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LO IUS CIVILE DELL'ETA' PIU' ANTICA - La Legge delle XII Tavole

diritto



LO IUS CIVILE DELL'ETA' PIU' ANTICA


I) La Legge delle XII Tavole


Il primo punto certo della storia del diritto romano è la Legge delle XII Tavole, in essa i Romani videro il fondamento della loro vita giuridica. La storicità di quest'opera è stata messa in dubbio; la datazione tradizionale è del 451 - 450 a. C., in questo periodo c'erano state delle dure lotte tra Patrizi e Plebei. La legge fu opera di una commissione di 10 uomini (decemviri legibus scribundis) ai quali fu trasferito ogni potere politico dopo aver sospeso le magistrature ordinarie.


Del testo originale oggi abbiamo solo qualche frammento, ed è incerto quanto delle XII Tavole sia andato perduto, il testo originario andò perduto nel 390 a. C. durante l'incendio gallico della città di Roma.


II) Il Diritto delle XII Tav 656g66g ole


Le XII Tavole erano un esteso disegno del diritto vigente, contenevano prescrizioni sul corso del procedimento giudiziario, inclusa l'esecuzione e disciplinavano il diritto Privato e Penale che per il legislatore romano erano un'unità. Lo scopo del legislatore era raccogliere tutto lo Jus Civile, cioè quelle norme che riguardavano la sfera giuridica del singolo cittadino, al fine di proteggere l'uomo comune dall'arbitrio della nobiltà patrizia, sia nel traffico giuridico che nell'amministrazione della giustizia. Tale codificazione è importante perché l'ordinamento giuridico Romano fino alle XII Tavole non era mai stato raccolto per iscritto.




L'intero contenuto delle prime 3 tavole riguardava il Diritto Processuale: questo prevedeva 2 tipi di procedure; una rigorosamente antica e formale la Legis actio sacramenti ed una più recente e più snella che era applicabile solo a determinate pretese la Legis actio per iudicis postulationem.


Nell'ambito del Diritto Privato prevalevano il diritto ereditario ed il diritto di famiglia. Le XII Tavole conoscevano una forma durissima di contratto obbligatorio, in cui il mutuatario ricevendo il denaro, alla presenza di testimoni, si trasferiva letteralmente nel potere del creditore. Qualora il creditore non riusciva in tempo a restituire la somma cadeva in schiavitù per debiti senza che ci fosse bisogno di una condanna giudiziale, tale contratto fu abolito nel IV° secolo a. C. e fu sostituito dalla Sponsio, che si poneva in essere mediante scambio di domanda e risposta tra le parti e per la cui attuazione si poteva far ricorso alla più semplice Legis actio per iudicis postulationem.


Per quanto riguarda il Diritto Penale, si pensa che la legge si fondasse sull'idea della vendetta privata dell'offeso, lo Stato interveniva solo per alto tradimento (perduellio) cioè per fatti che si rivolgevano all'intera comunità. Il compito di perseguire l'assassino spettava al gruppo familiare dell'ucciso (agnati), le XII Tavole non contenevano nessuna disposizione sulla pena da infliggere all'omicida, un'antica norma prescrive che, in caso di omicidio involontario, l'autore deve consegnare agli agnati un ariete. Labeone ci dice che questo ariete era un oggetto sostitutivo su cui esercitare la vendetta, esso doveva essere ucciso al posto del colpevole, da ciò deduciamo che in caso contrario, gli agnati potevano esercitare la vendetta di sangue su colui che aveva "ucciso coscientemente e con dolo". Se però il reo non era né flagrante né confesso, gli agnati potevano procedere solo dopo che la sua colpevolezza fosse stata giudizialmente accertata. Invece colui che esercitava vendetta senza che vi fosse stata la necessaria sentenza era a sua volta considerato omicida.


Si presuppone che il proibire, per decreto del magistrato, acqua e fuoco (aqua et igni interdicere) al fuggitivo reo di delitto capitale, risalga al diritto vigente all'epoca delle XII Tavole. Scopo di questa proibizione era privare il fuggiasco di qualsiasi aiuto in modo che non gli rimanesse altra possibilità se non la fuga all'estero. Polibio ci dice che alcune comunità come Preneste, Tivoli e Napoli, in virtù di antichi trattati di alleanza con i romani, accoglievano il fuggitivo, così esso si sottraeva alla punizione ma non poteva più mettere piede sull'Ager Romanus, e si parlava di exilium.


Per molti delitti era prevista la Pena di Morte, il modo con cui avviene l'esecuzione riflette il tipo di delitto commesso, per esempio: il colpevole d'incendio doveva essere bruciato, il falso testimone doveva essere precipitato da una rupe etc. Anche in questi casi non abbiamo una punizione pubblica del colpevole ma un diritto di vendetta della parte lesa nei confronti del reo la cui colpevolezza fosse stata riconosciuta da sentenza. Citiamo l'esempio del furto. Il derubato poteva uccidere il ladro se lo acciuffava di notte o se di giorno questi opponeva resistenza armata, in questi casi la vittima del furto era tenuta a chiamare aiuto a gran voce, affinché arrivassero i vicini e non i fosse dubbio sulla legittimità dell'uccisione. Dopo di che il derubato poteva uccidere il ladro, venderlo come schiavo in terra straniera, o ricevere in cambio un riscatto. Se però il ladro non era colto in flagrante le XII Tavole vietavano al derubato la vendetta fisica, egli doveva limitarsi a chiedere al ladro una pena in denaro, in genere il doppio della cosa rubata.


Vi erano anche Pene Pecuniarie previste per lesioni leggere, il loro ammontare era fissato dalla legge: per la rottura di un osso 300 assi se l'offeso era libero e 150 se era uno schiavo, per ingiurie lievi 25 assi. Per lesioni corporali gravi, che mettevano fuori uso un arto, la legge ammetteva la rappresaglia fisica, con inflizione di un danno eguale a quello ricevuto, salvo che le parti non si accordassero su una composizione, della lite, in denaro e non ponessero fine alla lite con un "patto di pace" (pactum).


Nelle XII Tavole abbiamo il Diritto Penale Privato, questo diritto fu considerato come una parte del diritto delle obbligazioni e da esso è derivato il diritto degli atti illeciti nelle moderne codificazioni privatistiche del diritto romano. Le azioni penali che potevano essere intentate non solo dall'offeso o dagli appartenenti al suo gruppo familiare, ma da qualunque cittadino, e avevano come scopo la punizione del colpevole da parte dello Stato. Così abbiamo un diritto penale e un diritto processuale penale che facevano parte dello Jus Publicum e non dello Jus Civile. Una simile concezione non era estranea alla legge delle XII Tavole perché il diritto di vendetta dell'offeso era l'unica conseguenza naturale del delitto, e ciò che importava ai legislatori era limitare l'esercizio della vendetta sulla persona del reo ai delitti più gravi e porlo sotto il controllo giurisdizionale, quindi isolare il colpevole e tenere lontano dalla comunità il pericolo di rovinose faide familiari. Sotto questo aspetto il diritto penale delle XII Tavole ha ancora un carattere primitivo.


Nelle XII Tavole si evidenzia la ferma credenza alle pratiche magiche dei Romani, alcuni reati come recitare formule di incantesimo verso il frutto sullo stelo affinché la spighe restino vuote, erano puniti con la pena capitale.


III) Lo sviluppo del Diritto dopo le XII Tavole


I modi principali dello sviluppo del diritto furono l'interpretazione del testo delle XII Tavole e l'attività normativa dell'assemblea popolare.


1. L'interpretazione delle XII Tavole rimase fino al III Secolo un monopolio del collegio sacerdotale dei pontifices, essi si avvalevano di una interpretazione letterale, un esempio della loro attività creatrice è dato dal formulario predisposto per la liberazione di un figlio dalla potestà, in linea di principio vitalizia del padre; misero appunto un negozio giuridico  con cui erano combinati 7 atti formali e il cui fondamento era costruito da una norma delle XII Tavole, secondo la quale il padre che avesse venduto per 3 volte il figlio perdeva la patria potestà su di lui. In questo modo una prescrizione legislativa, che aveva lo scopo di porre un limite allo sfruttamento eccessivo del lavoro di un filius familias da parte del padre servì a rendere possibile la rinunzia volontaria al potere paterno che era sconosciuta alle XII Tavole.


2. Le Leggi (leges) erano votate dai cittadini su proposta (rogatio) del magistrato che avesse la facoltà di convocare e dirigere l'assemblea del popolo, delle varie forme di organizzazione in cui si radunava la comunità furono i comizi centuriati quelli ove si svolgeva l'attività legislativa, essi videro diminuire la loro importanza con la Lex Hortensia del 286 a. C., che stabilì che le deliberazioni della plebe divennero vincolanti per tutti i cittadini, da quel momento la maggior parte delle leggi fu votata dal concilium plebis su proposta dei tribuni.


Le leggi che furono emanate fra le XII Tavole e la fine della Repubblica, in materia di diritto privato e processuale sono state circa 30, tra queste la Lex Poetelia Papiria de nexis (326 a. C.) che eliminò la schiavitù per debiti; la Lex Aquilia de damno iniura datato 286 a. C. che sostituì le prescrizioni delle XII Tavole sul danneggiamento delle cose.


Per evitare di cadere nell'arte interpretativa dei giuristi, la lingua e la tecnica della legislazione passarono dalla sobrietà e concisione delle XII Tavole ad una grande precisione, ne sono esempio alcune leggi della Tarda Repubblica come: la Lex Acilia repetundarum (122 a. C.) serviva a difendere i sudditi di Roma dalle vessazioni dei cittadini romani e la Lex Agraria (111 a.  C.) che liquidava la legislazione agraria graccana.




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