L'atto che sia o meno provvedimento è composto da
elementi (essenziali, naturali e accidentali ) e da requisiti di legittimità ed
efficacia. Gli elementi essenziali sono quelli necessari per dar vita
all'atto. I fautori della teoria tradizionale distinguono tra: agente,
destinatario, volontà, forma ed oggetto. La dottrina moderna distingue tra:
soggetto, oggetto, finalità, forma e contenuto.
Il soggetto
è il centro di imputazion 444c25e e giuridica che pone in essere l'atto, può essere
rappresentato da un funzionario dello stato o di un ente pubblico o da un
privato investito dell'esercizio di una pubblica funzione. Il destinatario per la dottrina moderna rientra
nell'oggetto, costituisce il soggetto nei cui confronti si producono gli
effetti del provved. La volontà, la
dottrina moderna esclude che il processo psichico porti all'emanazione di un
atto. L'oggetto che è la res su cui
l'atto amministrativo incide. Il contenuto è la parte precettiva dell'atto. La finalità attiene allo scopo che esso
persegue. La forma, la dottrina
tradizionale interpreta rigidamente il principio di legalità, ritenendo che la
forma tipica e connaturale dell'atto sia quella scritta. Ma successivamente si
fece strada l'opposto principio in base al quale in mancanza di norme di legge
deve ritenersi vigente il principio di libertà di forma. Ciascun atto presenta
una struttura formale composta da: intestazione,
che contiene l'autorità da cui promana; preambolo,
in cui sono indicate le norme di legge o i regolamenti in base ai quali l'atto
è adottato; motivazione, suddivisa in
una parte descrittiva e una valutativa; dispositivo,
parte precettiva dell'atto; luogo e data
in cui è emanato; sottoscrizione,
firma dell'autorità che emana l'atto o di quella delegata.
Quanto alla motivazione
prima dell'art.3 della l.241/1990 non esisteva un obbligo generale di
motivazione per gli atti amm, tale obbligo è stato introdotto in ossequio dei
principi di trasparenza ed effettività. Il seconda comma dell'art.3 esclude
tale obbligo per..perchè ritiene tali atti ampiamente discrezionali e a motivo
libero.
Quanto al contenuto la motivazione si articola in due
parti: una parte descrittiva, nella quale la PA indica i presupposti di fatto e di diritto e
una parte valutativa nella quale la
PA indica le basi che stanno alla base della decisione. E'
ammessa la motivazione ob relationem
e cioè la motivazione non risultante dal provvedimento del corpo finale, ma
dagli atti precedentemente compiuti. In questo gli atti da cui risultano le
ragioni della decisione devono essere indicati e resi disponibili. Si ritiene
superato l'orientamento giurisprudenziale che tendeva ad inquadrare tutte le
lacune e le carenze motivazionali nel vizio di eccesso di potere. L'art. 3 ha rivoluzionato la materia
sancendo: l'obbligo generale di motivazione, obbligo di indicare i presupposti
di fatto e di diritto, l'obbligo nel caso di motivazione per relationem di
indicare e rendere disponibili gli atti da cui risultano le ragioni della
decisione. Se ciò non avviene saranno viziati per violazione di legge; saranno
da reputarsi affetti dal vizio di eccesso di potere gli atti con carenze e
incongruenze diverse da quelle citate. Gli elementi accidentali sono
componenti eventuali che hanno la funzione di ampliare o restringere il
contenuto naturale dell'atto. Sono:
il termine,
che indica il momento dal quale deve avere inizio o deve cessare l'efficacia
dell'atto; la condizione, apponibile
a tutti gli atti di amministrazione
attiva e di controllo e diretta a subordinare l'inizio o la cessazione
dell'efficacia dell'atto al verificarsi di un evento futuro ed incerto; l'onere, apposto solo agli atti che
determinano un ampliamento della sfera giuridica; le riserve, atti con cui la
PA riserva di adottare futuri provved. in relazione
all'oggetto stesso dell'atto. I requisiti di legittimità sono i requisiti
richiesti dalla legge affinchè l'atto oltre ad essere esistente sia valido. La
mancanza di tali requisiti rendono l'atto annullabile. I requisiti di efficacia
sono le condizioni necessarie affinchè un atto già perfetto divenga efficace.
Gli atti amministrativi diversi dai
provvedimenti hanno
un'importanza minore, assolvono funzioni strumentali, accessorie o cmq
secondarie. Costituiscono una categoria residuale che si caratterizza in quanto
non sono dotati di esecutorietà, autoritarietà e non sono tutti tipici o
nominati. Sono raggruppati in: atti consistenti in manifestazioni di volontà e
atti non consistenti in manifestazioni di volontà. Tra i primi vi sono: atti
paritetici(atti con i quali la PA,
tenuta per legge a far fronte ad un obbligo posto a suo carico determina
unilateralmente il contenuto dell'obbligo stesso); atti facenti parte del
procedimento per l'emanazione di atti amministrativi; atti di controllo. Tra
gli atti non consistenti in manifestazioni di volontà abbiamo: atti ricognitivi
(manifestazioni di volontà e di scienza); atti di valutazione(manifestazioni di
giudizio); intimazioni, che consistono
nel formale avvertimento ad un soggetto, già tenuto ad osservare l'obbligo, di
ottemperare l'obbligo stesso.
I
pareri sono atti di
valutazione con cui gli organi dell'amministrazione consultiva mirano a
consigliare, erudire gli organi di amministrazione consultiva e sono emanati
dietro loro richiesta. Sono di competenza di speciali organi collegiali e privi
di autonomia funzionale in quanto emessi in vista del provvedimento finale di
un procedimento amministrativo. I pareri
possono essere così classificati: facoltativi,
se è a discrezione degli organi di amministrazione attiva richiederli o meno; obbligatori; se la legge impone
all'organo di amministrazione attiva di richiedere il parere all'organo
consultivo. Questo può essere a loro volta: non vincolante(quando l'amm attiva
è obbligato a richiederlo, ma può discostarsene); vincolante(quando è obbligata
a chiedere il parere e ad uniformarsi ad essa); parzialmente vincolanti(se
l'organo di amm attiva può adottare il provved in un dato senso o seguendo un
dato procedimento);conformi(quando la
PA ha il potere discrezionale di provvedere o no sull'istanza
per quale è obbligata a richiedere il parere). I pareri possono adempiere tre
funzioni: conoscitiva, valutativa e di coordinamento. Parte della dottrina
ritiene che richiederebbe sempre la forma scritta, ma non vi sono elementi
positivi a sostegno di ciò. La motivazione deve essere presente ai sensi
dell'art.3 l. 241/1990. Il parere deve essere acquisito al procedimento prima
dell'emanazione del provved finale. Un pare viziato inficia tutto il
procedimento per cui l'atto terminale risulterà anch'esso viziato. Anche i
pareri facoltativi, potendo viziare l'atto terminale, hanno rilevanza giuridica
se l'amm attiva ne ha tenuto conto nell'adottare il provvedimento finale.
Quanto all'impugnazione, essendo un atto
infra-procedimentale non è di norma autonomamente impugnabile. La tutela
giurisdizionale amm presuppone un interesse a ricorrere. Solo emanato l'atto
finale si potrà procedere ad un'impugnativa congiunta. A norma dell'art.16
241/1990 è stata introdotta la figura di silenzio procedimentale..Il parere
anche se formalmente obbligatorio non ferma più l'azione amm del provved finale. Si parla di silenzio facoltativo poiché
l'amm può decidere di procedere anche
senza il parere. Un limite alla possibilità di procedere è sancito dall'art.166
per il quale sono richiesti i pareri per determinate materie. Ai sensi
dell'articolo 17 nel caso di inerzia di valutazioni
tecniche necessarie da parte di
organi o enti, entro 90 giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile
del procedimento deve richiedere tali valutazioni ad altri organi
dell'amministrazione, ad enti pubblici o ad istituti universitari. La norma
prevede una deroga costituita da valutazione richieste ad amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute del
cittadino.
Gli
atti della PA si dividono in:
provvedimentali e non provvedimentali. Quelli non provvedimentali si
distinguono ìn atti consistenti manifestazioni di volontà e atti non
consistenti in manifestazioni di volontà. Quelli provvedimentali sono
esecutori, autoritativi o tipici e si dividono in: atti
ampliativi(autorizzazioni,concessioni,altri) e atti restrittivi (ordini e atti
ablativi).
Gli ordini
sono provved. restrittivi della sfera giuridica del destinatario con i quali la PA, a seguito di una scelta
discrezionale o di un semplice accertamento, fa sorgere nuovi obblighi
giuridici a carico dei destinatari. L'obbligo del destinatario sarà ben determinato
e può essere penalmente sanzionato. La potestà ordinatoria può essere: generale (se si esplica nei confronti
di tutti i soggetti. Ad es il potere attribuito al prefetto di adottare
provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e la sicurezza
pubblica; prendono il nome di ordini di polizia); speciale, se
presuppone una particolare relazione tra la PA e il privato, essi prendono
il nome di ordini gerarchici. Con l'ordine viene reso concreto un obbligo
sancito in astratto dalla legge. Quanto alla natura giuridica sono restrittivi
e costitutivi ed incidono sfavorevolmente sui diritti. In virtù del principio
di legalità il potere di impartire gli ordini deve essere espressamente
previsto dalla legge. In base al contenuto si distinguono in: comandi, se hanno un contenuto
positivo(dare, facere, pati) e divieti,
se hanno un contenuto negativo (non facere).
L'atto
ablativo, nell'ambito del
diritto amministrativo, è un atto amministrativo attraverso il quale la Pubblica Amministrazione
priva il titolare di un diritto reale, estinguendolo o trasferendolo
coattivamente ad un altro soggetto, oppure limitando nella sua estensione.
L'atto ablativo è un Atto amministrativo, quindi posto in essere da una
Pubblica Amministrazione, che si distingue dagli altri atti amministrativi
perché produce effetti sfavorevoli (privazione od estinzione di un diritto)
nella sfera giuridica dei suoi destinatari. È quindi un provvedimento
amministrativo in quanto va ad incidere nella sfera giuridica dei destinatari amministrati.
La giustificazione dell'atto ablativo, che sacrifica
una posizione altrimenti protetta dall'ordinamento, è da ritrovare all'interno
del generale principio che muove l'amministrazione, ossia è un tipo di attività
esercitata anche tramite dei poteri privativi volti principalmente a soddisfare
un interesse collettivo e pertanto di carattere pubblico. Sono atti ablativi:
l'espropriazione per pubblica utilità;
la requisizione; l'occupazione di urgenza; la confisca
amministrativa; il sequestro cautelare amministrativo; l'avocazione di cave e
torbiere alle Regioni.
L'Autorizzazione
è un particolare provvedimento amministrativo con il quale la pubblica
amministrazione rimuove un limite posto dalla legge per l'esercizio di un
diritto. Con questo provvedimento non si assegna la titolarità di alcun
diritto, ma se ne permette l'esercizio a chi ne è già titolare. In questo modo
l'amministrazione pubblica può verificare che l'esercizio del diritto da parte
del titolare non sia pregiudizievole per gli interessi della collettività.
L'autorizzazione può essere modale se prevede delle modalità con le quali il
diritto possa essere esercitato, o non modale se non è previsto alcuno
specifico vincolo nell'esercizio di tale diritto. La legge 241/1990,
nell'ambito della semplificazione amministrativa, ha previsto due nuovi
meccanismi per diminuire la porta dell'autorizzazione prevedendo: denuncia in luogo di autorizzazione, per
la quale in luogo dell'autorizzazione l'interessato produce una auto denuncia
di inizio attività, rispetto la quale l'amministrazione deve effettuare i suoi
controlli autoritativi entro un termine certo; il meccanismo del silenzio-assenso, per il quale, l'autorizzazione
si ha per concessa se la pubblica amministrazione non risponde entro un termine
certo dalla presentazione della domanda.
Requisito per ottenere la licenza per esercitare
qualsiasi attività commerciale è la frequenza della scuola dell'obbligo, ossia
il possesso della licenza delle scuole medie inferiori. La legge ha abolito
l'obbligo e validità delle licenze per numerose attività commerciali. La
licenza era vista come una forma di contingentamento delle quote, una
limitazione alla libertà di iniziativa economica, prevista dalla Costituzione,
e alla concorrenza e al libero mercato. All'obbligo della licenza, è stato
spesso sostituito quello del possesso di una qualifica, tramite la frequenza
obbligatoria e il superamento di esami in appositi percorsi
professionalizzanti, uniformi a livello nazionale, che prevedono periodi di
tirocinio, sostitutivi della formazione dei cosiddetti "ragazzi di
bottega". In precedenza, chi voleva avviare un'attività commerciale, per
la difficoltà ad ottenere la licenza per un nuovo esercizio, doveva rilevarne
uno già avviato, con il relativo costo delle licenze e periodo di
apprendistato. L'abolizione delle licenze ha diminuito il valore commerciale di
certe attività, sebbene un esercizio avviato, con un proprio marchio e
clientela, sia associato a un maggiore prezzo di mercato. In dottrina si
discute sulla natura di particolari procedimenti amministrativi. Per la maggior
parte di questa, pur presentando peculiarietà, il Nulla osta, l' Abilitazione e
la Registrazione
sono forme particolari di autorizzazione. Più controversa è la classificazione
della Licenza come di un particolare tipo di autorizzazione.
L'atto può essere inficiato da diverse forme di
patologia e risultare: inesistente, quando è privo di uno degli elementi
essenziali; invalido quando è difforme alla norma che lo disciplina(a seconda
della gravità del vizio può essere nullo o annullabile); imperfetto, quando non
ha concluso il suo ciclo di formazione; inefficace, quando l'atto, benché
perfetto, non è idoneo a produrre i suoi effetti in quanto sono inesistenti i
requisiti di efficacia previsti dalla legge (controlli),dalla natura dell'atto
ricettizio, dallo stesso provvedimento (condizione, termine); ineseguibile,
quando diventa temporaneamente inefficace per il sopravvenire di un atto
ostativo; irregolare, quando presenta un vizio per il quale la legge non
commina conseguenze negative per l'atto stesso, ma solo sanzioni amm a carico
dell'agente. L'inesistenza costituisce la forma di patologia più grave che
sussiste nei casi di: inesistenza del soggetto, incompetenza assoluta per
territorio e per materia, inesistenza dell'oggetto, mancanza di forma
essenziale qualora richiesta ad substantiam, inesistenza del contenuto e
mancanza di finalità. L'invalidità si ha quando l'atto è difforme dalla norma
che lo disciplina. In relazione alla natura della norma distinguiamo 2
categorie di vizi: se la norma è una norma giuridica, il vizio può comportare
l'inesistenza o l'annullabilità; se la norma non è giuridica, ma rientra tra
quelle della buona amministrazione, il vizio sarà di merito e l'atto
inopportuno. L'invalidità può essere: testuale o virtuale a seconda che sia
desumibile o meno dal testo; totale o parziale, perché può intaccare tutto
l'atto o una parte di esso; diretta o derivata, in quest'ultima ipotesi quando
l'invalidità di un determinato atto inficia un atto successivo di per sé
legittimo. In base alla gravità della difformità l'atto può essere: nullo o
annullabile. La L.15/2005,
per la prima volta ha codificato le ipotesi di nullità del provvedimento
inserendo l'art 21 septies alla l.241/1990..Dunque le ipotesi previste per
l'inesistenza dell'atto ideate dalla dottrina, vengono inglobate nella
disposizione di cui all'art. 21 septies.
La previsione della nullità in una norma generale probabilmente
comporterà l'abbandono del termine inesistenza. Oltre la tradizionale
bipartizione tra nullità e annullabilità, parte della dottrina preferisce una
tripartizione tra: nullità, inesistenza ed annullabilità. La differenza tra
nullità ed inesistenza è in termini di grado: la nullità configura
un'inesistenza giuridica; l'inesistenza è determinata da un difetto così palese
che ogni persona ragionevole debba escluderne l'esistenza giuridica. La nullità
comporta: inesistenza giuridica, inesecutorietà, in annullabilità, insanabilità
e inconvalidabilità. E' ammessa la conversione in altro atto valido dell'atto
nullo. L'illegittimità si ha quando
l'atto esistente presenti vizi di legittimità che incidono sugli elementi
essenziali, in tal caso l'atto è annullabile. La L.15/2005 riporta la
tripartizione dei vizi del tu delle leggi del consiglio di stato e all'art.21
octies recita:.. La competenza indica la misura della sfera di attribuzione di
un dato organo. La violazione delle norme che la disciplinano dà luogo
all'incompetenza, che può essere: assoluta, quando un organo emana un atto di
competenza di un altro potere dello stato o di un altro settore amm; relativa,
quando l'atto è emanto da un organo che appartiene allo stesso settore amm o
cmq allo stesso ente di quello competente. Il provvedimento viziato da
incompetenza relativa è annullabile. L'eccesso
di potere viene definito come una scorrettezza in una scelta discrezionale.
Occorrono 3 requisiti: un potere discrezionale, e quindi per gli atti
vincolati, essendone predeterminato il contenuto non può riscontrarsi un vizio
della volontà; uno sviamento del potere, un esercizio del potere per fini
diversi da quelli stabiliti dal legislatore; la prova dello sviamento,
necessaria per far venire mano la presunzione di legittimità. Storicamente si
sono succedute varie teorie nel tentativo di definire la natura giuridica e
l'oggetto di tale vizio. Distinguiamo: la teoria del vizio della volontà e la
teoria del vizio della causa che cercano di legare la tematica dei vizi ad una
previsione privatistica dell'atto,come volontà e causa. La teoria del vizio dei
motivi e la teoria del vizio della funzione che arrivano rispettivamente ad una
verifica dei motivi e della funzione complessivamente considerata. Dottrina e
giurisprudenza, consapevoli della difficoltà di raggiungere la prova dello
sviamento del potere hanno individuato una serie di ipotesi in cui la PA incorre in anomalie
comportamentali. Sono state elaborate figure sintomatiche dell'eccesso si
potere in presenza delle quali l'atto può essere invalido. Distinguiamo:
travisamento ed erronea valutazione dei fatti, che si realizza quando
l'autorità amministrativa esercita il potere amministrativo per potere emanare
un atto o un provvedimento amministrativo sul presupposto della
considerazione erronea dell'esistenza di un determinato fatto o abbia
attribuito ad un determinato fatto un significato erroneo, illogico o
irrazionale; illogicità o contraddittorietà della motivazione;
la contraddittorietà tra più atti successivi si verifica quando più
atti successivi della pubblica amministrazione hanno contenuto differente o
contraddittorio; la contraddittorità è tale che non risalta la reale volontà
dell'amministrazione; l'inosservanza delle circolari, la violazione in sé non dà luogo al vizio, ma
comporta il vizio per contraddittorietà tra provvedimento e volontà della pa
con la circolare; l' ingiustizia manifesta è una figura sintomatica
che si riscontra raramente nel caso concreto; questa si realizza quando l'atto,
rispetto ai concetti di opportunità e convenienza, risulta manifestamente
ingiusto; la mancanza di idonei parametri di riferimento, la pubblica
amministrazione non possa ampliare o restringere le posizioni giuridiche
soggettive dei cittadini senza tenere conto di idonei parametri di
riferimento. La violazione di legge è una figura residuale comprensiva di
tutti gli altri vizi che non configurano né incompetenza relativa né eccesso di
potere. L'espressione legge è da intendersi in senso ampio, comprendendo tutti
gli atti di formazione non solo primaria, ma anche secondaria. Non rientrano le
violazioni di circolari che sono norme interne e la cui violazione si
concretizza in eccesso di potere. L'atto amministrativo annullabile è:
giuridicamente esistente, efficace ed esecutorio. L'annullabilità non si
verifica di diritto, ma solo nel caso sia fatta valere da chi ne abbia
interesse (il privato ma anche la pubblica amministrazione stessa) ed a seguito
di un altro atto della pubblica amministrazione o di una sentenza. L'atto
annullabile, può essere sanato, ratificato o convertito in atto valido. Il
nostro ordinamento prevede i seguenti rimedi contro gli atti illegittimi: una
sentenza del GA che annulli l'atto su ricorso giurisdizionale dell'interessato;
una decisione dell'autorità amministrativa che annulli l'atto su ricorso
amministrativo dell'interessato; un atto amministrativo adottato spontaneamente
d'ufficio dalla PA,che ritiri l'atto viziato (atti di ritiro); un atto o un
procedimento della PA che anziché eliminare l'atto viziato lo sani o ne
provochi la conservazione. Il vizio di merito è una forma di invalidità che si
concretizza nella difformità dell'atto rispetto alle norme di buona
amministrazione. L'atto amm che non sia inesistente ma solo annullabile può
essere anziché essere ritirato sanato con una successiva manifestazione della
volontà amm. Distinguiamo: convalescenza, che tende ad eliminare vizi di
legittimità che inficiano l'atto; conservazione, che tende a rendere l'atto
inattaccabile, nonostante l'invalidità. Sono provvedimenti di convalescenza: la
convalida, provvedimento nuovo, autonomo e costitutivo che elimina i vizi di un
atto emanato precedentemente dalla stessa autorità. Deve contemplare l'atto che
si intende convalidare, l'individuazione del vizio da cui affetto, la volontà
di rimuovere il vizio. Può riguardare atti che non siano stati precedentemente
annullati e in relazione ai quali l'autorità abbia il relativo potere e il
vizio possa essere eliminato. Opera ex nunc, anche se, collegandosi ad un atto
precedente e conservando gli effetti di fatto opera ex tunc; la ratifica, è un
provvedimento nuovo autonomo con cui l'autorità astrattamente competente si
appropria dell'atto adottato da un'autorità incompetente dello stesso ramo. Si
differenzia dalla convalida solo per l'autorità che lo pone in essere e per il
vizio sanabile ( incomp. relativa);
la sanatoria si ha quando un atto o un presupposto di
legittimità mancante al momento dell'emanazione dell'atto venga emesso
successivamente in modo da perfezionare ex post l'atto illegittimo. Non
costituisce un nuovo atto, ma si identifica con l'atto che nel singolo caso è
stato emesso. La conservazione opera nelle ipotesi di raggiungimento dello
scopo e consente la conservazione dell'atto illegittimo per vizi di forma
laddove risulta egualmente perseguito in modo efficace l'interesse pubblico. La
funzione di conservazione viene riconosciuta ai seguenti provvedimenti: la
consolidazione, è una causa oggettiva dell'atto amm., che dipende dal decorso
perentorio entro il quale l'interessato avrebbe potuto opporre ricorso contro
l'atto invalido; l'acquiescenza, è una causa di conservazione soggettiva
dell'atto amm che dipende da manifestazioni espresse o da fatti concludenti con
i quali il soggetto privato si preclude la possiblità d'impugnare l'atto,
dimostrando di essere d'accordo con la PA.
Ne sono requisiti: esistenza del provved, conoscenza
dell'interessato, accettazione del privato mediante comportamento non equivoco
e spontaneo. Non si può attribuire ad una mera inerzia il valore di
acquiescenza; la conferma, è una manifestazione di volontà non innovativa con
cui l'autorità ribadisce una precedente determinazione, eventualmente
ribadendone il contenuto. Occorre distinguere tra: conferma propria, qualora
sia adottata sulla base di un nuovo iter procedimentale, con rinnovazione
dell'istruttoria e nuova ponderazione degli interessi coinvolti, In questo caso
il provved si sostituisce al provved confermato, suscettibile di autonoma
impugnativa giurisdizionale; conferma impropria quando un atto è meramente
confermativo, non si tratta di un nuovo provved, è preclusa l'impugnazione; la
conversione, consiste nel considerare un atto invalido annullabile, ma anche
nullo come appartenente ad un altro tipo, di cui presenta i requisiti di forma
e di sostanza. Le due figure di conversione sono: conversione provved, quando la PA emana un nuovo provved;
conversione interpretazione, quando può essere effettuata sia da parte
dell'interprete che da parte dell'autorità giudiziaria. Il provved di
conversione opera con efficacia retroattiva. Atti di ritiro in generale. Sono
provvedimenti a contenuto negativo, emanati in base ad un riesame dell'atto
compiuto nell'esercizio del medesimo potere amministrativo esercitato con
l'emanazione dell'atto al fine di eliminare l'atto viziato. Presentano i
seguenti caratteri: sono discrezionali,
quanto all'emanazione la Pa
valuta se sussista un interesse pubblico; sono esecutori, sono formali, le
forme sono le medesime prescritte per gli atti ritirati; devono essere
motivati;sono ricettizi, in quanto devono essere portati a conoscenza dei
destinatari; soggetti alle regole della l. 241/1990 in tema di silenzio rifiuto
e di obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento. Gli atti di ritiro
sono classificati in 5 tipi: Annullamento d'ufficio, è un provveda mm di secondo
grado, con il quale viene caducato, con efficacia retroattiva (ex tunc) un atto
illegittimo, per la presenza di vizi di legittimità originari dell'atto. Il
potere di annullamento d'ufficio è espressione del generale potere di
autotutela; può avvenire sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro
un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei
contro interessati dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo
previsto dalla legge. L'amministrazione competente all'annullamento d'ufficio
ha l'obbligo di verificare: giuridica esistenza del provvedimento, il vizio di
legittimità, l'interesse pubblico per l'annullamento d'ufficio. Elemento
necessario per procedere è dunque in primo luogo l'interesse pubblico. L'annullamento
a seconda dell'autorità che lo dispone può essere di 4 specie: annullamento
gerarchico, annullamento ministeriale di atti dirigenziali per motivi di
legittimità,annullamento governativo, auto annullamento. Revoca è un atto amministrativo di 2° grado (avente ad
oggetto, cioè, un precedente atto amministrativo), con il quale viene ritirato,
con efficacia non retroattiva (ex nunc, cioè "da ora, da questo momento"),
un atto amministrativo "per sopravvenuti motivi motivi di pubblico
interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova
valutazione dell'interesse pubblico originario" (art. 21 quinquies della
legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 15/2005). Può essere di due tipi:
autorevoca, se da parte della stessa autorità che ha emanato l'atto; revoca
gerarchica, da parte dell'autorità gerarchicamente superiore, non è consentita
ove l'organo inferiore sia titolare di una competenza esclusiva. A differenza
dell'annullamento dell'atto amministrativo, che ha come presupposto vizi di
legittimità (violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza relativa), la
revoca può intervenire su atti viziati nel merito, cioè divenuti inopportuni rispetto
alla tutela dell'interesse pubblico che quell'atto amministrativo deve
perseguire, oppure valutati come inopportuni a seguito di una successiva
valutazione dei vari interessi coinvolti dall'atto stesso. Se dalla revoca
nasce una danno per i soggetti direttamente interessati l'amministrazione deve
procedere al relativo indennizzo. Le controversie su questa materia sono
attribuite al giudice amministrativo (Tribunale Amministrativo Regionale in
primo grado, Consiglio di Stato in appello). La revoca non può essere disposta rispetto ad
alcune categorie di atti amministrativi; in linea generale non sono revocabili
quegli atti che hanno ampliato la posizione giuridica dei destinatari facendo
nascere rispetto a questi nuovi diritti soggettivi. La revoca, inoltre, non può
intervenire su atti vincolati: non possono essere revocati atti in ordine ai
quali la legge predefinisca già il contenuto e le circostanze in cui quel certo
atto deva essere obbligatoriamente adottato. Se l'amministrazione non ha alcun
tipo di potere discrezionale per quel certo tipo di atto è evidente che non lo
potrà neppure revocare. La revoca differisce dalla revocazione che si basa su
un apprezzamento di circostanze e presupposti ignorati al momento
dell'emanazione dell'atto. Abrogazione, è un atto di ritiro che si attua per il
sopravvenire di nuove circostanze di fatto che rendono l'atto non più rispondente
al pubblico interesse, a differenza della revoca, che si concretizza nella
rivalutazione delle stesse circostanze originarie. Il regime giuridico è il
seguente: gli atti suscettibili di abrogazione sono gli stessi che possono
essere revocati; gli effetti come per la revoca si producono ex nunc; La
differenza sta nel fatto che la revoca comporta un riesame nel merito al
momento dell'emanazione; la seconda una valutazione dell'opportunità di tenere
in vita il rapporto a mutate situazioni di fatto. Decadenza, è un atto di
ritiro con efficacia ex nunc, che la
PA utilizza nei confronti dei precedenti atti ampliativi
delle facoltà dei privato, in caso di: inadempimento degli obblighi o oneri
incombenti su destinatari; mancato esercizio di questi delle facoltà derivanti
dall'atto amm; venir meno dei requisiti
di idoneità necessari sia per la costituzione che per la continuazione del
rapporto. Mero ritiro, si tratta di un provvedimento che si esplica nei
confronti di atti non ancora efficaci; condizione sufficiente per il mero
ritiro è l'accertamento della
illegittimità o inopportunità delll'atto non essendo richiesto l'apprezzamento
di un pubblico interesse. Non è richiesta al contrario di altri atti di ritiro
una forma particolare, potendosi attuare anche per fatti concludenti