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La tutela del concepito e la capacità giuridica

diritto



La tutela del concepito e la capacità giuridica




La capacità giuridica è l'idoneità ad essere titolari di poteri e doveri giuridici. La persona fisica acquista la capacità giuridica con la nascita e la conserva fino al momento della morte. Essa si acquista con la separazione del feto dall'alveo materno, sempre che sia nato vivo, poiché non può considerarsi persona titolare di diritti e doveri il nato morto [Cassazione, 19 febbraio 1993, n.2023, rv.480995].

In diritto romano sorgevano dispute teoriche solo in materia di accertamento della venuta ad esistenza del neonato. In tal contesto i proculeiani richiedevano l'emissione di un vagito, mentre i sabiniani ritenevano che la prova dell 252j92c a vita potesse essere data in qualsiasi modo. Un altro problema era rappresentato dal caso del nato con fattezze non umane, con prevalenza di tratti ferini [Ulpiano in D.50.16.235]. La nascita di un monstrum, non integrava in genere la nascita di un essere umano:ciò valeva sia in ordine al problema della ruptio testamenti in seguito alla nascita di un altro figlio legittimo del testatore che del ius liberorum a favore della donna.

I giuristi romani anticipavano al momento del concepimento effetti che si sarebbero dovuti produrre soltanto con la nascita. Giuliano dà a questo principio una formulazione molto ampia "Qui in utero sunt in toto paene iure civili intelleguntur in rerum natura esse": coloro che sono nell'utero materno vengono considerati in pressoché tutto il diritto civile come se fossero già venuti ad esistenza.

Oggi, l'ordinamento positivo tutela, anche se in maniera bilanciata [La tutela del concepito e la sempre maggiore valorizzazione del diritto alla vita del feto è bilanciato dalla disciplina dell'aborto:liceità entro i primi 90 giorni dal concepimento], il concepito e l'evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita, essendo configurabile quello che dovrebbe assurgere a valore costituzionale "Il diritto a nascere", cioè un diritto che tuteli l'incolumità di ogni embrione inteso come entità vivente. La configurabilità di questo diritto inviolabile è amplificata da valori morali che configurano l'aborto come reato. Nell'Evangelium Vitae fu infatti affermato che:"L'aborto procurato è l'uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita" [GIOVANNI PAOLO II - Evangelium Vitae, Città del Vaticano 1995, n. 58]. La legge 22 maggio 1978, n.194 espone le norme per la tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria della gravidanza. L'art 1 afferma che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.

L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. L'articolo 4 afferma che per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

E' possibile affermare allora che l'interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio, entro primi 90 giorni di gravidanza, o grave successivamente a tale termine. L'esercizio di tale diritto compete esclusivamente alla madre. Eventuali malformazioni o anomalie del feto vengono in rilievo solo se possano cagionare un danno alla salute della gestante. L'interruzione della gravidanza al di fuori delle ipotesi sopra considerate è in contrasto con i principi di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. e di indisponibilità del proprio corpo di cui all' art. 5 cod. civ. e costituisce altresì reato punibile penalmente. Il concetto di nascituro è usato nel codice civile in diverse disposizioni. Se ne fa menzione nell'articolo 254 Codice Civile relativamente alla forma del riconoscimento del figlio naturale; nell'articolo 330 Codice Civile relativamente alla rappresentanza e amministrazione nell'ambito della podestà dei genitori; nell'articolo 462 Codice Civile relativamente alla capacità di succedere; nell'articolo 687 Codice Civile relativamente alla revocazione testamentaria per sopravvenienza di figli; nell'articolo 715 Codice Civile relativamente ai casi d'impedimento alla divisione ed infine all' articolo 784 Codice Civile relativamente alla donazione a nascituri.

Si pone allora il problema se il concepimento segni il momento di acquisto di una sia pur parziale capacità giuridica. Una rigorosa impostazione giurisprudenziale prevede che le disposizioni di legge che, in deroga al principio generale dettato dal primo comma dell'art. 1 Codice Civile, prevedono la tutela dei diritti del nascituro sono da considerare disposizioni a carattere eccezionale e come tali di stretta interpretazione [Cass. 28-12-73, n. 3467]. In dottrina generalmente si esclude che il concepimento possa essere considerato come il momento di acquisto della capacità giuridica poiché essa sarebbe una qualità non graduabile, che dovrebbe riconoscersi o negarsi per intero

Dunque affermando ciò si può dire che se il concepito non viene alla nascita, le attribuzioni a suo favore sono inefficaci e pertanto non possono esservi diritti che si trasmettono dal concepito ai suoi eredi. Se invece il concepito viene alla nascita, le attribuzioni a suo favore rimangono definitivamente efficaci.

La migliore dottrina [C.M. Bianca Diritto Civile 1] sostiene che l'ordinamento considera il concepito come portatore di interessi meritevoli di attuale tutela e in corrispondenza a tali interessi gli attribuisce una capacità provvisoria che diviene definitiva se il concepito, secondo il suo ciclo naturale,viene alla nascita, e che si risolve retroattivamente se tale evento non segue. In senso contrario è stato sostenuto che il concepito non ha capacità giuridica, nemmeno provvisoria, anticipata o condizionata; può solo parlarsi di tutela conservativa, affidata ai genitori, di taluni diritti patrimoniali.

Ma a ben vedere in tutta la normativa codicistica che lo riguarda, il concepito è portatore di interessi che devono essere fatti valere attualmente, se necessario. La nostra tradizione giuridica è nel senso che il nascituro concepito debba godere di protezione e tutela come essere umano. Egli è pertanto soggetto di diritto e quindi persona.







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