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Cicerone, Marco Tullio (Arpino 106 a.C. - Formia 43 a.C.)

letteratura latina



Cicerone


Cicerone, Marco Tullio (Arpino 106 a.C. - Formia 43 a.C.), oratore, uomo politico e scrittore latino. Nacque in una famiglia ricca e influente dell'ordine equestre e fu avviato agli studi di retorica, diritto e filosofia, prima a Roma e in seguito ad Atene, a Rodi e a Smirne. Ritornato in patria nel 77 a.C., intraprese la carriera politica: divenne q 444c28e uestore nel 75 a.C., senatore nel 74, edile curule nel 69, pretore nel 66 e console nel 63.

A quest'ultima carica Cicerone arrivò grazie all'appoggio dei patrizi che diffidavano dell'altro aspirante, l'aristocratico Lucio Sergio Catilina. Questi, sconfitto anche l'anno seguente (62 a.C.), organizzò una vasta congiura, trovando appoggio soprattutto presso gli aristocratici decaduti, i veterani di Silla e i proprietari terrieri cui erano stati confiscati i beni. Cicerone, che riuscì a produrre in senato le prove della congiura, fece arrestare e giustiziare alcuni cospiratori, tutti uomini di spicco a Roma. Ma lo stesso comportamento di Cicerone, che agì affrettatamente e senza aver garantito agli accusati un equo processo, venne condannato e gli costò l'esilio in Macedonia (58 a.C.); un anno dopo riuscì a tornare a Roma grazie all'aiuto di Pompeo.



Costretto a restare lontano dalla vita politica dal triumvirato di Pompeo, Cesare e Crasso, Cicerone si dedicò alla letteratura fino al 51 a.C., quando accettò la carica di proconsole in Cilicia (Asia Minore). Di nuovo a Roma nel 50, affiancò Pompeo, diventato nel frattempo nemico di Cesare. La sconfitta dei sostenitori di Pompeo a Farsalo (48 a.C.) lo convinse a venire a patti con Cesare, che gli perdonò la passata ostilità. Per qualche anno, fino all'uccisione di Cesare (44 a.C.), Cicerone rimase assente dalla scena politica, dedicandosi agli studi filosofici e alla letteratura. Nel conflitto che si accese tra il figlio adottivo di Cesare, Caio Ottaviano (che sarebbe stato insignito del titolo di Augusto) e Marco Antonio, Cicerone si schierò dalla parte del primo, ma la temporanea riconciliazione dei due nemici segnò la sua fine. Ottaviano non si oppose alla decisione di Antonio di inserirlo nelle liste di proscrizione. Catturato presso Formia, Cicerone venne giustiziato come nemico dello stato (43 a.C.). Le orazioni di Cicerone ancora oggi conservate sono 58 (altre 48 sono andate perdute); riguardano la sua attività di magistrato e di uomo politico e sono caratterizzate da una prosa ricca e fluida che unisce chiarezza ed eloquenza. Le più note sono le quattro Catilinarie e le Philippicae (I-XIV) contro Antonio. Fondamentali furono le sue opere teoriche sulla retorica, che si rifanno a fonti greche oggi in gran parte perdute (ma arricchite dell'esperienza di oratore dell'autore) e sono tra le più antiche in nostro possesso. Quelle più importanti sono il De inventione, il De oratore, il Brutus (una storia dell'oratoria romana) e l'Orator, nelle quali Cicerone, tra l'altro, passò in rassegna i vari stili di eloquenza, il grandioso, l'intermedio e il semplice, considerati non in scala gerarchica bensì come tre diversi livelli fra i quali gli oratori potevano scegliere a seconda delle cause trattate.

Dopo essersi dedicato solo saltuariamente agli studi filosofici, in seguito alla morte della figlia Tullia (45 a.C.) fece convergere il suo interesse sulla speculazione etica, ispirandosi alle grandi scuole della filosofia greca del tempo, quella stoica, quella epicurea e quella accademica. L'eclettismo della sua opera filosofica rappresenta un importante sforzo di ricapitolazione e assimilazione della cultura greca, ma ancora più importante fu il fatto che, per compiere questa operazione, Cicerone fissò il linguaggio filosofico latino. Tra le più importanti opere di contenuto filosofico e filosofico-politico si ricordano: De republica, sullo stato e la migliore forma di governo, ossia una forma mista di monarchia, oligarchia e democrazia; De finibus bonorum et malorum (Sui limiti del bene e del male); De legibus, sulla natura religiosa e naturale delle leggi; De officiis (Sui doveri), di ispirazione stoica, l'unica sua opera filosofica scritta non in forma di dialogo; De natura deorum (Sulla natura degli dei); De divinatione; Laelius, de amicitia (Lelio o sull'amicizia); Cato Maior, de senectute (Catone Maggiore o sulla vecchiaia).

Importantissime, perché informano sulla vita privata e pubblica di Cicerone e al tempo stesso forniscono uno spaccato della vita del tempo, sono le oltre novecento Epistole indirizzate agli amici, ai familiari, ai politici e agli intellettuali suoi contemporanei. Con la sua prosa duttile, che sa essere magniloquente senza riuscire oscura ed è in grado di trattare temi assai diversi - dalle minuzie quotidiane alle questioni etiche, dalle argomentazioni filosofiche alle sottigliezze giuridiche e all'invettiva politica - Cicerone stabilì i canoni della lingua colta ed ebbe un'immensa influenza sugli scrittori dei secoli successivi, fino a Petrarca e alla letteratura del Rinascimento.




"Cicerone, Marco Tullio," Enciclopedia® Microsoft® Encarta 2000. © 1993-1999 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.





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