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ARTICOLO 29
"La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare".
L'articolo 29 parla della famiglia.
E' un articolo molto contraddittorio, perché nel testo stesso la famiglia viene
definita come "società naturale fondata
sul matrimonio"; i termini che "cozzano" sono "società naturale" e
"matrimonio".
Quando pensiamo ad una società naturale, infatti, ci immaginiamo una cosa
spontanea, nata senza pensarci troppo su, mentre il matrimonio è un atto molto
formale e (forse) uno dei più burocratizzati.
In un primo momento quindi si è voluto cambiare il testo di questo articolo controverso ma, con l'evoluzione dei costumi e la sempre più presenza e accettazione del fenomeno delle coppie di fatto, si è pensato che si potesse approfittare di questa obbiettiva controversia affinché il parlamento concedesse alle coppie di fatto alcuni diritti.
Ciò non avvenne mai, ma si ebbero però un sostanziale cambiamento per quanto riguardano i figli nati all'interno e ad di fuori del matrimonio, che si vedono assicurati gli stessi diritti.
Cambia anche la nomenclatura che diventa "figli legittimi" e "figli naturali" (precedentemente erano chiamati "illegittimi" o "adulterini").
L'unico diritto in più che spetta ai figli nati all'interno di un matrimonio rispetto a quelli naturali è il cosiddetto DIRITTO DI COMMUTAZIONE, che consiste nel liquidare in denaro la parte spettante al figlio naturale di un immobile lasciato in eredità ai figli. Il Diritto di Commutazione può essere richiesto sono se i figli legittimi sono concordi e c'è una oggettiva indivisibilità del bene.
(Ovviamente avviene tutto ciò solo se il padre non ha lasciato testamento; sennò si può fare ricorso solo se non sono state rispettate le quote minime previste per ogni figlio che sono 50% se c'è un solo figlio erede o i 2/3 da dividere tra i figli se ce ne sono due o più. - I figli vengono considerati categoria privilegiata in mancanza di un testamento.)
Negli ultimi anni, però, attraverso una PIU' LARGA INTERPRETAZIONE DELLE NORME, alcuni giudici sono riusciti a vedere applicate alcuni diritti e doveri riservati ai coniugi anche per i conviventi. (ad esempio in molti casi si è arrivati a decretare che, alla morte di un convivente, l'altro può continuare a vivere nella casa dove avevano abitato)
Ma questi diritti non sono comunque automatici: tutte le volte infatti il giudice (che è chiamato appunto ad interpretare le norme) potrebbe paradossalmente interpretarle in modo differente.
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