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INADEMPIMENTO DELL'OBBLIGAZIONE

giurisprudenza



INADEMPIMENTO DELL'OBBLIGAZIONE

L'obbligazione può rimanere inadempiuta per tre motivi diversi:


reale impossibilità oggettiva;

non volontà del debitore;

non capacità del debitore.




Nel caso di non volontà del debitore, si configura l'illecito 424h73e contrattuale o da inadempimento (art. 1218 cod. civ.), mentre nei casi di incapacità o di impossibilità reale del debitore a lui non imputabile, a norma dell'art. 1256 cod. civ., l'obbligazione si estingue.


Ne caso di inadempimento per impossibilità non al debitore imputabile, questo affinchè si liberi totalmente dall'obbligo di prestazione, deve:


essere giunta dopo l'obbligazione ma prima della mora;

deve essere inevitabile e non determinata per colpa del debitore;

deve trattare una reale impossibilità oggettiva e non soggettiva del debitore stesso.


L'impossibilità, quindi, deve essere sopravvenuta, anche, perché se la causa di impossibilità fossa stata originaria, non si sarebbe neanche creato il rapporto di obbligazione per mancanza di un elemento essenziale al rapporto.


L'impossibilità deve, inoltre, anche essere inevitabile cioè per motivi di forza maggiore o per casi fortuiti. In questi casi rientrano anche le proibizioni delle autorità (Es. divieto di commercio, ecc.).


L'impossibilità, in fine, deve anche essere sorta per motivi non di natura soggettivi al debitore ma per motivi di natura oggettivi all'obbligazione stessa, tranne nei casi stretti (Es. malattia, infortunio, ecc.).

Se l'impossibilità è definitiva, l'obbligo si estingue definitivamente, tuttavia, nel caso in cui l'impossibilità è temporanea, l'obbligazione resta pendente per tutto il periodo di tempo necessario al ripristino della possibilità di pagamento escludendo gli eventuali interessi e le relative more per ritardo nel frattempo giunte.


Nel caso che il debitore voglia liberarsi della responsabilità da illecito contrattuale (ex art. 1218 cod. civ.) deve dimostrare la sua innocenza con l'estraneità ai fatti offrendo la prova liberatoria e non deve essere il creditore a dimostrare la responsabilità del debitore come potrebbe avvenire in altri casi (inversione dell'onere della prova).


Anche il solo ritardo nel pagamento è fonte di responsabilità che porta alla mora del debitore con le relative conseguenze giuridiche ed economiche.


In fine è necessario fare riferimento all'art. 1229 cod. civ.

Questo articolo punisce con la nullità qualunque patto che limiti o escluda preventivamente la responsabilità del debitore a seguito di colpa o dolo grave anche se questa ha firmato la clausola così come previsto dall'art. 1341 cod. civ. considerandola vessatoria.


MORA DEL CREDITORE (mora accipiendi o credendi

Il creditore è passivo di mora quando non riceve il pagamento dell'obbligazione offertogli comunque e necessariamente dal debitore o quando non compie quanto dovuto per consentire il pagamento del debitore (art. 1206 cod. civ.).

Tale mora produce diversi effetti, tra cui:


non sono più dovuti interessi al creditore;

il creditore è tenuto a risarcire eventuali danno provocati al debitore;

il rischio per eventuali  successive impossibilità di pagamento della prestazione rimane a carico del creditore.


Esistono altri modi di liberazione della res debita che non implicano l'intervento del creditore.

Per prima cosa il debitore, dopo aver proceduto all'offerta della cosa al legittimo creditore, deve liberarsene depositandola in un pubblico deposito, senza poterla mai più riprendere, e solo dopo che sia stata accettata dal creditore o dopo una sentenza del giudice.

Se si tratta di un bene immobile dopo che il debitore consegni la cosa ad un sequestratario appositamente nominato dal giudice (art. 1216 cod. civ.).



MORA DEL DEBITORE (mora solvendi o debendi)

La mora del debitore si configura quando il debitore non adempisce alle proprie obbligazioni entro i termini prefissati dalle parti di comune accordo.

Tuttavia, spesso, prima che di inadempimento, si parla di ritardo della prestazione con la conseguente mora; da specificare è pero il fatto che non si può parlare di mora per ritardo se poi il debitore, anche in un secondo tempo molto lontano, paga il proprio debito.

Il ritardo esiste solo ed in quanto il pagamento del debito non verrà mai effettuato altrimenti esisterà un'adempimento non perfetto (non esatto) per non rispetto del termine temporale prefissato.

Se non segue al ritardo l'adempimento, il ritardo stesso diviene automaticamente inadempimento.


Il debitore, così caduto in mora, può trovarsi in due diversi stadi:


mora ex re quando esiste un termine temporale prefissato ed il debitore si viene a trovare in mora senza alcuna azione da parte del creditore, ed in particolare:


quando la prestazione deve farsi entro termini fissati e si tratti di debiti portabili (Es. denaro, ecc.);

nei debiti derivanti da atto illecito extracontrattuale;

quando il debitore abbia dichiarato per iscritto al creditore di non voler eseguire la prestazione.


mora ex personam in tutti gli altri casi in cui non esiste un termine specifico.


Per l'inizio del termine di mora è richiesto obbligatoriamente una domanda per iscritto del creditore o dal giudice competente che chieda il pagamento della prestazione in questione.

La costituzione in mora dell'obbligazione interrompe ogni termine e calcolo di prescrizione in corso (art. 2934 cod. civ.).

Si chiama purgazione della mora l'eliminazione dello stato illegittimo di ritardo e dei relativi effetti da parte della volontà del creditore o direttamente per il pagamento del debito principale.



Le regole giuridiche per il RISARCIMENTO dei danno da illecito contrattuale sono uguali e fondate su quelle per l'illecito extracontrattuale.

Entrambe producono delle obbligazioni pecuniarie, quelle del risarcimento appunto.

Il risarcimento dei relativi danni è richiesto solo nel caso di inadempimento, eventualmente, al debitore responsabile.


Quando l'inadempimento è:


colposo si risarciscono solo i danni prevedibili al tempo in cui sorse l'obbligazione;


doloso si risarciscono tutti i tipi di danni, siano essi imprevisti che imprevedibili (art. 1225 cod. civ.).


Se il creditore dimostrerà di aver subito un ulteriore danno egli avrà diritto ad ottenere un ulteriore risarcimento.

Quanto non è possibile quantificare esattamente il danno, spetta al giudice Civile calcolarlo in maniera equa alle circostanze (art. 1226 cod. civ.).


Il risarcimento del danno comprende sia il danno emergente, cioè la perdita effettivamente subita, che il lucro cessante, cioè il mancato guadagno non percepito




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