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LE OBBLIGAZIONI - Le fonti dell’obbligazione

diritto



LE OBBLIGAZIONI


Le obbligazioni sono disciplinate dal libro IV del Codice Civile.

Alla base delle obbligazioni vi è il rapporto obbligatorio ossia la relazione che sorge tra due parti che prendono il nome di creditore e debitore. Il creditore nel rapporto obbligatorio è il titolare del diritto di credito e rappresenta quindi il lato attivo del rapporto. Invece il debitore è colui sul quale grava il dovere di agire in modo conforme all’interesse del creditore - dovere che prende il nome di obbligazione e rappresenta il lato passivo del rapporto obbligatorio. I soggetti del rapporto obbligatorio possono essere determinati o anche determinabili come ad esempio accade nelle promesse al pubblico. La determinabilità dei soggetti è sufficiente per il perfezionamento del rapporto obbligatorio. Dalle obbligazioni a soggetti determinabili dobbiamo tenere distinte le obbligazioni ambulatorie nelle quali i soggetti sono individuati ma possono cambi 111j91b are nel corso della durata dell’obbligazione come accade ad esempio per i titoli di credito come le cambiali e gli assegni bancari che tramite le girate si trasferisce il diritto di credito ad un diverso soggetto. Tra le obbligazioni ambulatorie si evidenziano inoltre le obbligazioni reali e gli oneri reali. Le prime sono collegate alla titolarità del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento del bene, le seconde invece sono collegate direttamente al bene stesso.

Sin qui abbiamo parlato dell’elemento soggettivo del rapporto obbligatorio ma in esso è contenuto un ulteriore elemento definito oggettivo ossia la prestazione che rappresenta il comportamento che deve compiere il debitore per soddisfare l’interesse del creditore. La prestazione dell’obbligazione deve avere natura patrimoniale ossia deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse del creditore anche se di carattere non patrimoniale (art. 1174 cc). La patrimonialità della prestazione costituisce un elemento essenziale per consentire al giudice in caso di inadempimento di determinare in modo oggettivo l’ammontare del danno da parte del debitore. Non necessariamente invece l’interesse del creditore deve rivestire un carattere patrimoniale.




La buona fede


Con l’art. 1175 cc il legislatore stabilisce un concetto che sta alla base del rapporto obbligatorio ossia che il creditore ed il debitore devono comportarsi secondo le regole di correttezza reciproca, imponendo ad entrambi il dovere di comportarsi in modo da non ledere gli interessi altrui al di fuori della legittima tutela dei propri interessi.


Le fonti dell’obbligazione


L’art. 1173 cc individua quali fonti dell’obbligazione: il contratto, il fatto illecito e ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico. Relativamente al contratto dobbiamo precisare che esistono contratti che hanno il solo scopo di costituire, modificare od estinguere un rapporto obbligatorio tra le parti detti appunto “contratti ad effetti obbligatori” ma vi sono anche contratti che oltre ad avere effetti obbligatori tra le parti producono il trasferimento di un diritto. Quest’ultimi sono definiti “contratti ad effetti reali”. Alla prima categoria appartiene ad esempio il contratto di locazione che disciplina i rapporti tra il locatore ed il locatario, mentre sono considerati contratti ad effetti reali la donazione ad esempio o meglio ancora la compravendita. A proposito della donazione dobbiamo precisare che anch’essa e considerata un contratto e non un atto unilaterale del donante in quanto si perfeziona con l’accettazione da parte del donatario. La donazione come cita l’art. 769 cc è un atto con il quale, per spirito di liberalità, il donante arricchisce il donatario trasferendogli un diritto o assumendosi le obbligazioni per conto dello stesso. In quest’ultimo caso la donazione assume le caratteristiche di un contratto ad effetti obbligatori.

Ritornando alle fonti dell’obbligazione abbiamo visto che anche il fatto illecito costituisce una fonte dell’obbligazione. Il fatto illecito è qualunque fatto doloso o colposo che arreca un danno ingiusto ad altri che fa sorgere un obbligazione che è appunto quella del risarcimento del danno causato. E’ un’obbligazione imposta dall’ordinamento giuridico. Poi vi è la terza categoria di fonti dell’obbligazione citate nell’art. 1173 cc che offre una descrizione ampia e generica: “ogni altro atto o fatto . ”. L’ordinamento giuridico individua espressamente altre fonti dell’obbligazione che possono essere ricomprese in questa categoria e sono:

Le promesse unilaterali: producono effetti obbligatori solo nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 1987cc) e solo in tali casi sono vincolanti. In questo si differenziano dai contratti in quanto le clausole contrattuali sono sempre vincolanti per le parti, anche se, il contratto non rientra tra quelli espressamente previsti dall’ordinamento giuridico. Le promesse unilaterali sono viste con una certa ostilità dal sistema giuridico. Tra le promesse unilaterali ricoprono una particolare importanza le promesse al pubblico che consistono in una promessa fatta dal promittente di eseguire una determinata prestazione al verificarsi di una situazione o al compimento di una determinata azione. La promessa al pubblico diventa vincolante dal momento in cui è resa pubblica e può essere revocata solo per giusta causa qualora non si sia ancora verificata la situazione o compiuta l’azione posta a condizione per l’esecuzione della prestazione da parte del promittente, purchè la revoca avvenga con la stessa pubblicità con cui è avvenuta la promessa. La promessa è invece irrevocabile qualora la situazione prevista o l’azione si sono già realizzate. Il cc individua tra le promesse unilaterali anche la ricognizione del debito e la promessa di pagamento ma in realtà queste non producono un vero e proprio rapporto obbligatorio tra le parti; hanno una natura puramente processuale ed hanno come effetto quello di comportare un inversione dell’onere della prova. Infatti nei processi è al titolare del diritto di credito che compete l’onere della prova per vedersi riconosciuto il proprio diritto. Con la ricognizione del debito o la promessa di pagamento da parte del debitore si trasferisce a quest’ultimo l’onere di provare l’inesistenza dell’obbligazione per la quale il creditore pretende l’adempimento.

I titoli di credito: sono anch’essi sostanzialmente delle promesse di eseguire una determinata prestazione in favore del titolare del diritto di credito. I titoli di credito incorporano nel documento cartaceo il diritto stesso destinato a circolare con le modalità delle cose mobili. La differenza sostanziale rispetto alla circolazione dei crediti tramite la cessione del credito consiste nel fatto che nei titoli di credito la proprietà del diritto si presume sia stata acquisita a titolo originario e pertanto non sarà possibile opporre nessuna eccezione relativa al precedente possessore/titolare. Infatti il rapporto fondamentale rimane estraneo alla circolazione del titolo di credito e pertanto non potrà opporsi nessuna eccezione inerente il rapporto fondamentale almeno che i soggetti del rapporto fondamentale siano gli stessi del rapporto cartolare oppure nel caso in cui l’attuale possessore nell’acquisire il titolo abbia agito intenzionalmente a danno del debitore.

La gestione d’affari altrui: il nome deriva dal latino “negotiorum gestio”, si ha quando un soggetto (gestore) senza esserne legittimato si intromette nella sfera degli affari altrui, ossia quando spontaneamente svolge un’attività nell’interesse di un’altra persona (gerito) senza essere da quest’ultima incaricato ed ammesso che l’interessato non possa provvedervi direttamente. Questa azione dà origine ad obbligazioni reciproche sia da parte del gestore che è tenuto a condurre l’attività intrapresa sino a quando il gerito non possa provvedervi autonomamente sia da parte del gerito che invece è tenuto a rimborsare tutte le spese intraprese dal gestore per l’attività svolta per suo conto. Tali obbligazioni sorgono a patto che sussistano due condizioni: 1) che l’avvio di tale attività sia giustificato secondo i normali canoni della ragionevolezza, 2) che non vi sia stato un esplicito divieto da parte dell’interessato almeno che tale divieto non sia contrario all’ordine pubblico o al buon costume.

Il pagamento dell’indebito: si ha quando un soggetto (solvens) esegue una prestazione non dovuta al favore del beneficiario (accipiens). Quando ciò si verifica il beneficiario è tenuto a restituire al “solvens” la prestazione ricevuta indebitamente, qualora non provveda è consentito al solvens di intraprendere un’azione, detta di ripetizione, per ottenere la restituzione di quanto gli spetta. Esistono però due eccezioni alla ripetibilità dell’indebito e cioè quando trattasi di adempimenti di obbligazioni naturali ossia quelle obbligazioni non sorrette da un dovere giuridico (es. il pagamento di un debito prescritto) oppure quando trattasi di obbligazioni contrarie alle regole del buon costume (es. il compenso pagato ad una prostituta).

L’arricchimento senza causa: si ha quando un soggetto, senza una giusta causa, si sia arricchito a danno di un’altra persona. Quando ciò accade sorge l’obbligo da parte della persona che si è arricchita senza causa di corrispondere all’altra una indennità corrispondente alla diminuzione patrimoniale subita da quest’ultima. Tale azione potrà essere utilizzata solo qualora chi ha subito il danno non disponga di un altro più specifico strumento di tutela.


L’adempimento


L’adempimento costituisce il momento più importante del rapporto obbligatorio perché con l’adempimento viene soddisfatto l’interesse del creditore e contestualmente si estingue l’obbligazione. In genere l’adempimento dell’obbligazione avviene da parte del debitore che può avvalersi anche di propri ausiliari per soddisfare l’interesse del creditore senza che ciò comprometta la riconducibilità della prestazione in capo allo stesso debitore. Vi sono però dei casi in cui l’adempimento dell’obbligazione viene effettuato da parte di un terzo al rapporto obbligatorio (art. 1180 cc) . Il creditore non può opporsi all’adempimento da parte del terzo almeno che la qualità della prestazione effettuata dal terzo sia inferiore a quella che avrebbe eseguito il debitore oppure nel caso in cui il debitore abbia manifestato al creditore la propria opposizione all’adempimento del terzo. Il soggetto legittimato a ricevere la prestazione è sicuramente il creditore o altro soggetto da lui legittimato e solo così il debitore si libera dell’obbligazione contratta. Esistono però delle eccezioni che liberano comunque il debitore dall’obbligazione e questo quando la legittimazione di un soggetto diverso dal creditore avviene con sentenza del Giudice o direttamente dalla Legge. Esiste infine un ulteriore ipotesi prevista all’art. 1189 cc in base alla quale il debitore può ritenersi liberato dall’obbligazione assunta qualora la prestazione sia stata resa nei confronti di colui che appare sulla base di circostanze univoche legittimato a riceverla e purchè possa provare di aver agito in buona fede. Si può notare che l’ordinamento giuridico in tale fattispecie posto che il debitore sia stato in buona fede privilegia la situazione di fatto alla situazione di diritto. Il creditore che ha ricevuto la prestazione dal debitore è tenuto a rilasciare la apposita quietanza.


Oggetto dell’obbligazione


L’oggetto dell’obbligazione ossia la prestazione come abbiamo già detto deve avere una natura patrimoniale ossia deve essere suscettibile di una valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse del creditore che può anche non essere di natura patrimoniale. Le prestazioni poste ad oggetto dell’obbligazioni possono consistere in un “dare”: ad esempio il pagamento di una somma di denaro, in un “fare” come ad esempio la realizzazione di un opera, oppure anche in un “non fare” come ad esempio il patto di inalienabilità o il patto di non concorrenza. Relativamente a quest’ultima tipologia di prestazioni occorre precisare che devono essere previste esplicitamente dalla legge e devono avere una durata massima.

Relativamente alla prestazione occorre ricordare alcune regole fondamentali che essa deve contenere e sono:

Che la prestazione eseguita dal debitore deve essere perfettamente coincidente con quella stabilità tra le parti all’origine dell’obbligazione, salvo che il creditore non acconsenta a ricevere una prestazione diversa, nel qual caso siamo di fronte alla prestazione in luogo dell’adempimento disciplinata dagli artt. 1197-1198 cc.

Che la prestazione alla scadenza pattuita deve essere eseguita per intero,

Che qualora la prestazione abbia ad oggetto la consegna di un bene lo stesso deve essere custodito dal debitore sino alla data stabilita per la consegna,

Che qualora la prestazione abbia ad oggetto un bene determinato solo nel genere perché si possa considerare adempiuta la prestazione il bene consegnato deve essere di qualità non inferiore alla media.


Imputazione del pagamento


Qualora il debitore abbia nei confronti dello stesso creditore una pluralità di debiti spetta allo stesso debitore imputare il pagamento ad uno di essi. Qualora questo non avvenga il creditore potrà imputare il pagamento del debito seguendo il presente ordine: a quello scaduto, a quello meno garantito, a quello più oneroso, a quello più antico. Non potendo applicare il suddetto ordine il pagamento del debito viene imputato proporzionalmente sui vari debiti. Nel caso in cui oggetto della prestazione sia una somma di denaro sulla quale sono maturati degli interessi nel caso in cui il pagamento del debito sia parziale si procede ad imputare tale pagamento decurtandolo dagli interessi maturati, salvo che il creditore non consenta di imputarlo al capitale.


Luogo e tempo dell’adempimento


Il sistema giuridico non riserva particolare importanza al luogo e al tempo dell’adempimento in quanto si preoccupa principalmente che l’obbligazione venga eseguita lasciando la scelta alle parti di stabilire dove e quando. Infatti il codice civile stabilisce solo alcune norme che hanno carattere suppletivo ossia vengono applicate in mancanza di diversi accordi tra le parti. L’art. del cc che disciplina il luogo dell’adempimento è il 1182 che prevede tre ipotesi:

quando la prestazione ha per oggetto una cosa certa e determinata, essa deve essere adempiuta nel luogo in cui si trovava nel momento in cui l’obbligazione ha avuto origine,

quando la prestazione ha per oggetto una somma di denaro (obbligazione pecuniaria) essa deve essere adempiuta al domicilio del creditore. Nel caso in cui prima della scadenza il creditore abbia cambiato domicilio da rendere più oneroso l’adempimento da parte del debitore, questi, previa comunicazione allo stesso creditore, può adempiere al proprio domicilio;

in tutti gli altri casi la prestazione è eseguita al domicilio del debitore.


Relativamente al termine dell’adempimento esistono due ipotesi da prendere in considerazione:

qualora il termine non sia stato stabilito dalle parti nel qual caso il creditore può esigere la prestazione anche immediatamente,

qualora il termine sia stato indicato. Generalmente l’indicazione del termine è sempre a favore del debitore e pertanto il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza del termine indicato. Quando invece il termine è stabilito in favore del creditore quest’ultimo può chiedere che la prestazione sia eseguita anche in data anteriore rispetto al termine indicato. Vi è poi il caso in cui il termine indicato sia in favore di entrambi nel qual caso il creditore ed il debitore possono accordarsi per anticipare la data di scadenza dell’obbligazione.


I modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento


L’estinzione dell’obbligazione si ottiene con l’adempimento da parte del debitore ossia quando questi esegue esattamente la prestazione pattuita con il creditore nel momento in cui l’obbligazione ha avuto origine. Il codice civile prevede però altri modi, diversi dall’adempimento, con cui si estingue comunque il rapporto obbligatorio. Tali modi si possono classificare in base al loro grado di soddisfacimento dell’interesse del creditore in modi satisfattori e non satisfattori. Sono considerati modi satisfattori, la compensazione e la confusione, mentre sono modi non satisfattori la novazione, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause non imputabili al debitore e la remissione del debito.

Modi satisfattori: - la compensazione: tale modo di estinzione dell’obbligazione si ha quando tra il creditore ed il debitore vi sono crediti e debiti reciproci: es. tizio deve 100 € a caio il quale a sua volta deve 30 € a tizio. L’obbligazione si potrà estinguere con il pagamento di 70 € da parte di tizio.

La confusione invece si ha quando il debitore ed il creditore diventano la stessa persona come può ad esempio accadere all’erede che era debitore del “de cuius”.

Modi non satisfattori: la novazione da un punto di vista strutturale la novazione è un vero e proprio contratto con cui il debitore ed il creditore estinguono l’obbligazione originaria dando vita ad una nuova obbligazione diversa dalla prima per l’oggetto o per il titolo. La novazione va tenuta distinta dalla prestazione in luogo dell’adempimento in quanto quest’ultima nel momento in cui viene eseguita estingue l’obbligazione originaria senza dare vita ad una nuova obbligazione tra le parti.

La remissione del debito è invece un atto unilaterale del creditore con il quale lo stesso rinuncia ad esigere la prestazione da parte del debitore. L’estinzione dell’obbligazione si ha quando la dichiarazione del creditore giunge a conoscenza del debitore e sempre che il debitore non dichiari a sua volta di volerne profittare.

Anche con l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore si ha l’estinzione dell’obbligazione purchè tale impossibilità non sia temporanea e qualora riguardi solo una parte dell’obbligazione il debitore è tenuto comunque ad eseguire la parte ancora possibile.


Le modificazioni del rapporto obbligatorio


Durante il ciclo vitale di una obbligazione può accadere che i soggetti del rapporto obbligatorio, sia il lato attivo (creditore) che il lato passivo (debitore), subiscano delle modificazioni senza che ciò comporti l’estinzione dell’obbligazione stessa.   La modificazione del creditore avviene mediante la cessione del credito che è generalmente un contratto con il quale il creditore (cedente) cede a titolo oneroso (compravendita) o a titolo gratuito (donazione) il proprio credito al un altro soggetto (cessionario). La cessione del credito prescinde dalla volontà del debitore tant’è vero che può avvenire anche contro la volontà del debitore ceduto. Per il debitore è oggettivamente irrilevante eseguire l’obbligazione assunta in favore di un altro creditore. Nonostante ciò la legge prevede che la cessione del credito tra cedente e cessionario sia notificata al debitore. La notificazione serve per rendere opponibile la cessione al debitore in modo da evitare che il debitore esegua la prestazione in favore del creditore precedente. La cessione del credito può essere pro solvendo o pro soluto. Nella cessione pro solvendo il cedente si assume il rischio di insolvenza del debitore. Nella cessione pro soluto invece il rischio di insolvenza del debitore rimane a totale carico del cessionario. Nel primo caso il cedente, dopo che il cessionario ha escusso senza successo il debitore insolvente, è tenuto a corrispondere al cessionario l’importo ricevuto per la cessione del credito oltre che gli interessi e le spese sostenute per l’escussione, sempre che il cessionario non abbia agito con negligenza nei confronti del debitore tale da compromettere l’esecuzione della prestazione.

Nella società moderna trovano applicazione due particolari tipi di cessione del credito: 1) il factoring che è un contratto stipulato quando il cedente ed il cessionario sono imprenditori e riguarda crediti futuri e di massa ed è coperto dalla garanzia della solvenza (pro solvendo) almeno che il cessionario vi rinunci. 2) la cartolarizzazione con la quale un cedente di un alto numero di crediti li cede ad un cessionario in cambio di quote di partecipazione o titoli negoziabili sui mercati finanziari.

Il mutamento del debitore invece è rilevante per il creditore in quanto può cambiare il grado di solvibilità del debitore. Infatti tutti i casi di mutamento del debitore sono sottoposti alla preventiva accettazione da parte del creditore. Il mutamento del debitore può avvenire per delegazione, per espromissione e per accollo.

Con la delegazione del debito il debitore (delegante) assegna al proprio creditore (delegatario) un nuovo debitore (delegato) il quale si assume le obbligazioni derivanti da tale rapporto nei confronti del creditore. La delegazione presuppone l’esistenza di tre manifestazioni di volontà: quella del delegante nei confronti del delegato, quella del delegato di assumersi le obbligazioni nei confronti del delegatario e quella del delegatario di accettare il nuovo debitore (delegato). Tali manifestazioni di volontà possono essere rappresentate in tre contratti separati oppure in un unico contratto plurilaterale. Il rapporto tra il delegante ed il delegato è definito rapporto di provvista mentre il rapporto tra delegante e delegatario è definito rapporto di valuta. La delegazione può essere privativa o cumulativa a seconda se con l’accettazione del delegatario viene liberato o meno il delegante dal rapporto obbligatorio. Nel caso di delegazione cumulativa il delegante rimane obbligato in solido con il delegato ed il delegatario, in caso di insolvenza del delegato, può rifarsi sul patrimonio del delegante.

L’espromissione invece è una manifestazione di volontà rappresentata da un terzo (espromittente) il quale si rivolge al creditore (espromissario) per assumersi l’obbligazione del debitore originario (espromesso). Anche in questo caso come per la delegazione del debito può essere privativa o cumulativa a seconda se l’espromissario nell’accettazione dell’espromittente liberi o meno dal vincolo obbligatorio l’espromesso ossia il debitore originario.

L’accollo è molto simile all’espromissione con la differenza che la volontà del terzo (accollante) è manifestata al debitore originario (accollato) di volersi assumere l’obbligazione nei confronti del creditore (accollatario). L’accollo può essere interno quando l’accordo non coinvolge il creditore oppure esterno quando invece lo coinvolge. L’accollo esterno può essere anche in questo caso privativo o cumulativo come per l’espromissione e la delegazione.

L’accollo è molto frequente nel credito fondiario o edilizio con l’assunzione della quota parte del mutuo originariamente contratto dal costruttore (accollato) da parte dell’acquirente dell’unità immobiliare (accollante) nei confronti dell’istituto di credito (accollatario).


Tipi di obbligazione


Le obbligazioni possono classificarsi in alcune tipologie sia con riferimento ai soggetti che all’oggetto del rapporto obbligatorio. Relativamente ai soggetti le obbligazioni possono essere solidali o parziarie, relativamente all’oggetto invece possono essere alternative, divisibili o indivisibili e pecuniarie. Nel rapporto obbligatorio talvolta possono esserci più creditori o più debitori, in tal caso le obbligazioni possono essere o solidali o parziarie.

Le obbligazioni solidali possono essere passive o attive a seconda se vi siano più debitori o più creditori. La solidarietà passiva consente al creditore di rivolgersi ad uno solo dei debitori per ottenere l’intera prestazione liberando quindi il resto dei debitori da vincolo obbligatorio. Il debitore che ha eseguito l’intera prestazione intraprenderà l’azione di regresso nei confronti degli altri condebitori ma può ripetere da ciascuno solamente la parte di debito spettante (nei rapporti interni tra condebitori non c’è il rapporto di solidarietà). In caso di insolvenza di un debitore la perdita viene ripartita in modo uguale o proporzionale su tutti i debitori, compreso quello che ha eseguito l’intera prestazione al creditore. La solidarietà attiva consente invece al debitore di eseguire l’intera prestazione in favore di uno dei creditori liberandosi dal vincolo obbligatorio nei confronti di tutti i creditori. Il creditore che ha ricevuto la prestazione è tenuto a ripartirla tra i concreditori .

Nelle obbligazioni parziarie invece il creditore può esigere da ciascun debitore solo la parte di debito spettante (parziarietà passiva) e quindi per ottenere l’intera prestazione dovutagli dovrà agire nei confronti di tutti i debitori. Mentre nella parziarietà attiva il debitore è tenuto a corrispondere a ciascun creditore la quota parte di prestazione ad esso dovuta.

In ultimo possiamo dire che generalmente in caso di più debitori l’obbligazione si considera solidale mentre nel caso di più creditori si considera parziaria salvo che in entrambi le situazioni non sia diversamente specificato dalle parti o dalla legge.

Come abbiamo già detto con riferimento all’oggetto dell’obbligazione possiamo distinguere obbligazioni alternative, indivisibili o divisibili, e pecuniarie.

Le obbligazioni alternative (art. 1291 cc) sono quelle obbligazioni che hanno ad oggetto non una sola prestazione ma una pluralità di prestazioni ed il debitore si libera dal vincolo obbligatorio eseguendo una di esse. Generalmente la facoltà di scelta di quale prestazione eseguire spetta al debitore salvo che non sia concordato di riservare tale scelta al creditore.

Le obbligazioni indivisibili (art. 1316 cc) sono invece quelle obbligazioni che hanno per oggetto l’esecuzione di una prestazione non divisibile. Le obbligazioni indivisibili per la natura indivisibile dell’oggetto sono necessariamente solidali.

Le obbligazioni divisibili sono invece quelle parziarie.

Le obbligazioni pecuniarie invece sono quelle che hanno ad oggetto la corresponsione di una somma di denaro. Tra le obbligazioni pecuniarie si distinguono i debiti di valuta dove la somma di denaro costituisce in via esclusiva il bene oggetto della prestazione, ed i debiti di valore dove invece la somma di denaro equivale alla misurazione di un diverso valore economico come accade ad esempio nel risarcimento del danno. I debiti di valore nel momento in cui vengono liquidati diventano debiti di valuta assumendone le relative caratteristiche. L’art. 1277 cc pone come vincolo sulle obbligazioni pecuniarie che i debiti ad oggetto somme di denaro si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il valore nominale. Il principio nominalistico in esso enunciato comporta la necessità di dover prevedere idonei strumenti per evitare la perdita del potere di acquisto della moneta nel corso del tempo. Uno di questi può essere quello di inserire le cd clausole di indicizzazione ossia rapportare il valore del denaro oggetto dell’obbligazione al valore di un diverso bene suscettibile dell’andamento dell’economia reale come ad esempio l’oro, oppure ad un paniere di beni di consumo principali (indice Istat). In realtà lo strumento più utilizzato per evitare la perdita del potere di acquisto della moneta è l’applicazione sulla somma di denaro oggetto dell’obbligazione di un tasso di interessi. Gli interessi rappresentano la naturale produttività del denaro pertanto sono sempre dovuti almeno che non sia stato stabilito dalle parti il contrario. L’individuazione della percentuale di interessi da applicare alla somma di denaro spetta alle controparti tenendo conto che qualora sia superiore al tasso legale deve essere scritta, pena l’applicazione di quest’ultimo, e non deve superare la soglia massima definita dal Ministro del Tesoro, oltre la quale il tasso viene definito usurario, pena il mancato riconoscimento al creditore dell’intera percentuale di interessi. Il tasso legale è anch’esso definito dal Ministro del Tesoro annualmente. Quelli sopra descritti sono gli interessi corrispettivi che si differenziano dagli interessi moratori che invece sono dovuti dal debitore dal momento in cui viene costituito in mora.



La mora del creditore


E’ abbastanza infrequente che il creditore ostacoli o non accetti di esigere la prestazione a lui spettante da parte del debitore senza che vi sia un giustificato motivo. Nei casi in cui ciò avviene l’ordinamento giuridico prevede un rimedio che viene definito mora del creditore. Nella mora del creditore occorre tenere distinti due momenti fondamentali: l’offerta (art. 1207-1208 cc) da cui decorre la costituzione in mora del creditore ed il deposito (art. 1210 cc ) che consente al debitore di liberarsi definitivamenteW56 dal vincolo giuridico contratto con il creditore. Perché il creditore sia costituito in mora o il debitore sia liberato definitivamente dall’obbligazione sia l’offerta sia il deposito devono essere accertati con sentenza passata in giudicato ovvero accettati da parte del creditore. L’offerta deve contenere i requisiti previsti dall’ art 1208 cc e può essere reale o intimatoria. L’offerta reale si fa quando la prestazione oggetto dell’obbligazione può essere consegnata al domicilio del creditore mentre nel caso in cui la prestazione possa essere eseguita solo in un luogo diverso dal domicilio del creditore si fa un’offerta intimatoria. Gli effetti prodotti dall’offerta sono quelli indicati all’art. 1207 cc. Qualora il creditore non accetti l’offerta il debitore passa alla seconda fase ossia al deposito che dovrà contenere i requisiti indicati all’art 1212 cc. e liberarsi così definitivamente dal vincolo obbligatorio.


L’inadempimento e la mora del debitore

La vera crisi del rapporto obbligatorio si ha quando il debitore non esegue o non esegue con esattezza la prestazione oggetto dell’obbligazione. In tale caso si parla quindi di inadempimento del debitore. L’inadempimento del debitore implica due conseguenze fondamentali: la responsabilità contrattuale dalla quale deriva l’obbligo per il debitore del risarcimento del danno e la responsabilità patrimoniale dalla quale deriva la possibilità per il creditore di sottoporre ad esecuzione forzata il patrimonio del debitore per vedersi riconosciuta la prestazione ad esso spettante.

Il codice civile prevede all’art. 1460 il caso in cui è prevista l’eccezione dell’inadempimento. Questo è consentito nei contratti sinallagmatici, ossia a prestazioni corrispettive, qualora vi sia lo stesso termine per l’adempimento di entrambi le parti è facoltà di ciascuna parte di non adempiere se non vi è stato l’adempimento dell’altra parte.

Nel caso in cui vi sia un ritardo nell’adempimento dell’obbligazione da parte del debitore, il creditore può costituirlo in mora mediante una richiesta o intimazione scritta (mora ex persona). La costituzione in mora del debitore in alcuni casi non necessita di una richiesta scritta ma è automatica (mora ex re). I casi di mora automatica sono indicati all’art. 1219 comma 2 cc. e sono:

quando il debito derivi da fatto illecito,

quando il debitore ha espressamente dichiarato per iscritto di non voler eseguire la prestazione oggetto dell’obbligazione,

quando il termine per l’esecuzione della prestazione è scaduto e la stessa doveva essere eseguita al domicilio del creditore.

Anche nel caso in cui l’obbligazione abbia ad oggetto una prestazione negativa, ossia di “non fare”, la costituzione in mora è automatica in quanto qualora il debitore non la rispetti si prefigura un inadempimento (art. 1222 cc).

Gli effetti della costituzione in mora del debitore sono principalmente quello di spostamento del rischio (perpetuatio obligationis) dal creditore al debitore nel caso in cui successivamente alla costituzione in mora del debitore si prefigurasse l’impossibilità di eseguire la prestazione per causa non imputabile al debitore, almeno che il debitore non sia in grado di dimostrare che l’impossibilità sarebbe avvenuta anche qualora avesse eseguito la prestazione tempestivamente. Altro effetto della costituzione in mora è che dalla data della stessa il debitore è tenuto a corrispondere al creditore gli interessi moratori e gli eventuali ulteriori danni derivanti dal ritardato adempimento. Gli effetti della costituzione in mora si producono dal giorno dell’intimazione. Nei casi in cui la mora è automatica dal giorno in cui è avvenuto il fatto illecito o la dichiarazione di inadempienza del debitore oppure dal termine di scadenza della prestazione.


Responsabilità contrattuale


Come abbiamo detto una delle conseguenze dell’inadempimento del debitore è la responsabilità contrattuale ossia l’obbligo per il debitore del risarcimento del danno subito dal creditore. La responsabilità contrattuale è definita così non perché necessariamente deriva dalla stipulazione di un contratto ma perché deriva dall’inadempimento di una obbligazione quindi l’esistenza di una obbligazione costituisce il presupposto essenziale perché ci sia una responsabilità contrattuale. La responsabilità extra-contrattuale invece prescinde dall’esistenza di una obbligazione e si ha quando l’illecito va a ledere una situazione soggettiva giuridicamente protetta come la proprietà ad esempio.

L’ammontare del danno derivante dalla responsabilità contrattuale deve comprendere sia il danno emergente subito dal creditore sia il mancato guadagno (lucro cessante) come indicato all’art. 1223 cc. limitatamente a quanto immediatamente e direttamente conseguente al mancato adempimento. Nelle obbligazioni pecuniarie il risarcimento del danno è rappresentato dalla corresponsione degli interessi moratori dalla data di costituzione in mora del debitore. Qualora l’obbligazione pecuniaria non sia soggetta agli interessi corrispettivi, il tasso degli interessi moratori sarà equivalente a quello legale annualmente definito dal Ministro del Tesoro. Nel caso in cui invece siano previsti gli interessi corrispettivi, il tasso degli interessi moratori sarà equivalente a quelli corrispettivi. In entrambi questi casi è prevista la possibilità del risarcimento, da parte del debitore, di un maggior danno corrispondente generalmente al tasso d’inflazione. Esistono poi dei casi in cui le parti abbiano stabilito un tasso “ad hoc” per gli interessi moratori diverso cioè dal tasso degli interessi corrispettivi e moratori, nel qual caso non è dovuto il risarcimento del maggior danno.


La responsabilità patrimoniale e l’esecuzione forzata

La responsabilità patrimoniale trae origine dall’art. 2740 comma 1 cc in cui è indicato che il debitore risponde del mancato adempimento delle obbligazioni assunte con i propri beni presenti e futuri, questo per consentire al creditore di ottenere quanto gli era dovuto. Per fare ciò l’ordinamento giuridico mette a disposizione del creditore la sua risorsa più grande cioè la forza sottoponendo il patrimonio del debitore inadempiente all’esecuzione forzata. Occorre però precisare che non tutte le obbligazioni hanno per oggetto una prestazione in denaro o equivalente ma possono consistere anche nella consegna di una cosa oppure in un non fare. Per questo motivo l’esecuzione forzata può assumere due forme distinte: l’esecuzione in forma generica applicata quando i crediti sono rappresentati da una somma di denaro, oppure l’esecuzione in forma specifica quando invece i crediti hanno per oggetto la consegna di una cosa, immobile o mobile, oppure l’obbligo di fare o di non fare, oppure la conclusione di un contratto. L’esecuzione forzata in forma generica sul patrimonio del debitore inadempiente può riguardare sia i beni intesi come cose mobili o immobili di proprietà del debitore ma anche i crediti come ad esempio lo stipendio. La procedura di esecuzione forzata sui beni del debitore si compone di più fasi che vanno dal pignoramento del bene, all’espropriazione, alla vendita forzata del bene stesso ed alla attribuzione del ricavato al creditore. Per poter iniziare un procedimento di esecuzione forzata il creditore deve essere in possesso di un titolo esecutivo (es. decreto ingiuntivo) che deriva da una sentenza di cognizione del giudice su richiesta dello stesso creditore. Vi sono alcuni titoli che costituiscono di per sé già titoli esecutivi come ad esempio la cambiale, l’assegno, oppure gli atti pubblici o privati autenticati (contratto di mutuo) per i quali non è necessario ottenere la sentenza di cognizione del giudice per procedere all’esecuzione forzata. L’esecuzione forzata sui crediti del debitore inadempiente, ad esempio sullo stipendio, consiste sostanzialmente nell’ordine, emesso sempre dal giudice ed impartito al datore di lavoro del debitore, di corrispondere una parte, non superiore ad un quinto, del suo stipendio al creditore avente diritto.

Nell’esecuzione forzata in forma specifica in base al tipo di prestazione inadempiuta il giudice ingiunge o la consegna del bene al creditore oppure se trattasi di una prestazione di fare o non fare pone a carico del debitore inadempiente le spese sostenute per l’esecuzione di detta prestazione o la rimozione della stessa da parte di un terzo oppure se la prestazione dovuta è quella di concludere un contratto il giudice emette una sentenza che produce gli stessi effetti del contratto non concluso spontaneamente dal debitore inadempiente.



Gli strumenti di tutela della garanzia patrimoniale

La legge mette a disposizione del creditore alcuni strumenti utili al mantenimento della garanzia patrimoniale del debitore anticipatamente ad un suo eventuale inadempimento dell’obbligazione. Quelli più importanti sono l’azione surrogatoria, l’azione revocatoria ed il sequestro conservativo. L’azione surrogatoria può essere avviata dal creditore nel caso in cui vi sia un’inerzia del debitore nel tutelare il proprio patrimonio in modo da arrecare un pregiudizio all’interesse del creditore stesso. Il creditore si sostituisce al debitore nell’esigere i diritti di credito di quest’ultimo. L’azione revocatoria invece viene avviata dal creditore qualora vi sia un comportamento attivo del debitore teso a diminuire il proprio patrimonio. In questo caso il creditore chiede al giudice la revoca dell’atto pregiudizievole. In caso positivo la revoca dell’atto è efficace solo nei confronti del creditore revocante (inefficacia relativa) mentre per gli altri soggetti l’atto rimane valido e produrrà i suoi effetti nei confronti di tutti. Infine occorre precisare che dal successo dell’azione surrogatoria possono trarne beneficio tutti i creditori del debitore inadempiente mentre dall’azione revocatoria solo il creditore revocante. L’azione revocatoria si prescrive in 5 anni.

In ultimo c’è il sequestro conservativo che in sostanza consiste nell’anticipare il pignoramento dei beni del debitore ad una fase anteriore all’inadempimento di quest’ultimo.



Le cause di prelazione

L’art. 2741 cc prevede che tutti i creditori del debitore inadempiente hanno diritto in eguale misura a soddisfare i propri crediti attingendo dal patrimonio dello stesso debitore (par condicio creditorium). In realtà tale norma contiene dei limiti che possono essere rappresentati dall’insufficiente consistenza del patrimonio del debitore per soddisfare tutti i creditori oppure da altri strumenti che la stessa legge mette a disposizione dei creditori per garantirsi una sorta di priorità rispetto ad altri creditori detti chirografari. Tali strumenti, dette cause di prelazione, sono il privilegio, il pegno e l’ipoteca.

Il privilegio è una causa di prelazione accordata in considerazione della causa del credito ossia trae origine o dalla particolare natura del credito oppure dal rapporto tra il credito ed il bene su cui si appunta il privilegio. Nel primo caso si parlerà di privilegio generale e può essere appuntato solo su beni mobili del debitore, mentre nel secondo caso parleremo di privilegio speciale che può essere appuntato sia su beni mobili che sugli immobili del debitore. Il privilegio generale non è opponibile ai terzi mentre quello speciale si. Inoltre qualora sullo stesso bene siano poste altre cause di prelazione occorre dire che in linea di massima il privilegio speciale soccombe al pegno mentre prevale sull’ipoteca.

Il pegno è invece un diritto reale di garanzia avente ad oggetto beni mobili e crediti, è un contratto che viene stipulato tra il debitore (o un terzo datore di pegno) ed il creditore. Perché il pegno sia efficace occorre che la disponibilità del cosa sottoposta a pegno passi al creditore, quindi nel pegno il creditore acquisisce il possesso del bene. In caso di inadempienza del debitore il creditore può vendere il bene oggetto di pegno per ricavarne l’equivalente in denaro oppure può ottenere il bene stesso in pagamento acquisendone la proprietà. Il pegno è assistito da diritto di seguito quindi è opponibile ad eventuali terzi acquirenti del bene stesso.

Anche l’ipoteca è un diritto reale di garanzia assistito da diritto di seguito come il pegno, la differenza è che l’ipoteca ha per oggetto beni immobili, diritti reali minori sugli stessi, beni mobili registrati e rendite dello Stato. La costituzione dell’ipoteca sul bene acquisisce efficacia nel momento in cui viene iscritta negli appositi pubblici registri (pubblicità costitutiva). Con l’ipoteca la disponibilità del bene rimane in capo al debitore ma consente al creditore in caso di inadempimento del debitore di far espropriare il bene e farlo sottoporre alla vendita forzata per ricavare la somma di denaro equivalente a quanto ad egli spettante. In base alle modalità con cui si forma l’ipoteca avremo quella legale prevista dalla legge per alcuni specifici atti, quella giudiziale derivante da una sentenza del giudice, e quella volontaria costituita in base ad un accordo tra le parti o un atto unilaterale (escluso il testamento). Il diritto di ipoteca come abbiamo detto è opponibile anche ad eventuali terzi acquirenti del bene stesso. Il terzo acquirente di fronte all’esecuzione forzata del creditore può:

a)  pagare il creditore ipotecario,

b)  rilasciare il bene ipotecato,

c)  liberare il bene dall’ipoteca (purgazione dell’ipoteca) in cui il terzo acquirente offre al creditore una somma di denaro pari al prezzo da egli sostenuto per l’acquisto del bene. Se il creditore non offre un prezzo superiore ad un decimo di quello offerto dal terzo, al pagamento del prezzo offerto da quest’ultimo il bene viene liberato dall’ipoteca. Questa azione viene promossa dal terzo qualora l’ammontare dei debiti da pagare sommati al prezzo offerto sono inferiori al valore del bene ipotecato, altrimenti gli conviene pagare il creditore ipotecario.

Su uno stesso bene posso essere iscritte più di una ipoteca che in base all’ordine cronologico di iscrizione assumono un grado (primo grado, secondo grado ecc . ). In caso di più creditori ipotecari la priorità a soddisfare il proprio credito seguirà lo stesso ordine cronologico di iscrizione.

L’iscrizione dell’ipoteca ha durata ventennale può essere rinnovata prima della scadenza ma anche dopo la scadenza in questo caso però perde il grado in precedenza attribuito. L’ipoteca consente al creditore di avere una priorità per il soddisfacimento del proprio interesse derivante dal rapporto obbligatorio con il debitore inadempiente mediante l’esecuzione forzata sul bene ipotecato non consente invece al creditore di acquisire la proprietà del bene ipotecato (nullità del patto commissorio).


Le garanzie personali

Le garanzie personali a differenza delle cause legittime di prelazione offrono la possibilità al creditore non di soddisfarsi in via prioritaria sul patrimonio del debitore ma di avere un ulteriore soggetto che garantisce l’adempimento dell’obbligazione del debitore. La garanzia più diffusa è senz’altro la fideiussione ma vi è anche un’altra garanzia detta contratto autonomo di garanzia. Con la fideiussione un soggetto detto fideiussore garantisce l’adempimento dell’obbligazione del debitore mettendo a disposizione del creditore un ulteriore patrimonio su cui rifarsi nel caso di inadempimento del debitore originario. Il fideiussore ed il debitore sono obbligati in solido ma le parti possono convenire il beneficio di escussione per il fideiussore ossia la possibilità per il creditore di accedere al patrimonio del fideiussore solo dopo aver escusso il patrimonio del debitore principale. La fideiussione è una obbligazione accessoria pertanto perde efficacia nel caso in cui l’obbligazione principale (il rapporto obbligatorio tra creditore e debitore) sia invalido. Al fideiussore è consentito il diritto di regresso nei confronti del debitore nel caso in cui abbia pagato il debito per suo conto.






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