZIONE tra REATO e PENA.




È meglio prevenire i delitti che punirli


L'opera dei fratelli Verri e di Beccaria ispirò anche Mario PAGANO e Tommaso NATALE



L'arbitrio giudiziario nasceva dalla confusione legislativa e dall'incertezza delle pene.


Grazie a lui in Italia si diffuse il principio basilare secondo cui il LEGISLATORE doveva investire ogni ambito del problema penale



IL RIFORMISMO NELL'ITALIA MERIDIONALE: SCIENZA DELLA LEGISLAZIONE E SCIENZA DEL GOVERNO


L'opera maggiore di Gaetano FILANGIERI fu "La scienza della legislazione", la quale sintetizzava il compito degli intellettuali illuministi.




Essa indicò ai riformisti del '700-'800 i criteri generali, gli elementi preparatori per la RIFORMA dell'ORDINAMENTO e il metodo e i MEZZI di attuazione


Egli si proponeva di "unire i MEZZI alle REGOLE e la TEORIA alla PRATICA".




Di qui l'importanza alla "Scienza del Governo", per mezzo della quale doveva irradiarsi l'autorità per provvedere alla conservazione ed alla tranquillità dei cittadini"



È continuo il richiamo alla interdipendenza tra teoria e prassi



Filangieri mirava a coniugare riforma del diritto ed efficace attività di governo


L'opera era mirata alla realizzazione di un NUOVO QUADRO ISTITUZIONALE, grazie alla rimozione dei privilegi, l'abbattimento degli ostacoli annidati da tempo nelle istituzioni





Filangieri era convinto dell'esistenza di un'armonia universale, da legare al meticoloso calcolo dell'utile sociale



Solo dalla RAGIONE poteva nascere il nuovo sistema istituzionale


Egli fu maestro nell'indicare il ruolo preziosissimo del PUBBLICO AMMINISTRATORE, che avrebbe dovuto combattere le antiche istituzioni, partendo dalla coscienza del presente per preservare e valorizzare il bene individuale e collettivo.


Grande oggetto della legislazione doveva essere quello di UNIRE GLI INTERESSI PRIVATI con i PUBBLICI.




Era necessario il collegamento delle leggi con quel "principio di ragione universale" nel rispetto del particolarismo contestuale del singolo Stato.


Il fondamento e il fine della legislazione doveva riposare su "principi fissi, determinati e immutabili":


BONTÀ ASSOLUTA delle leggi: consisteva nel suo legame diretto col diritto di natura e quindi in "principi universali comuni a tutte le nazioni"

BONTÀ RELATIVA delle leggi: era la ricerca della corrispondenza delle leggi allo "Stato generale della nazione che li riceve"





In sostanza egli intendeva fondare la legislazione:


su CRITERI GENERALI: la cui validità non poteva subire variazioni nel tempo e nello spazio

su PRECETTI SUBORDINATI ad una serie di circostanze non solo oggettive, ma anche di opportunità politiche.




Egli voleva, insomma, un connubio tra TEORIA ed AMMINISTRAZIONE, per la TUTELA DELLA NAZIONE



Creando nuove istituzione e facendole vivere attraverso l'opera di un amministratore filosofo.


l'amore per la patria caratterizzò l'impegno del riformismo meridionale. Ma importante fu la continuità di quel disegno di "pacifica rivoluzione" che, attraverso la vicenda rivoluzionaria del 1799, giunse al decennio del cambiamento istituzionale (1806-15) e alla Restaurazione


Quando nel 1799 nacque la REPUBBLICA PARTENOPEA, la sua forza era costituita dal generoso impegno dell'ultima generazione del riformismo di scuola filangeriana. Mario PAGANO era al primo posto



Simbolo del processo di trasformazione del sistema giuridico e dell'intero equilibrio costituzionale e politico del Regno.


Nel suo Politicum universae romanorum nomothesiae examen Pagano indicava le linee di politica legislativa necessarie a far migliorare, con leggi, le condizioni della società meridionale.


Nelle Considerazioni sul processo criminale enunciò l'estrema degenerazione del sistema processuale penale.


Egli aprì, come Beccaria, una breccia nell'antiquato sistema delle prove e cercò di porre un freno all'uso della tortura. Richiamava l'importanza della PROPORZIONE tra DELITTO e PENA. Pena che era concepita come RETRIBUTIVA (non vendicativa) e PREVENTIVA


Solo con il sistema ACCUSATORIO (non inquisitorio) si poteva raggiungere tal fine



Netta SEPARAZIONE delle funzioni del GIUDICE da quelle dell'ACCUSATORE per garantire l'uguaglianza delle parti.


Con la pubblicazione dei Saggi politici egli espose la sua fede smisurata nella rigenerazione dell'umanità mediante la RAGIONE, immaginando una LEGISLAZIONE PERFETTA.

Nella stessa opera venivano affrontati i temi dell'egualitarismo e della proprietà privata.



Il suo ORDINE SOCIALE doveva basarsi sull'ABOLIZIONE di ogni PRIVILEGIO e di ogni DISEGUAGLIANZA




Per raggiungere questo fine era indispensabile l'INTERVENTO DELLO STATO.



L'opera si conclude con un esplicito richiamo alla REALTÀ ed alla situazione politica, alla necessità di una TOTALE RIFORMA del CODICE NAZIONALE



Nella seconda edizione dei Saggi, c'è una ACCENTUAZIONE degli INTERESSI POLITICI e SOCIALI.


Il modello proposto da La scienza della legislazione offrì un coerente piano di rinnovamento istituzionale.




Tra i sostenitori dello stretto rapporto tra attività amministrativa e rinnovamento della legislazione va ricordato Melchiorre DELFICO




Era nemico del dispotismo, ma sostenitore di un sistema monarchico moderato.

Favorevole all'uguaglianza degli uomini

da realizzarsi con l'intervento dello Stato


Il teramano si collocò nella polemica ormai antica tra Stato e Chiesa. L'impegno per il

cambiamento radicale dello Stato prendeva le mosse dalla lotta giurisdizionalista contro Roma, contro i privilegi della Chiesa, contro il foro speciale ed i poteri dei tribunali ecclesiastici


Nei suoi Indizi di morale egli sosteneva che solo quando i cittadini prendono parte alla sovranità ed al potere può estendersi la sfera della virtù



Il suo concetto di LIBERTÀ è in funzione dello sviluppo della società dalla quale doveva germogliare il principio di UGUAGLIANZA.


Tornato a Napoli con incarichi amministrativi scrisse e pubblicò la Memoria sulla

coltivazione del riso, in realtà una lotta ai sistemi feudali e tendente alla libertà dei COMMERCI.

Elemento indispensabile al vantaggio ed al progresso della nazione,

oltreché il mezzo più efficace alla potenza dello Stato.


Del 1785 è la Memoria sul tribunale della Grascia in Abruzzo, che era il magistrato che sarebbe dovuto intervenire con ogni forma di accaparramento in caso di carestia, ma che col tempo era diventato solo un ostacolo allo sviluppo dei traffici e dell'agricoltura





la sua opera ebbe il merito di condurre all'abolizione del Tribunale della Grascia nel 1789, assieme al gruppo di riformatori che si era insediato nell'amministrazione pubblica.





in questo quadro si inserisce anche l'impegno contro il

BARONAGGIO, fino alla polemica per la devoluzione, alla tenace lotta per l'abolizione della GIURISDIZIONE FEUDALE.



diritto dei baroni a giudicare i cittadini delle loro terre sia in materia penale che civile, spesso anche in appello. la giurisdizione baronale era un vero e proprio tormento per i popoli, una mostruosità politica.


Delfico dimostrò come la libertà civile consistesse nel non essere soggetto che alla legge.


fu autore delle Ricerche sul vero carattere della giurisprudenza romana e dei suoi cultori



il rifiuto della tradizione romanistica in Delfico era rifiuto della giurisprudenza, considerata fonte di incertezza, strumento degli oziosi forensi e fautrice dell'ambizione. Attaccava ferocemente la tradizionale dottrina legale.

Per Delfico le leggi dovevano essere semplici, tali da essere comprese appieno da tutti i cittadini, tali da non consentirne diversità d'interpretazione



EGUAGLIANZA E PROPRIETà: IL RIFORMISMO NELLE SICILIE

I riformatori illuministi guidarono il passaggio dal vecchio al nuovo regime.

Mutò radicalmente il DIRITTO PUBBLICO, ma anche il DIRITTO CIVILE


L'abruzzese Pasquale LIBERATORE sottolineava come la PROPRIETÀ , per merito del codice napoleonico, si collocava al centro del sistema giuridico



diritto sacrosanto e conservatore della pubblica felicità


Del medesimo parere fu il pugliese Giuseppe PALMIERI, che la relazionava all'economia ed esaltava la proprietà individuale.



in poco tempo si sarebbe dimostrata da sola la superiorità economica, e quindi l'unità sociale, di un ordine fondato sulla proprietà privata, economicamente libera dai lacci del sistema feudale.




era però necessario l'intervento dello Stato per rimuovere gli innumerevoli ostacoli derivanti dal sistema feudale.



lo Stato doveva maturale l'idea che lo sfruttamento individuale delle terre, come logica del proprietario terriero, non era un male per lo Stato stesso. Dunque, era la somma degli interessi individuali che formava l'interesse pubblico


Spezzati i limiti costituiti dagli usi civici, i demani potevano essere convertiti in proprietà privata, soggetta, come tale, alle sole regole generali espresse dal legislatore nell'interesse generale della nazione.


il legame tra investimento capitalistico e titolarità del diritto è alla base della concezione del CALMIEIRI. Egli vedeva nel demanio, e quindi nell'esercizio dell'uso civico, un ostacolo al progresso civile.


Il contributo al processo di mobilitazione e di svincolo della proprietà fondiaria erano il frutto di radicate convinzioni in tema di rapporti sociali e di EGUAGLIANZA TRA GLI INDIVIDUI.


la sua era una uguaglianza relativa, civile, non assoluta, o naturale.


la proprietà privata s'inseriva proprio nel contesto sociale come equilibratrice delle tensioni sociali ed anche come la migliore garanzia che la società poteva offrire all'uomo per la sua emancipazione.


la funzione della proprietà era chiaramente concepibile assieme a quella della sua utilità produttiva, ed egli era particolarmente favorevole alla piccola e media proprietà, i cui ostacoli alla loro affermazione dovevano essere abbattuti dall'opera dello Stato


con la nomina a Direttore del Supremo Consiglio delle Finanze, alcune sue idee si tradussero in leggi dello Stato




legge sulla divisione dei demani emanata alla fine del 1791 che, sebbene rimasta inapplicata, contribuì quantomeno ad alimentare i moti riformisti del meridione dell'Italia


L'opzione decisa a favore della proprietà privata espressa dal Palmieri testimoniava la gravità dei problemi causati dalla sopravvivenza delle istituzioni feudali nel Mezzogiorno




Scarsa produttività e miseria


Agendo all'interno dell'Amministrazione i riformatori affrontarono in concreto la questione

di una significativa RIDISTRIBUZIONE FONDIARIA delle terre ispirati all'opera del Filangieri



prevalse la soluzione dello SPEZZETTAMENTO DEI LATIFONDI, (censuazione) accompagnata dall'ABOLIZIONE DEI VINCOLI provocati dai BARONI al libero sfruttamento della terra.


In Sicilia Paolo DI BLASI criticò aspramente il sistema feudale, e Tommaso NATALE fu tra i primi a sostenere la riforma del diritto penale.


Ad ogni modo era chiara a tutti l'impossibilità di conciliare le aspirazioni aristocratiche, tese alla conservazione dei privilegi feudali, con il riformismo assolutistico, che mirava a comprimerli.


LE CONQUISTE DELLA RIVOLUZIONE


LA CADUTA DELL'ANCIEN RÉGIME IN FRANCIA


La RIVOLUZIONE FRANCESE dette vita ad un sistema politico-istituzionale ispirato al principio secondo cui "il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell'uomo" 



Libertà, uguaglianza di fronte alla legge, tutela della proprietà privata come istituto materiale della libertà individuale


Il vittorioso progetto politico BORGHESE eliminò dal sistema istituzionale gli ingombranti corpi intermedi e privilegiati dell'antico regime




Gli Stati Generali riuniti nel maggio 1789 diedero impulso alla nazione nella valorizzazione dei diritti individuali; la teoria di Sieyès dava espressione e forma costituzionale alle aspirazioni della borghesia, che costituiva il livello più alto del Terzo Stato.



L'abate Sieyès motivata l'attacco ai privilegi, riferendosi ai termini di uguaglianza e felicità comune


Contrari ad ogni novità erano i rappresentanti dell'aristocrazia e del clero (titolari di esorbitanti privilegi), che dovevano tenere il Terzo Stato in un ruolo subalterno (che comprendeva, fra l'altro, anche la "nobiltà" di toga)


Ad ogni modo la profondità dei contrasti, la drammatica realtà economica e sociale erano apparse evidenti quando i cahiers de doléances testimoniarono un mondo di sofferenze e di abusi, il bisogno diffuso di nuove istituzioni.


Mentre il secolo segnava l'ascesa della borghesia e il trionfo della filosofia illuministica, la debole politica di Luigi XVI accentuò la CRISI favorendo l'ultima offensiva della nobiltà: la révolte nobiliaire del 1787-1788 che di fatto accelerò lo scoppio della rivoluzione.


Dopo la morte di Luigi XV il potere regio si era indebolito sensibilmente; la nobiltà di spada e di toga concorrevano per diminuire le stesse capacità d'intervento del re. Sul terreno giudiziario ed amministrativo i grandi tribunali e gli Stati provinciali tenevano in scacco la monarchia: la legge del re non poteva essere applicata se non dopo che le Corti l'avessero registrata





Così sotto Luigi XVI si era formata una sorta di alleanza, complice la

debolezza della corona, tra gli ordini privilegiati contrapposta alla crescita dei ceti borghesi.




E solo la RIVOLUZIONE poté livellare il terreno e costruire un

ordinamento del tutto nuovo che avrebbe garantito privilegi per merito e non per sangue.


La crisi fu favorita ed accelerata dal deficit crescente e dall'enorme espansione del debito

pubblico. Il decreto del 18 agosto 1788 sancì la crisi del governo e il dilagare dell'inflazione stabilendo il corso forzoso per i biglietti della Cassa di sconto.



Contro i cambiamenti strutturali del sistema fiscale, contro l'abolizione di alcuni privilegi, si schierarono naturalmente i Parlamenti. Quello di Parigi mise in crisi il governo e chiese l'immediata convocazione degli Stati generali.




Gli alti magistrati avevano come alleato il PARTITO ORLEANISTA, favorevole all'abdicazione di Luigi XVI per suo cugino il Duca di Orléans


Avevano preso le tesi dei Parlamenti affermando alcuni principi:

il voto delle imposte doveva essere di esclusiva competenza degli Stati generali

i magistrati ordinari dovevano considerarsi inamovibili

i sudditi francesi non potevano essere giudicati che da un giudice ordinario

le antiche consuetudini ed i privilegi delle province francesi dovevano essere considerati inviolabili





la vendita, l'ereditarietà degli uffici e la sostanziale inamovibilità assicuravano ai magistrati un potere tanto maggiore quanto l'autorità della monarchia risultava ormai compromessa.


Il Parlamento di Parigi, di fatto, con le posizioni assunte agli inizi del 1788 aveva messo in discussione le basi dell'assolutismo monarchico.


Nel 1788 il guardasigilli LAMOIGNON fece promulgare 6 EDITTI REALI: tardivo esperimento di riforma giudiziaria:


la registrazione dei decreti e degli editti del re passava ad un nuovo organo, una CORTE PLENARIA composta di principi, vescovi e ufficiali della Corona

i Parlamenti perdevano gran parte della loro giurisdizione

riforma dei tribunali minori

era abolita la tortura che precedeva l'esecuzione della pena




non venne imitato a fondo Maupeau, perché fu mantenuta la venalità delle cariche. Anzi, a favore dei magistrati si stabilì il DIRITTO DI PREVENZIONE, ossia il diritto di conoscere preventivamente qualsiasi causa anche se di competenza dei giudici signorili, comprimendo così le tradizionali prerogative giudiziarie dei signori feudali.


I decreti Lamoignon ebbero il risultato di compattare il fronte antimonarchico. La riforma durò pochissimo, sebbene sarebbe stata poi ripresa da Napoleone ed applicata in Italia, per l'opposizione parlamentare che, accusando il governo di dispotismo, riuscì ad organizzare specialmente in provincia una dura resistenza.


L'8 agosto il governo capitolò; si fissò la convocazione degli Stati generali per il 1° maggio 1789 e il Parlamento di Parigi fu richiamato in carica


Durante la costituzione degli Stati generali, a tenere banco non fu solo il problema economico, ma l'intero quadro costituzionale della Francia. Il Terzo costituiva il 96% della popolazione e il ruolo imposto dalla logica aristocratica gli stava decisamente stretto




Il 10 giugno il Terzo procedette da solo all'appello di tutti i deputati

Il 17 si proclamò Assemblea Nazionale

Il 19 parte del clero si unì al movimento

Il 20 l'assemblea si riunì in un locale

Il 23 il re ordinò di deliberare secondo le antiche prerogative, ma il Terzo rifiutò

Il 21 gli orleanisti si unirono all'assemblea

Il 27 il popolo si unì contro la corte e la nobiltà





In un clima essenzialmente pacifico, il compito dell'Assemblea Nazionale era quello di regolare meglio le attribuzioni dei pubblici poteri, eliminare l'area del privilegio nobiliare, assicurare l'uguaglianza civile e fiscale, senza sottrarre la sovranità al re


Ma nei primi giorni di luglio si decise il ricorso alla forza per ridurre all'ordine e all'obbedienza il Terzo Stato. La stessa monarchia favorì così lo scoppio della rivoluzione, che iniziò il 14 luglio 1789 con la presa della Bastiglia.



"LIBRES ET EGAUX EN DROITS": LE BASI DEL NUOVO ORDINE COSTITUZIONALE


Fin dal 6 luglio l'Assemblea Nazionale costituente aveva eletto un comitato per preparare un progetto di costituzione.


Bisognava sostituire al re un diverso soggetto che, rappresentando

l'opinione e gli interessi pubblici, aveva il diritto di stabilire le nuove regole, di realizzare leggi corrispondenti alle richieste del popolo.



Alla fine di luglio l'Assemblea si pronunciò a favore di una "DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO E DEL CITTADINO" sull'esempio americano, che rappresentava il canone del nuovo ordine costituzionale.


La notte del 4 agosto con un colpo di mano dell'assemblea, la feudalità (che aveva i monopoli dei mulini e dei forni, i diritti sulla caccia e pesca e la giustizia feudale) venne completamente abolita.

Vennero decretate l'UGUAGLIANZA DELLA PENA per tutti i francesi e l'AMMISSIONE DI TUTTI I CITTADINI ALLE CARICHE PUBBLICHE.


Furono abrogate le norme sulla VENALITÀ DELLE CARICHE


Furono aboliti gli antichi tribunali e sancita la GRATUITÀ DELLA GIUSTIZIA.


In poco tempo l'Assemblea realizzò l'UNITÀ GIURIDICA della FRANCIA, DISTRUSSE il SISTEMA FEUDALE, SOPPRESSE il DOMINIO ARISTOCRATICO nella campagna.


Il testo della COSTITUZIONE fu approvato il 26 agosto 1789. "Gli uomini nascono e rimangono liberi ed uguali nei diritti"

"Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell'uomo" 


Il nuovo Stato voluto dai costituenti doveva dunque garantire all'uomo ed al cittadino la libertà individuale



Poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri

Al cittadino erano inoltre assicurate la LIBERTÀ DI OPINIONE, PENSIERO E STAMPA


La PROPRIETÀ non era direttamente collegata alla libertà, ma doveva intendersi come condizione della libertà


Anche se era stata garantita la piena uguaglianza di fronte alla legge, era pienamente conservata la diseguaglianze delle ricchezze.


La monarchia assunse un comportamento dilatorio, mal celando una profonda avversione. La Corona riaccese così la spinta rivoluzionaria e il popolo di Parigi e la guardia nazionale si mossero verso Varsailles per fare ostaggio della stessa persona del re.



LE COSTITUZIONI IN FRANCIA


Già alla fine del 1791 erano state preparate le norme sulla divisione amministrativa della Francia, sulle autorità locali e sul sistema finanziario.


Le tesi e gli interessi della borghesia prevalsero nettamente nelle scelte dell'assemblea. Ciò che essi richiedevano era l'eliminazione dell'aristocrazia e dei suoi privilegi e si voleva far in modo che l'iniziativa economica fosse liberata da ogni costrizione.


I costituenti istituirono un ordinamento coerente e razionale, che avrebbe dovuto assicurare il nuovo ordine non solo contro ogni ritorno dell'aristocrazia e dell'assolutismo, ma anche contro le nascenti spinte popolari e proletarie




Il sistema elettorale era, non a caso, fortemente CENSITARIO e a doppio grado che eliminava i NULLATENENTI dalla vita politica.


La Costituzione distingueva i CITTADINI in:


ATTIVI, che erano quelli che pagavano un tributo diretto. A costoro era garantito il

diritto di voto per designare in assemblee "primarie" gli elettori



designavano i deputati dell'ASSEMBLEA LEGISLATIVA (sistema monocamerale), i GIUDICI e gli AMMINISTRATORI dei DIPARTIMENTI).

* PASSIVI, che erano i restanti nullatenenti



Contro questa scelta censitaria si oppose radicalmente ROBESPIERRE, che rivendicava la piena applicazione del testo costituzionale del 1791 che, tra l'altro, aveva tra le sue norme quella importante secondo la quale "Il potere legislativo non potrà far leggi che menomino ed ostacolino l'esercizio dei diritti naturali e civili garantiti dalla costituzione"


La SOVRANITÀ, una e indivisibile, inalienabile e imprescrittibile, appartiene alla Nazione. La Costituzione francese è rappresentativa: i rappresentanti sono il Corpo Legislativo ed il Re.

Vigeva la TRIPARTIZIONE dei POTERI:

il potere giudiziario non può essere esercitato né dal corpo legislativo né dal re

la giustizia sarà resa gratuitamente da giudici eletti e il pubblico accusatore sarà nominato dal popolo


per il PROCESSO PENALE fu stabilito che "nessun cittadino può essere giudicato se non su di un'accusa accolta dai giurati.ammessa l'accusa il fatto sarà riconosciuto e dichiarato dai giurati.l'applicazione della legge sarà fatta dai giudici.l'istruzione sarà pubblica e non si potrà rifiutare agli accusati il soccorso di un avvocato".


Comparve una novità importantissima: la CORTE DI CASSAZIONE


Fuori l'Assemblea il clima era tutt'altro che tranquillo. Vigorose spinte democratiche e repubblicane crebbero a dismisura a tal punto da scavalcare rapidamente la costituzione del 1791, anche in seguito alla rottura della media dall'alta borghesia che creò una Costituzione sostanzialmente di parte.


La costituzione fu annullata già dopo il 10 agosto 1792 quando l'insurrezione armata del Comune di Parigi costrinse l'Assemblea legislativa a sospendere Luigi XVI e a convocare una CONVENZIONE NAZIONALE

Il decreto dell'11 agosto 1792 stabilì nuove basi per il regime elettorale, abolendo la distinzione tra cittadini attivi e passivi.


Tra molteplici scontri ideologici la Convenzione dichiarò la fine del sistema monarchico con l'esecuzione capitale di Luigi XVI il 21 gennaio 1793


Il 15 febbraio 1793 CONDORCET presentò al voto un progetto di costituzione repubblicana le cui leggi, approvate dai rappresentanti del popolo, potevano essere sempre sottoposte alla ratifica popolare con l'introduzione dell'istituto del referendum.


La NUOVA COSTITUZIONE doveva fondarsi sull'UNITÀ del POTERE ESECUTIVO e del POTERE LEGISLATIVO.

Le GARANZIE non dovevano risiedere nella separazione dei poteri, ma nel FREQUENTE RINNOVAMENTO del CORPO LEGISLATIVO e nel sempre possibile RICORSO al GIUDIZIO POPOLARE.


Il CONSIGLIO ESECUTIVO DELLA REPUBBLICA aveva il compito di vegliare sul rispetto da parte dell'esecutivo di quanto il popolo aveva espresso (sorta di garante della volontà popolare).


Nella disputa tra GIACOBINI (democratici rivoluzionari) e GIRONDINI (repubblicani) per la PROPRIETÀ PRIVATA, intervenne ROBESPIERRE il quale propose l'introduzione del principio secondo cui "la proprietà è il diritto che ha ognuno di godere e di disporre della parte dei beni che gli è garantita dalla legge".


I girondini furono sconfitti con il colpo di Stato del 2 giugno 1793 ed il concentrarsi del potere nelle mani del COMITATO DI SALUTE PUBBLICA



Nacque, ad opera di CONDORCET e in base a modifiche basate sui principi più radicali della democrazia politica, la COSTITUZIONE del 1793 ispiratrice dei movimenti democratici di tutta Europa.



Una volta terminata la rivoluzione, essa sarebbe entrata in vigore. Purtroppo venne travolta dal "grande terrore" del 1794


Il Comitato di Salute Pubblica esercitava una vera e propria DITTATURA. Con le leggi del terrore vennero puniti (con la pena di morte) tutti i nemici del popolo (tutti gli oppositori), secondo le direttive imposte da Robespierre, che venne accusato di tirannia e condotto al patibolo.


I moderati borghesi (girondini) sopraffecero le posizioni demicratico-radicali e modificarono la costituzione del 1793



Nella nuova costituzione del 22 agosto 1795 bisognava assicurare al potere giudiziario un'indipendenza assoluta e conferire al potere esecutivo un'autorità importante. Per evitare ogni dittatura fu proposto il sistema BICAMERALE


Il POTERE ESECUTIVO era affidato ad un organo collegiale di 5 membri eletti tra il Consiglio degli Anziani e denominato DIRETTORIO



I doveri dell'uomo:

la garanzia sociale non può esistere se la divisione dei poteri non è stabilita

i doveri dei cittadini

è sul mantenimento della proprietà che riposano la coltivazione delle terre, tutte le produzioni, ogni mezzo di lavoro, e tutto l'ordine sociale



lo STATO POLITICO DEI CITTADINI era regolato dal fondamentale art.8: la Costituzione stabiliva che i diritti civili erano garantiti dalla condizione di cittadino francese e che tale doveva considerarsi "ogni uomo nato e residente in Francia che, in età di ventun anni compiuti, si è fatto iscrivere sul registro civico del suo cantone e paga un contributo diretto fondiario o personale".


Il sistema elettorale era censitario, stabilito in Assemblee primarie e Assemblee secondarie. Dalle prime venivano scelti i membri delle seconde, i quali a loro volta eleggevano i membri del Corpo legislativo.


Bisognava avere almeno 25 anni per essere nominato elettore, ma anche avere un determinato reddito


Il Corpo Legislativo non poteva esercitare direttamente né per mezzo di delegati il potere esecutivo né il potere giudiziario.




Palese sganciamento dalla politica di Robespierre


I GIUDICI non possono ingerirsi nell'esercizio del potere legislativo, né fare alcun regolamento.


La CORTE DI CASSAZIONE doveva soprattutto impedire che il potere giudiziario potesse violare, a danno del potere legislativo, la rigida separazione dei poteri. Ordinariamente avrebbe potuto annullare le sentenze pronunciate in violazione della procedura o contenenti contravvenzioni espresse alla legge.



IL TRIENNIO RIVOLUZIONARIO IN ITALIA: DALLA COSTITUZIONE DI BOLOGNA ALLA CISALPINA


L'idea di una patria ideale, luogo di libertà e di uguaglianza, si diffuse anche in Italia. Tra i più appassionati vi fu Filippo BUONARROTI, autore di un progetto di costituzione politica italiana. Notissimi furono RANZA, GIOIA, BOTTA, RUSSO, COMPAGNOMI, GALDI


E vari furono i tentativi di moti rivoluzionari tra il 1794 e il 1795 a precedere le vittorie dell'esercito napoleonico

ROUSSEAU era l'autore preferito in Italia e la COSTITUZIONE GIACOBINA un modello politico da trasferire ed applicare in Italia.


L'esercito napoleonico conseguì una serie di vittorie militari e nel 1797 conquistò l'Italia settentrionale dopo che gli ideali rivoluzionari avevano conquistato già l'Europa intera.


L'accoglimento entusiastico dei programmi napoleonici era collegato ai semi sparsi nei primi anni della rivoluzione dai girondini francesi.




Fu con il prevalere della politica girondina nella Convenzione che si teorizzò l'esportazione delle nuove idee e la loro imposizione anche tramite le baionette.




Si doveva categoricamente distruggere l'antico regime



In tale programma si realizzarono:


l'annessione della Savoia e della Renania

si favorì la formazione di "repubbliche sorelle" sotto il protettorato della Francia


l'opera di BONAPARTE contribuì a rendere naturale e felice la recezione di un testo costituzionale elaborato oltralpe.


La proclamazione della repubblica ad ALBA costituì un punto di partenza per l'avanzata delle armate francesi in Italia del nord per il successo dei repubblicani.


La COSTITUZIONE BOLOGNESE del 1796, che seguiva lo schema della costituzione del 1795, evidenziò l'iniziativa di Bonaparte e lo spirito repubblicano che prevalse nella città




La costituzione bolognese, in materia elettorale, prevedeva un sistema basato sul TRIPLO GRADO DI ELEZIONE:


le ASSEMBLEE PRIMARIE: i comizi erano generali, decurionali ed elettorali.

Dai COMIZI GENERALI, la cui base di convocazione era la parrocchia, si dovevano eleggere i deputati ai SUPERIORI COMIZI DECURIONALI (un deputato ogni dieci cittadini della parrocchia)

I comizi decurionali nominavano gli elettori per i supremi COMIZI ELETTORALI.

I COMIZI ELETTORALI dovevano radunarsi una volta l'anno per eleggere i 60 membri del CONSIGLIO MINORE e i 300 del CONSIGLIO MAGGIORE.

Il requisito del censo fu mantenuto per la nomina ad elettori, mentre lo si sopprimeva per quella a membri del Corpo Legislativo


Accolto il principio della DIVISIONE DELLE AUTORITÀ è la condizione della GARANZIA SOCIALE, nei riguardi del potere legislativo




Che in nessun caso poteva esercitare né l'autorità esecutiva né l'autorità giudiziaria.




Vigeva un sistema bicamerale, e i membri del Corpo Legislativo godevano dell'insindacabilità e dell'immunità, tranne nel caso di flagranza di reato o di ordine di arresto




I membri del Corpo Legislativo erano rinnovati per 1/3.


Vigeva il sistema di votazione a SCRUTINIO SEGRETO e a

PLURALITÀ di VOTI


Entrambe le Camere avevano la facoltà di nominare COMMISSIONI SPECIALI che dovevano cessare d'ufficio al termine del loro mandato




A differenza dalla Francia si volle GRATUITO IL MANDATO POLITICO.


Il DIRITTO D'INIZIATIVA spettava solo al CONSIGLIO MAGGIORE:
le sue potevano essere approvate solo nella seconda con un intervallo non
inferiore agli otto giorni; salva una DICHIARAZIONE DI URGENZA





RISOLUZIONI


Al CONSIGLIO MINORE spetta esclusivamente l'approvazione o meno delle risoluzioni del Consiglio Maggiore. Le risoluzioni approvate sono LEGGI.


Quanto al POTERE ESECUTIVO vi sono di grande importanza:


MAGISTRATO DEI CONSOLI: composto da 9 membri, rinnovabile annualmente per 1/3. Formava a scrutinio segreto una lista dei consoli e dei municipalisti da eleggere da trasmettere al Consiglio Minore che faceva le scelte. Provvedeva al governo, alla polizia e alla sicurezza; promulgava editti e disponeva della forza armata che non comandava

CORPI MUNICIPALI: 30 membri, per 1/3 rinnovabili ogni anno.


61 articoli riguardavano il POTERE GIUDIZIARIO. Vigendo la rigida separazione dei poteri, fu stabilito anche il canone della PUBBLICITÀ DEI GIUDIZI




previsti di PRIMA e di SECONDA ISTANZA




erano 2 ordinari che giudicavano separatamente


era la ROTA, divisa in 2 sezioni, di 3 membri




se la sentenza emessa da una delle due sezioni non fosse stata conforme a quella del giudice di prima istanza, era consentito il ricorso all'altra sezione.


Tutti i giudici venivano nominati dal Corpo Legislativo


Per le cause appartenenti alla mercanzia era previsto lo speciale tribunale detto FORO DEI MERCANTI.



Specialmente in materia penale, l'ATTO DI ACCUSA doveva essere PUBBLICO. Era ABOLITA la TORTURA.

I danni procurati da errori giudiziari erano riparati dal pubblico erario.


Il TRIBUNALE DI SEGNATURA (costituito da un Giudice Commissario e dai triumviri della Segnatura) decideva le controversie sopra la COMPETENZA del foro.


Questo esempio di Stato democratico moderato non si realizzò perché la repubblica bolognese entrò a far parte della REPUBBLICA CISPADANA



Il cui testo costituzionale fu eletto, come a Bologna, da una vera e propria ASSEMBLEA COSTITUENTE ELETTA che discusse, sebbene socialmente eterogenea, secondo l'influenza del CONTRATTO sociale di Rousseau.


La costituzione era simile a quella dell'anno 1795, solo che al posto dei due Consigli dei Cinquecento e degli Anziani, c'erano quello dei SESSANTA e dei TRENTA e che il DIRETTORIO non era più di cinque ma di TRE membri.


Il territorio della Repubblica era diviso in DIPARTIMENTI, ognuno dei quali aveva un'amministrazione centrale elettiva di 5 membri, presieduta da un Commissario di Governo nominato dal Direttorio


Nell'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO novità assoluta fu l'introduzione della GIURIA POPOLARE.


Le disposizioni finali della costituzione:

soppressione di ogni esenzione

soppressione di ogni privilegio o distinzione contraria all'uguaglianza dei cittadini

abolizione di ogni ostacolo alla libera circolazione delle merci

libertà del commercio estero

libertà di domicilio

parificazione degli stranieri ai cittadini


Carattere militare, finanziario e politico territoriale ebbero altre due repubbliche italiane: la REPUBBLICA LIGURE e la REPUBBLICA ROMANA


Le nuove repubbliche, uniche e indivisibili, proclamavano la SOVRANITÀ POPOLARE. "Ciascun cittadino aveva diritto eguale di concorrere alla formazione della legge




Diritti riservati, per la verità, solo ai CITTADINI ATTIVI:

possessori di "fucile e giberna", istruiti e iscritti nei ruoli della Guardia nazionale

erano esclusi le donne e i domestici


Il POTERE LEGISLATIVO era affidato a due assemblee:


il GRAN CONSIGLIO (corrispondente ai Cinquecento dell'anno III) eletto a suffragio di II grado cui spettava l'INIZIATIVA DELLE LEGGI

CONSIGLIO DEI SENIORI a cui spettava la DECISIONE FINALE


Il POTERE ESECUTIVO era affidato ad un DIRETTORIO di 5 membri. Essi governavano a turni trimestrali e venivano parzialmente cambiati (uno ogni anno). I ministri ai loro ordini erano quelli di giustizia, di guerra, degli affari esteri, degli affari interni e della finanza. Non formavano un consiglio dei ministri.


I DIPARTIMENTI e i MUNICIPI avevano proprie amministrazioni elettive.


Elettivi erano i GIUDICI, i GIURATI, gli ACCUSATORI PUBBLICI e il CANCELLIERE del TRIBUNALE DI CASSAZIONE.



Tutti i testi giuridici e costituzionali italiani segnavano la rottura con le tradizionali concezioni fondate sull'assolutismo monarchico. Nasceva allora la moderna scienza del DIRITTO COSTITUZIONALE:


Giuseppe COMPAGNONI, autore degli "Elementi di diritto costituzionale democratico", delineava i principi fondamentali dello Stato. MILANO era il centro culturale e promotore di queste ideologie. Il giornalismo politico era naturalmente vivacissimo.


Melchiorre GIOIA propugnava la creazione di una repubblica unitaria, così che "rifioriranno gli studi e i commerci; alla voce dell'uguaglianza l'italiano solleverà la fronte dall'abiezione e ravvisando i suoi simili sentirà svilupparsi in peto il germe delle virtù sociali."



5. LA REPUBBLICA PARTENOPEA


La Repubblica Partenopea del 1799 concluse le esperienze costituzionali del triennio giacobino.


Ma molto prima, già dai primi anni '90 il giacobinismo e le idee repubblicane andavano rafforzandosi nel meridione dell'Italia. Con l'aiuto della MASSONERIA, che voleva distruggere la monarchia, si crearono clubs in tutti gli ambienti culturali napoletani, seppur duramente repressi.


Con la fuga di Ferdinando da Napoli e l'appoggio dei giacobini il generale Championnet entrò a Napoli il 19 gennaio 1799. Istituito un organo provvisorio di governo e di rappresentanza nazionale (tra cui Abbamonte, Delfico, Pagano.),




Anima e straordinario fautore del collegamento tra le esperienze del RIFORMISMO e il modello istituzionale francese. Si ispirava fortemente alla concezione di continuità del Filangieri.




Nel rispetto di tale continuità, il primo progetto di legge preparato dal Comitato di Legislazione riguardò il problema dei fedecommessi.



Si trattava di abolire il privilegio e dichiarare il diritto imprescrittibile dei secondogeniti a partecipare come i primogeniti al patrimonio paterno.


Si affermava, nello stesso contesto, la necessità e l'importanza della completa riforma della legislazione civile come condizione di stabilità e di forza del nuovo regime repubblicano e democratico.


Successivamente, Pagano s'impegno nel redigere un testo Costituzionale, fortemente influenzata dalla carta francese del '93, tenendo presente l'esperienza americana, e non dimenticando i Saggi politici dell'autore stesso (che evidenziavano le oggettive diversità fisiche, morali e politiche della nazione).




Al diritto di ogni individuo, alla piena esplicazione della propria personalità, doveva corrispondere l'obbligo di rispettare quella altrui. Tale canone discendeva dal principio che l'ordine giuridico doveva essere certamente mezzo di sicurezza e garanzia nei rapporti, ma doveva tendere altresì alla felicità dell'uomo.


La Costituzione era composta da 421 articoli. I punti salienti:


per esercitare il diritto di VOTO era richiesto il requisito della CONTRIBUZIONE FONDIARIA


La proprietà della terra era condizione di indipendenza civile e politica.

importantissimo era il PROBLEMA EDUCATIVO e il relativo impegno dello Stato (bisognava formare lo spirito civico)




a questi fini corrispondeva l'istituto della CENSURA per salvaguardare la libertà civile e politica dalla licenza e dal mal costume


strumento per assicurare le garanzie costituzionali ed evitare ogni eccesso o usurpazione di potere era l'EFORATO



doveva mantenere ciascun potere entro i suoi limiti, annullando tutti gli atti di quel potere che li avesse esercitati oltre le funzioni attribuitegli dalla Costituzione.


Sebbene i primi 26 articoli erano di chiara ispirazione francese, non può negarsi che lo spirito dei Saggi politici sia largamente penetrato nella Costituzione napoletana:



Egli aveva fede in un ORDINE NATURALE che poteva e doveva realizzarsi nelle leggi e negli ordinamenti (sul presupposto della maturità del popolo napoletano alla libertà civile e politica).


L'UGUAGLIANZA non è un diritto: è la base soltanto di tutti i diritti.



È un rapporto e i diritti sono facoltà


Il titolo V della Costituzione regolava il POTERE LEGISLATIVO:

era esercitato dal:

SENATO DELLA REPUBBLICA

CONSIGLIO





Era mantenuta la COMPLEMENTARIETÀ, ma era rovesciato il rapporto: mentre in Francia le proposte dei Cinquecento (la camera più giovane e numerosa) dovevano essere approvate dagli Anziani, nella costituzione napoletana erano le determinazioni del SENATO a dover essere approvate dal CONSIGLIO per diventare LEGGI dello Stato.


Il POTERE ESECUTIVO si richiamava totalmente al modello dell'anno III: quello che in Francia

era il Direttorio, a Napoli era l'ARCONTATO composto da 5 membri.


Il POTERE GIUDIZIARIO, pur con alcune modifiche, era conforme alle costituzioni francesi.

Dopo aver affermato che né il potere esecutivo né quello legislativo

potevano esercitare funzioni giudiziarie, la costituzione stabiliva i

fondamentali principi secondo cui:

i giudici non possono mescolarsi col potere legislativo, né fare alcun regolamento

non possono arrestare o sospendere l'esecuzione di una legge

non possono citare dinanzi a sé gli amministratori per ragioni delle loro funzioni


Il RIORDINO DEL SISTEMA GIUDIZIARIO fu preparato dallo stesso PAGANO e da Giuseppe ABBAMONTE e stabilito nella legge 14 maggio 1799. La legge si ispirava al modello francese, al Filangieri e alle "Considerazioni sul processo criminale " dello stesso Pagano.



Qui era stato delineato un programma per il riordinamento del sistema giudiziario e del processo:

principio della divisione e dell'equilibrio (indipendenza del giudice e assenza di gerarchie tranne, la Cassazione)

annullate tutte le giurisdizioni speciali (tutela del cittadino attraverso il suo giudice naturale), tranne per il Tribunale di Commercio (unico con sede a Napoli) e per l'Alta Commissione militare

l'amministrazione della giustizia per tutto il territorio della Repubblica è GRATUITA.

I giudici dovevano essere tutti ELETTIVI. Le assemblee primarie eleggevano i giudici di pace (conciliazione pregiudiziale senza limiti di valore. In materia penale solo fino ad un mese di carcerazione. In questo caso era un organo collegiale). Le assemblee elettive tutti gli altri giudici.

Era prevista una larga possibilità di ricorso all'arbitrato

Mancava un organo specifico per il giudizio di appello

Nell'ambito di ciascun dipartimento era possibile la scelta del Tribunale presso il quale l'attore doveva presentare la sua domanda.

Quando un cittadino voleva intentare un'azione doveva rivolgersi ad un organo speciale (Commissario presso l'Amministrazione centrale).


In materia penale:


c'era un Tribunale criminale in ogni dipartimento composto da 3 giudici e un Pubblico Accusatore (aveva il compito di perseguire i delitti).

Due erano le fondamentali novità:

i giudici discutevano in segreto, ma votavano pubblicamente

introduzione dei GIURY : 3 di accusa (stabilivano se ci fosse l'attendibilità dell'accusa) e 1 di giudizio (stabiliva se l'imputazione fosse sussistente o meno) venne abolita ogni forma di tortura.


Al vertice del sistema c'era la CORTE DI CASSAZIONE, composta da 7 membri e un Commissario del Governo




I suoi erano GIUDIZI DI LEGITTIMITÀ


La vita della Repubblica si concluse nell'estate del 1799, quando le truppe di Ruffo entrarono in città facendo capitolare la fortezza di S. Elmo l'11 luglio 1799


Sebbene durata pochi mesi, la Repubblica partenopea lasciò un segno politico-istituzionale indelebile nella coscienza meridionale italiana, preparando le grandi modifiche istituzionali del decennio napoleonico




L'ETÀ NAPOLEONICA


IL COLPO DI STATO IN FRANCIA E LA COSTITUZIONE DELL'ANNO VIII


Dopo l'estate del 1799 le sorti della guerra erano sfavorevoli alla Francia e il debole Direttorio rimaneva paralizzato dalle crescenti tensioni interne tra i "Cinquecento" e gli "Anziani"




In questo contesto NAPOLEONE costruì le basi per la conquista del potere. In un mese preparò e realizzò il COLPO DI STATO per rovesciare il regime costituzionale del 1795



Il nuovo governo era fortemente ACCENTRATO e tendente a sostenere le aspirazioni BORGHESI ed allontanare i risorgenti GIACOBINI.


Il generale attuò nel suo progetto istituzionale realismo e concretezza:

LEGISLAZIONE UNICA e fondata sul CODICE CIVILE.


Il 19 brumaio le truppe decretarono la fine del Direttorio. Al suo posto fu nominata una COMMISSIONE CONSOLARE ESECUTIVA composta da:


Sieyès

Roger Ducos  autorità straordinaria

Napoleone Bonaparte


Il CORPO LEGISLATIVO rimaneva formalmente in vita. Due commissioni di 25 membri dovevano preparare all'interno dei Consigli degli Anziani e dei Cinquecento per le modifiche da apportare alla Costituzione.



In sostanza furono i consoli a preparare e stabilire le norme: di Sieyès vi fu il principio base della sovranità nazionale



Concepita, però, come la risultante di una fiducia proveniente dal basso, cioè dal popolo, e da una autorità proveniente dall'alto, cioè dal governo.



Il BOULAY teorizzava come nessuno doveva essere rivestito di una funzione pubblica se non accompagnato dalla fiducia di coloro sui quali doveva esercitarsi tale funzione. Ma, allo stesso tempo, nessuno doveva essere nominato da coloro sui quali doveva pesare la sua autorità





Queste due regole si resero praticabili rendendo il popolo in grado di manifestare la sua fiducia con la scelta di una lista di eleggibili, mentre la nomina dei vari funzionari doveva venire dall'alto, da un "Grande elettore" con il compito di regolare e assicurare il buon andamento delle varie istituzioni.





Era il trionfo del principio del NOTABILITATO


Il generale, in qualità di PRIMO CONSOLE, si accentrò gran parte dei poteri


La COSTITUZIONE era ispirata ai principi di Sieyès per le LISTE del NOTABILITATO




i cittadini di ogni circondario comunale designano ci loro suffragi quelli fra di loro che credono più adatti a gestire gli affari pubblici (1/10)

i cittadini compresi nelle LISTE COMUNALI di un DIPARTIMENTO designano ugualmente 1/10 di loro (LISTA DIPARTIMENTALE)

i cittadini portati nella lista dipartimentale designano parimenti 1/10 di loro per la LISTA NAZIONALE


sempre per ispirazione di Sieyès fu istituito il SENATO CONSERVATORE, con pochissimi effettivi poteri


per quanto riguarda il POTERE LEGISALATIVO furono istituiti nuovi organi:


il TRIBUNATO, composto di 100 membri, che discuteva i progetti di legge e ne votava l'approvazione o il rigetto

il CORPO LEGISLATIVO, composto di 300 deputati, che approvava le LEGGI a scrutinio segreto e senza nessuna discussione




L'INIZIATIVA LEGISLATIVA spettava al GOVERNO






Il GOVERNO veniva affidato a 3 CONSOLI nominati per 10 anni e rieleggibili indefinitivamente. La collegialità era, in realtà, pura finzione.




I poteri spettavano solo al PRIMO CONSOLE:

promulga le leggi

nomina e revoca a volontà i membri del Consiglio di Stato, i ministri, gli ambasciatori ed altri agenti all'estero, gli ufficiali dell'armata, i membri delle amministrazioni locali e i commissari del Governo presso i tribunali

nomina tutti i giudici criminali e civili, i giudici di pace e di cassazione senza poterli revocare


il SECONDO e il TERZO CONSOLE hanno poteri CONSULTIVI


il GOVERNO propone le leggi e fa i REGOLAMENTI necessari per la loro esecuzione


nell'ambito dell'ESECUTIVO era incardinato il CONSIGLIO DI STATO



posto sotto la direzione dei CONSOLI, incaricati di:

redigere i progetti di legge e i regolamenti d'amministrazione pubblica

di risolvere le difficoltà che sorgono in materia amministrativa


il POTERE GIUDIZIARIO ebbe una normativa essenziale, tuttavia ripresa da molti dei Paesi influenzati dalle istituzioni francesi:


ogni circondario comunale aveva uno o più GIUDICI DI PACE eletti immediatamente dai cittadini per 3 anni. La loro funzione era quella di conciliare le parti o, in caso di insuccesso, farle giudicare da àrbitri

in materia CIVILE vi erano i TRIBUNALI DI PRIMA ISTANZA e i TRIBUNALI D'APPELLO

in materia dei DELITTI che importano la PENA AFFLITTIVA o infamante, un PRIMO GIURÌ ammette o rigetta l'accusa; se essa era ammessa un SECONDO GIURÌ riconosce il fatto; e i giudici formano un TRIBUNALE CRIMINALE applicando la pena. Il loro giudizio era SENZA APPELLO.

La funzione dell'ACCUSATORE PUBBLICO era assolta, presso un Tribunale criminale, dal COMMISSARIO DEL GOVERNO

I DELITTI che NON importano la PENA AFFLITTIVA o infamante erano giudicati dai TRIBUNALI DI POLIZIA CORREZIONALE, salvo APPELLO ai tribunali criminali

Per tutta la Repubblica vi era un TRIBUNALE DI CASSAZIONE che decide sulle domande di cassazione contro i giudizi in ultima istanza. Esso non entra nel merito della questione; ma cassa i giudizi resi con procedure nelle quali le forme siano state violate

Gli AGENTI DEL GOVERNO, tranne i ministri, non possono essere perseguiti per fatti relativi allo loro funzioni, se non in virtù di una decisione del Consiglio di Stato. In questo caso il procedimento ha luogo davanti ai tribunali ordinari


L'ultimo titolo conteneva DISPOSIZIONI GENERALI come:


l'inviolabilità del domicilio

le garanzie per i cittadini contro arresti arbitrari


BONAPARTE, con la stessa abilità militare, riuscì a dare l'impulso decisivo alla completa

attuazione di una nuova architettura dello Stato, riformando e rielaborando

sistematicamente tutte le istituzioni giuridiche, finanziarie e amministrative.



Con un senato-consulto venne nominato CONSOLE A VITA



Primo passo verso l'IMPERO


Ratificava e rendeva esplicita la realtà vigente.


Napoleone si riservò il diritto di nominare i membri del CONSIGLIO DI STATO





Diviso in 5 sezioni (finanze, legislazione, interno, guerra e marina), metteva al servizio del Primo Console tutte le migliori competenze tecniche della Francia



Era il più importante organo tecnico-ausiliario-istituzionale dello Stato. Esso:


redigeva i progetti di legge;

preparava i regolamenti di amministrazione pubblica;

risolveva le questioni amministrative;

autorizzava le azioni giudiziarie contro gli agenti del Governo per fatti relativi all'esercizio delle loro funzioni

si esprimeva sul significato delle leggi (interpretazione autentica tramite i suoi AVVISI)



una volta approvati dai consoli avevano VALORE DI LEGGE


il processo di ACCENTRAMENTO delle istituzioni fu così completato. A livello supremo il potere di giudicare apparteneva sempre al Capo dello Stato.


Il sistema giuridico progredì a seguito della creazione del Consiglio di Stato e dei Consigli di Prefettura, separati, paralleli e indipendenti l'uno dagli altri, entrambi sottoposti all'autorità del Primo Console.


LA CODIFICAZIONE NAPOLEONICA


Alla fine del XVIII secolo si era ormai affermata l'idea di un CODICE espressione massima delle tendenze illuministiche volte a garantire in un sistema di regole, tra loro strettamente connesse, le relazioni degli uomini nella società.






Napoleone attuò la completa STATALIZZAZIONE e l'UNITÀ DEL

DIRITTO




Dopo il Colpo di Stato, riuscì a sollecitare la realizzazione di una disciplina completa ed esauriente nelle diverse materie.



Esisteva una stretta connessione tra le affermazioni espresse dalla rivoluzione francese e la concezione della legge che, come regola astratta generale, trova in un sistema codificato e unitario il suo più tipico modello di espressione


L'idea stessa del codice esprimeva una scelta ideologica legata a precise vicende storiche. Già dalla metà del '700 il caos e l'incertezza legislativa suggeriva una semplificazione e una strutturazione del sistema reso ancora più incomprensivo dalle difficoltà linguistiche e dal pluralismo delle fonti a seguito della crescente lotta politica contro le vecchie strutture.


Due giuristi furono determinanti nella realizzazione della CODIFICAZIONE:

DOMAT, che distinse DIRITTO PRIVATO e DIRITTO PUBBLICO





Doveva ispirarsi al diritto naturale   riguardava l'ordine giuridico dello Stato che stabiliva le sue regole in funzione di un criterio politico


Esso era facilmente riducibile a principi

razionali, su cui costruire un sistema

compiuto senza lacune o contraddizioni.


Il DIRITTO veniva costruito in modo che ogni parte contribuisse a formare l'intero e ogni soluzione avesse all'interno il suo fondamento e la sua conferma.


L'esigenza della codificazione era dovuta alla confusione della compilazione Giustinianea e dal fatto che le sue norme erano ormai troppo lontane nel tempo. Tuttavia Domat riconobbe al diritto romano le grandi regole naturali di equità e la ragione scritta.


POTHIER, il quale si preoccupò di UNIFICARE IL DIRITTO FRANCESE eliminando le distinzioni del diritto scritto e del diritto consuetudinario, del diritto feudale e del diritto canonico




L'originalità stava anche nell'impiego di una TERMINOLOGIA UNIFICATA


Il CODICE rappresentò un momento significativo della storia della codificazione perché le ISTANZE BORGHESI furono assunte come MODELLO per la SISTEMAZIONE DEL DIRITTO



Garantiva all'individuo un ambito di libertà nel quale potesse agire liberamente senza altro limite che quello di non invadere la sfera di libertà altrui. I principi di eguaglianza si realizzarono nella tutela del proprietario e nel riconoscimento della libera disponibilità dei propri beni e dell'iniziativa economica. Il diritto di proprietà era assoluto



Il CODE NAPOLÉON era un mix perfetto di

motivi politico-istituzionali (GARANTISMO e STATUALISMO)

bisogni di sintetizzare la giurisprudenza

progetto di un nuovo ordine razionale della società




lo STATO era ormai l'UNICA FONTE DEL DIRITTO


Ruotando tutto il sistema intorno al SOGGETTO e alla sua VOLONTÀ, la scienza giuridica poté costruire il DIRITTO SOGGETTIVO come signoria della volontà, la PROPRIETÀ come signoria sulla cosa e il NEGOZIO GIURIDICO come dichiarazione di volontà


Valore primario si attribuiva all'INDIVIDUO con la sua SFERA DI LIBERTÀ NATURALE PRIVATA, per cui FUNZIONE dello STATO era soprattutto quella di GARANTIRE questa senza possibilità di sindacarne e guidarne l'uso.


Il progetto del CODICE fu discusso, modificato e approvato dal CONSIGLIO DI STATO, col supporto determinante dello stesso Napoleone, il 21 marzo 1804.


Il codice era tendenzialmente diretto a racchiudere la disciplina di tutti i rapporti di diritto privato. Si rafforzò, di riflesso, la possibilità della LEGISLAZIONE SUCCESSIVA affidando al legislatore l'adattamento del diritto ai nuovi bisogni.


Il GIUDICE era tenuto a considerare il codice come una regolamentazione COMPLETA ed ESAURIENTE di tutti i rapporti civili


DIVIETO ASSOLUTO DI INTEGRAZIONI AL CODICE. Non erano ammessi ricorsi ad equità, all'ordine etico, alla coscienza sociale, al consenso della collettività.




Art.4: che faceva parte delle DISPOSIZIONI PRELIMINARI che, in numero di 6 articoli, affermavano principi cardine come quello del PRIMATO ASSOLUTO DELLA LEGGE e la SUBORDINAZIONE DEL GIUDICE alla VOLONTÀ DEL LEGISLATORE.


Erano escluse legittimazioni alle fonti (v. CONSUETUDINE) diverse da quelle riconosciute dal legislatore.


Venne contrastata la potenza dei grandi tribunali, in modo da porre un giusto limite all'attività del giudice, anche favorendo l'interpretazione dottrinale (non quella dei grandi tribunali e delle auctoritates dottrinali), purché fosse chiara e consistente nel cogliere il vero senso della legge.


Le leggi obbligano in tutto il territorio francese in forza della promulgazione fatta dall'Imperatore.

La legge non dispone che per l'avvenire, essa non può avere effetto retroattivo

Le leggi di polizia e di sicurezza obbligano tutti quelli che dimorano nel territorio

I francesi residenti in paese straniero sono soggetti alle leggi, che riguardano lo Stato, e la capacità delle persone.


Dopo 3 anni dalla promulgazione del codice civile fu varato il CODICE DI COMMERCIO


Complementare al primo per la realizzazione piena ed efficace degli interessi borghesi e dei nuovi principi fondamentali francesi. Il codice interpretava la necessità di rispettare l'accentramento napoleonico in questa materia, tanto più che la rivoluzione aveva distrutto le arti e le corporazioni di origine medievale.


Il codice era molto severo, poiché volontà di Napoleone era di colpire i fallimenti (argomento cardine del codice), molti dei quali di origine dolosa.


Particolare attenzione fu dedicata dal legislatore al DIRITTO PROCESSUALE




Napoleone era contro l'incertezza dei processi, per questo codificò:

il DIRITTO PROCESSUALE CIVILE, non riuscito come il Codice civile, ma piuttosto ispirato alle ordonnance del 1667, razionalizzava la prassi procedurale consolidata e largamente adottata dai giuristi pratici. Contemplava due procedimenti: il PROCESSO SOMMARIO davanti ai GIUDICI DI PACE (contraddittorio orale tra le parti) e quello davanti a TUTTI GLI ALTRI GIUDICI (formale e scritto)

il DIRITTO PROCESSUALE PENALE, privato degli abusi dell'ancien régime, divenne certo e ispirato al sistema inglese del jury; i principi essenziali erano quelli secondo i quali: 1) nessuna azione poteva essere considerata reato se la legge non le dava questo carattere; 2) il giudice non poteva applicare altre pene che quelle determinate dalla legge; 3) la pena era uguale per lo stesso genere di delitti e strettamente personale; 4) le crudeltà che accompagnavano l'esecuzione della pena di morte erano abolite

il DIRITTO PENALE


Fornivano GARANZIE contro gli errori e le sorprese.




DALLA REPUBBLICA AL REGNO NAPOLEONICO D'ITALIA


La POLITICA NAPOLEONICA nei confronti dell'Italia presentò un duplice aspetto:


consolidare e diffondere le istituzioni e i principi scaturiti dalla rivoluzione

fece pesare sui popoli l'esigenza di una crescente espansione militare e territoriale


Ad ogni modo i patrioti rivoluzionari vedevano in Napoleone l'unica speranza di progresso



MELZI sperava che il generale creasse uno Stato settentrionale autonomo


PARIBELLI auspicava la creazione di uno Stato unitario da lui guidato.


Dopo la vittoria di MARENGO (14 giugno 1800) napoleone nominò:

una Commissione di 9 membri a cui affidò l'ESECUTIVO

una CONSULTA di 50 membri a cui affidò il LEGISLATIVO

nel gennaio 1802 venne emanata la Costituzione e proclamata la REPUBBLICA ITALIANA, al posto della seconda Repubblica Cisalpina



fondamentale fu l'apporto di Francesco MELZI d'ERIL, che assieme ai più illustri uomini italiani, cercò di conferire stabilità governativa senza mettere in pericolo gli ideali di libertà.




Napoleone fu acclamato Presidente.


Le liste dei notabili vennero modificate in favore della creazione di TRE COLLEGI:


dei POSSIDENTI, 300 cittadini, composto dai proprietari che avessero in rendita almeno 6 mila lire annue

dei DOTTI, 200 cittadini, composto dagli uomini più celebri in ogni genere di scienze o arti liberali

dei COMMERCIANTI, 200 cittadini, scelti tra i negozianti più accreditati e i fabbricanti più distinti.


Il GOVERNO era incentrato, ovviamente, sulla figura del PRESIDENTE




Cui spettava in via esclusiva l'iniziativa di tutte le leggi, i negoziati internazionali, il potere esecutivo, la nomina dei ministri e degli alti funzionari dello Stato.


Il SISTEMA GIUDIZIARIO aveva delle novità rispetto a quello francese:


per le CAUSE CIVILI erano previsti i CONCILIATORI, i GIUDICI di PRIMA ISTANZA, i TRIBUNALI D'APPELLO; 2 TRIBUNALI DI REVISIONE e la CORTE DI CASSAZIONE

NON si dava APPELLO per 2 CAUSE CONFORMI, ma solo in caso di 2 sentenze discordanti

La CASSAZIONE non solo annullava i giudicati inappellabili nei quali siano state violate le forme , ma si pronunciava anche sulle QUESTIONI D'INCOMPETENZA delle CAUSE CRIMINALI

Le CAUSE CIVILI avevano il DOPPIO GRADO

Le CAUSE PENALI avevano UNICO GRADO con il sistema della GIURIA NON TOGATA.


La Repubblica venne divisa in 12 DIPARTIMENTI retti da PREFETTI



Organi di direzione, di controllo, di impulso della nuova AMMINISTRAZIONE


A fianco dei prefetti vennero posti 2 LUOGOTENENTI con diritto di voto consultivo e di

supplenza in caso di assenza del prefetto.


Nello svolgimento dei suoi compiti il prefetto era assistito da un CONSIGLIO DI PREFETTURA composto da 5 a 7 consiglieri.


Il CONSIGLIO DIPARTIMENTALE affiancava il prefetto. Era composto da 21 cittadini possidenti di nomina governativa. Si riuniva su convocazione del prefetto per regolare tra i comuni la ripartizione delle IMPOSTE NAZIONALI e DIPARTIMENTALI


Il DIRITTO PUBBLICO divenne efficientissimo in esaltazione dell'iniziativa economica, la tendenza all'ordine e alla trasparenza della spesa, nonché coniugata alla difesa e alla dignità dello Stato e della sua autonomia


Con la PROCLAMAZIONE dell'IMPERO divenne ineluttabile la trasformazione della Repubblica in REGNO D'ITALIA




Divenuto Napoleone IMPERATORE nel 1804


Dopo la battaglia di Austerlitz, l'Austria cedette anche il VENETO e, dopo la caduta del vicepresidente Melzi si rafforzò la diretta influenza francese attraverso un'ulteriore incremento degli strumenti centralistici dello Stato napoleonico.


Il CODICE CIVILE venne introdotto in Italia nel 1806



Strumento di unificazione legislativa, politica, culturale e territoriale, contro i particolarismi passati e retrogradi


Centrato sulla PROPRIETÀ e sui diritti che ne scaturivano.



Per la prima volta, il Codice civile, parlava di CITTADINANZA ITALIANA e dei modi di acquisto della stessa.


Nello stesso anno fu emanata la RIFORMA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO. Vennero introdotti:

GIUDICI DI PACE aveva competenza nelle cause personali o reali fino al valore di 600 lire, inappellabilmente se la causa non superava le 100 lire. Poteva esercitare funzione di conciliazione per tutte le materie che non fossero di competenza propria o dei tribunali di commercio. Nel rispettivo circondario era Giudice di Polizia e giudicava per le trasgressioni minori. Le sue sentenza in materia penale erano inappellabili

TRIBUNALI DI COMMERCIO

TRIBUNALI DI PRIMA ISTANZA a 2 sezioni (civile e correzionale criminale)

CORTI DI GIUSTIZIA (civile e criminale) il suo giudice incaricato non aveva voto deliberativo. La Corte deliberava contestualmente prima sul fatto, poi sul diritto per l'applicazione della pena. Il giudizio era determinato dall'intimo convincimento del giudice.

CORTI D'APPELLO (sede nella capitale del Dipartimento)

CORTE DI CASSAZIONE organo supremo di controllo, impediva che i giudici, nell'assoluta indipendenza in cui operavano, sostituissero alla legge l'opinione o l'arbitrio


La NOMINA dei giudici era di SPETTANZA GOVERNATIVA.


Presso ogni tribunale erano accreditati i PATROCINATORI, dal compito specifico di assistere le parti in giudizio e compiere gli atti relativi.


Senza la loro assistenza nessun atto processuale poteva aver luogo.


In MATERIA PENALE era ammesso il ricorso in CASSAZIONE.


Il PROCURATORE GENERALE esercitava la funzione di AGENTE DEL GOVERNO PRESSO I GIUDICI



Era l'organo immediato della corrispondenza del ministro della Giustizia con le corti e i tribunali.


Doveva VIGILARE sull'osservanza delle leggi e sulla regolare esecuzione dei giudicati



MILANO fu la CAPITALE napoleonica di cultura, il cui principale esponente fu Gian Domenico ROMAGNOSI



Operò molto nel campo del DIRITTO PUBBLICO e nella restaurazione della CIVILE FILOSOFIA dalla quale derivavano i dogmi della ragion sociale pubblica e privata.



4. IL DECENNIO FRANCESE A NAPOLI


L'INCAPACITÀ BORBONICA favorì l'adesione al modello autocratico del CONSOLATO. Come Vincenzo CUOCO molti altri patrioti videro nelle istituzioni napoleoniche l'unico ponte per collegare due sponde che la rivoluzione del '99 aveva allontanato:


la TEORIA DELLE RIFORME

la REALTÀ SOCIALE DEL REGNO


il modello francese si rivelò adatto alle esigenze dello Stato meridionale. I codici affermavano l'assoluta sovranità dello Stato e il nuovo corpo di regole assicurava le necessarie garanzie di certezza.


Il nuovo regime durò dal 1806 al 1815, ma lasciò tracce indelebili nella società e nelle istituzioni



Le armate francesi entrarono a Napoli per espandere la loro egemonia verso oriente.

Il potere fu affidato ad un parente, Giuseppe Bonaparte, il quale riorganizzò l'amministrazione dello Stato per rendere possibili le riforme e collegare il Regno al sistema politico-istituzionale della "Grande Nation"


La priorità di una riforma amministrativa era già emersa nel dibattito degli ultimi 2 decenni del secolo XVIII tra i riformatori meridionali e in particolare dal ministro ZURLO


Si affermò nella vita politica e giuridica italiana il modello napoleonico di CENTRALIZZAZIONE, reprimendo le spinte centrifughe dei giacobini.


Fin dal maggio 1806 fu creato il CONSIGLIO DI STATO sul modello francese





Doveva preparare la nuova legislazione e guidare con i ministri il nuovo sistema dell'amministrazione civile centrale e periferica.




Il Regno di Napoli venne diviso in 13 Province, a loro volta distinte in 40 distretti, comprendenti complessivamente 495 circondari.


Le autorità provinciali furono strettamente legate al potere centrale mediante la creazione degli INTENDENTI, che sostituirono i presidi.



Incaricato dell'amministrazione civile, finanziaria e di polizia

Alle sue dirette dipendenze vi erano i SOTTOINTENDENTI, ciascuno a capo di un distretto


Per ogni provincia era previsto un:

CONSIGLIO D'INTENDENZA formato da 3 magistrati di nomina regia, era l'organo fondamentale del sistema del contenzioso a livello periferico 

CONSIGLIO GENERALE DI PROVINCIA composto di 15 membri si riuniva una volta l'anno per la ripartizione delle imposte dirette


Rappresentava la premessa per la distinzione tra:

ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA

ATTIVITÀ DEL CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO




Per "affari contenziosi" si comprendono le questioni puramente amministrative, le quali vengono in ultima istanza portate e decise, nell'ordine e nel merito, dal re, sentito il Consiglio di Stato (Romagnosi)


La separazione nei confronti dell'ordine giudiziario propiziava una certa autonomia dell'intero sistema contenzioso, anche nei confronti del sovrano.



Mentre uno dei primi atti del governo era stato quello di abolire la feudalità, le leggi napoleoniche coronavano antiche aspirazioni del riformismo meridionale.


L'eversione feudale fu affiancata da una grande riforma fiscale: essa sanciva il trionfo della borghesia e della proprietà privata


Il Regno fu formalmente e sostanzialmente, per molti aspetti, indipendente da Parigi, per cui un ruolo fondamentale giocò la dottrina giuridica locale.


Con Gioacchino MURAT (sostituito a Giuseppe Bonaparte) il consenso popolare divenne straordinario. Egli si avvalse dell'opera di ZURLO per le sue riforme, assieme a Francesco RICCIARDI, il principe PIGNATELLI e il duca GALLO




Riorganizzazione dell'intero sistema giudiziario:

creazione di 4 GRAN CORTI CIVILI (L'Aquila, Trani, Catanzaro e Napoli)

creazione della SUPREMA CORTE di CASSAZIONE

Il CODICE CIVILE entrò in vigore nel 1809 con il solo ostacolo sul MATRIMONIO e sul DIVORZIO, per via del contrasto con le tradizioni religiose

Entrò in vigore il CODICE di PROCEDURA CIVILE, traduzione letterale del francese

Nel 1811 entrò in vigore anche il CODICE PENALE



























DALLA RESTAURAZIONE AL 1848


LA RESTAURAZIONE IN FRANCIA E IN ITALIA


I CARATTERI DELLA RESTAURAZIONE


In tutto il continente europeo la rivoluzione francese e Napoleone avevano trasformato la struttura giuridica e politica, le autorità, le relazioni economiche e proclamato i diritti dell'uomo e delle nazioni.




Dopo il 1814 le forze CONSERVATRICI cercarono di trasferire sul piano istituzionale la vittoria conseguita contro Napoleone




Il principe di Metternich, per fare solo un esempio, era deciso a difendere quanto era stato fissato dal CONGRESSO DI VIENNA





Rafforzare i restaurati regimi conservatori e sostenere i sovrani legittimi


La Restaurazione dimostrò l'impraticabilità dei programmi di integrale ritorno reazionario agli antichi ordinamenti.



Il complesso impianto istituzionale napoleonico si rivelava troppo radicato nella società per essere bruscamente estirpato.


Tra i programmi del movimento REAZIONARIO e gli ideali di libertà della NUOVA SOCIETÀ, finirono per rafforzarsi le istituzioni napoleoniche


Ritornare agli ordinamenti prerivoluzionari avrebbe inasprito ancora di più il fronte antimonarchico, cosicché si decise di fare salve le conquiste della borghesia (che ormai, acquistati i beni ex-feudali partecipava alla vita politica e all'Amministrazione. Era schierata contro ogni tentativo di sovversione dell'ordine sociale)




Bisognava coltivare, invece, l'aspirazione alla stabilità della nuova classe dirigente.


La Restaurazione in Francia fu caratterizzata dalla CONCESSIONE di una CARTA COSTITUZIONALE (ottriata) che lasciava ampi poteri al monarca, ma che salvaguardava i diritti fondamentali dei cittadini affermati nella Dichiarazione del 1789.


In Italia, a parte assurde scelte retrive del Piemonte, i nuovi ordinamenti giuridici rimasero sostanzialmente operanti.


La costituzione della SANTA ALLEANZA e le sue implicazioni militari fu uno degli strumenti dell'azione politica conservatrice europea di Metternich




Al fine di mantenere l'equilibrio sociale venne organizzato un articolatissimo controllo poliziesco sulle attività non strettamente private dei cittadini. Anche la Chiesa diventava uno strumento di prevenzione e conservazione, in quanto protagonista della Santa Alleanza. Si ebbe dunque un'alleanza tra potere laico ed ecclesiastico


Le grandi potenze vincitrici (Austria, Russia, Inghilterra, Prussia e Francia) proclamarono il loro diritto di rimuovere con ogni mezzo ogni pericolo all'ordine fondato a Vienna.


Affermazione del principio d'intervento armato che si risolse in una determinante pressione militare austriaca in Italia, ostacolando seriamente il rinnovamento costituzionale negli Stati preunitari della penisola.


LA RESTAURAZIONE IN FRANCIA. LA CHARTE OCTROYÈE (4 GIUGNO 1814)


La cautela con la quale i vincitori trattarono la Francia era evidente. Perciò mediatore per una salda ripresa del potere da parte di LUIGI XVIII di Borbone fu TALLEYRAND che aprì trattative sulla base di un regime moderatamente costituzionale.



La concessione di una carta costituzionale da parte di Luigi XVIII rispondeva dunque all'esigenza dei Borbone di consolidare il trono tenendo conto di una realtà ormai consolidata.





La carta risultò gradita alla borghesia:


I 12 articoli del DIRITTO PUBBLICO DEI FRANCESI prendeva il posto della Dichiarazione dei diritti e dei doveri, ma i capisaldi delle precedenti costituzioni venivano mantenuti a partire dall'UGUAGLIANZA di tutti i cittadini di fronte alla legge.


In tema religioso (art.5) venne affermata una linea politica contraria ad ogni principio teocratico negatore di libertà. Tuttavia la religione cattolica, apostolica e romana era la religione dello Stato.


Venne riconosciuta la libertà di stampa


La proprietà era abbracciata da un diritto inviolabile


Il POTERE LEGISLATIVO era esercitato collettivamente:

dal RE,

dalla CAMERA DEI PARI (al posto del Senato)

dalla CAMERA DEI DEPUTATI (sistema di elezione censitario)

l'ESECUTIVO faceva capo al RE


notevole era l'ARRETRAMENTO per quanto concerneva "l'ORDINE" GIUDIZIARIO, non più potere.




Tutta la giustizia emana dal re. È amministrata in suo nome. E sono pertanto poste in posizione subordinata rispetto al sovrano. Tuttavia essi erano comunque inamovibili


LA RESTAURAZIONE IN ITALIA: IL PIEMONTE E IL LOMBARDO VENETO


Le sorti dell'appetibile Italia vennero decise a Vienna ignorando tutti i nuovi bisogni e le aspirazioni politiche che il ventennio napoleonico aveva suscitati.


Nel 1815 l'AUSTRIA si era assicurata il

dominio diretto sul LOMBARDO-VENETO, compreso TRENTINO e

VALTELLINA.



Il CONTROLLO sull'ADRIATICO era ASSOLUTO


dominio indiretto (e perciò inefficace) sul DUCATO DI PARMA (a Maria Luisa d'Asburgo), il DUCATO di MODENA e il GRANDUCATO DI TOSCANA

ebbe il diritto di presidiare militarmente FERRARA e PIACENZA, con evidenti possibilità di intervento nello STATO PONTIFICIO

il REGNO DI SARDEGNA rifiutò di sottoscrivere un trattato di alleanza con l'Austria (anche per la protezione russa contraria all'espansione asburgica)



Vittorio Emanuele entrò a Torino il 20 maggio 1814: il giorno dopo erano abolite tutte le leggi "francesi" e si ritornava al medioevo.


Abolita la Corte di Cassazione, al vertice di tutte le magistrature del Regno di Sardegna tornava l'antico Senato, mentre in ogni provincia si ripristinava il Consiglio di Giustizia


Presieduto da un senatore col titolo di Reggente.


Vittorio Emanuele criticava la concessione della Costituzione da parte di Luigi XVIII


Solo con un ministro moderato come Prospero BALBO si iniziò una timida opera di riforma e di riordinamento del sistema giuridico


Mentre l'indipendenza del Piemonte era salva, il LOMBARDO-VENETO fu costruito come Stato vassallo dell'Austria



La carica di viceré era puramente decorativa. Le Congregazioni centrali di Milano e Venezia erano istituzioni di facciata, mentre tutte le istituzioni napoleoniche venivano abolite.





A differenza del Piemonte, il Codice Napoleone fu sostituito da una normativa valida e moderna: il CODICE CIVILE AUSTRIACO




Ispirato ai principi illuministici, rappresentava la borghesia forse meglio del napoleonico:


riguardava solo le norme di DIRITTO PRIVATO

venivano GARANTITI i PRINCIPI FONDAMENTALI


il CODICE PENALE AUSTRIACO aveva pene severe e pesanti (carcere duro, carcere durissimo, pena di morte) e si ritornava alle ombre del PROCEDIMENTO INQUISITORIO e SEGRETO


l'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO era quello austriaco:

PRETURE al gradino più basso

TRIBUNALI in ogni capoluogo di provincia

TRIBUNALI D'APPELLO a Milano e Venezia


Scompariva la Corte di Cassazione per i giudizi di legittimità; ritornavano le regole del diritto comune circa l'appello (REVISIONI e QUERELAE NULLITATIS)



prima dell'AULICO SUPREMO TRIBUNALE di VIENNA e da una sezione distaccata a Verona (Senato Lombardo-Veneto) con funzioni di TERZA ISTANZA


I DIRITTI POLITICI vennero DISSOLTI, sebbene una particolare attenzione era dedicata alla tutela dei DIRITTI CIVILI



Nei confronti dei soli CITTADINI-SUDDITI, portatori di

interessi non contrapposti a quelli dello Stato centrale


ogni INIZIATIVA partiva dal GOVERNO di VIENNA.


Mentre erano proibite tutte le associazioni massoniche e carbonare (reato di alto tradimento) quasi tutti gli impiegati civili vennero mantenuti ai loro posti



Questo perché il corpo burocratico era fortemente legato al potere centrale


Il nuovo ordine imperiale, per mezzo della legislazione comunale e provinciale, tendeva spegnere ogni focolaio di autogoverno.




Con legge 1 febbraio 1816 si divideva il Regno in province, distretti e comuni



Il governo locale, sotto lo stretto controllo dell'autorità era affidato ai proprietari locali; ai possidenti (o gli "estimati") che eleggevano una DEPUTAZIONE


Il controllo dell'amministrazione da parte della popolazione era inesistente


La strategia di crearsi una solida base sociale su cui appoggiarsi, adottata dall'Austria, era ben diversa da quella adoperata da ALESSANDRO DI RUSSIA





Che nel 1816 CONCESSE una COSTITUZIONE ai polacchi


In Italia l'Austria governava le province con una fortissima, "paterna" centralizzazione BUROCRATICA di stampo MILITARE




Gli austriaci erano i capi dell'AMMINISTRAZIONE e della POLIZIA (con una fittissima rete di informatori)


I libri di testo elementari venivano scelti direttamente dalla Cancelleria imperiale


Tutte le pubblicazioni erano vagliate dal Supremo Aulico Dicastero di Censura.



4. LA RESTAURAZIONE NELLO STATO PONTIFICIO. IL CARDINALE ERCOLE CONSALVI


Anche negli Stati del Pontefice le idee e le istituzioni nate dalla rivoluzione francese erano penetrate e coinvolto larghi strati della società.


Pio VII non aveva idee e volontà per corrispondere alle diffuse aspirazioni di miglioramento dei sistemi di governo



Si avvalse, perciò, dell'opera di uno degli uomini di Stato più intelligenti e capaci: Ercole CONSALVI, esperto diplomatico ed acuto conoscitore dell'ordinamento giuridico, vicino ai sistemi di governo che avevano caratterizzato il PATERNALISMO ILLUMINATO


La sua politica era caratterizzata da una ferma OPPOSIZIONE ad ogni forma di COSTITUZIONALISMO.




Tuttavia le innovazioni napoleoniche erano impossibili da rovesciare completamente, così la moderazione ispirò l'editto del 5 luglio 1815 per l'impianto del governo provvisorio nelle province di Bologna, Ravenna e Ancona



Fu mantenuta l'organizzazione amministrativa e giudiziaria francese, mentre la legislazione napoleonica fu abrogata.


Il motuproprio del 6 luglio 1816 stabilì il nuovo quadro istituzionale che tradusse in pratica le convinzioni moderate del Consalvi:


organizzazione dello STATO: esso veniva diviso in DELEGAZIONI distinte in 3 CLASSI:


le delegazioni di PRIMA CLASSE venivano affidate ad un Cardinale Delegato (le delegazioni erano quelle di Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì, Urbino e Pesaro). Al DELEGATO erano affidate la DIREZIONE ed il COORDINAMENTO della PUBBLICA AMMINISTRAZIONE e della GIURISDIZIONE. Ogni delegato era assistito da 2 ASSESSORI di nomina pontificia e da una "CONGREGAZIONE GOVERNATIVA" che aveva solo potere consultivo

la competenza per i TRIBUNALI CIVILI era attribuita ad un TRIBUNALE DI PRIMA ISTANZA. Le SENTENZE dovevano essere MOTIVATE. Erano previsti 4 magistrati di APPELLO e si manteneva il TRIBUNALE DELLA SEGNATURA con compiti analoghi a quelli della Cassazione.

In materia di EREDITÀ si stabiliva l'ABOLIZIONE dei vincoli di FEDECOMMESSO, PRIMOGENITURA

I tribunali e i magistrati venivano nominati dal PAPA che sceglieva anche un "PROCURATORE FISCALE".


La giustizia penale era "addolcita" per via dell'ABOLIZIONE della TORTURA e delle PENE PIÙ ATROCI


Negli Stati romani CONSALVI operò una sintesi tra PROGRESSO e TRADIZIONE.




LA RESTAURAZIONE E LA MONARCHIA AMMINISTRATIVA NEL MEZZOGIORNO


IL RITORNO ALLA DINASTIA BORBONICA. I CARATTERI DELLO STATO AMMINISTRATIVO


La vicenda istituzionale nel Mezzogiorno d'Italia dopo la restaurazione fu particolarmente complessa, non solo per l'ampiezza dell'opera legislativa del "decennio, ma anche per la traumatica conclusione del regno di Gioacchino Murat.


Il 21 maggio 1815 Leopoldo di Borbone riprendeva possesso del trono napoletano in nome del padre Ferdinando


Ci fu così uno scontro politico tra

chi voleva un'intelligente CONSERVAZIONE e MODERATO SVILUPPO delle istituzioni del decennio (MONARCHIA AMMINISTRATIVA

chi rappresentava l'esigenza di passare ad un SISTEMA COSTITUZIONALE fondato sulla RAPPRESENTANZA POLITICA (MONARCHIA COSTITUZIONALE


grazie all'opera di due statisti: Luigi MEDICI e Donato TOMMASI prevalse la POLITICA DELLA PACIFICAZIONE, dell'AMALGAMA tra MONARCHIA borbonica e NUOVE ISTITUZIONI



portare avanti l'esperienza dello Stato amministrativo napoleonico.


La moderazione rese più sicuro il ritorno del re, ma rese ancora più forti le aspirazioni per un completo cambiamento civile fondato sulla coscienza liberale e nazionale.




Fiorì la "CARBONERIA", i cui ricordi dell'esperienza giacobina si collegavano al riformismo per proiettarsi verso una società di uguali diritti civili e politici


Anche a Napoli i Borbone furono presentati come il potere capace di rassicurare la nuova borghesia

Donato TOMMASI (allievo del Filangieri) tornò come ministro della Giustizia, grazie all'influenza che aveva acquistato presso i Borbone.




Egli difese dalla reazione le grandi conquiste del decennio francese: il Codice, il nuovo sistema giudiziario e la legislazione amministrativa, dato l'ampio consenso della popolazione per queste istituzioni.




Egli rese palese la convinzione illuministica dell'assoluta necessità di una legislazione chiara, uniforme, comprensibile a tutti, e l'appartenere a quella classe sociale, la cui affermazione era ormai indissolubilmente legata all'ordinamento francese.


Fu merito suo se il meridione conservò totalmente le istituzioni napoleoniche, anche contro i desideri degli antichi magistrati che, come Vecchioni, non esitavano a richiedere la revisione di tutte le sentenze civili pronunciate nel decennio.


All'inizio del XIX sec. la crisi del rapporto STATO-SOCIETÀ, dovuta alle cause demolitrici con cui il pensiero illuministico aveva screditato tutti i tradizionali strumenti di mediazione, aveva determinato in ogni potere politico gravissime e sostanziali difficoltà di legittimazione


Nel disegno dei due statisti la centralità assoluta dell'AMMINISTRAZIONE nel Mezzogiorno non era una forma di continuazione dell'assolutismo settecentesco.





La PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, legata alla legge e ben distinta dal potere sovrano assoluto, diveniva il centro di tutela dell'interesse generale.


Lo Stato amministrativo si fondò non solo sull'assunzione di una forte responsabilità da

parte dell'Amministrazione, ma anche sul fondamentale convincimento che l'esecutivo fosse il principale interprete e garante dell'osservanza delle nuove leggi


la nascita dello Stato amministrativo poteva consolidarsi interpretando la vocazione riformatrice di una classe dirigente formatasi alla scuola dell'illuminismo per realizzare un ordinamento costruito sulla CERTEZZA DEI RAPPORTI GIURIDICI


gli ostacoli interni ed internazionali a realizzare e rendere operante un sistema costituzionale rappresentativo contribuirono a dare validità alla politica del governo di rispettare e continuare negli schemi impostati nel "decennio".


Complementare alla centralità dell'esecutivo si configurava la FUNZIONE GIURISDIZIONALE, la cui AUTONOMIA poteva essere tanto maggiore in quanto fondata sulla diretta e immediata OSSERVANZA DELLA LEGGE.



Le nuove leggi potevano garantire neutralità politica dei giudici e dei pubblici amministratori


Giuseppe DE THOMASIS (abruzzese) poneva l'accento sull'importanza del nuovo sistema giudiziario stabilendo un nesso ben preciso tra un CODICE sufficiente di leggi ed una MAGISTRATURA che ne garantisca l'INVIOLABILITÀ.


Il diritto amministrativo era l'essenza dello Stato: esso garantiva non solo il regolare svolgimento dei rapporti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, ma garantiva anche la corretta esecuzione delle leggi e dei regolamenti ed i reciproci rapporti tra i vari corpi dello Stato.




Con il nuovo diritto pubblico si esaltava la presenza attiva dello Stato nella vita sociale.


Tra i meriti del governo Medici - Tommasi vi fu quello di comprendere che la via della legislazione e dell'Amministrazione pubblica centralizzata era obbligata per rendere operante l'impegno comune del potere e della cultura per il bene generale.


La MONARCHIA AMMINISTRATIVA fu caratterizzata dal convincimento che la STRUTTURA PIRAMIDALE e fortemente GERARCHIZZATA dalla MAGISTRATURA potesse contribuire in modo determinante a conseguire:


la CERTEZZA DEL DIRITTO

la PREVEDIBILITÀ DELLA GIUSTIZIA

l'EQUIPARAZIONE effettiva tra le funzioni AMMINISTRATIVA e GIURISDIZIONALE.


L'AUTONOMIA della MAGISTRATURA era convergenza di una struttura gerarchizzata al conseguimento dei FINI GENERALI, cui concorrevano i diritti dei singoli sanciti dal Codice e, in quanto tali, tutelati dal giudice


Il GRUPPO DIRIGENTE meridionale aveva ancora innanzi agli occhi lo spettro della rivoluzione; respingeva pertanto ogni modello contrattuale ritenendo di poter conseguire attraverso il REGIME AMMINISTRATIVO l'indispensabile osmosi tra STATO e SOCIETÀ.



L'ABOLIZIONE DEI FEUDI E LA QUESTIONE DEMANIALE


L'EVERSIONE DELLA FEUDALITÀ decretata nel 1806 da Giuseppe Bonaparte aveva costituito uno degli aspetti significativi della riforma del decennio.




Vennero colpiti politicamente, più che economicamente, i feudatari con i loro diritti PERSONALI e GIURISDIZIONALI.



Oltre a produrre il vantaggio inestimabile di liberare tutte le popolazioni da una quantità immensa di prestazioni e di "gabelle", l'abrogazione aveva prodotto allo stesso tempo uno straordinario aumento dei NUOVI PROPRIETARI.

Purtroppo per i baroni, Tommasi, come ministro dell'Interno, era sfavorevolissimo al baronaggio e con lui Zurlo, definito l'autore dello spogli della feudalità.


Dalla legge 2 agosto 1806 la COMMISSIONE FEUDALE:

decretò la fine delle GIURISDIZIONI BARONALI (gemme della vecchia organizzazione feudale)

fece scomparire i DIRITTI SIGNORILI, di PRIVATIVA e di PREROGATIVA

fece scomparire le DECIME e le altre PRESTAZIONI PREDIALI


in cambio i feudatari, che prima avevano il godimento del bene, erano divenuti titolari di un DIRITTO DI DOMINIO PIENO, e lo stesso diritto di devoluzione a favore del fisco era dichiarato estinto


con altre leggi:

i DEMANI vennero RIPARTITI, anche se solo i diritti feudali non gravati di altri diritti erano riconosciuti suscettibili della trasformazione

e vennero dichiarate inappellabili tutte le cause feudali pendenti fino al momento della pubblicazione della legge.


I demani dovevano essere sottratti alla disponibilità delle amministrazioni comunali per essere ripartiti tra i cittadini.


Il nuovo SISTEMA di CONTRIBUZIONE FONDIARIA (maggior cespite delle entrate statali) si basava nel 1815 sul valore che le terre avevano ormai acquistato dopo essere state liberate dai pesi e dai vincoli feudali e demaniali.



IL SISTEMA DEL CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO


Il modello istituzionale realizzato dopo il 1806, a cui contribuì il sistema di giurisdizione amministrativa, cambiò la concezione dello Stato nel Mezzogiorno




Esso assicurava norme e limiti alla politica amministrativa e nello stesso tempo il rispetto della divisione dei poteri, postulava il principio fondamentale della legalità e dell'interesse generale a che l'azione amministrativa si mantenesse conforme alle leggi


Il generale mutamento delle istituzioni politiche che seguì la conquista francese ebbe vasti consensi anche perché si presentava con significativi ELEMETI DI MODERAZIONE e di GARANTISMO



A ciò contribuì validamente il CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO, che ruppe il monopolio giurisdizionale del ministero togato


La costituzione dell'anno VIII aveva attribuito al Consiglio di Stato il compito di magistrato supremo della giurisdizione amministrativa, separata dalla giurisdizione ordinaria. All'interno di tale formula (adottata a Napoli durante il decennio) si manifestò l'autonomia dei giudici amministrativi anche rispetto all'esecutivo.


Il nuovo rapporto tra le due giurisdizioni, quella ordinaria e quella amministrativa, e di quella amministrativa nei confronti dell'esecutivo, realizzava nei fatti un mutamento profondo nella costituzione materiale del Mezzogiorno.





Del giudice amministrativo fu così possibile bilanciarne il potere e restringere le possibilità di arbitrio


Sotto il profilo del contenzioso si volle sviluppare la funzione giurisdizionale del Consiglio di Stato, rendendo autonoma la Commissione del contenzioso



Il cui ruolo fu determinante perché si consolidasse nell'amministrazione del Regno un tessuto di GARANZIE di LEGALITÀ



Il nuovo diritto amministrativo fondato sull'accentramento doveva servire alla moderazione della società meridionale. Nel campo del contenzioso, dopo la Restaurazione, grande spazio il legislatore dedicò alla Gran Corte dei Conti, che aveva ereditato i compiti giudiziari dell'abolito Consiglio di Stato murattiano.


La procedura del contenzioso aveva lo scopo di combinare la celerità della giustizia amministrativa con la garanzia dovuta ai diritti di coloro che entrano nella di lei competenza


Il CONSIGLIO D'INTENDENZA era il giudice ordinario del contenzioso e ad esso era dedicata una cospicua parte delle norme procedurali. Il Consiglio era un organo collegiale formato dall'Intendente e da un numero variabile di 3-5 consiglieri



Il Consiglio era GIUDICE AMMINISTRATIVO e ORGANO AMMINISTRATIVO


Per il progresso del contenzioso particolarmente importante era la possibilità d'appello ad un magistrato superiore e indipendente dall'esecutivo: la GRAN CORTE DEI CONTI.

Rendere indipendente la giustizia amministrativa rispetto a quella ordinaria era indispensabile per affermare l'autorità dello Stato.


Doveva rivelarsi tuttavia utile al cittadino lo sforzo di assicurare al sistema del contenzioso una struttura processuale concorrenziale.


DE CESARE pensava che rendere organico ed autonomo il sistema del contenzioso avrebbe equilibrato lo Stato amministrativo della Restaurazione: "la procedura amministrativa contenziosa partecipa alla più distinta caratteristica di ogni contenzioso, cioè l'uguaglianza dei diritti contendenti.


Il riparto delle competenze tra giudice ordinario e amministrativo dipendeva dalla coesistenza di due elementi:

la qualità di PERSONA PUBBLICA in una delle parti.

Ed il fatto che la materia del giudizio fosse OGGETTO DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.


Grande punto di riferimento degli amministrativisti del Regno fu Giuseppe DE THOMASIS: secondo il procuratore generale della Gran Corte dei Conti tutte le leggi che riguardano:

la distribuzione dei poteri

la polizia nel suo senso più ampio

il commercio e la navigazione

le contribuzioni

l'amministrazione del pubblico denaro

il rendimento dei conti

i doveri e la responsabilità dei contabili

tutto ciò che va sotto la denominazione di diritto pubblico


saranno di competenza del CONTENZIOSO.



IL CONCORDATO DEL 1818


Nel quinquennio 1815-1820 la monarchia trovò la soluzione del problema di regolare i rapporti tra lo Stato e la Chiesa


Il ministro TOMMASI, fedele all'ideale laico dello Stato, riteneva che bisognava dare massimo vigore agli istituti de giurisdizionalismo settecentesco, dal regio exequatur al controllo dell'attività economica della Chiesa



Ma non poteva ignorare la crescente posizione acquistata dalla Chiesa dopo il Congresso di Vienna nei confronti delle potenze




In ogni caso la necessità politica di un accordo era ineluttabile


Come importante era cercare di organizzare la Chiesa nel Regno come uno dei rami dell'amministrazione statale.


Tommasi ridiede dignità al clero con l'emanazione di un decreto ministeriale che ingiungeva ai vescovi di lasciare la capitale per raggiungere le loro diocesi, abolendo tutte quelle norme del codice penale che li sottoponevano alle stesse pene previste per i laici.


Il clima politico della Santa Alleanza raccomandavano la conclusione del CONCORDATO che fu stipulato grazie alla mediazione del ministro Medici e del cardinale Consalvi.





La borghesi accolse con freddezza la decisione, in vista dei privilegi che favorivano la Chiesa.


Lo STATO guadagnò la completa partecipazione degli ecclesiastici ai "pubblici pesi regi e

comunali"


a re Ferdinando "Sua Santità accorda in perpetuo a Lui ed ai suoi discendenti cattolici, successori al trono, l'indulto di nominare degni ed idonei ecclesiastici


al re era dovuto un giuramento di fedeltà, obbligatorio, per tutti i vescovi e le altre dignità ecclesiastiche


La CHIESA. Anche se il concordato riconosceva l'abolizione delle 3 immunità della Chiesa (reale, personale e locale) parve eccessivo che venissero riconosciute al PAPA funzioni GIURISDIZIONALI (in prima istanza e di appello) per tutte le CAUSE MAGGIORI ECCLESIASTICHE


La Chiesa tornò a primeggiare sulla materia di CAUSE MATRIMONIALI


Il liceat scribere, l'obbligo di chiedere il permesso al re per ricorrere a Roma, venne

Abolito






Lo Stato cedette proprio su uno di quegli istituti che avrebbero assicurato il controllo della Chiesa.


La Chiesa ottenne il divieto fatto al re e ai suoi successori di mai più disporre dei POSSESSI ECCLESIASTICI dichiarati e riconosciuti sacri e inviolabili.


Essa poteva acquistare nuovi possedimenti e goderne come gli antichi.




Fu così che le corporazioni religiose accumulavano, nel corso dei secoli, una massa inalienabile di possedimenti.



Gran parte del Regno era ormai incommerciabile

Si era infatti ricorso ad un decreto del 1811 che vietava agli enti ecclesiastici ogni nuovo acquisto e stabiliva che i coloni decennali e gli enfiteuti temporanei divenissero enfiteuti perpetui al fine di evitare che al termine dell'enfiteusi i beni tornassero di proprietà ecclesiastica.





Con il CONCORDATO la Chiesa riebbe la facoltà di acquistare e questo colpì la classe dirigente napoletana nei suoi interessi alla commerciabilità e mobilità dei beni.


L'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO E LA CASSAZIONE


Il 29 maggio 1817 venne pubblicata la LEGGE ORGANICA SULL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO per le province napoletane






Rispecchiando il pensiero di Tommasi, si articolava su 3 direttrici principali:


si garantiva l'AUTONOMIA del POTERE GIUDIZIARIO

si stabiliva che TUTTI fossero sottoposti alla GIURISDIZIONE ORDINARIA

si assicurava la LIBERTÀ e la PROPRIETÀ INDIVIDUALE


rispetto alla legge organica del 1808 c'era un allargamento della competenza dei GIUDICI DI CIRCONDARIO (nuova denominazione dei giudici di pace) per estendere la garanzia della

giustizia alla periferia del paese, liberate solo da pochi anni dai giudici baronali.



Avevano competenza in materia di

ECONOMIA AGRARIA per qualunque valore.

Danni prodotti ai raccolti

Usurpazione delle terre

Alterazione dei confini

Servitù

Pagamenti dei braccianti




Questa magistratura garantiva un procedimento PIÙ RAPIDO


Il ruolo esercitato dai CONCILIATORI, fornitori di consigli per la risoluzione delle cause minime (caratteristiche ed effetti dell'arbitrato), non deve essere trascurato.


In ogni provincia fu mantenuta l'innovazione del "decennio" del TRIBUNALE CIVILE, che giudicava in prima istanza tutte le cause civili oltre i 300 ducati e le questioni di competenza che sorgessero tra i giudici di circondario all'interno della provincia ed era tribunale d'appello per le sentenze pronunciate dai giudici di circondario


In ogni provincia il tribunale civile era affiancato da una CORTE CRIMINALE, composta da:

un Presidente

6 giudici

un procuratore generale

un cancelliere (magistrato introdotto da Bonaparte)



dal 1817 entrò nelle mani dei giudici ordinari le competenze in materia di:

MISFATTI, violazioni più gravi della legge penale. Venivano giudicati dalle GRAN CORTI CRIMINALI in prima e in ultima istanza. (il solo ricorso proponibile era quello alla Suprema Corte di Giustizia

DELITTI, reati meno gravi soggetti a pene correzionali

CONTRAVVENZIONI, infrazione soggetta a semplici provvedimenti di polizia


Le GRAN CORTI, in caso di reati riguardanti la sicurezza dello Stato, subiva un incremento di altri 2 giudici (da 6 a 8) e assumevano il titolo di GRAN CORTI SPECIALI


La Corte di Cassazione, denominata poi CORTE SUPREMA DI GIUSTIZIA completava l'ordine giudiziario.





Mentre nel Lombardo-Veneto si ritornava alla tradizione della terza istanza, a Napoli veniva confermato il sistema francese.




La CORTE doveva limitarsi a conoscere dello ius constitutionis, senza normalmente intervenire sul merito.


Per De THOMASIS la Corte Suprema non doveva andare oltre i suoi compiti; pertanto dovevano essere annullati solo i giudicati fondati su di errori rigorosamente dimostrabili.

Egli indicava 10 casi nei quali il giudice di merito contravviene alla legge:


sorpassando i confini del suo potere, ossia pronunziando in materia contraria alla legge

argomentando contro l legge affermando proposizioni direttamente ad essa contrarie

applicando al caso una tutt'altra disposizione legislativa

qualificando come reato un fatto innocente

scambiando la natura e la definizione di un fatto colpevole

ampliando, restringendo o trasmettendo gli effetti di qua o al di là dei confini stabiliti dalla legge o dalle parti

errando nei calcoli di quantità o di somme determinate

convincendosi di un fatto impossibile ad avvenire

componendo i fatti e le questioni senz'attingerli d'altronde che dalla propria immaginazione

interpretando male sia gli atti dei privati sia quelli del legislatore


la grande difficoltà giudiziaria fu rappresentata dall'ostilità della popolazione siciliana la quale fu fornita addirittura di una autonoma Suprema Corte di Giustizia.



IL CODICE DELLE DUE SICILIE


Negli Stati italiani la codificazione napoleonica fu mantenuta nella sua interezza solo nelle Sicilie ed a Parma.


Il governo Borbonico seppe recepire e far propria un'organizzazione giuridica moderna del tipo teorizzato dai riformisti, capace di favorire l'affermazione economico-sociale della borghesia.


Il nuovo codice avrebbe dato applicazione ai principi irrinunciabili provenienti direttamente dal popolo; avrebbe garantito la società dal dispotismo degli organi giurisdizionali, destinati ad essere invece garanti del sistema solamente servi legum


I riformatori italiani trovarono utile e apprezzabile lo schema del CODE CIVIL francese, proprio per la presenza di un filo conduttore che si informava alla ragione ma che rifuggiva da astratte schematizzazioni e dogmatismi.


Ovviamente venne rifiutato il modello inglese basato sulla common law (la quale, grazie ad una durevole stabilità politica, escludeva la codificazione del diritto)


Il CODICE PER LO REGNO DELLE DUE SICILIE entrò in vigore il 1 settembre 1819. In esso confluirono tutte e 5 le parti della codificazione napoleonica:

codice civile

codice penale

codice di procedura civile

codice di procedura penale

codice del commercio





il codice rappresentava il naturale anello di congiunzione tra il "decennio" e la Restaurazione




grazie all'opera di Donato TOMMASI, sostenitore della necessità di lasciare nel suo pieno vigore il codice delle leggi napoleoniche, riservando al potere legislativo di apportarvi le dovute modifiche.


Tommasi avvertiva una forte correlazione tra l'ACCENTRAMENTO e la CODIFICAZIONE; il Codice costituiva un ordinamento interamente legislativo, in cui la volontà sovrana del legislatore rappresentava l'unica fonte di produzione


In sostanza gli ideali del ministro Tommasi erano i valori su cui poggiava tutto il movimento riformatore del "quinquennio":

costruire uno Stato custode delle libertà civili

certezza del diritto a colmare le limitazioni della libertà politica






I MOTI DEL 1820 -21


I MOTI DEL 1820 A NAPOLI


La COSTITUZIONE DI CADICE del 1812 divenne il vessillo e il modello a cui si ispirarono i

progressisti e i liberali europei



si basava su un sistema RAPPRESENTATIVO MONOCAMERALE, limitando notevolmente i poteri della monarchia, prevedendo il DIRITTO DI VOTO a tutti i cittadini maschi maggiorenni



il 1 gennaio 1829 insorsero i LIBERALI SPAGNOLI per costringere Ferdinando VII a riconcedere quanto aveva rinnegato





di riflesso, grazie all'azione della CARBONERIA, in Portogallo e nell'ITALIA MERIDIONALE insorse la popolazione




il più attivo negli avvenimenti del '20-'21 fu il generale Guglielmo PEPE, che diede voce alla volontà di una vera e propria carta costituzionale che garantisse accanto ai diritti civili quelli POLITICI dei cittadini



si auspicava una forma di governo che permettesse di assicurare la tutela di quei DIRITTI PUBBLICI SOGGETTIVI


si richiedeva, a garanzia di ciò, la completa SEPARAZIONE dei POTERI (a Napoli l'esecutivo ed il legislativo erano concentrati nelle mani del sovrano)


la concentrazione dei poteri e la conseguenza assenza di ogni forma di rappresentanza politica provocò lo scontro tra GOVERNO e BORGHESIA


Mentre l'Austria difendeva l'assolutismo, timorosa di qualche cambiamento dell'influenza sull'Italia, fiorivano le società segrete ispirate alla CARBONERIA






Era formata prevalentemente dalla BORGHESIA provinciale, preoccupata per il proprio ruolo nella gestione economica del paese e desiderosa di esercitare un diretto controllo all'interno della politica legislativa e finanziaria


Militari, borghesi e intellettuali vedevano nella politica del governo un impedimento al progressi civile


Aristocratici, grossi proprietari e alto clero difendevano l'idea che nessuna concessione dovesse essere fatta ai ceti emergenti


Secondo il liberal-moderato BLANCH, in Europa si erano creati, dopo il crollo napoleonico, 4 partiti politici fondamentali:


gli ULTRAREALISTI, che chiedevano un impossibile ritorno al passato

i CONSERVATORI MODERATI, che si attestavano sulla difesa della libertà civile, ma contrastavano una limitazione del potere esecutivo

i LIBERALI, che si opponevano agli abusi del potere regio, all'anarchia popolare e al cambiamento radicale e chiedevano che fossero stabiliti limiti costituzionali all'esercizio del potere monarchico.

I RADICALI, rivoluzionari, che volevano innovare profondamente l'ordinamento giuridico e realizzare la repubblica.


Nel Regno delle Due Sicilie:

gli ULTRAS erano ininfluenti

i CONSERVATORI erano inesistenti in provincia

ai LIBERALI aderivano intellettuali, la maggior parte dei proprietari gli impiegati e i carbonari

i RADICALI rappresentavano l'ala estremista dei carbonari ed erano l'unico partito organizzato


nella CARBONERIA coesistevano quindi 2 anime:


una RIFORMISTA

una DEMOCRATICA


dopo la vittoria delle forze costituzionali questa differenza si accentuò fino a dividersi in due partiti distinti:

il primo dei CARBONARI COSTITUZIONALI, che considerava i loro lavori finiti ed il loro scopo ottenuto con la proclamazione di un governo costituzionale

il secondo degli ULTRA CARBONARI che, se non fosse stato per l'opposizione dei primi, avrebbero dato alla rivoluzione del proprio paese i caratteri di quella francese


il movimento costituzionale si era diffuso con rapidità grazie ai carbonari, assorbendo non pochi uomini del regime murattiano e moltissimi ufficiali e sottoufficiali dell'esercito




l'espandersi della carboneria afra le milizie è testimoniato dall'azione

di Guglielmo PEPE.



Gli esponenti della BUROCRAZIA erano avversari del progetto costituzionale e costituivano una forza compatta in tutto il Regno



Nella notte tra il 1 e il 2 luglio 1820 un gruppo di militari e civili capeggiati da MORELLI e SILVATI assieme al canonico MINICHINI insorse a NOLA puntando verso Avellino




Il governo, inattivo, non volle opporsi ritenendo sufficienti le misure difensive.




PEPE, aderendo alla causa costituzionale, ordinò di aprire agli insorti le porte di Avellino


Il Consiglio dei ministri venne convocato: presero parte 3 ministri, il re e il principe ereditario

il ministro Circello si dichiarò contrario alla concessione della costituzione

il principe ereditario era invece del tutto favorevole

Medici e Tommasi erano assolutamente favorevoli


Il re, cedette, e accettò la costituzione nominando un nuovo gabinetto:


agli ESTERI fu nominato il duca di CAMPOCHIARO, temporaneamente anche ministro dell'interno

alla GIUSTIZIA andò il murattiano Francesco RICCIARDI

alle FINANZE andò AMATI

e alla GUERRA CARASCOSA


nello stesso giorno il re lasciò nelle mani del figlio FRANCESCO il potere regio


anche se temuta dalla Corona, il Consiglio dei ministri, per evitare mali peggiori, accettò la costituzione di Spagna, salve le opportune modifiche.









LA GIUNTA PROVVISORIA DI GOVERNO E LA COSTITUZIONE


Sotto la minaccia di una occupazione di Napoli da parte di Pepe, Ferdinando prometteva di osservare la costituzione. Decretava la creazione di una GIUNTA PROVVISORIA di GOVERNO e incaricava di guidare il regno verso il nuovo assetto costituzionale.


Gli entusiasmi furono turbati dallo scoppio della RIVOLUZIONE SICILIANA che rallentò l'insediamento del Parlamento eletto  la nobiltà isolana era lontana dalla politica del re e la

popolazione era proverbialmente diffidente.


Lord Bentink, capo delle forze inglesi nell'isola nel 1812, aveva imposto al Borbone di concedere una costituzione elaborata sul modello inglese, ma che dava in realtà all'aristocrazia il primato del governo della Sicilia


Col ritorno del governo borbonico a Napoli nel 1815 si cercò in ogni modo di annientare l'autonomia del regno siciliano per riportare all'unità il sistema giuridico delle due parti del regno.


Tra il 14 e il 16 luglio 1820 la Sicilia intera si unì in un vasto moto separatista.



Il nuovo Parlamento inizialmente tentò la strada per un radicale cambiamento in favore dell'affermazione di consistenti autonomie locali, ma presto la dovette abbandonare per la totale assenza di movimenti centrifughi allo Stato centrale.


Il movimento autonomistico finì con l'arrestarsi solo sulla difesa e valorizzazione di una istituzione nuova per il Regno e prevista dalla costituzione spagnola




In ogni provincia vi fosse una DEPUTAZIONE, formata da 7 membri eletti tra i cittadini di età superiore ai 25 anni.    Si riuniva per 90 giorni all'anno per:

intervenire ed approvare la ripartizione fatta delle contribuzioni

vigilare sul buon uso dei fondi pubblici

promuovere l'educazione e la istruzione pubblica

formare l'annuo censimento




era lo strumento desiderato dalla borghesia provinciale per controllare e condizionare l'operato delle autorità governative


in pochissimo tempo la Giunta mise in piedi la macchina ELETTORALE per eleggere, prima su scala parrocchiale, poi su scala distrettuale, provinciale e, in ragione di un deputato ogni 70.000 abitanti, al Parlamento giungevano 98 (72 x il continente e 26 per la Sicilia). Vi presero parte TUTTI I CITTADINI MASCHI MAGGIORENNI, anche se analfabeti


il voto si orientò quasi per intero verso il ceto borghese





trionfo dei moderati ed esclusione dei carbonari più accesi e dei nobili


il 26 luglio fu garantita la libertà di stampa


in campo internazionale VIENNA espresse la più completa disapprovazione per quello che era avvenuto a Napoli. La Giunta non riuscì a guadagnarsi le simpatie delle altre potenze, né ad ttenere la mediazione di quelle ostili come l'Austria.


Il Parlamento si occupò delle modificazioni (decisamente trascurabili) da apportare alla costituzione di Spagna che comportavano la nomina del Consiglio di Stato



Doveva costituire il punto d'incontro tra potere legislativo ed esecutivo


RICCIARDI presentò una serie di proposte sul sistema giudiziario e sulla magistratura nel Regno



Solo ai magistrati superiori era accordata l'inamovibilità


Il potere della magistratura doveva essere limitato e non travalicare i limiti dell'equilibrio


Nei processi penali venne caldeggiata l'introduzione del sistema della GIURIA POPOLARE


Le sue proposte vennero respinte dalla maggioranza che aveva al vaglio altre importantissime questioni, prima che le armate austriache entrarono a Napoli.


Le ideologie borghesi liberal-moderate, tuttavia, non si spensero del tutto, ma contribuirono a preparare gli avvenimenti del 1848









LA REAZIONE. IL RIEQUILIBRIO ISTITUZIONALE CON IL RITORNO AL MODELLO AMMINISTRATIVO. LE CONSULTE DI STATO


Il Metternich sostenne la necessità di un intervento austriaco, non solo militare, ma volto a fornire nuove e più sicure basi alla monarchia borbonica





Nel Regno di Napoli era necessario sperimentare nuove forme di governo per sconfiggere murattiani e carbonari






Era fondato il timore che la rivoluzione napoletana estendesse all'intera penisola i germi della dissoluzione del Congresso di Vienna.


In tutto il Lombardo-Veneto l'armata austriaca fu messa in stato d'allarme


A Lubiana (Laibach) in nome della difesa del principio dell'assolutismo, Metternich era favorevole a misure tese a garantire un governo stabile ed illuminato. Egli fece accettare il PRINCIPIO D'INTERVENTO non solo per il caso della rivoluzione di Napoli, ma per qualsiasi altro mutamento di regime in Italia ed in Europa "a fine di preservare tutti gli Stati italiani dai principi sovversivi dell'ordine sociale"





Tendenza a rendere più solido e durevole il regime restaurato con le armi austriache.

Metternich intendeva applicare al Mezzogiorno un sistema amministrativo sulla falsariga di quello operante nel Lombardo-Veneto, restituendo autonomia amministrativa alla Sicilia





In questo quadro si convenne di creare le CONSULTE DI STATO (una per il continente, l'altra per la Sicilia)




A loro bisognava sottoporre tutti i progetti di legge.

Erano composte di possidenti e di nobili di nomina regia


Metternich era consapevole del peso crescente della borghesia nella società meridionale ed intendeva corrispondere almeno ad una delle sue aspirazioni: contribuire ad orientare la spesa del governo.

Il re ritardò moltissimo il suo rientro nel Regno e, dopo aver nominato ministro della polizia il più reazionario dei suoi fedelissimi, il principe di Canosa, s'inimicò sia le forze liberali che quelle che esprimevano la continuità col Decennio e aspiravano a ritrovare un accordo con la monarchia.


Il CONSIGLIO DI STATO, tradizionale organo assolutamente distinto da quello napoleonico, era un Consiglio di ministri, un'istituzione più a carattere politico che tecnico-amministrativo.


Il fanatismo di Canosa e del ministro dell'Interno e della Giustizia, spinse alla repressione politica e civile delle idee del Filangieri, Pagano. Non potendo cambiare il Codice civile, si cambiarono i giudici rimpiazzandoli con dei nuovi.



La presenza dell'armata austriaca e il giogo poliziesco avevano impedito la percezione del vuoto amministrativo.

Nell'autunno 1821 la gravità della crisi delle finanze aveva portato il Regno sull'orlo della bancarotta, mentre il capitale internazionale rifiutava ogni possibilità di credito.

Metternich, per risolvere il problema, avvalendosi del suo ambasciatore di Napoli, finì per privilegiare proprio quel partito amministrativo che Metternich riteneva il principale responsabile della rivoluzione.





A fronte dell'ampiezza della crisi l'unica via d'uscita sembrò di richiamare i vecchi ministri, i riformatori del decennio e del quinquennio: Medici, Zurlo e Tommasi





Medici e Tommasi erano figli di una ideologia contrarie ad ogni apertura in senso costituzionale o rappresentativo e vedevano nelle Consulte ombre surrettizie dei parlamenti.


Per questo le Consulte non furono attivate e quando lo furono erano profondamente diverse dal progetto di Lubiana.


Tuttavia anche il ritorno alla monarchia amministrativa era improponibile. Il Regno si era profondamente lacerato e diviso tra rivoluzione e reazione: il voler tentare dopo il 1821 di conciliare vecchio e nuovo accrebbe il distacco tra il governo e la società meridionale



I MOTI COSTITUZIONALI IN PIEMONTE


I Piemonte la Restaurazione era stata vissuta, oltre che come un ritorno alla dinastia sabauda, anche come una restaurazione dei principi monarchici e delle antiche istituzioni.


La Politica di Vittorio Emanuele I si scontrò con un malcontento diffuso nella borghesia piemontese


Nel 1819 il conte Prospero BALBO fu incaricato di preparare un progetto di RIFORME AMMINISTRATIVE per contrastare i fermenti che venivano dal gruppo di liberali piemontesi.




Questi avevano richiesto una costituzione e una guerra all'Austria per la liberazione del Lombardo-Veneto


Grazie all'attività dei gruppi carbonari il 1821 si aprì con un susseguirsi di manifestazioni, volutamente represse dalla polizia. I capi della rivolta erano, anche qui, nobili e militari


Di fronte all'assedio di Torino, lo stesso Balbo fece preparare un progetto basato sul modello della carta siciliana del 1812 da contrapporre alla costituzione di Spagna.


Le tesi di Balbo erano orientate in favore di un sistema costituzionale (sul modello inglese) che assicurasse il reale potere della monarchia.


Ad ogni modo Vittorio Emanuele I fu costretto a ritirarsi dal governo e a nominare reggente Carlo Alberto, il quale, suo malgrado, dovette promettere la costituzione di Spagna, la semplice e pura traduzione della Costituzione spagnola.


Nello stesso tempo l'ultrareazionario Carlo Felice, fratello del re, succedeva al trono sabaudo e richiamava all'ordine Carlo Alberto sconfessando la costituzione.


Sia a Napoli che a Torino non vi fu alcun sviluppo verso un sistema repubblicano. Le forze costituzionali furono sconfitte a Novara dagli austriaci




IL 1848


POLITICA E ISTITUZIONI IN ITALIA ALLA VIGILIA DEL 1848


Dopo il fallimento dei moti costituzionali del 1820-21 l'AVVERSIONE all'ASSOLUTISMO ed al PREDOMINIO AUSTRIACO in Italia costituì un potente elemento di UNIFICAZIONE di tutte le forze di OPPOSIZIONE:

murattiani (sud)

napoleonisti (nord)

liberali (moderati o no)

radicali "democratici"


si assiste dunque ad una FORTE RIPRESA della BORGHESIA. A NAPOLI e a MILANO l'antagonismo verso i governi restaurati si combinò con la lotta per una NUOVA FORMA DI STATO.




L'idea stessa di NAZIONE, propagata dal ROMANTICISMO, era un potente incentivo verso le LIBERTÀ COSTITUZIONALI.






Lo SPIRITO ANTI-AUSTRIACO si diffuse in tutta la penisola, grazie anche alla propaganda MAZZINIANA


Il campo liberale cresceva e si arricchiva: Gian Pietro VISSEAUX diede vita in Toscana alla rivista "Antologia" favorevole alle suggestioni rinnovatrici economico-politiche.


La nuova vitalità politica italiana si manifestò nella partecipazione di molti rivoluzionari alla guerra d'indipendenza della Grecia


Ulteriori sollecitazioni venivano dalla Germania dove un vasto movimento si era creato per costruire l'indipendenza nazionale , ottenendo il successo dell'unificazione doganale e il prevalere delle tesi favorevoli all'unificazione economica.


In Francia l'abdicazione di Carlo X e la salita al trono di Luigi Filippo d'Orlèans aveva sancito il trionfo della borghesia e del sistema costituzionale teorizzato dal Constant







Tutte queste notizie dall'Europa favorirono il consolidarsi delle tesi costituzionali del partito liberal moderato in Italia, ridimensionate solo dalla pressione militare austriaca.




BALBO riteneva indispensabile l'accordo dei moderati con le monarchie per uscire dal circolo vizioso della restaurazione italiana




Era pronta una LIBERTÀ RAPPRESENTATIVA e l'INDIPENDENZA NAZIONALE contro il desiderio di democrazia assolutistica comunista o socialista.


La borghesia negli anni precedenti al '48 trovò un decisivo alleato nell'ambito del MOVIMENTO CATTOLICO, sotto il segno di una fiducia convinta nella FORZA del PROGRESSO




IL MOVIMENTO LIBERALE ED IL PROGRAMMA MODERATO A NAPOLI


I venti del progresso si avvertirono anche nella Napoli del 1831, ancora retta da monarchia amministrativa di tipo napoleonico


Ferdinando II spezzò la cappa oppressiva lasciata da Francesco I, dando vita ad un governo assai tollerante.

L'azione dei progressisti tendeva allo sviluppo dell'industria e del commercio, a porre l'economia al passo dei paesi più progrediti d'Europa, a superare i limiti angusti della borghesia agraria del Mezzogiorno. Si affermava l'esigenza di un cauto LIBERISMO, abbandonando il sistema protezionistico.





Si voleva passare da una monarchia amministrativa ad una MONARCHIA COSTITUZIONALE





Il progetto costituzionale si sviluppò nel Regno negli anni '40 ed ebbe origine proprio dal movimento moderato: la monarchia rappresentativa consentiva di immaginare non solo garanzie per i cittadini, ma anche un governo capace di favorire lo sviluppo economico.


Le idee e i progetti si svilupparono in un baleno grazie all'opera di iniziative editoriali.


La stampa giuridica era in primo piano grazie al legame che stringeva il diritto all'economia, la legislazione alla statistica ed all'amministrazione pubblica.



LA RIVOLUZIONE COSTITUZIONALE A NAPOLI


Alla fine degli anni '30 il clima di fiducia e di caute riforme amministrative apportare da Ferdinando II andò deteriorandosi


Dopo la opprimente pressione popolare il re, la mattina del 29 gennaio 1848 concesse la costituzione, ricalcata sul modello francese di Luigi Filippo:

Potere LEGISLATIVO: re, Camera dei Pari (nominati dal re) e Camera dei deputati (eletti in base al censo). Il re rimarrà sacro e inviolabile e i ministri responsabili dei loro atti di Governo

Le forze armate saranno sempre al servizio del re

La stampa sarà libera


Il ministro della Giustizia Francesco Paolo BOZZELLI ebbe il compito di preparare la nuova carta costituzionale, con tanto di "Disposizioni preliminari" e principi in favore di una "TEMPERATA MONARCHIA EREDITARIA COSTITUZIONALE sotto forme RAPPRESENTATIVE"

il POTERE LEGISLATIVO, secondo il modello del Romagnosi, spettava al re e alle Camere

il POTERE ESECUTIVO spettava solo al RE. I ministri potevano essere messi in stato d'accusa

l'INIZIATIVA LEGISLATIVA spetta al re e alle Camere

promozione delle Autonomie Locali

la legge era uguale per tutti

la censura editoriale non potrà mai esser rimessa in vigore

veniva ristabilito il CONSIGLIO DI STATO (ritorno al sistema napoleonico)

le udienze dovevano essere pubbliche

i magistrati giudicanti erano inamovibili


il movimento liberale aveva in definitiva sostenuto la tripartizione dei poteri e l'utilità di contemperare le forze della società.


La forte ostilità di Bozzelli per ogni apertura "democratica" ed il fatto che egli, sostenitore dello "Stato forte" napoletano, fosse poco incline a quel sentimento di unità nazionale italiana, attirarono sulla costituzione promulgata il 10 febbraio forti critiche, specialmente dalla parte più radicale.




LA CRISI DEL GOVERNO COSTITUZIONALE A NAPOLI E LA REPRESSIONE. "I CASI DI NAPOLI" DI G. MASSARI


Nei primi mesi del 1848 gran parte degli Stati italiani ebbe la propria costituzione.


Mentre la monarchia si sentiva prigioniera di una situazione non voluta, la tensione tra i MODERATI e i RADICALI si faceva sempre più insostenibile


Illustre cronista di quegli anni fu Giuseppe MASSARI, esule in Francia a soli 17 anni, tornò in Italia acclamato deputato di Bari proprio nel 1848  la sua opera "I casi di Napoli", partiva dalla convinzione che le leggi che

reggevano il Regno erano buonissime; tutto dipendeva dalla loro sincera applicazione. Era questo l'ideale comune sia degli assolutisti (i murattiani) sia da coloro che sostenevano la causa della nazione italiana


il 6 marzo si formò un nuovo ministero con uomini assai più decisi nel sostenere la causa italiana (Poerio, Savarese, e il mazziniano Aurelio Saliceti)


dopo le 5 giornate di Milano e l'inizio della guerra d'indipendenza, si fece largo l'impostazione italiana per risolvere la questione politica nel mezzogiorno. Tutti erano contro l'Austria.


Saliceti si mise alla testa del partito democratico.


Cambiato ancora il governo ai primi di aprile fu deciso di inviare le truppe napoletane a combattere contro gli austriaci.


Pio IX spezzava con una sua celebre allocuzione il fronte antiaustriaco e ridava fiato alle forze conservatrici.


Nel Parlamento la discussione tra i deputati era vivissima e lo scontro tra mazziniani, costituzionali moderati e fautori di una nuova e più avanzata costituzione favorì il partito monarchico.


La mattina del 15 maggio comparvero le prime barricate per sostenere le richieste del Parlamento.

In serata le truppe reali sciolsero violentemente l'assemblea.


Vennero indette nuove elezioni e il re di Napoli si appigliava ad un sistema pubblico opposto a quello del re di Sardegna: l'unione italiana era rotta.


Nell'estate del '48 fu chiaro il fallimento del disegno moderato di fermare alle concessioni del 10 febbraio il cammino delle riforme costituzionali.





LA COSTITUZIONE IN PIEMONTE


Nei grandi moti costituzionali italiani del 48 due elementi contrastanti sono da considerare:


il modello costituzionale francese, di origine ancora illuministica, s'impose per volontà delle monarchie e con l'appoggio del partito liberal-moderato

la forte influenza tedesca di matrice ROMANTICA infiammò la gioventù italiana e caratterizzo il Risorgimento anche con programmi istituzionali democratici e repubblicani


Il movimento per l'Unità italiana, compatto nella lotta contro la presenza austriaca, era diviso sul problema istituzionale. I radicali consideravano gli statuti solo un primo passo verso il cambiamento della società

Il movimento liberal-moderato era maturato negli anni '40 trovando nella costituzione francese del 1814-1820  un valido modello per trasformare le istituzioni dello Stato in rapporto ai postulati del liberalismo


Massimo D'AZEGLIO affermava che "se i sovrani non vogliono che i loro sudditi divengano liberali esaltati, debbono farsi essi stessi liberali moderati". Era la testimonianza del favore con cui si diffuse la tesi di graduale

evoluzione dell'accordo tra monarchia e movimento costituzionale


decisivo risultò il contributo di altri illuminati statisti piemontesi tra cui spiccavano CAVOUR e BALBO.


Dopo le dimostrazioni a Napoli e a Genova la resistenza che il re avrebbe voluto organizzare fu impossibile a testimonianza che il Piemonte non poteva essere più governato coi principi e con i metodi dell'ancien régime.


Il movimento costituzionale conquistò ben presto un primato indiscutibile perché politicamente risultò decisivo il patto tra Casa Savoia e movimento liberale.


La concessione della costituzione fu decisa dal re, convinto dal ministro BORELLI, e fu adottato il modello francese del 1814





Conciliava sentimenti patriottici con il progresso economico, rafforzava il ruolo dei ceti medi, timorosi del movimento democratico mazziniano


Il regime costituzionale in Piemonte aggregò gran parte del liberalismo italiano, che aveva dimostrato la sua spiccata tendenza ad unificarsi in un unico movimento nazionale.


Cavour era convinto che il sistema rappresentativo, sempre censitario, potesse fornire la possibilità di un pacifico adattamento delle istituzioni politiche ai bisogni reali della nazione e alla necessità dei tempi.


La costituzione fu approvata il 4 marzo e pubblicata il 5. Seguendo il modello francese, come per la carta napoletana, si dette vita ad una MONARCHIA TEMPERATA nella quale il ruolo del sovrano rimase centrale non solo in quanto titolare dell'esecutivo, ma anche perché partecipe al potere legislativo e giudiziario


Il PREAMBOLO dello STATUTO indicava i termini nei quali si era voluto consentire il passaggio di uno Stato formalmente assoluto ad una monarchia costituzionale rappresentativa.




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