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Forme di Stato, Forme di Governo e Sistemi Elettorali - DIRITTO COSTITUZIONALE

diritto








DIRITTO COSTITUZIONALE



Forme di Stato, Forme di Governo e Sistemi Elettorali









 
























INDICE SISTEMATICO:


1. FORME DI STATO

1.1 DEFINIZIONI

1.2 LO STATO ASSOLUTO

1.3 LO STATO LIBERALE

1.4 LO STATO SOCIALE

1.5 LE ALTERNATIVE ALLO STATO SOCIALE NEL XX SECOLO

2. FORME DI GOVERNO

2.1 FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE

2.2 FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE

2.3 FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE

2.4 ALTRE FORME DI GOVERNO CONTEMPORANEE

3. SISTEMI ELETTORALI

3.1 SISTEMA MAGGIOTARIO E PROPORZIONALE

3.2 IL SISTEMA ELETTORALE IN ITALIA
1. FORMA DI STATO


1.1 DEFINIZIONI


Con l'espressione di forma di Stato si intende il rapporto che intercorre tra le autorità che detiene il potere di imperio ed i cittadini p società civile, inoltre includiamo l'insieme dei principi e dei valori a cui lo Stato si ispira per raggiungere i propri obiettivi.

Lo stato è un ordinamento che si pone dei fini generali, in ogni epoca però esiste una finalità prevalente, che darà luogo ad un assetto particolare nei rapporti tra Stato e cittadini. Per esempio nello Stato liberale era preminente il fine di garantire l'autonomia e la libertà dell'individuo, dunque lo stato era pressoché astensionista evitava di intervenire nella società e nell'economia ponendosi come obiettivo quello di mantenere intangibile la sfera di libertà riconosciuta ai cittadini; nello Stato sociale, invece, lo stato si pose come fine principale quello di realizzare l'uguaglianza dei cittadini estendendo i proprio interventi anche nella sfera economica e sociale.

Le diverse specie di forma di stato possono essere catalogate come dei modelli ricavati dalla dottrina attraverso la comparazioni di più esperienze costituzionali individuando quelli che sono i tratti comuni che caratterizzavano le stesse. Il modello non è nient'altro che un concetto riassuntivo di tratti ricorrenti in una pluralità di sistemi costituzionali concreti che si sono realizzati in luoghi e tempi diversi.


1.2 LO STATO ASSOLUTO


Lo stato assoluto è la prima forma di governo moderna e nacque in Europa tra il XV ed il XVI secolo ma si affe 848d33i rmò completamente soprattutto in Francia nei due secoli successivi: la sua caratteristica peculiare era la concentrazione del potere tutto nelle mani di un Re o meglio, della Corona. E' meglio dire Corona in quanto essa è dotata dei requisiti di impersonalità e della continuità che caratterizzano ogni organo dello Stato.

Nello stato assoluto sia il potere legislativo che quello esecutivo era concentrato nella mani di una sola persona mentre il potere giudiziario era esercitato da Corti e Tribunali appositamente formata da giudici nominati personalmente dal Re. La volontà e la parola del re rappresentava la fonte primaria tutto ciò che egli manifestava doveva avere efficacia di legge (quod principi pluacuit legis habet vigorem) e questo suo potere ovviamente non trovavo dei limiti e assolutamente non veniva condizionato da quelle che potevano essere le richieste dei sudditi e questo perché il potere che era concentrato nel Re non era di natura umana bensì di natura divina. Il Re svolgeva tutte le sue funzione attraverso una struttura organizzativa (stato apparato) che si occupava dei problemi di maggiore importanza quali ad esempio la formazione dell'esercito.

La fine dello Stato assoluto fu nella maggior parte dei casi doloroso ed il caso emblematico è sicuramente la Francia ove la crisi dello stato assoluto sfociò nella rivoluzione francese. La crisi dello stato assoluto fu dovuto particolarmente a ragioni finanziarie, al costi crescenti del suo funzionamento ma soprattutto alla nuova classe borghese la quale rivendicava l'esigenza che certi diritti fossero costituzionalizzati e garantiti (libertà negative), che tutti i cittadini dovessero essere uguali di fronte alla legge, non doveva esservi legittimazione ad opera di una sola persona ma il potere si sarebbe dovuto fondare sul consenso dei governati (principio della rappresentanza politica).


1.3 LO STATO LIBERALE


Lo stato liberale nasce verso la fine del settecento e la prima metà dell'ottocento, a seguito della crisi che dovette affrontare lo stato assoluto ed in seguito all'affermazione della produzione capitalistica e di conseguenza del ceto sociale della borghesia. Questo passaggio fu come sappiamo traumatico in taluni casi, vedi Francia con la rivoluzione e Stati Uniti con al guerra tra la madrepatria e le colonie, ma anche come nel caso dell'Inghilterra dove lo Stato assoluto non divenne così importante in modo graduale e più stabile.


Il modello dello Stato liberale si caratterizza per una serie di caratteristiche essenziali:

  • finalità politica garantistica in quanto lo Stato ha il compito di tutelare garantire le libertà e i diritti degli individui ed in primo luogo del diritto proprietà attraverso l'astensione dell'intervento da parte dello stato (libertà negative), finalità consacrata nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino redatta a seguito della rivoluzione francese nel 1789;
  • dalla concezione di uno Stato minimo o limitato e titolare cioè solamente delle funzioni necessarie all'adempimento della finalità garantistica e basato sull'astensione dell'intervento nella sfere economica affidata all'autoregolamentazione dei privati;
  • si afferma il principio di libertà individuale attraverso l'affermazione e la tutela delle più svariate libertà personali (es. libertà privata, libertà contrattuale, libertà di domicilio ecc.)
  • si sviluppa il principio della separazione dei poteri, e cioè che il poteri politici dovessero essere suddivisi in più organo con il compito di controllarsi reciprocamente;
  • nascono le prime Costituzioni e si afferma di conseguenza il principio di legalità, in quanto la tutela dei diritti è affidata alla legge. Non solo qualsiasi limitazione della sfera di libertà riconosciuta ai consociati o tutta l'autorità dei pubblici potere deve basarsi su una legge che debba aver le caratteristiche della generalità e dell'astrattezza e debba essere formata dai rappresentati della nazione a cui essa si applica in virtù dell'ultima ed forse più importante peculiarità dello stato liberale e cioè il principio rappresentativo, anche se si ancora ad una fase embrionale in quanto il diritto di voto è circoscritto solo a coloro che hanno un'adeguata istruzione o reddito;



In conclusione possiamo affermare che lo stato liberale viene qualificato come monoclasse, ma proprio per questo non ebbe un ampio sviluppo in quanto nel giro di un centinaio di anni cominciò a nascere l'esigenze di estendere i privilegi sopra citati non solo alla classe borghese ma bensì a tutti i consociati. Nasce infatti l'esigenza del suffragio universale, dell'eliminazione delle libertà negative in virtù di uno stato interventista che garantisse anche li libertà positive ed infine si sviluppa la necessità di un passaggio da un uguaglianza formale all'uguaglianza sostanziale.


1.4 LO STATO SOCIALE


Lo stato di democrazia pluralista o stato sociale si afferma si afferma nel corso del XX secolo a seguito di un lungo processo di trasformazione dello Stato liberale che porta l'allargamento della sua base sociale da uno stato monoclasse ad uno stato pluriclasse; questo passaggio fu nella maggior parte dei casi accompagnato da una precedente affermazione di regimi totalitari che sconvolsero per un ventennio circa ad esempio sia il nostro paese che la Germania. Sul piano storico il momento cardine della nascita dello stato sociale è l'allargamento dell'elettorato attivo che è culminato con il suffragio universale.


Il modello dello Stato sociale si caratterizza per una serie di caratteristiche essenziali:

  • affermazione dei partiti politici di massa come conseguenza dell'ampliamento dell'elettorato attivo, che organizzano la partecipazione politica di milioni di elettori;
  • estensione, come detto, dell'elettorato attivo prima al suffragio universale maschile (in Italia nel 1913 con Giolitti) per poi passare al suffragio universale senza differenze di censo o sesso (in Italia le donne votarono per la prima volta nel referendum istituzionale del 1946);
  • configurazione degli organi elettivi come luogo di confronto e di scontro di interessi eterogenei;
  • si sviluppa il principio per il quale la sovranità spetta al popolo attraverso l'elezione degli organi istituzionali in virtù del principio di rappresentanza;
  • affermazione di una politica interventista con l'obiettivo di perseguire il benessere delle totalità dei cittadini (passaggio da liberta negative a libertà positive);
  • infine, come detto, affermazione del principio dell'uguaglianza sostanziale che si affianca alla principio dell'uguaglianza formale (art. 3 della nostra Costituzione).
  • Affermazioni di Costituzione rigide con al loro interno una serie di principi fondamentali ed immodificabili, e come conseguenza di ciò gli stati possono essere chiamati Stati costituzionali.w

Gli elementi sopra citati hanno contribuito all'affermazione dello Stato sociale, le cui istituzioni si sono affermate fino ai nostri giorni in occidente, nonostante ora piano piano sta entrando in crisi in quanto libertà sociali che a più riprese si è deciso di tutelare sono molto costose.


1.5 LE ALTERNATIVE ALLO STATO SOCIALE NEL XX SECOLO


Come detto in precedenza l'avvento della democrazia di massa con lo stato sociale non fu sempre accompagnato da un'accettazione totale dei valori del pluralismo e sfociò nell'affermazione di forme di stato basate sulla negazione del pluralismo e sull'identificazione di un partito unico come lo Stato.

Le esperienza più importanti di cui stiamo parlando sono l'affermazione dello Stato Fascista in Italia e dello Stato Nazionalscocialista in Germania.

Lo stato Fascista si afferma in Italia tra il 1922 ed il 1943 in contrapposizione del modello liberale imputando a quest'ultimo di non essere in grado di garantire e difendere gli interessi nazionali. Lo stato dunque assunse l'attributo il titolo della totalitarietà, in quanto tutto il potere era concentrato nelle sue mani e dovevo occuparsi di tutti gli aspetti della vita sociale ed individuale, soprattutto grazie alla soppressione delle liberta liberali. L'esperienza fascista combinata alla dottrina elaborata da Hitler portarono all'affermazione in Germania tra il 1933 ed il 1945 dello stato Nazionalsocialista. Le caratteristiche peculiari di questa ideologia si riconducevano allo uso dello Stato per il raggiungimento degli obiettivi nazionali, la concentrazione del potere nelle mani del capo del movimento e l'assoluta mancanza di limiti nei confronti del capo stesso.

Differente dalle precedenti per ideologia ma di certo non meno drammatico è stato lo Stato Socialista. Il riferimento storico di questa forma di stato è rappresentato sicuramente dall'URSS ed affonda le sue radici teoriche nella dottrina marxista-leninista., e lo stesso modello pur con delle minime differenze si può ricondurre in tutto il blocco socialista , prima di dissolversi tra la fine degli anni ottanta e primi anni novanta del nostro secolo. In estrema sintesi, questa forma si stato trovava origine nella dittatura del proletariato, con la quale si sarebbe dovuto eliminare la classe antagonista, la borghesia. In vista del futuro superamento del potere sociale e l'affermarsi di una società priva di classi e conflitti sociali.

2. FORME DI GOVERNO


2.1 DEFINIZIONE


Con il termine forma di governo intendiamo il modo con cui i poteri sono distribuiti tra gli organi principali dello stato ed il rapporto che intercorrono tra di essi.

Come detto in precedenza a proposito delle forme di stato anche per quanto riguarda le forme di governo essere rappresentano dei modelli ricavati attraverso la comparazione di più esperienza costituzionali ed attraverso l'individuazione di elementi caratterizzanti che si verificano in luoghi ed in tempi diversi.


2.2 LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE


La forma di governo parlamentare, come la nostra, è il modello ormai maggiormente diffuso ed è adattabile sia alla forma di stato monarchica che a quella repubblicana.

La caratteristica fondamentale di questa forma di governo sta nel rapporto di fiducia che intercorre tra i due organi principali, il parlamento ed il governo. Il primo si dice sia di emanazione permanente in quanto può in qualsiasi momento costringere il secondo alle dimissioni votandogli contro la sfiducia. La forma di governo parlamentare prevede che il parlamento possa essere bicamerale perfetto come il nostro, bicamerale imperfetto o monocamerale; nel primo caso la sfiducia deve essere votata da entrambe le camere nello stesso momento, nel secondo caso la sfiducia deve essere votata solo dalla camere che ne ha il diritto, ed ovviamente nell'ultimo caso basta il voto di sfiducia della sola camera esistente.

Oltre a questa che è la caratteristica essenziale ne possiamo individuare altre comunque molto importanti:


  • secondo il principio della rappresentanza politica il parlamento viene eletto direttamente dal popolo attraverso l'istituto del suffragio universale;
  • gli stati che adottano questa forma di governo sono dotati di una Costituzione rigida (esclusa ovviamente il regno unito);
  • a seguito di un processo chiamato razionalizzazione del parlamentarismo che ha portato a tradurre in disposizioni costituzionali scritte le regole sul funzionamento del sistema parlamentare che come si è visto si erano imposte già in via consuetudinaria al fine di ottenere una maggiore stabilità del governo;
  • il capo dello stato nella forma parlamentare ha essenzialmente la funzione di rappresentanza dello stato e di garanzia in quanto è un organismo neutro ed acquisisce poteri solo in casi estremi di crisi; può essere eletto dal parlamento, come nel nostro caso, o può essere a carica ereditaria (come nella monarchia inglese).



2.3 LA FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE


La forma di governo presidenziale è la forma di governo caratteristica degli Stati Uniti d'america e si differenzia essenzialmente per le funzioni che vengono assegnato al capo dello Stato, chiamato presidente, il quale:


  • è eletto dall'intero corpo elettorale nazionale;
  • non può essere sfiduciato da un voto parlamentare durante il suo mandato;
  • presiede e dirige i governi da lui nominati


Come detto l'esperienza di maggiore importanza delle forma di governo presidenziale è quella degli Stati Unito d'America. Qui l'elezione del presidente americano avviene come nel caso dell'elezione dell'organo parlamentare (congresso), direttamente dal popolo ed si sviluppa secondo una procedura piuttosto singolare e cioè attraverso l'elezione dei cosiddetti "grandi elettori". Il popolo infatti si recherà alle urne sapendo esattamente chi è il candidato di riferimento di ogni grande elettore, dunque in un certo senso esprime direttamente la preferenza sul candidato presidenziale. In ogni stato vige il sistema maggioritario dunque basta un voto in più per assicurare il numero totale dei grandi elettori al candidato presidente, una volta terminate le elezioni il candidato col maggior numero di grandi elettori diventerà presidente, il quale vista la legittimazione nazionale, avrà enormi poteri in quanto sarà sia capo dello stato che capo del governo.

Dunque le caratteristiche peculiare di questa forma di governo sono:


  • elezione del presidente e dell'organo parlamentare con suffragio universale popolare;
  • mancanza del rapporto di fiducia tra parlamento e governo, il presidente è separato dal sostegno parlamentare ma non ha mezzi pratici per eliminare la possibile ostilità nei suo confronti da parte del parlamento in quanto non ha il potere di scioglimento anticipato delle camere;
  • il presidente ha enormi poteri in quanto sia capo dello Stato che capo del Governo.

2.4 FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE


La forma di governo presidenziale si caratterizza per le seguenti caratteristiche peculiari:


  • il Capo dello Stato, chiamato Presidente, viene eltto direttamente dal popolo,
  • il Presidente è indipendente dal Parlamento, perché non ha bisogno della sua fiducia ma non può governare da solo deve servirsi di un Governo da lui nominato,
  • il Governo deve avere la fiducia del Parlamento;

Come si può notare dalle caratteristiche sopra citate questa forma di governo si trova a metà tra le due precedenti, in quanto il Presidente è si indipendente, ma deve attuare il suo programma con l'aiuto del Governo che a sua volta deve avere la fiducia del Parlamento.

Questa struttura chiamata bicefala, in quanto sono due le cariche che si pongono come leader dello Stato stesso: il Presidente che trae la sua carica direttamente dalla legittimazione popolare ed il Primo ministro che invece deve avere la fiducia del Parlamento.

Questa situazione può portare al verificarsi di due tipi di forma di governo a seconda che prevalga il Presidente, nel caso in cui la maggioranza parlamentare appartenga al suo stesso partito, oppure una in cui prevalga il Primo ministro, quando cioè la maggioranza parlamentare è in opposizione al partito del Presidente.

Il primo caso detto, governo semipresidenziale a presidente forte è quello dell'attuale Repubblica Francese, mentre il secondo caso, chiamato governo semipresidenziale a prevalenza governativa è caratteristiche dei governi di Austria, Irlanda e Islanda.

Le differenze più importanti si registrano nel ruolo del Presidente, ovviamente, che nel primo caso avrà ampi poteri istituzionali, mentre nel secondo caso sarà essenzialmente organo di garanzia.


2.5 LE ALTRE FORME DI GOVERNO CONTEMPORANEE


Oltre alle tre forme di governo precedenti possiamo terminare analizzando due forme di governo che hanno avuto una diffusione assai limitata.

In primo luogo possiamo parlare della forma di governo neoparlamentare che ha come caratteristiche quella dell'esistenza del rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento, l'elezione del Primo ministro direttamente dal popolo contestualmente all'elezione del parlamento, ed il cosiddetto "Governo di legislatura" che comporta nel caso di sfiducia del Parlamento oltre alla caduta del Governo lo scioglimento del Parlamento e ovviamente delle nuove elezioni. Questa forma di governo è stata elaborata dalla dottrina, ma non può essere commentata in quanto mancano ancora le applicazioni concrete. L'unica applicazione è quella di Israele, ma l'applicazione non è perfetta in quanto manca la contestualità dell'elezione del Primo ministro e Parlamento oltre alla conservazione di un sistema elettorale proporzionale che favorisce la frammentazione politica.

L'ultima forma di governo è quella direttoriale, adottata solamente dalla Confederazione svizzera, la quale si caratterizza per la presenza accanto al parlamento (l'Assemble federale) di un altro organo chiamato direttorio, che è formato da 7 elementi ed ha il compito sia di Capo dello Stato che di governo, la motivazione è semplice in quanto la Svizzera essendo una pluralità di di comunità religiose e linguistico anche notevolmente diverse da loro ha bisogno che l'organo più importante sia collegiale affinché tutte le componenti sopra citate siano rappresentate e di conseguenza tutelate.

3. I SISTEMI ELETTORALI


Con il termine sistema elettorale intendiamo l'insieme delle procedure attraverso cui i voti espressi dall'elettorato attivo si trasformano in seggi. Il sistema elettorale si compone di 3 elementi essenziali:


il tipo di scelta che spetta all'elettore. A seconda della disciplina all'elettore può essere chiesta una scelta categorica o ordinale. Nel primo caso, come nel collegio uninominale, all'elettore viene richiesta una scelta secca, mentre nel secondo caso (non vigente in Italia) si può esprimere un ordine di preferenze;



la dimensione del collegio per cui si procede alla votazione. Può esserci infatti un collegio unico che serve a ripartire tutti i seggi in palio (è caratteristica del sistema neoparlamentare in Israele), oppure come nel nostro caso possono esservi più collegi ognuno dei quali eleggerà un certo numero prestabilito di seggi. In questo caso poi possiamo fare un ulteriore distinzione tra collegio uninominale dove viene eletto un solo seggio (ed ovviamente vengono favoriti i grandi partiti) o collegio plurinominale dove vengono eletti due o più candidati ( ed ovviamente vi sono maggiori possibilità per i piccoli partiti);

la formula elettorale, e cioè il meccanismo attraverso il quale si decide la ripartizione dei seggi. I sistemi elettorali si dividono in sistema maggioritario e sistema proporzionale.


3.1 IL SISTEMA MAGGIORITARIO E QUELLO PROPORZIONALE


Il sistema maggioritario, prevede che il seggio in palio venga attribuito al candidato che ottiene la maggioranza dei voti. Se viene richiesta la maggioranza assoluta, occorre che un candidato ottenga la maggioranza dei voti validi e nel caso in cui questo non avvenga si andrà ad un secondo turno di votazione ove nei diversi casi potranno partecipare o i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, oppure tutti i candidati che abbiano ottenuto una percentuale minima di voti. Al secondo turno, al fine di facilitare l'operazione vince il candidato col maggio numero di voti validi. Se invece viene richiesta la maggioranza relativa vince chi otterrà al primo turno la maggioranza dei voti validi ( questo sistema è caratteristico della Gran Bretagna, Stati uniti dove vige essenzialmente il bipolarismo perfetto o quasi e dunque la sfida si può ricondurre a due partiti politici principali).

Il pregio principale di questo sistema è sicuramente il rapporto diretto tra le autorità e cittadini ed un maggior rapporto tra Parlamento e Governo che dunque potrà lavorare con maggiore tranquillità, mentre il grande difetto è che ha la caratteristica di essere distorsivo perché non vi è la rappresentazione esatta della volontà popolare, ma vi è un effetto selettivo in quanto l'accesso ai seggi è permesso esclusivamente a chi ottiene la maggioranza nei collegi;

Il sistema proporzionale invece prevede che i seggi siano distribuiti proporzionalmente ai voti ottenuti. A differenza di quello maggioritario qui concorrono a far parte dei seggi solo le liste che abbiano ottenuto un certo numero di voti pari ad una percentuale minima detta quoziente elettorale (in Germania dove questa percentuale è piuttosto alta il 5% il quoziente elettorale prende il nome di clausola di sbarramento). Una volta attribuito il numero dei seggi per quanto riguardo l'attribuzione personale degli stessi può avvenire in due modi: o l'elettore può esprimere la propria preferenza e dunque sono eletti i candidati con la maggior preferenza oppure se manca la possibilità di esprimere la preferenza l'ordine dei candidati è espresso in una lista (detta lista bloccata) che viene redatta dai dirigenti del partito.

Il pregio principale di questo sistema è che viene adempiuto perfettamente il principio della rappresentanza politica ed i collegi sono l'espressione più o meno perfetta della volontà popolare, ma hanno il difetto di portare ad una proliferazione incredibile dei partiti politici che intravedono la possibilità di entrare nei collegi anche con un numero modesto di voti.



3.2 IL SISTEMA ELETTORALE IN ITALIA


In Italia la scelta del sistema elettorale è stato sempre uno dei grandi problemi discussi e tuttora irrisolti. Il nostro sistema elettorale ha avuto una storia propria fatta di due grandi cambiamenti.

Fino al 1993 in Italia vigeva il sistema proporzionale, come conseguenza di una preferenza manifestata più volte dal popolo Italiano e come conseguenza delle caratteristiche del sistema politico e della democrazia italiana di quel periodo. Inoltre si poneva in primo piano l'esigenza di permettere l'esistenza di forze politiche ed ideologiche molto distanti, favorendo così il confronto ed il tentativo di ricerca di una accordo (parlamentarismo compromissorio).

Le trasformazioni della società italiana, la crescenti crisi dei partiti con la conseguente difficoltà di attuazione del parlamentarismo compromissorio hanno portato ad uno dei grandi cambiamenti del sistema elettorali. Nel 1993 infatti attraverso un referendum manipolativo e cioè modificando o abrogando solo alcune disposizioni del senato in materia di sistema elettorale, era richiesto se si volesse il passaggio ad un sistema elettorale maggioritario. Il referendum ebbe una delle più alte percentuali di si pari circa all'80% ma a causa di dissidi interni dei partiti più importanti, il Parlamento trovò grande difficoltà ad approvare una legge elettorale e dunque si decise di fotografare l'esito del referendum proponendo per il 75% dei seggi un sistema maggioritario a collegi uninominali a turno unico, mentre per il 25% dei seggi ripartito attraverso il sistema proporzionale. Ma ovviamente questo tipo di sistema elettorale era chiaramente assurdo in quanto conteneva dentro di sé sia i difetti dell'uno che dell'altro.

Quindi, nel 2005 si è ricorso ad un ulteriore riforma elettorale reinserendo il sistema proporzionale ma con delle caratteristiche ben precise che sono:


  • lista bloccata, in quanto gli elettori possono esprimere la preferenza solo per una delle liste e non per i candidati;
  • possibilità che i partiti si uniscano in un'unica coalizione presentando un solo programma elettorale (è una possibilità ma rappresenta anche un obbligo soprattutto per i partiti minori che se no non supererebbero la clausola di sbarramento);
  • indicazione del capo della coalizione che ovviamente diverrà in caso di vittoria Presidente del Consiglio dei Ministri;
  • clausola di sbarramento: per cui possono ripartirsi i seggi solo coloro i quali abbiano ottenuto una certa percentuale di voti;
  • premio di maggioranza diretto a garantire che la coalizione che ha ottenuto più voti abbia comunque la maggioranza in Parlamento.
  • riforma dei seggi elettorali all'estero (divenuti poi fondamentali nelle ultime elezioni)

E' importante ricordare che comunque ci sono delle differenza tra Camera e Senato in quanto in rispetto delle disposizioni costituzionali (art. 57 comma 1 Cost.) il senato viene eletto su base regionale in quanto i seggi regionali sono attribuiti con formula proporzionale in base ai voti espressi nella regione medesima.

Un'altra grande differenza è la disciplina con cui si assegna il premio di maggioranza: per quanto riguarda la Camera alla coalizione che abbia ottenuto il maggior numero di voti validi a livello nazionale abbia una quota aggiuntiva di seggi fino al raggiungimento del numero di 340; mentre per quanto riguarda il senato invece l'attribuzione avviene su base regionale, è infatti previsto che alla coalizione che abbia ottenuto nella regione la maggioranza vengono attribuiti dei voti aggiuntivi fino al 55% dei voti previsti per quella regione.

Questo è il grosso problema di questo sistema elettorale perché partendo dal presupposto che il numero dei seggi regionali varia a seconda del numero dei cittadini presenti in ogni regione, può verificarsi il caso, sfiorato nelle ultime elezioni, in cui al senato ci sia una maggioranza opposta rispetto a quella della Camera il che permetterebbe, o l'impossibilità del lavoro del nuovo Governo o come nel caso attuale una difficoltà estrema a portare avanti il proprio programma elettorale, in questo modo inoltre si costringono i senatori a vita a prendere una posizione elettorale netta e non operare secondo coscienza che nella nostro attuale governo molte volte permettono alla maggioranza di manifestarsi.

In sintesi questa legge elettorale favorisce le coalizioni esclusivamente ed è in ideologica contrapposizione costituzionale con l'art. 49 della Costituzione che invece favorisce la nascita e l'affermazione di nuovi partiti.








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