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I diritti inviolabili dell'uomo e il principio di uguaglianza

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I diritti inviolabili dell'uomo e il principio di uguaglianza

I primi dodici articoli della Costituzione Italiana enunciano i principi fondamentali, sui quali si basa l'intera costituzione della nostra Carta Costituzionale. I diritti inviolabili dell'uomo sono diritti fondamentali o essenziali, che spettano a ogni persona in quanto tale. Art. 2 (La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità).

In primo luogo i diritti dell' uomo sono naturali, perché spettano a ogni persona per il fatto stesso della sua esistenza in vita: lo Stato non concede questi diritti agli individui, ma si limita a prendere atto del fatto che esistono e a tutelarli. In secondo luogo i diritti dell'uomo sono ineliminabili, in quanto non possono essere aboliti neppure ricorrendo alla procedura di revisione costituzionale. Un altro principio fondamentale che dobbiamo esaminare è il principio di uguaglianza. La Costituzione afferma l'uguaglianza dei cittadini in due significati diversi, ma tra loro complementari:

L'uguaglianza in senso formale: riconoscere che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Art 3 primo comma (tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche). Dal principio di uguaglianza in senso formale derivano due conseguenze:



La soggezione alla legge, in quanto di regola la legge si applica a tutti, senza alcuna eccezione o esenzione;

Il divieto di discriminazione, perché la legge deve riconoscere a tutti i cittadini uguali diritti e uguali doveri.

L'uguaglianza in senso sostanziale: consiste nel garantire pari opportunità o uguali condizioni di partenza a tutti i cittadini e, in particolare, a coloro che sono più svantaggiati sotto l'aspetto economico o sociale. Art. 3 secondo comma (è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale...)

A differenza di quella formale, l'uguaglianze sostanziale è contenuta in una norma costituzionale di carattere programmatico, che non è immediatamente efficace ma impegna lo Stato a svolgere una determinata attività. Per concludere osserviamo che, in base al principio di uguaglianza formale, la legge deve trattare tutti in modo uguale mentre, in base al principio di uguaglianza sostanziale, la legge può, e anzi in alcuni casi deve, trattare in modo diverso alcuni soggetti rispetto ad altri, per favorire dal punto di vista giuridico coloro che sono più svantaggiati dal punto di vista economico e sociale.

La libertà personale

Gli articoli 13 e seguenti della Costituzione riconosco espressamente alcune libertà individuali. Di regola la Costituzione riconosce i diritti di libertà indistintamente a tutti gli individui, ma alcune libertà civili sono garantite soltanto ai cittadini italiani e non estese anche agli stranieri e agli apolidi.

Il primo diritto di libertà disciplinato dalla Costituzione è la libertà personale (art. 13). La libertà personale o individuale consiste nella libertà di un individuo da qualsiasi forma di costrizione o imposizione, fisica o psichica, ed è inviolabile. La libertà personale però non è assoluta perché una persona può essere sottoposta ad alcune misure restrittive per motivi di interesse generale. Per ridurre il rischio di abusi da parte del potere pubblico, le limitazioni della libertà di una persona sono ammesse solamente in seguito a un atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei casi previsti dalla legge.

Soltanto in casi eccezionali di necessità e di urgenza, nei quali bisogna intervenire senza perdere tempo, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvisoriamente delle misure restrittive della libertà personale anche senza un ordine o mandato dell'autorità giudiziaria. In particolare, la legge consente espressamente l' arresto in fragranza di una persona, che venga sorpresa nell'atto stesso di compiere un reato grave e, quando vi è un pericolo concreto di fuga, il fermo di polizia di una persona che sia indiziata di avere commesso un reato. In questo caso il provvedimento è sottoposto a un controllo successivo del giudice, diretto ad accertare l'esistenza dei presupposti richiesti dalla legge: entro 48 ore dall'arresto o dal fermo, infatti, l'autorità di pubblica sicurezza deve dare comunicazione del provvedimento all'autorità giudiziaria la quale, entro 48 ore dalla comunicazione, deve dichiarare la sua convalida. In definitiva, un provvedimento restrittivo della libertà personale, emanato dall'autorità di pubblica sicurezza può durare al massimo 96 ore perché, se non viene convalidato entro questo termine dall'autorità giudiziaria, decade automaticamente.

Costituisce una limitazione della libertà personale anche la carcerazione preventiva. La carcerazione preventiva, o custodia cautelare, può essere disposta nei confronti di una persona in attesa di giudizio, vale a dire di una persona che non è stata ancora condannata in un processo con una sentenza definitiva. La custodia cautelare è legittima soltanto in esecuzione di un provvedimento motivato dal giudice e nei casi indicati dalla legge, quando vi è il pericolo che l'imputato possa fuggire o "inquinare", cioè alterare, le prove oppure che possa commettere altri reati.

La Costituzione dispone che i termini massimi della custodia cautelare devono essere stabiliti dalla legge (art. 13 quinto comma). Al riguardo il codice di procedura penale prevede che:

La carcerazione preventiva è ammessa soltanto per i reati, consumati o anche soltanto tentati, non lievi;

La custodia cautelare non può durare, a seconda del tipo e della gravità del reato, più di due, quattro o sei anni.

Una volta decorsi i termini massimi di custodia cautelare l'imputato in attesa di giudizio ha il diritto di essere rimesso in libertà e di seguire il processo a piede libero.

La libertà di domicilio, di comunicazione e di circolazione

L'ordinamento giuridico riconosce agli individui anche altri diritti di libertà, che costituiscono il completamento naturale della libertà personale. In primo luogo la Costituzione garantisce la libertà del domicilio (ART. 14 primo comma)

La libertà del domicilio attribuisce a ogni persona il diritto di escludere indebite intromissioni, da parte di soggetti privati o pubblici, nella propria vita privata. L'inviolabilità del domicilio di una persona è tutelata, a livello costituzionale, con le stesse garanzie e con i medesimi limiti che abbiamo già visto a proposito della libertà personale, in quanto:

qualsiasi intromissione della pubblica autorità in un domicilio privato (sotto forma di ispezione, di perquisizione o di sequestro) può essere compiuta soltanto nei casi previsti tassativamente dalla legge e in esecuzione di un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria;

l'autorità di pubblica sicurezza può intervenire di propria iniziativa all'interno di un domicilio privato in casi di necessità e urgenza, ma subito dopo deve chiedere la convalida del provvedimento all'autorità giudiziaria;

L'inviolabilità del domicilio rappresenta una manifestazione particolare della tutela della riservatezza o della privacy: ogni persona ha il diritto di avere una propria vita privata, che non può essere violata né da altre persone né, dagli altri organi pubblici.

Un altro aspetto della libertà individuale è costituito dalla libertà e segretezza delle comunicazioni (art. 15 primo comma). Ogni persona ha il diritto di comunicare liberamente e segretamente con chi vuole, senza che altri soggetti possano impedire la comunicazione o prendere conoscenza del suo contenuto. Un individuo, quindi, è libero di trasmettere o di ricevere qualsiasi genere di messaggio e con qualunque mezzo di comunicazione. Analogamente agli altri diritti di libertà, anche il diritto di una persona di comunicare con altre persone è inviolabile ma può subire alcune limitazioni (consistenti principalmente nel sequestro della corrispondenze o nell'intercettazione delle comunicazioni telefoniche), che però devono avvenire con le garanzie stabilite dalla legge e in base a un atto motivato di un giudice. È da notare che, a differenza delle altre libertà che abbiamo studiato, in materia di libertà di comunicazione l'autorità di pubblica sicurezza può agire soltanto in conformità a un mandato dell'autorità giudiziaria e non può mai adottare di sua iniziativa dei provvedimenti di carattere provvisorio.

La Costituzione infine riconosce a tutti i cittadini la libertà di circolazione e di soggiorno (ART. 16 primo comma). La libertà di circolazione e di soggiorno consiste nel diritto di muoversi e di risiedere liberamente, per qualsiasi motivo, in qualunque luogo all'interno del territorio dello Stato italiano. Diritto riconosciuto soltanto ai cittadini italiani, ai cittadini degli altri Paesi dell'Unione europea. La libertà di movimento di un cittadino comprende anche il diritto di espatriare e di rimpatriare, vale a dire di andare all'estero e di rientrare in Italia, con l'osservanza degli eventuali obblighi stabiliti dalla legge.  

La libertà di riunione e di associazione

La nostra Costituzione riconosce espressamente alcune libertà collettive e, in particolare, la libertà di riunione e di associazione. Questa libertà è il risultato da un lato di una realizzazione al regime fascista, che aveva soppresso il diritto di riunirsi e di associarsi liberamente, e dall'altro dello sviluppo del socialismo e del movimento operaio, che hanno sempre basato la loro azione politica e sindacale sulla organizzazione e sulla lotta collettiva. La forma più elementare di libertà collettiva è la libertà di riunione (ART. 17), che è l'incontro volontario e temporaneo di più persone per uno scopo comune. La libertà di riunione consiste nel diritto di riunirsi liberamente per qualsiasi motivo (politico, sindacale, religioso), senza necessità di un'autorizzazione preventiva, purchè la riunione avvenga in modo pacifico e senza armi.

La Costituzione riconosce la libertà in esame soltanto ai cittadini italiani e quindi anche ai cittadini degli altri Paesi dell' Unione europea. La libertà di potersi riunire con altre persone, senza dover subire dei controlli preventivi da parte di organi pubblici, rappresenta una garanzia fondamentale della democrazia perché consente a tutti, e in particolare alle minoranza, di fare politica e di manifestare le proprie idee. Il diritto di riunirsi liberamente con altre persone è sottoposto, a tutela della tranquillità e dell'ordine pubblico, a un unico limite: le manifestazioni devono svolgersi in modo pacifico e senza armi. Se una riunione avviene in un luogo pubblico, inoltre, devono essere osservate alcune formalità:

gli organizzatori devono inviare un preavviso al questore almeno tre giorni prima (indicando la data, l'ora, il luogo e i motivi della riunione);

l'autorità di pubblica sicurezza può vietare o sciogliere la riunione soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Se la riunione si svolge in un luogo privato o aperto al pubblico non è necessario dare il preavviso e l'autorità di PS non può vietare o sciogliere la riunione.

Un fenomeno più complesso di una semplice riunione è una associazione, che ricorre quando più persone si organizzano in modo stabile per realizzare uno scopo comune. La Costituzione riconosce a tutti i cittadini la libertà di associazione (ART 18). La libertà di associazione consiste nel diritto di associarsi liberamente, senza necessità di un'autorizzazione pubblica, per realizzare qualunque fine che non sia vietato ai singoli dalla legge penale. È possibile quindi costituire qualsiasi tipo di associazione e con qualsiasi scopo (politico, sindacale, religioso) senza ingerenze esterne da parte dello Stato, perché le associazioni possono fare tutto quello che è lecito per i singoli individui. Anche la libertà di associazione incontra alcuni limiti. In primo luogo sono proibite le associazioni criminali, costituite al solo scopo di compiere dei reati (furti, rapine) e la costituzione di una associazione diretta a commettere dei reati costituisce anche un reato (associazione per delinquere o di tipo mafioso. In secondo luogo sono vietate le associazioni segrete e quelle che perseguono fini politici. Un altro limite alla libertà di associarsi, giustificato dalle vicende del nostro Paese, è rappresentato dal divieto di ricostruire il partito nazionale fascista sotto qualsiasi forma che è stato sciolto per legge subito dopo la caduta della dittatura fascismo.

La libertà religiosa

L'articolo 19 della Costituzione riconosce a tutti la libertà religiosa, affermata in Europa nei secoli XVI e XVII. La libertà di religione comprende:

il diritto di avere una fede, di professarla e di farne propaganda pubblicamente, vale a dire di dichiarare il proprio credo religioso e di cercare di convertire altre persone alla propria fede;

il diritto di praticare il culto, in privato e anche il pubblico, purchè non si tratti di pratiche o di riti contrari al buon costume, cioè che offendano il comune senso del pudore delle persone o la morale sessuale corrente.

Le manifestazioni religiose, pertanto, non possono essere sottoposte ad autorizzazioni o a controlli amministrativi e sono lecite, a meno che non siano contrarie al buon costume. La religione è sia un fenomeno individuale, riguardante la coscienza di ogni singola persona, sia un fenomeno collettivo, perché i fedeli fanno parte di confessioni religiose, che hanno una propria organizzazione e proprie regole distinte da quelle dello Stato.

Il primo comma dell'articolo 8 della Costituzione proclama il principio generale che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Questa affermazione, che pone sullo stesso piano la confessione cattolica e le altre confessioni per quanto riguarda la libertà dio culto, non esclude che alla religione cattolica possa essere riservato in trattamento diverso, in considerazione della sua importanza e della sia diffusione nella società italiana. 

I credenti sono uguali nell'espressione e nella manifestazione della propria fede, mentre le confessioni religiose sono uguali soltanto nella libertà da qualsiasi intervento esterno da parte dello Stato e, quindi, possono essere trattate in modo diverso dalla legge: l legge dello Stato può prevedere l'insegnamento della religione cattolica, e non di altre religioni, nelle scuole pubbliche.

Al riguardo la nostra Costituzione prevede un sistema diverso dei rapporti dello Stato con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni religiose.

Nel nostro ordinamento giuridico i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica sono disciplinati dall'articolo 7 della Costituzione. Il primo comma dell'articolo 7 della Costituzione afferma che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani: costituiscono due ordinamenti giuridici del tutto autonomi.  Alla Chiesa cattolica viene riconosciuta una posizione di parità rispetto allo Stato, perché la Chiesa non è soggetta alla sovranità dello Stato e i loro rapporti giuridici sono regolati con accordi bilaterali.

In base al secondo comma dell'articolo 7 della Costituzione i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica sono disciplinati dai cosiddetti Patti Lateranensi.

La Costituzione disciplina i rapporti dello Stato italiano con le altre confessioni religiose, che come tutti i soggetti pubblici o privati che operano al suo interno sono sottoposte alla sovranità dello Stato, in modo diverso dai rapporti con la Chiesa cattolica. In primo luogo alle confessioni diverse da quella cattolica viene riconosciuto il diritto di autoregolamentarsi, vale a dire di disciplinare autonomamente i loro rapporti interni, a condizione che i loro statuti o regolamenti non siano in contrasto con le leggi statali: lo Stato quindi si mantiene "neutrale" rispetto alle diverse confessioni religiose e non interferisce, se non violano le sue norme giuridiche, con le loro regole interne.

In secondo luogo i rapporti tra lo Stato italiano e le confessioni non cattoliche sono disciplinati con una legge ordinaria dello Stato, in base a una intesa preventiva con i rappresentanti delle comunità interessate.

















La libertà di manifestazione del pensiero

Un'altra libertà fondamentale della persona è la libertà di espressione o di opinione che consiste nel diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. (art. 21 Cost.)

Ogni persona, quindi, è libera di comunicare alle altre persone quello che pensa con qualsiasi mezzo, senza limitazioni o controlli preventivi da parte della pubblica autorità.

Il diritto di manifestare liberamente le proprie opinioni si è affermato nello Stato moderno e rappresenta uno dei caratteri distintivi più importanti dei regimi democratici.

Nei regimi autoritari o totalitari esiste un'unica verità ufficiale dello Stato , che si identifica con l'ideologia del "capo" e viene repressa in modo sistematico qualsiasi manifestazione di dissenso, cioè di opinioni diverse da quelle ammesse dal potere costituito; nei regimi democratici, come il nostro invece, non vi è un'unica verità, ma un'opinione pubblica che si forma e si modifica liberamente attraverso la discussione e il confronto delle diverse idee. La libertà di opinione quindi è una condizione necessaria ed è la principale garanzia del corretto funzionamento di un sistema democratico, perchè senza libertà di pensiero e di critica non esiste una reale democrazia.

Anche la libertà di espressione, però, è soggetta ad alcuni limiti:

Limite del buon costume:  viene previsto esplicitamente dalla Costituzione e riguarda la pubblica decenza. E' vietata qualsiasi manifestazione del pensiero contraria al buon costume (art. 21 comma 6 Cost.), vale a dire al cosiddetto "comune senso del pudore". Il concetto di pudore sessuale e di "osceno" deve essere valutato caso per caso dal giudice ed è variabile nel tempo, in relazione alla sensibilità e ai valori (religiosi, morale ecc.) prevalenti all'interno di una società. Le opere cinematografiche sono soggette a una censura preventiva, che invece non è più prevista per le opere teatrali. Un film prima di essere proiettato in pubblico deve ottenere il "visto" dell'autorità amministrativa, che può vietarne la visione ai minori di 14 o 18 anni. L'autorità giudiziaria può disporre anche il sequestro di un film o il divieto di rappresentare un'opera teatrale su tutto il territorio nazionale per violazione del buon costume. Infine, per tutelare i bambini e gli adolescenti, la proiezione televisiva di film contenenti "immagini di sesso o di violenza tali da potere incidere negativamente sulla sensibilità dei minori" deve avvenire nella fascia dalle 23 alle 7.

La dignità e la riservatezza delle persone: è vietato offendere l'onore o la reputazione di altre persone o diffondere notizie riservate relative alla loro vita privata (a meno che non si tratti di personaggi "pubblici" come uomini politici o attori)

Il segreto di Stato e il segreto d'ufficio: ai dipendenti pubblici è vietato rivelare delle notizie riservate, relative alla loro attività o che hanno appreso nello svolgimento della loro attività, che devono rimanere segrete per non compromettere la sicurezza dello Stato o l'esercizio delle funzioni pubbliche.

L'ordine pubblico: è vietato incitare altre persone a commettere un reato (istigazione a delinquere) o elogiare pubblicamente un comportamento illecito (apologia di reato).

La forma più importante di manifestazione del pensiero è costituita dai mezzi di comunicazione di massa (come la stampa, la radio, la televisione ecc). E' fondamentale quindi assicurare la libertà dell'informazione, che comprende sia il diritto DELLA informazione sia il diritto ALLA informazione.

Se da un lato è vero che i mass media devono essere liberi di informare il pubblico senza controlli da parte del potere politico (diritto di informazione), dall'altro lato è anche vero che il pubblico ha il diritto di essere informato in modo imparziale e obiettivo, senza manipolazioni delle notizie da parte dei mezzi di informazione (diritto all'informazione).

E' escluso qualsiasi controllo preventivo sulla stampa, che non può essere sottoposta ad autorizzazioni o a censure (art. 21 comma 2 Cost.).

Il sequestro della stampa è consentito soltanto se sono stati commessi alcuni reati di opinione (come la diffamazione, il vilipendio delle istituzioni ecc) oppure se si tratta di una pubblicazione clandestina od oscena. (art. 21 comma 3, 4 Cost.).

I rapporti sociali ed economici

I rapporti sociali

Nella nostra Costituzione i rapporti sociali (artt. 29 ss.) riguardano:

La famiglia

La salute

L'istruzione

FAMIGLIA:

La costituzione definisce la famiglia come una "società naturale", vale a dire come una forma spontanea di aggregazione sociale.

La Costituzione riconosce e tutela la famiglia legittima (fondata sul matrimonio), ma non ha ritenuto opportuno riconoscere la cosiddetta famiglia naturale (di fatto).

La famiglia si basa sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, tra loro e nei confronti dei figli. (Art. 29 comma 2 Cost.). La parità dei coniugi è stata realizzata attraverso il riconoscimento al marito e alla moglie degli stessi diritti e doveri attraverso la riforma del diritto di famiglia (19 maggio 1975).

Entrambi i genitori sono tenuti a mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 Cost.) sia legittimi che naturali (cioè nati al di fuori del matrimonio) (art. 30 comma 3 Cost.).

Lo stato potrà intervenire al posto dei genitori soltanto se non sono in grado di assolvere i loro compiti nei confronti dei figli  (art. 30 comma 2 Cost.).

SALUTE:

La salute viene tutelata dalla costituzione come "diritto dell'individuo e interesse della collettività".

Dalla costituzione risulta che la salute non è soltanto un fatto privato di ogni individuo ma anche un fatto sociale, perchè solo chi è sano può concorrere al progresso materiale e spirituale della società (art. 4 Cost.). La legge non consente agli individui di disporre liberamente della propria vita e del proprio corpo, in particolare sono vietati l'omicidio di una persona consenziente e gli atti di disposizione del proprio corpo che causino una diminuzione permanente dell'integrità fisica di una persona.

I principi costituzionali relativi alla salute riguardano:

La garanzie di cure gratuite per le persone indigenti, cioè per coloro che non hanno mezzi economici per curarsi

Trattamenti obbligatori solo nei casi previsti dalla legge e nel rispetto della dignità umana

ISTRUZIONE:

La nostra costituzione afferma espressamente il principio della libertà dell'arte, della scienza e del loro insegnamento. La libertà della cultura è collegata alla libertà di manifestazione del pensiero. Per quanto riguarda l'istruzione la Costituzione stabilisce che lo Stato deve istituire scuole statali di ogni ordine e grado e che la scuola è aperta a tutti senza alcuna discriminazione. Il sistema scolastico in Italia è formato da scuole pubbliche e scuole private. L'istruzione scolastica è insieme un diritto e un dovere, in quanto la Costituzione stabilisce l'obbligo per tutti di frequentare un corso minimo di studi di otto anni, durante i quali la scuola è obbligatoria, gratuita e uguale per tutti; è evidente che un corso minimo di studi uguale per tutti è utile sia ai singoli individui, perché consente loro di acquisire delle conoscenze e di sviluppare delle capacità, sia alla collettività, perché l'eliminazione di conseguenze negative, tipo l'analfabetismo, costituiscono un vantaggio per la società.

Poiché il periodo della cosiddetta scuola dell'obbligo è fissato dalla Costituzione in almeno otto anni, la legge ordinaria può prevedere un livello minimo di istruzione più elevato: secondo la riforma Moratti si stabilisce che venga assicurata a tutti il diritto alla istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, sino al raggiungimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. La Costituzione prevede espressamente il diritto delle persone capaci e meritevoli di continuare gli studi oltre la scuola dell'obbligo, anche se non hanno i mezzi economici sufficienti per proseguire gli studi, allo scopo di rendere effettivo questo diritto lo Stato deve prevedere degli aiuti economici.

I rapporti economici

I rapporti economici sono disciplinari nel titolo III della parte prima della Costituzione e riguardano principalmente

la disciplina del lavoro: il lavoro è considerato dalla Costituzione come un valore fondamentale dell'intera società (cosiddetto principio lavorista art. 1);

della proprietà privata: è riconosciuta e garantita dalla Costituzione che, afferma anche che la legge deve stabilire i limiti per assicurarne la funzione sociale e l'accessibilità a tutti e che la proprietà può essere soggetta a espropriazione per motivi di pubblico interesse;

dell'iniziativa economica privata: la nostra Costituzione traccia le linee di un sistema a economia mista, nel quale la proprietà dei mezzi di produzione può essere pubblica o privata e l'iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o con altri valori ritenuti fondamentali (sicurezza, libertà).

I Doveri costituzionali

Come risulta chiaramente dalla lettura dell'articolo 2 della Costituzione, essa disciplina i doveri fondamentali dei cittadini. In proposito la Costituzione pone una riserva di legge stabilendo che una prestazione personale o patrimoniale, consistente nel fare o nel dare qualcosa può essere imposta soltanto in base alla legge. Il principio di legalità costituisce una garanzia fondamentale per i cittadini, perché soltanto il Parlamento, che è l'organo che rappresenta il popolo, può imporre dei nuovi doveri. La riserva di legge tuttavia è una riserva soltanto relativa, perché un dovere deve essere previsto in modo generale e astratto da una disposizione legislativa ma può essere specificato in concreto, nei limiti stabiliti dalla legge, con un atto amministrativo.

La carta costituzionale sancisce espressamente i seguenti doveri fondamentali nei confronti dello Stato:

la difesa della Patria (art. 52 cost);

il concorso alle spese pubbliche (art. 53 cost);

la fedeltà alla Repubblica e l'osservanza della Costituzione e delle leggi (art. 54 cost).

Il primo dovere imposto ai cittadini, che è definito <<sacro>> per mettere in evidenza l'importanza, consiste nel dovere di difendere la Patria. La difesa del proprio Paese, che è un dovere per tutti i cittadini, si manifesta nello svolgimento del servizio militare che in passato era un servizio obbligatorio; mentre dal 1 gennaio 2005 è diventato un servizio militare professionale, cioè riservato a volontari.

La Costituzione impone il dovere di concorrenza alle spese pubbliche, cioè di pagare i tributi (imposte, tasse e contributi) per finanziare i servizi pubblici. Questo dovere trova il proprio fondamento nel dovere di solidarietà economica, previsto dall'art. 2 della Costituzione e qualificato espressamente come inderogabile.

Il dovere di contribuire alle spese pubbliche non riguarda soltanto i cittadini, ma tutti coloro che vivono o lavorano in Italia e che producono un reddito. Per quanto riguarda le modalità del concorso alle spese pubbliche, la Costituzione fissa due criteri:

da un lato dichiara che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in base alla loro capacità contributiva;

dall'altro afferma che il sistema tributario deve basarsi nel suo complesso su un criterio di progressività, in quanto il carico fiscale complessivo deve crescere in modo più che proporzionale rispetto all'aumento della ricchezza dei contribuenti.

Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. In particolare, i funzionari pubblici e le persone incaricate di svolgere delle funzioni pubbliche hanno il dovere di adempiere le funzioni con disciplina e onere. La violazione di questo dovere può dare luogo all'applicazione di sanzioni amministrative o sanzioni penali.





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