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PROCESSO DI COGNIZIONE - FASE INTRODUTTIVA ORDINARIA

giurisprudenza



PROCESSO DI COGNIZIONE


FASE INTRODUTTIVA ORDINARIA


L'atto che incardina il processo è la citazione.

L'art.163 n. 3 e 4 disciplina i vizi dell'atto di citazione, in particolare il n.4 prevede che il giudice non può supplire in alcun modo l'attività della parte quanto alla deduzione dei fatti principali. Ci sono ipotesi di deduzione insufficiente che non costituiscono causa di nullità dell'atto di citazione ma che costituiscono causa di rigetto nel merito della domanda. Ci sono alcuni diritti assoluti che rilevano erga omnes e possono sussistere una volta soltanto, cd.diritti autodeterminati (per esempio il diritto di proprietà: posso essere proprietario di una cosa una volta sola e la prima fattispecie acquisitiva scaccia ogni possibile altra, se mi dichiaro proprietario potrò esserlo per un acquisto a titolo derivativo es.una compravendita, o per usucapione, ma l'accertamento del primo titolo d'acquisto rende inutile l'accertamento degli eventuali presupposti dell'usucapione) e ci sono diritti che possono sussistere più volte anche per le stesse persone, cd.diritti eterodeterminati (per esempio il diritto di credito: posso essere debitore di Tizio di 100 a titolo di mutuo, di 100 a titolo di compravendita, di altre 100 per altro titolo. quindi se convengo in giudizio Tizio dichiarandomi creditore di 100 devo anche indicare qual è la causa pretendi, la fattispecie acquisitiva di questo mio diritto, e se non la indico il giudice dovrò rigettare la mia domanda nel merito perché la semplice affermazione di essere creditore di 100 non conduce alla cognizione della vicenda acquisitiva del diritto. In tali diritti occorre descrivere in modo più dettagliato la loro vicenda acquisitiva perché si tratta di diritti che non rilevano erga omnes, sono diritti 646c29g relativi che riguardano 2 persone o più ma cmq un numero di soggetti estremamente limitato).



Posizione del convenuto: il suo atto introduttivo è la comparsa di risposta regolato dall'art.166 che di recente è stato modificato dalla legge 453 del 1990 che ha dato vita al fenomeno registrato dopo l'entrata in vigore del codice del 1940 - di fronte ad un processo chiuso improntato al principio della preclusione, processo con decadenza, vi è stata una reazione del foro. Tra il 1992 e il 1995 il governo continuò a reiterare numerosi decreti legge di modifica del 166 e del 167. Il 167 descrive l'attività che deve compiere il convenuto a pena di decadenza , il 163 si limita a descrivere il contenuto della citazione.

Contenuto della comparsa di risposta: il 167 stabilisce che nella comparsa con la quale il convenuto si costituisce (atto con il quale il convenuto acquista soggettività nel processo, atto con cui il convenuto si presenta in giudizio) deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda. Cosa significa? Il precedente storico di questa norma è l'art.416 comma 3. Cosa si intende per difese? Con riferimento all'eccezione la difesa è intesa come un'attività di contestazione della domanda generica o specifica. La difesa della contestazione che fa il convenuto è più debole e serve a rendere contestato un fatto e a ricordare all'attore che rispetto a quel fatto non pacifico, contestato, si deve assolvere l'onere della prova. Cos'è l'eccezione? È l'attività con la quale il convenuto fa valere dei fatti inferiori rispetto a quelli dedotti dall'attore, cioè dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi rispetto ai quali il convenuto si assume l'onere della prova.

Il 167 parla di "proporre tutte le sue difese" e si riferisce alle eccezioni in senso proprio, in senso stretto e in generale a tutte le possibili deduzioni, contestazioni che riguardano i fatti dedotti dall'attore e rispetto ai quali è l'attore ad avere l'onere probatorio. Questa distinzione è importante perché il legislatore del 1990 ha introdotto uno strumento di cognizione sommaria che è l'ordinanza per il pagamento di somme non contestate rispetto alla quale è molto importante capire se e quando viene il termine di decadenza per le contestazioni (cioè per le mere difese) ed è importante perché se questo termine coincide con la comparsa di risposta è ovvio che il convenuto non potrebbe più fare alcuna deduzione durante il corso del processo; cosa vuol dire "prendendo posizione sui fatti posti a fondamento della domanda"? Dottrina e giurisprudenza si sono fondate sul processo del lavoro, ma il 416 è diverso dal 167 perché dice "in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione" - qui l'interpretazione corrente è che pur non potendo dare una lettura strettamente rigorosa e tecnica né al riferimento "le sue difese", né alla "presa di posizione" sui fatti posti a fondamento della domanda" ciò che ha voluto realizzare questa norma è la necessità che il convenuto controdeduca subito rispetto a quanto dedotto dall'attore con l'atto di citazione (cioè prenda posizione in modo generico e questa è una norma più di bandiera che di sostanza perché nella prassi del processo di cognizione ordinaria dalla riforma del 1950, si assisteva a comparse di risposta di poche righe con le quali si limitava a di re "si contesta in toto quanto affermato dall'attore" ricordando che per ogni fatto affermato l'attore deve assolvere l'onere della prova; sono atti che non consentono di dar luogo alla successiva trattazione orale). È molto difficile dare un contenuto strettamente tecnico a questi riferimenti perché per ciò che riguarda le mere difese (la contestazione dei fatti principali dedotti dall'attore a fondamento della domanda) il convenuto non decade in comparsa di risposta ma sarà ammesso a formulare le mere difese almeno fino al termine dell'udienza di cui al 182 e secondo buona parte della dottrina la contestazione può venire anche in un momento successivo.

In rapporto al 416 comma 3 manca "a pena di decadenza" quindi anche se il convenuto indichi nella comparsa i mezzi di prova di cui intende avvalersi anche quest'attività non è prevista a pena di decadenza e, come per l'attore, anche per il convenuto vige la regola per cui ai mezzi di prova ci si può pensare dopo. Il processo è strutturato in modo che prima si cerca di individuare qual è la materia controversa (si cerca di fissare il fatto o i fatti sui quali occorre svolgere l'onere della prova) e poi si deducono i mezzi di prova. Anche questa indicazione che consente una deduzione immediata dei mezzi di prova non è prevista a pena di decadenza. Quindi il convenuto può tranquillamente addurre le prove in un momento successivo.

Conclusione: nel comma 1 del 167 non è espressamente indicata la regola della decadenza però le conclusioni nella comparsa di risposta ci devono essere sebbene potranno anche essere modificate o precisate nel corso del processo fino alla fine.

L'art.189 si applica nel processo davanti al giudice singolo monocratico e consente la rettificazione, la modificazione delle conclusioni nei limiti di quelle che sono state già formulate o negli atti introduttivi o a norma del 183 che prevede a sua volta la possibilità di modificare le conclusioni degli atti introduttivi per cui si crea una catena che finisce con il 189 ma che inizia o nel 163 o nel 167. il convenuto nelle conclusioni chiederà il rigetto della domanda.

Le attività che devono essere svolte a pena di decadenza sono previste dai commi 2 e 3 dell'art.167. Norma questa che non è esaustiva e bisogna far riferimento al codice o a leggi speciali. La legge 218 del 1995 ha previsto che "l'eccezione di difetto di competenza giurisdizionale del giudice territoriale deve essere fatta nella comparsa di risposta e normalmente la dottrina ritiene, sulla base della disciplina del codice e delle leggi speciali, che anche l'eccezione di compromesso (cioè l'esistenza della clausola compromissoria) deve essere fatta a pena di decadenza nella comparsa di risposta.

Quali attività devono essere svolte nella comparsa di risposta a pena di decadenza?

1 - incompetenza territoriale derogabile

2 - domanda riconvenzionale

3 - chiamata di un terzo.

Cos'è la domanda riconvenzionale? Che differenza c'è tra domanda riconvenzionale e la chiamata di un terzo dal punto di vista processuale? La domanda riconvenzionale è una vera domanda, non c'è vocatio in ius perché l'attore nella maggior parte dei casi si sarà già costituito e quindi con la domanda riconvenzionale il convenuto fa solo l'editio actionis. La chiamata di un terzo pone entrambi questi elementi della vocatio in ius e dell'editio actionis perché il terzo deve essere chiamato in giudizio. La domanda riconvenzionale è autonoma nel senso che potrebbe essere esercitata anche in altro giudizio però la domanda per potersi qualificare "riconvenzionale" deve avere un legame di connessione con la domanda principale. Per esempio: Tizio è convenuto in giudizio per la restituzione di una somma a titolo di mutuo ma dinanzi all'attore svolge domanda riconvenzionale di accertamento della paternità naturale. Ma non è una domanda riconvenzionale perché deve essere connessa per il titolo, per la causa giuridica-petendi, altrimenti tra una causa di mutuo ed una causa di accertamento della paternità naturale non c'è connessione che giustifica una trattazione simultanea. La domanda riconvenzionale deve essere fondata sul medesimo titolo dedotto.

Che differenza c'è tra domanda ed eccezione riconvenzionale? Con la domanda chiedo non solo il rigetto della domanda ma voglio anche una pronuncia favorevole, con l'eccezione chiedo solo il rigetto della domanda principale.

Art.167 comma 2: meccanismo di sanatoria copiato dal 164 che il prof.Verde ritiene sbagliato perché non sarebbe possibile tecnicamente realizzare questa forma di integrazione. È un meccanismo parallelo a quello della nullità della citazione relativa all'editio actionis (non si poteva pensare ad una rinnovazione ma ad un'integrazione perchè l'attore è già nel processo e si tratta soltanto di un'integrazione con salvezza di decadenza).

Come si chiama il terzo in causa? Per poter chiamare il terzo in causa ci deve essere comunanza di causa. Dice il 157 che il convenuto deve provvedere ai sensi dell'art.269: con l'incitazione a comparire in udienza fissa. Non c'è un'autorizzazione del giudice istruttore alla chiamata del terzo. Il convenuto chiama liberamente, l'unica cosa che deve osservare è il rispetto del termine obbligatorio per la chiamata in giudizio - perché ovviamente il terzo ha gli stessi diritti che aveva il convenuto rispetto all'attore quando ha chiamato, cioè il cod. vuole che il termine obbligatorio sia più o meno ogg. (a questo termine ha diritto anche il terzo, non soltanto il convenuto. Da questa disciplina che cosa deriva? Che se il convenuto non dispone di un termine congruo per la chiamata di un terzo, seguirà la procedura descritta dal 2° comma dell'art.269 (cioè deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta); se non ha davanti a sé un termine di 60 o 120 giorni, se la notifica deve avvenire all'estero, chiederà al giudice istruttore il differimento della prima udienza ed il giudice istruttore provvederà in decreto questo differimento; così nella prima udienza di comparizione regolata dal 180 c.p.c. compariranno tutte e tre le parti: attore, convenuto e terzo, però se il convenuto già dispone di quel termine perché l'attore gli ha concesso non soltanto 60 giorni ma di più, avrà il termine per chiamare direttamente il terzo quindi non dovrà chiedere lo spostamento della prima udienza e citerà direttamente il terzo per l'udienza già fissata dall'attore in modo tale che a quell'udienza compariranno le tre parti (attore, convenuto e terzo).

Questo meccanismo del 269 è destinato a funzionare quando il convenuto non dispone di un termine congruo; se il convenuto invece dispone di questo termine, provvederà direttamente alla chiamata perché questa chiamata non deve essere autorizzata (direttamente) dal giudice non è uno sviluppo naturale della sua attività defensionale così come non deve essere autorizzato per la domanda riconvenzionale così non deve essere autorizzato per la chiamata di un terzo.

Con l'esame degli atti introduttivi, abbiamo esaurito lo studio delle scritture preparatorie. La funzione di queste scritture è quella di identificare la materia controversa cioè quello che è l'oggetto del contendere, ogni processo non può che essere introdotto da una scrittura preparatoria, anche l'adesione più incondizionata (il modello delle irregolarità) deve passare attraverso una fase iniziale che è necessariamente scritta, cioè occorrono delle scritture anche perché la scrittura è il supporto durevole anche ai fini di conservazione (noi non siamo ancora in grado di concepire un processo che inizia con dichiarazioni o con comunicazioni in via telematica) anche in vista di un probabile processo telematico.


FASE DI TRATTAZIONE - artt.180 e 183


Perché noi ci troviamo il 180 prima del 183? Dobbiamo dire che nel '90, quando il legislatore è intervenuto su questa parte del codice con lo scopo di semplificare e realizzare il processo, aveva immaginato che dopo le scritture introduttive, il processo continuasse direttamente nell'udienza de 183, cos' come nel processo del lavoro c'è il ricorso (414) la comparsa o memoria di costituzione (416) udienza di discussione della causa (420). Il legislatore del '90 ha provato ad introdurre l'udienza di trattazione immediatamente dopo le scritture preparatorie (anche qui c'è stata la reazione del ceto forense, contro un processo a ritmi così incalzanti (preclusioni nella comparsa di risposta, trattazione immediata) e quindi si è pervenuti a questa scissione tra il 180 e il 183 e si è creata una udienza che nel codice non c'era anche se. L'art.80 bis delle disposizioni di attuazione è una norma introdotta dalla novella del '50, la cd "controriforma" quindi l'udienza di prima comparizione c'è sempre stata però il legislatore del 90, la voleva trasformare in un'udienza di trattazione vera e propria, cosa che non è stata possibile, la prassi non lo ha consentito e quindi l'udienza di prima comparizione è rimasta udienza di prima comparizione, cioè un'udienza in cui la trattazione della causa non ha luogo anche se poi ci sono varie opinioni su come strutturare il rapporto fra queste due udienze però diciamo che la ragione vera per cui nel 95 è stata introdotta questa udienza di prima comparizione da contrapporre alla prima udienza di trattazione è che nell'udienza di comparizione non ci fosse trattazione; la ragione per cui hanno ottenuto di avere questa udienza del 180 è per escludere che in questa prima udienza posso iniziare la trattazione. Art.180 - La prima questione che si pone è se questo elenco di disposizioni che ha citato il legislatore nell'art.180 è un elenco tassativo o è anche indicativo? In questa nuova udienza di prima comparizione si possono svolgere attività diverse da quelle prescritte e citate (in particolare il problema si è posto per mera opposizione al decreto ingiuntivo)?

Se il decreto ingiuntivo non viene emesso (ai sensi dell'art.342) in forma esecutiva, la prima udienza è quella nella quale la parte opposta normalmente chiede esecuzione provvisoria del decreto quindi autorizza il giudice istruttore all'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo nell'udienza del 180 o deve aspettare l'udienza del 183 (udienza di trattazione)?

La dottrina è divisa sul punto e la giurisprudenza, almeno in un primo momento, si è attestata in posizioni abbastanza formalistiche: "il 180 è un'udienza in cui si realizzano soltanto i poteri di natura orto processuale (cioè il codice è soltanto chiamato a verificare se il processo è un bene incardinato, se le parti sono ben rappresentate, se il contraddittorio è interiore, se la citazione è nulla; se per caso la domanda riconvenzionale è proposta abitualmente) esaurito questo numero chiuso di attività il giudice non può più fare altro, non può più fare una nuova udienza. Altri dicono: "no, le indicazioni del 180 è un'indicazione di carattere soltanto esemplificative e questo non esclude che sull'accordo delle parti, il giudice possa passare senza produzione di continuità all'udienza di cui al 183, se si verifica che non c'è nessuna nullità, che il contraddittorio è integro, che non ci sono provvedimenti da assumere in questa udienza e se le parti sono d'accordo, niente esclude che si possa passare lentamente alla trattazione.

Queste due posizioni sono rimaste tali e la giurisprudenza oscilla tra una lettura più o meno formalistica di questa disposizione; però direi che la lettura prevalente è nel senso che: "nell'udienza del 180, si possono fare soltanto queste verifiche di tipo preliminare dopo si deve per forza transitare per un'udienza successiva che è quella descritta nel 183; nel 180 è stata poi inserita un'altra possibile attività che fa capire quanta resistenza ci sia nella nostra pratica nei confronti di un processo effettivamente orale perché il 2°comma dell'art. 180, afferma la regola generale "la trattazione è orale" però noi abbiamo già visto che quando il codice afferma queste regole in maniera così chiara, in genere fa seguire eccezione ed infatti il 2° comma dell'art.180 ci dice come si fa questa comunicazione di comparse in memoria (che se è in udienza si scambiano, altrimenti si depositano in cancelleria). La parte incriminata di questa disposizione è il 2° comma dell'art.180, in ogni caso fissa ...

La giurisprudenza nell'interpretazione di questa disposizione si è un po' irrigidita perché c'è questo passaggio molto importante. Nella versione iniziale del 167 introdotta dalla legge del '90, si diceva che il convenuto doveva nella comparsa dedurre a pena di decadenza le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio; siccome ci fu questa rivolta del foro sottolineandosi una disparità di trattamento fra attore e convenuto; che il convenuto deve svolgere una serie di attività a pena di decadenza, si è arrivati a questa forma di mediazione per cui il convenuto in realtà ha diritto di fare due scritture preparatorie:

la comparsa di risposta da depositarsi 20 gg prima dell'udienza di prima comparizione fissata dall'attore (v. art.168 bis);

la fa 20 gg. prima dell'udienza del 183 per dedurre lì a pena di decadenza le eventuali eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.

In realtà le eccezioni non rilevabili d'ufficio costituiscono la regola quindi da un lato noi abbiamo un forte argomento residuale rappresentato da quel "in ogni caso" (cioè in ogni caso dice la norma, il giudice istruttore deve fissare ad una data successiva l'udienza di trattazione, non solo, ma c'è questo meccanismo per cui il convenuto può depositare   gg. prima di tale udienza, una memoria che contiene la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio. Questa è la ragione per cui se non c'è un accordo tra le parti, il prof. Verde sceglie la versione meno rigoristica nell'interpretazione di questa norma dicendo che nei limiti del possibile bisogna cercare di accorpare questa udienza (del 180 e del 183) perché altrimenti ci sarebbe sempre una secca perdita di tempo, anche perché l'udienza del 183 deve seguire l'udienza del 180 di almeno . gg. perché 20 gg. prima dell'udienza il convenuto ha diritto di depositare questa contenente le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio, il giudice non può accorpare queste udienze perché il convenuto sa, nel costituirsi in giudizio cioè nel formare la memoria di cui all'art.167, che le decadenze ricollegate a questa memoria sono soltanto tre:

domanda riconvenzionale

incompetenza territoriale derogabile;

chiamata di un terzo.

Il convenuto che conosce il codice sa che queste tre cose deve fare a pena di decadenza e che in ogni caso dopo l'udienza del 180, il giudice rinvierà ad un'altra udienza e 20 gg. prima di questa e altra udienza lui svolgerà le eccezioni processuali di merito non rilevabili d'ufficio con questa conseguenza (che on è una conseguenza estrema) se il convenuto non deve fare la domanda riconvenzionale, non deve fare attività territoriale derogabile, non deve chiamare il terzo qual è la conseguenza? È che al limite può fare una sola comparsa la comparsa che depositata 20 gg prima dell'udienza del 183. Il sistema ha portato a questo che siccome ci sono delle decadenze legate a diversi momenti processuali, il convenuto che non deve svolgere quelle tre famose attività che il codice colloca nella comparsa di risposta, può benissimo stare a casa, aspettare che svolga quest'udienza del 180 e poi costituirsi successivamente 20 gg. prima dell'udienza del 183 e svolgere lì l'eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, quindi è un'udienza piuttosto complicata allora abbiamo due scritture preparatorie; abbiamo la scrittura che comunque può essere autorizzata nell'udienza del 180 ed in più abbiamo la scrittura con la quale il convenuto può duplicare la comparsa di risposta perché il convenuto nel nostro sistema ha diritto di fare una o più comparse di risposta. La prima i 20 gg. prima della prima udienza, la seconda comparsa di risposta seconda memoria, nella quale svolge a pena di decadenza l'eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio.

UDIENZA del 183: è stata concepita dal legislatore sulla falsariga dell'udienza di istruzione del diritto del lavoro. Il legislatore ha voluto che le parti comparissero personalmente non nell'udienza del 180 (che udienza tecnica, un'udienza nella quale compaiono soltanto i difensori) le parti devono comparire personalmente nella prima udienza di trattazione, si devono presentare accompagnate direttamente dai rispettivi avvocati davanti al giudice affinché il giudice le interroghi liberamente, cioè espleta quel famoso interrogatorio non formale previsto dall'art. 117 c.p.c. inserito tra i doveri del giudice che noi sappiamo ha una duplice funzione:

funzione di chiarimento delle allegazioni (questa è l'applicazione più evidente del principio di oralità) in diretto contatto con il giudice parlano della vicenda processuale e precisano qual è la materia controversa (questa è una delle funzioni dell'interrogatorio).

funzione dell'interrogatorio noi la evinciamo dall'art.116, dove il legislatore ha collocato il libero interrogatorio nella prima udienza di trattazione (cioè come prima attività del processo orale)

Quale funzione ha voluto privilegiare dell'interrogatorio? Di chiarimento delle allegazioni perché quando il giudice tenterà a sfruttare il libero interrogatorio in funzione probatoria al termine della lite; infatti se al termine della lite dopo aver assunto tutte le prove residuano dei margini nell'interpretazione di queste prove, nel mettere insieme le vicende rappresentate, il giudice con l'interrogatorio libero può tentare di desumere argomenti di prova e quindi di sfruttare argomenti di valutazione delle prove che altrimenti di per sé sole non danno un libero convincimento sufficiente e per questo che una volta si diceva che se il libero interrogatorio lo svolgeva il giudice istruttore serviva al chiarimento delle allegazioni; se lo svolgeva il collegio (nei vari casi in cui il collegio all'atto della revisione decideva di sentire le parti) non voleva più chiarire le allegazioni ma voleva provocare un comportamento delle parti per desumere da quel comportamento argomenti di prova quindi per privilegiare la funzione probatoria dell'interrogatorio libero; invece il legislatore collocandolo all'inizio della lite, è evidente che ha voluto privilegiare la funzione di chiarificazione delle allegazioni.

Il modello processuale è tale per cui il giudice arriva all'udienza del 183 dopo essersi letto la citazione e la comparsa di risposta; si sarà letto l'eventuali scritture autorizzate a norma del 180; si sarà letto l'eventuale seconda memoria fatta dal convenuto di cui al 180 (e quindi ha già un discreto materiale per la conoscenza dei fatti) arriva all'udienza davanti alle parti anche personalmente e cercherà di chiedere degli elementi sulle allegazioni in fatto e cercherà anche di condurre un tentativo di conciliazione; dice però il 183 a differenza del 420 "quando la natura della causa lo consente". Quando la natura della causa lo consente? Quando il diritto è indisponibile; se la causa ha ad oggetto il riconoscimento di paternità è ovvio che non potrà esserci conciliazione perché "il riconoscimento di paternità è un diritto indisponibile, non si presta ad una conciliazione; se invece è "il mutuo del prestito, il credito" sono diritti disponibili e quindi la natura della causa consente la conciliazione.

La mancata comparizione delle parti (dice l'ultimo periodo del 183) senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile ai sensi del 2° comma dell'art.116. Questa disposizione ci parla in generale del contegno delle parti, però il 2° comma dell'art.116 parla del comportamento delle parti nel processo e quindi se il legislatore non avesse introdotto questa precisazione, la disposizione del 116 avrebbe potuto essere letta nel senso che "la mancata comparizione" non era comportamento nel processo perché in realtà era un'assenza e in quanto tale non qualificabile e quindi la mancata comparizione non poteva essere valutata come argomento di prova; con quest'aggiunto il 183 comma 1 ci dice che " la mancata comparizione delle parti è però a questi fini un comportamento valutabile (cioè comportamento processuale) perché il momento in cui tu sei costituito in giudizio la mancata comparizione .. quest'udienza è un comportamento che il giudice comunque dovrà valutare se non ti presenti senza un giustificato motivo, la valutazione sarà negativa dice il 2° comma dell'art.183 che hanno la possibilità di farsi rappresentare da un procuratore speciale che può anche essere l'avvocato (può essere anche un terzo a cui sono stati delegati questi esperibili poteri e può anche essere il procuratore costituito cioè l'avvocato difensore, il 2° comma dell'art. 183 ci dice che la procura deve essere conferita .

L'art.183 attribuisce all'avvocato (al procuratore, il potere di conciliare o .ransigere la controversia (è un potere che normalmente l'avvocato non ha l'avvocato non può transigere o conciliare in senso sostanziale la controversia tranne se ha una speciale procura a questo riguardo. Anche qui noi abbiamo una valutazione del comportamento negativo cioè la mancata conoscenza senza gravi ragioni dei fatti della causa(ciò che rileva sono i fatti quindi principio di sostanzazione) da parte del procuratore è anche questo comportamento valutabile ai sensi del 2° comma dell'art.116; io non posso mandare in udienza un terzo che si limita a dire:" che ne so, io non so niente, non c'ero" né posso mandare un terzo che non ha il potere di conciliare o transigere, devo mandare un terzo che sia a conoscenza dei fatti (quindi in grado di rispondere ad ogni contestazione o richiesta di chiarimento da parte del giudice e deve avere il potere di rispondere del diritto dedotto in giudizio. Nel comma 3 dell'art.183 c'è un principio importante introdotto già prima dal legislatore del '90 e dice: Il giudice richiede alle parti. nella versione precedente che risale al 40 diceva: "il giudice richiede alle parti i chiarimenti necessari ed indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. Il legislatore del 90 ha voluto confermare questa disposizione ma ha aggiunto "sulla base dei fatti allegati" quindi principio di allegazione, sono importanti i fatti e quindi il legislatore anche all'interno di un processo orale (che richiede una partecipazione attiva il giudice a contatto diretto fra il giudice e le parti) ha voluto sottolineare che queste attività officiose devono comunque svolgersi all'interno di quella cornice di fatti principali dedotta dalla parte e quindi il giudice non può opporsi d'ufficio alla ricerca dei fatti cd. principali.





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