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Prima di Euclide - L'"Ottica"di Euclide

architettura




Prima di Euclide

Introduzione

Le radici storiche della prospettiva sono più antiche del Rinascimento, sebbene, con Piero Della Francesca e la sua opera "De prospectiva pingendi" (1475), l'uso della prospettiva introduca una vera rivoluzione nelle tecniche di pittura ed architettura.

Lo stesso Vitruvio nell'introduzione al "De Architectura" (I sec. a.C.) indica come autori che l'hanno preceduto nella prospettiva: Democrito ed Anassagora (V sec. a.C.).


Civiltà pre-elleniche

Nella preistoria, nelle incisioni rupestri, non c'è il tentativo di rappresentare in tre dimensioni poiché lo scopo è quello di tramandare un evento e non di riprodurlo realisticamente.

Procedimenti elementari si ritrovano in alcune rappresentazioni di edifici, in alzato e in pianta, degli egizi (1800 a.C.).

Nella cultura dell'età micenea (1400-1100 a.C.) abbiamo la ricerca di rappresentazione del reale, per la prima volta si riescono ad ottenere immagini prospettiche.



Anche nella cultura cinese riscontriamo dei tentativi di riproduzione del reale tramite visioni prospettiche.


La Grecia prima di Euclide

Vitruvio, nella sua opera principale, parla di Agatarco, pittore ateniese cui viene attribuita una decorazione pittorica con criteri prospettici. Secondo Tannery, uno studioso francese contemporaneo, alla base dell'"Ottica" di Euclide ci sarebbe un'opera perduta di Anassagora di Clazomene.

L'"Ottica"di Euclide

Non sappiamo molto della vita di Euclide, sono giunte a noi due celebri asserzioni dell'autore, contenute nella sua celebre "ottica":

I raggi visuali si propagano in linea retta (dagli occhi verso l'oggetto osservato)

I raggi visuali si susseguono con discontinuità.

Euclide propone quattordici oroi (regole) riguardanti la percezione visiva e la rappresentazione di essa, di cui dodici accertati come autentici:

I raggi emessi dall'occhio procedono per via dritta

La figura compresa dai raggi visivi è un cono che ha il vertice nell'occhio e la base al margine dell'oggetto visto

Si vedono quegli oggetti ai quali giungono i raggi visivi

Non si vedono quegli oggetti ai quali i raggi visivi non giungono

Quegli oggetti che si vedono sotto angoli maggiori sono giudicati maggiori

Quegli oggetti che si vedono sotto angoli minori sono giudicati minori

Quegli oggetti che si vedono sotto angoli uguali sono giudicati uguali

Gli oggetti che si vedono con raggi diretti a destra sono giudicati alla destra

Gli oggetti che si vedono con raggi diretti a sinistra sono giudicati alla sinistra

Gli oggetti che si vedono con più angoli si distinguono più chiaramente

Gli oggetti che si vedono con raggi più bassi sono giudicati più bassi

Gli oggetti che si vedono con raggi più alti sono giudicati più alti


L'influenza dell'"Ottica" di Euclide

L'opera di Euclide ebbe notevole influenza nella tecnica e nel pensiero del terzo secolo avanti Cristo: riscontriamo ciò in accorgimenti tecnici nella struttura di alcuni edifici greci. È importante la visione della facciata del tempio greco: se le colonne fossero veramente parallele nella realtà apparirebbero lievemente deformate, si ricorre quindi ad una deformazione opposta al fine di far apparire le colonne dritte. Queste nuove tecniche sono ben descritte nell'opera di Vitruvio scritta in età augustea.


Da Euclide al Medioevo

La prospettiva tra età antica e medioevo

Nel 180-125 a.C. Ipparco da Nicea, astronomo di Alessandria e Rodi, considerato uno dei fondatori della trigonometria, realizza alcuni strumenti per l'osservazione astronomica con i quali riesce ad individuare 800 stelle. Sempre a lui è attribuito il metodo della proiezione stereografica, che quattro secoli dopo sarà ripreso e diffuso da Claudio Tolomeo.

Nella Roma antica si utilizzano visioni di tipo prospettico per dare l'effetto di profondità soprattutto per pitture su vasi e dipinti murali.

Un non trascurabile contributo della civiltà romana alla storia della prospettiva è dato dall'opera di , Vitruvio, architetto ed ingegnere dell'età augustea, che si interessa del moto solare e della sua proiezione sul piano del meridiano. Egli è consapevole dell'importanza della geometria per la risoluzione di problemi tecnici e per l'architettura.

Per Vitruvio la rappresentazione architettonica è suddivisa in:


"iconographia", la pianta

"orthographia", l'alzato

"scenographia", la rappresentazione prospettica di un oggetto reale, costituita dallo schizzo delle facciate dei lati per linee convergenti al centro.


Nel II sec. Claudio Tolomeo, autore di un trattato di ottica, analizza i fenomeni di riflessione e tenta una prima interpretazione geometrica della rifrazione. Con Tolomeo abbiamo "il progresso da un'ottica strettamente geometrica ad una teoria della visione binoculare e dell'ottica fisiologica basata su dati empirici e su esperimenti sistematici".

Un grosso contributo allo studio della prospettiva è dato dalla scienza araba, che approfondisce le modalità della visione e la fisiologia dell'occhio umano.


Il tardo Medioevo fino al Rinascimento

Tra gli studiosi che si interessano della prospettiva in Europa nel Medioevo, ricordiamo Roberto di Lincoln, detto "Grossatesta", autore del "De luce" e di altre opere che rivelano buone conoscenze geometriche ed ottiche. Egli afferma l'istantaneità della propagazione luminosa e nella luce identifica lo spazio stesso: la geometria permette perciò la conoscenza sensibile dello spazio.

Il suo discepolo Ruggero Bacone nelle sue opere si interessa della visione e dell'ottica attraverso lo studi delle lenti. Con lui la matematica diventa un'indispensabile supporto per la fisica.


Il Rinascimento

Filippo Brunelleschi

Con il Rinascimento viene attuata una svolta, si passa dall'empirismo alla ricerca di regole precise per la rappresentazione del reale.

F. Brunelleschi, (1377-1446) si occupa del rapporto tra visione diretta e una "verosimile" imitazione di essa. Famose due sue tavolette rappresentanti vedute di Firenze, realizzate tramite rigorose regole geometriche. Non abbiamo purtroppo informazioni certe sulle teorie di Brunelleschi, ma è accertato che con l'architetto toscano fanno la comparsa nella storia della prospettiva i più evoluti concetti di "piramide visiva" e di "unico punto di fuga".


Masaccio

Tommaso di Giovanni Cassai, detto Masaccio (1401-1429) sembra far sua la rigorosa impostazione prospettica brunelleschiana. Nelle sue opere la prospettiva ha lo scopo di unificare le parti della rappresentazione e di dare al tutto un'impronta unitaria: ogni figura, anche se separata dall'altra, vive in un'unica concezione, fa parte di un unico mondo umano. È la prima volta, nella pittura italiana, che la luce, provenendo da un lato, colpisce tutte le immagini con lo stesso raggio di incidenza, provocando una coerente ombra dal lato opposto.

Leon Battista Alberti

La mancanza di un trattato brunelleschiano fa sì che L. B. Alberti (1404-1472) sia considerato il primo scrittore rinascimentale sulla prospettiva. Nella sua opera "Della pittura" sono codificate ed ampliate le idee di Brunelleschi e divise in:

prospettiva come metodo di rappresentazione

"perspectiva naturalis" o "communis", ovvero la scienza della visione

"perspectiva artificialis" o "pingendi", ovvero la scienza della rappresentazione.

Per un'efficace rappresentazione prospettica gli accorgimenti da mettere in atto sono due:

convergenza verso un punto di fuga unico di tutte le rette parallele che siano perpendicolari alla superficie del dipinto

progressiva diminuzione delle dimensioni apparenti degli elementi al crescere della loro distanza

L'ossatura geometrica dell'opera di L.B.Alberti appare ancora legata ad un certo empirismo, che sarà superato solo con Piero della Francesca.

Le innovative scoperte di Brunelleschi, poi perfezionate da Alberti, non saranno accettate da alcuni artisti della prima metà del '400, come Lorenzo Ghiberti (1378-1455) che preferisce riferirsi alla medievale "perspectiva naturalis".


Piero della Francesca

P.D.Francesca (1416?-1492) compila nel 1475 "De prospectiva pingendi", il primo trattato organico sulla prospettiva rinascimentale. Oltre ad interessarsi di pittura, dimostra una buona conoscenza della matematica.

Egli è consapevole della necessità di riferire la rappresentazione pittorica ad un organico e completo sistema di leggi e procedimenti matematici, che dovranno consentire una verosimile "traduzione" dello spazio reale in uno spazio della rappresentazione attraverso opportune "degradazioni" (deformazioni prospettiche avvertite dall'occhio umano). Il pittore prima di chiedersi cosa rappresentare si dovrà occupare di come giungere ad una rappresentazione verosimile e corretta.

La prospettiva necessita di conoscenza geometriche e P.D.Francesca si rifà anche ai risultati euclidei e ai suoi studi sull'ottica.

Leonardo da Vinci

L.da Vinci (1452-1528) si occupa della prospettiva subito dopo Piero della Francesca, ma la sua impostazione appare incentrata sul risultato artistico globale del quadro (uso di sfumature che suggeriscono distanza, colori che progressivamente sbiadiscono). Della sua opera "Trattato della pittura", perduta nella versione originale, rimane del materiale sparso risalente al 1485-1515. Gli elementi geometrici alla base della sua concezione sono:

il punto

la linea

la superficie

il corpo

La sua prospettiva sarà da egli stesso definita "lineare".

Leonardo suddivide la prospettiva in tre parti:

Lla prospettiva lineare: si occupa del diminuire delle dimensioni degli oggetti più lontani.

La prospettiva di colore: si occupa del variare del colore degli oggetti più lontani. Questa prospettiva è di fondamentale importanza per la resa pittorica della tridimensionalità.

La prospettiva di spedizione: gli oggetti più lontani devono essere rappresentati con contorni più sfumati.

Una parte del suo trattato è riservata anche alle ombre: interessanti alcune osservazioni che considerano le dimensioni relative della sorgente di luce e del corpo da essa illuminato.

L'ultima parte del trattato è dedicata all'orizzonte, qui Leonardo accosta interessanti considerazioni geometriche e suggerimenti pratici per gli artisti.


Raffaello Sanzio

Raffaello Sanzio (1483-1520) è l'utimo grande artista di questo periodo che applica le regole prospettiche per dare un'impronta realistica alle scene rappresentate; celebre esempio sono gli affreschi contenuti nella stanza della Segnatura. Le architetture rappresentate rappresenteranno da lì a qualche anno una riaffermazione grandiosa degli ideali pierfrancescani, ma lievitata di un nuovo senso atmosferico e dilatatala una nuova solennità: la costruzione prospettica che viene a coincidere esplicitamente con le dimensioni dell'universo. La scena si svolge all'interno di un'architettura che possiamo immaginare a croce greca, inscritta in un deambulatorio quadrato, con cupola centrale. L'asse della composizione, indicato dalle linee prospettiche, coincide con quello di uno dei bracci, le cui volte, disponendosi l'una di seguito all'altra, determinano profondità e spazialità di ampio, misurato respiro. Questa è l'apoteosi, ma è anche la fine di un ciclo storico.

Architetti e matematici

La prospettiva dall'Italia in Europa

Dalla Toscana le nuove idee si diffondono rapidamente nel resto d'Italia in Europa. Molte opere trattanti la prospettiva sono state perdute: tra queste possiamo ricordare il trattato del bresciano V.Foppa, che nelle sue opere unì la tradizione pittorica lombarda e le conquiste tecnico formali rinascimentali. Le innovative idee sulla prospettiva in Lombardia si diffusero soprattutto grazie al fiorentino Antonio Averulino, detto Filerete, architetto scultore ed orefice a lungo operante a Milano.

Il rinnovato interesse per le questioni prospettiche varca le Alpi: all'inizio del XVI sec. in Francia Jean Pelerin Viator pubblica "De Artificiali Perspectiva", considerato il primo trattato sulla prospettiva pubblicato a stampa, in cui convergono le esperienze empiriche dei pittori nordici e la concezione prospettica rinascimentale dovuta a Leon Battista Alberti.


Commandino e Del Monte

Il XVI sec. vede, in Italia, un pullulare di pittori, architetti, studiosi, che si occupano di scultura. Dal medio evo fino al XVI sec. la prospettiva rimane prevalentemente patrimonio degli artisti, i quali applicano concetti e tecniche geometriche al problema della rappresentazione tridimensionale. In questo periodo lo studio squisitamente tecnico-matematico della prospettiva, in senso astratto, non è praticato. A due studiosi italiani del XVI sec. è fatto risalire il superamento di questa situazione: con F. Commandino e il suo grande allievo G. Del Monte la "prospettiva degli artisti" e la "prospettiva dei matematici" imboccano definitivamente strade diverse. Entrambi matematici scrupolosi e rigorosi, non esitano a riprendere in esame tecniche ed accorgimenti già utilizzati empiricamente dagli artisti, al fine di darne un'esauriente dimostrazione.

La "camera obscura"

Proprio in questo periodo assistiamo in Italia alla diffusione di un celebre strumento ottico: la "camera obscura" o "camera ottica". Trattasi di una scatola chiusa, su un lato della quale è praticato un minuscolo foro attraverso il quale un fascio di raggi luminosi penetra nella scatola formando, nella parete opposta, un'immagine capovolta della realtà esterna. Il rilievo mediante la camera oscura è integrato da uno specchio inclinato in grado di raddrizzare l'immagine originariamente capovolta. L'utilizzo di strumenti come questo è da interpretarsi come un ritorno di molti artisti a metodi di tipo empirico per giungere alla realizzazione di opere sempre più vicine al vero: una conferma che la rigorosa ricerca geometrica applicata alla pittura sembra essere sempre meno praticata ed apprezzata in molti settori dell'ambiente artistico.


La cartografia

La "teoria delle carte"

Essa si occupa della rappresentazione, attraverso metodi matematici, della superficie terrestre su di un piano, ad una scala assegnata. La superficie di un geoide però non risulta sviluppabile su di un piano; questa impossibilità geometrica costringe i cartografi ad introdurre un'approssimazione nel passaggio alla rappresentazione su carta.


La cartografia da Tolomeo al tramonto del Medioevo

Claudio Tolomeo fu il primo ad affrontare sistematicamente il problema della rappresentazione della superficie terrestre su un piano. Egli adotto il sistema della proiezione stereografica, in cui i punti sono proiettati dal polo sud sul piano dell'equatore. Tale metodo resta una pietra miliare per gli studiosi di cartografia.


La cartografia rinascimentale

I metodi di proiezione usati dai cartografi del XV e del XVI sec. sembrano ormai non essere più adeguati alle crescenti esigenze di precisione e necessitano di una radicale revisione.Il loro studio e la loro riforma sono legati al nome di G. Kremer, latinizzato in Mercatore.Egli introdusse il metodo della proiezione cilindrica isogona a latitudini crescenti: in tale procedimento la superficie terrestre è proiettata su di una superficie cilindrica tangente ad esse lungo una circonferenza; con un'opportuna variazione delle distanze tra paralleli successivi il geografo fiammingo riuscì a mantenere la forma della regione raffigurata uguale a quella reale, anche se variavano le dimensioni relative.


I primordi della geometria proiettiva


Johannes Kepler e Simon Stevin

Più nessuna motivazione artistica sta alla base dell'opera di due grandi scienziati che nei primi decenni del XVII sec. si occupano di prospettiva: J. Kepler e S. Stevin.

Il primo pubblica nel 1604 "Paralipomena ad Vitellionem", a questo importante lavoro si può far risalire la nascita dell'ottica geometrica moderna. In tale trattato egli introdusse il concetto di "punto all'infinito" ed accetta l'istantaneità della propagazione luminosa.

Stevin pubblica nel 1634 il "Traitè d'optique", in cui espone con apprezzabile rigore geometrico la teoria della rappresentazione prospettica.


Girard Descargues e i primordi della geometria proiettiva

Con Descargues assistiamo alla nascita della geometria proiettiva; di importanza primaria furono l'introduzione del concetto di punti impropri e della retta impropria:

Due o più rette sono dello stesso ordine se sono parallele o se si incontrano in punto

Due o più punti sono dello stesso ordine se sono paralleli o se si incontrano in una retta

Fasci di rette e di piani hanno quindi un "traguardo" anche se sono fasci impropri.

Un grande discepolo di Descargues: Blaise Pascal

Teorema di Pascal: condizione necessaria e sufficiente affinché un esagono sia inscrittibile in una conica è che siano allineati i punti di intersezione delle tre coppie di lati opposti.



Il teorema gli consente un'impostazione più generale della teoria delle coniche rispetto a quella descarguesiana, pur mantenendo pressoché le stesse conoscenze.


Lo sviluppo della geometria proiettiva


Gaspard Monge

Uno dei creatori dell'Ecole Polytechnique, G. Monge, è il grande sistematore della teoria della prospettiva. Monge si propone di risolvere il problema della rappresentazione di un oggetto tridimensionale ed il problema inverso, ovvero la ricostruzione delle caratteristiche di un oggetto a partire dalla data rappresentazione; per questo egli mette a punto un metodo semplice ed efficace per ricavare una tale rappresentazione.

Il procedimento illustrato da Monge diviene in breve tempo un classico della geometria descrittiva, esso è denominato metodo della doppia proiezione ortogonale: l'oggetto è proiettato ortogonalmente su due piani perpendicolari tra di loro, detti primo e secondo piano di proiezione; l'intersezione di tali piani è detta linea di terra. Il piano verticale viene ruotato attorno alla linea di terra fino a coincidere con il piano orizzontale: la rappresentazione finale dell'oggetto è quindi contenuta in un'unica tavola, in cui sono rappresentati i due piani sovrapposti.

Monge dimostra che:

Un punto è rappresentato da una coppia di punti (proiezioni) appartenenti ad una retta perpendicolare alla linea di terra e viceversa

Una retta è rappresentata da una coppia di rette non perpendicolari alla linea di terra e viceversa

Un piano (non inclinato a 45° rispetto ai due piani di proiezione) è rappresentato da due tracce che si intersecano sulla linea di terra


Per quanto riguarda specificamente la prospettiva, egli la definisce:


"L'arte della prospettiva consiste nel rappresentare, su di un quadro di cui sono note la forma e la posizione, alcuni oggetti di cui siano ugualmente date forma e posizione, in modo tale che essi siano cosi percepiti dall'occhio umano, anch'esso collocato in una determinata posizione."


Il metodo di rappresentazione proposto da Monge è strettamente collegato con le altre branche della matematica.

Jean-Victor Poncelet e la geometria proiettiva del XIX sec.

Una figura di estrema importanza per la storia della geometria proiettiva è J. Poncelet, allievo di Monge. Un primo fondamentale risultato dovuto a Poncelet è l'introduzione del "birapporto": dati quattro punti A, B, C, D su di una retta, si dice loro birapporto (ABCD) la quantità


(ABCD) = CA : DA

CB DB



Poncelet risolve definitivamente l'antico problema della prospettiva, è noto infatti che nel passaggio da un oggetto alla sua rappresentazione prospettica non si mantengono le distanze ne i rapporti tra i segmenti. L'invariante è identificata proprio dal birapporto (ABCD).

Un altro notevole merito di Poncelet sta nell'avere riproposto la nozione di punto all'infinito; egli utilizza sistematicamente i punti all'infinito e fa cosi dello spazio proiettivo il quadro generale di tutti i fenomeni geometrici.


Il principio di dualità

Il principio di dualità venne enunciato da Poncelet in collaborazione con J. D. Gregonne.


Da ogni proposizione di geometria proiettiva piana può esserne ricavata un'altra, caratterizzata dalla stessa struttura logica della prima, mediante lo scambio dei termini "punto" e "retta".



Particolarmente interessante è la relazione di dualità che intercorre tra il teorema di Pascal ed il teorema di Brianchon:

Teorema di Pascal: "Condizione necessaria e sufficiente affinché i vertici di un esagono stiano su di una conica è che i punti comuni alle tre coppie di lati opposti appartengano alla stessa retta."

Teorema di Brianchon: "Condizione necessaria e sufficiente affinché i lati di un esagono stiano su una conica è che le rette comuni alle tre coppie di vertici opposti abbiano in comune lo stesso punto."


Il "programma di Erlangen"


La precisazione di gruppo e di invariante porta ormai verso la definitiva riunificazione dell'opera dei geometri dell'Ottocento: essa sarà realizzata da F. Klein, il celebre matematico che nella propria prolusione inaugurale del 1872 all'università di Erlangen identifica la geometria con lo studio degli invarianti di gruppi di trasformazioni.

Il programma di Erlangen segna una svolta metodologica di notevole importanza, esso armonizza e riunisce ogni aspetto ed ogni settore di ricerca della geometria in un'impostazione unitaria, per spirito, scopi e tecniche: la geometria proiettiva, "figlia" della prospettiva e dell'ottica, si fonde definitivamente con tutti gli altri modi di vedere la geometria e, in ultima lettura, con l'algebra.




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