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ETÀ BAROCCA, MARINO E I MARINISTI - DEFINIZIONE

letteratura italiana



Età barocca, marino e i marinisti


Definizione
Il Barocco è una delle tante tensioni che vennero a svilupparsi nel corso del Seicento. Le origini della parola "barocco" sono poco chiare; potrebbe derivare dal portoghese "barroco" o dallo spagnolo "barueco", che designava un genere di perla dalla forma irregolare, o veniva usato per indicare un sillogismo complicato e cavilloso.

Verso la fine del XVIII secolo, tuttavia, il termine barocco, usato nell'accezione di "bizzarro", "stravagante" e "grottesco", era entrato nel vocabolario della critica per definire lo stile artistico del Seicento.



Il termine "barocco", con cui si indica, nel suo complesso, la cultura del '600, fu usato per la prima volta in senso dispregiativo dagli storici del '700, che vogliono sottolineare, nella nuova tendenza artistica, gli aspetti bizzarri e irrispettosi delle norme, per indicare le arti figurative del secolo precedente, soprattutto l'architettura, che a loro appariva del tutto diversa da quella del Rinascimento, d'ispirazione classica dominata dalla linearità e dall'equilibrio.

Manifestazioni del barocco sono presenti nell'arte di quasi tutte le nazioni europee, e particolarmente in Italia e in Spagna, negli insediamenti portoghesi delle Americhe e in altre colonie

Oggi non si usa più il termine "barocco" in senso dispregiativo, ma solo in senso storico e culturale per disegnare, nel suo complesso, la cultura del '600. Il barocco non rappresenta né un'ascesa né un declino del classico, ma un'arte totalmente diversa.


Il contesto e le ragioni di uno stile

Il Barocco, sviluppatosi prima in ambiente artistico, poi letterario, ha in sé tendenze artistiche molto diverse tra loro, che, a volte, si dubita di poterle ridurre ad un unico fenomeno culturale.

Dopo la metà del 1500, l'Italia entra in una fase di decadenza politica ed economica, legata a divisioni interne, instabilità politica, errori diplomatici, debolezza militare, rigidità economica, e si trova in balia degli eserciti di Francia e Spagna. A condizionare l'attività degli intellettuali italiani è principalmente il Concilio di Trento, indetto dalla Chiesa Cattolica per trovare delle soluzioni al disgregarsi della cristianità, iniziato in Germania con la predicazione di Martin Lutero. 343g62d

L'Italia in cui operano gli scrittori del primo Seicento è cambiata da quella del Rinascimento: le corti hanno perso la loro autonomia (con un'eccezione per la Toscana), provocando la caduta dell'ottimismo rinascimentale; l'intellettuale, dopo tante repressioni e dopo l'istituzione dell'Indice dei Libri Proibiti, è costretto a pubblicare all'estero le proprie opere, o cerca di aggirare la censura ricorrendo alla dissimulazione.

L'Italia, in questo periodo, è politicamente oppressa dal potere spagnolo, l'intellettuale si sente subordinato e non in grado di poter esprimere liberamente il proprio pensiero politico; la maggior parte dei letterati di questo periodo non vedono altra soluzione che esprimere il proprio malcontento tramite una poesia che va alla ricerca del bello, che non fa altro che diventare pura poesia d'intrattenimento.

Il XVII secolo segna la nascita della scienza moderna e vede la progressiva espansione dei primi imperi coloniali europei. Questi cambiamenti influenzarono lo sviluppo delle arti, al pari di altri grandi eventi storici, quali la Controriforma e il consolidamento degli stati nazionali attorno a grandi figure di monarchi come Luigi XIV di Francia.

Lo sfarzo, la volontà di stupire, il gusto per la sottigliezza e il paradosso convivono con esigenze di ordine, realizzando una drammatizzazione dei caratteri e dei soggetti.

La fine del Rinascimento aveva già portato verso la codificazione delle regole per i generi letterari, ma durante il manierismo questa organizzazione entra in conflitto con la tendenza a rompere con il passato e a ribellarsi contro il conformismo; sarà quest'ultima corrente a prevalere, portando così al barocco.


ASPETTO SCIENTIFICO E FILOSOFICO DEL BAROCCO

In un'età di assolutismo oppressivo e repressivo e di generale conformismo politico e religioso, in opposizione alla cultura ufficiale, il '600 fu definito come un secolo corrotto e vuoto, dando la responsabilità alla Controriforma cattolica e alla dominazione spagnola in Italia.

La Controriforma cattolica, con l'Indice dei libri proibiti, esercitò sulle coscienze una specie di terrorismo psicologico determinando un'osservanza della dottrina religiosa. Non meno negativa della Controriforma fu la dominazione spagnola, che privò gli spiriti di ogni libertà e li abituò all'ipocrisia e all'adulazione.

È stato osservato che il formalismo letterario era già in atto ancor prima che si avessero gli effetti negativi della Controriforma cattolica e della dominazione spagnola: se ne avverte la presenza nel Manierismo del tardo Rinascimento, caratterizzato da una meccanica ed abitudinaria ripetizione di forme eleganti, perfette ma prive di profondi interessi e sentimenti umani.

Già nella seconda metà del '500, l'ideale classicistico della bellezza e della perfezione formale diviene fine a se stesso, a mano a mano che si esaurisce lo spirito creativo del Rinascimento; di conseguenza, la poesia si riduce a pura tecnica, obbligata a sottostare a complicate norme di lingua e di stile fissate dai retori per ogni genere letterario.

Le prime tracce di questo formalismo arido si avvertono già nel Tasso, tanto che è considerato il precursore del Secentismo. L'originalità formale, che nel Tasso fa solo le prime apparizioni, diviene, nel '600, un fenomeno generale a mano a mano che si manifesta l'insofferenza.

Vi fu la nuova visione del mondo e dell'uomo determinata dalle scoperte scientifiche, che aveva messo in crisi l'antropocentrismo rinascimentale. La convinzione della superiorità dei moderni sugli antichi portò poeti e scrittori al rifiuto delle regole imposte dai retori. Riconoscendo tale superiorità, gli intellettuali seicenteschi non solo intuirono il valore evolutivo della storia, ma acquisirono anche il concetto della cultura come divenire e quello della storicità del sapere.


LO STILE BAROCCO

La tendenza letteraria del barocco è collegata a quella del Manierismo giacché, in quel periodo, era già presente la predilezione per l'artificio fine a se stesso; ma le due correnti si distinguono poiché il barocco si distacca totalmente dal passato Rinascimento.

I teorici barocchi esaltano quella concezione edonistica dell'arte che si svilupperà per tutto il periodo, caratterizzata dal piacere, dallo stupore e dalla meraviglia. Non viene più considerata la componente educativa, bensì l'unico intento della poesia diventa quello di indurre meraviglia nel lettore. Artificio, concettismo, culto della meraviglia: questi sono alcuni degli elementi fondamentali della poetica barocca.

La poetica barocca non rispetta più le regole del mondo classico, ma intende violarle in modo da suscitare maggiore meraviglia, giocando sull'effetto dell'imprevisto. Occorre rompere le regole per venire incontro ai gusti mutati del pubblico. La poetica del Barocco vuole:

o    adeguarsi al pubblico e alle mode, adattandosi di volta in volta alle attese dei lettori, al bisogno di novità, alla volubilità del gusto;

o    suscitare effetti di stupore e di meraviglia sul pubblico.

Il Barocco respinge la tradizione di misura e di equilibrio del classicismo, perché s'ispira ad una nuova visione del mondo e a un nuovo modo di percepire le cose, prodotti dalla rivoluzione scientifica e dalla fine delle vecchie certezze. Può cercare di collegare le cose soltanto con i sensi e con la ragione, con l'analogia e la metafora o con lo sforzo celebrale, e facendo ricorso frequentemente all'allegoria. Non c'è più un collegamento spontaneo fra l'io e il tutto, ma i rapporti fra le cose sono solo relativi, stabiliti dall'ingegno del singolo individuo.

Altra fondamentale caratteristica di questo periodo è la nascita del concettismo: con questo termine s'intende una teoria estetica che si basa sulla capacità di correlare elementi del reale, lontanissimi tra loro; nasce così il nuovo uso della metafora artificiosa e audace che connette campi semantici molto diversi. Il Tesauro afferma che più ingegnosa e peregrina sarà la metafora, ossia più campi semantici congiungerà, più sarà riuscita. La nuova visione del mondo si traduce, in campo letterario, in un'estetica anticlassicistica e in una poetica della metafora.

In tutto il periodo, si manifestano gli elementi che fanno dell'edonismo il fondamento del Barocco. Dietro questa visione si nascondono alcuni segni di crisi di un'età che, apparentemente chiara e ben definita nei suoi termini, nasconde numerosissime incertezze interiori.

La poetica barocca vuole adeguarsi al pubblico e alle mode, adattandosi alle attese dei lettori, al bisogno di novità alla volubilità del gusto; vuole suscitare effetti di stupore e di meraviglia sul pubblico.

Essa non tende all'immobilità e alla fissità sottratta al flusso del tempo delle regole classiche, ma è del tutto temporale, dipendente dalla caducità e dalla varietà delle situazioni, dei tempi e dei luoghi. Bisogna che il poeta sia in grado di provocare piacere nel lettore, e la strada per ottenere tale effetto viene visto nella meraviglia che possono produrre le metafore e il concetto. Mentre la metafora istituisce analogie fra campi diversi e lontani, solitamente considerati inconciliabili, il concetto spiega tali ardite connessioni attraverso una trovata arguta che da loro un senso.

La capacità dell'arguzia deriva dall'ingegno: è dunque squisitamente intellettuale o, addirittura cerebrale. Il poeta barocco cerca di stimolare nel lettore un piacere eminentemente intellettuale: mira non a fargli sentire particolari sentimenti, ma a farlo pensare a cose nuove, a indurlo a collegamenti strani e bizzarri, provocandogli un sobbalzo di stupore o di meraviglia.


GIOvan battista marino

Nato a Napoli nel 1569, Giovan Battista Marino fu avviato dal padre giureconsulto agli studi legali, che abbandonò a vent'anni per dedicarsi interamente all'attività letteraria. Cacciato di casa, trovò lavoro nelle botteghe tipografiche della città e si conquistò la protezione del principe di Conca, che intervenne a suo favore quando il poeta fu incarcerato per aver sedotto una ragazza, morta successivamente di parto. Nuovamente imprigionato sotto l'accusa di aver falsificato documenti per scagionare un amico dall'imputazione di omicidio, Marino riuscì a fuggire dal carcere e a raggiungere Roma nel 1600. La pubblicazione a Venezia delle Rime (1602) gli valse un impiego, dal 1604, presso il cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII. In seguito passò nel 1608 alla corte torinese del duca Carlo Emanuele I. Un'aspra contesa che contrappose Marino al poeta di corte, il genovese Gasparo Murtola, dimostrò le sue eccezionali doti di polemista. Scampato miracolosamente alle pistolettate con cui il rivale intendeva chiudere per sempre il confronto, Marino celebrò il proprio definitivo trionfo su di lui intercedendo a suo favore presso il duca, di cui divenne nel 1610 il poeta ufficiale. Accusato tuttavia di essere l'autore di un componimento satirico lesivo della dignità del signore, fu imprigionato nell'aprile del 1611 e posto in libertà soltanto nel giugno del 1612. Ai tre anni successivi, trascorsi sempre alla corte di Torino, appartengono le liriche della Lira, pubblicate nel 1614. Nel 1615 Marino fu accolto alla corte parigina di Maria de' Medici; osannato come il più grande poeta vivente, ottenne una lauta pensione che gli permise di dedicarsi pienamente alla revisione e alla pubblicazione delle numerose opere intraprese negli anni precedenti. Tra queste spiccano per importanza la Galeria (1619), una raccolta di componimenti che descrivevano una collezione ideale di disegni, stampe, dipinti e statue, la Sampogna (1620), una raccolta di dodici idilli mitologici e pastorali, e infine l'Adone (1623), vastissimo poema di argomento mitologico. Rientrato in Italia nel giugno 1623,  trascorse gli ultimi anni a Napoli, dove condusse una vita dispendiosa e brillante, trattando alla pari con la grande nobiltà. Le sue ultime energie furono dedicate alla polemica che accompagnò la pubblicazione del poema e ne accrebbe notevolmente la diffusione e la notorietà. Morì nel 1625.

Esaltato specie nei primi decenni del Seicento come grande poeta, Marino, prima ancora che modello di riferimento in poesia, sarà l'esempio vincente di una figura nuova e moderna di letterato tutto volto al successo, aggressivo e violento nei confronti dei concorrenti, attento ai gusti e alle richieste del proprio pubblico e in grado, grazie ai suoi scritti, di garantirsi una posizione economicamente agiata e la stima e il rispetto di signori e potenti. Maestro riconosciuto almeno di quella generazione di letterati italiani nata agli inizi del Seicento, Marino sarà poi, dalla reazione antibarocca di fine secolo e specie settecentesca, additato come il prototipo del cattivo poeta, millantatore e vacuo, origine prima del "cattivo gusto" del Seicento italiano.


La Lira

La Lira uscì nel 1614. Le prime due parti contengono testi già presenti nelle Rime del 1602, e dunque scritti nel decennio 1592-1602. La terza parte contiene invece testi scritti nel decennio successivo (1603-1613 circa). La prima parte consta di 454 sonetti, ordinati per temi (Amorosi, Marittimi, Boscherecci, Eroici, Lugubri, Morali, Sacri e di corrispondenza); la seconda Parte di 205 madrigali e 18 canzoni e canzonette; la terza Parte di 408 sonetti e madrigali mescolati fra loro ma suddivisi in sezioni tematiche (Amori, Lodi, Lagrime, Capricci). Il titolo complessivo allude allo strumento a corde (la lira) assunto a simbolo della poesia, e dunque a tutte le varie possibilità tecniche e tematiche che le sono proprie e che il poeta sarebbe stato capace di realizzare in questa che può essere considerata una vera e propria enciclopedia o summa della poesia lirica, dal punto di vista sia metrico-formale che contenutistico.

La raccolta è espressione di una poetica esplicitamente anticlassicista: la suddivisione del canzoniere è per generi e per temi e non scandisce più una storia unitaria d'amore dotata di un suo significato complessivo, com'era nel modello petrarchesco. Inoltre, l'attenzione non è più posta sulle vicende interiori, psicologiche, sentimentali del soggetto poetico (come in Petrarca), ma è tutta proiettata su dati esterni, su particolari oggettivi o su quadretti di vita quotidiana. L'opera si caratterizza dunque per lo svolgimento nuovo di tÒpoi poetici tradizionali, trattati in modo liberissimo e "stupefacente".

La stessa idealizzazione della figura femminile ne esce fortemente ridimensionata: l'omaggio galante isola quadretti domestici e persino umili e si rivolge ad elementi assolutamente nuovi e inediti nella nostra tradizione lirica. Si tratta, insomma, di una poesia improntata a freddezza cerebrale, fondata su intellettualistici e compiaciuti "giochi" letterari, senza alcuna partecipazione emotiva e serietà di sentimento.

Sul piano linguistico Marino rifiuta la lingua poetica teorizzata da Bembo (il fiorentino del Trecento quale era stato impiegato da Petrarca) e introduce neologismi, parole desunte dal volgare, dai dialetti, dal latino, mostrando anche nel linguaggio uno spregiudicato atteggiamento anticlassicista.


La Galeria e La Sampogna 

Nel 1619 Marino pubblica la Galeria, un tentativo di rendere in versi una galleria di pitture e di sculture: e infatti il libro è scandito in due sezioni, Pitture e Sculture. L'autore aveva sempre nutrito una viva passione per la pittura e per la scultura (nel periodo romano aveva frequentato Caravaggio); aveva perciò pensato all'inizio di comporre un "libro figurato", un misto di poesia e pittura in cui a incisioni artistiche si unissero poesie raffiguranti quadri e sculture, quasi per un'emulazione del verso nei confronti di queste arti. Il tentativo fallì, e allora Marino si limitò a pubblicare i testi poetici di argomento artistico da lui composti.

La Sampogna (1620) riunisce otto idilli mitologici e quattro pastorali scritti fra il 1607 e il 1619. Le fonti dell'opera, che saccheggia ampiamente autori del mondo classico, sono numerose: le Metamorfosi e gli Amori del poeta latino Ovidio, ma anche gli idilli greci di Mosco e di Teocrito. Non mancano riferimenti anche ad autori più recenti e ad autori stranieri. Gli argomenti sono spesso erotici e vigorosamente sensuali, ma anche in questo caso manca l'abbandono della passione: la poesia di Marino prende spunto, per variarla ingegnosamente con compiaciuto gioco intellettuale, da altra letteratura, più che dalla realtà dei sentimenti, rivelando così il suo carattere essenzialmente artificioso e intellettualistico.  


Il capolavoro del barocco italiano: l'Adone

L'Adone è un poema eroico-mitologico pubblicato a Parigi nel 1623, con una dedica dell'autore al re di Francia Luigi XIII. Marino vi aveva lavorato tutta la vita, a partire dagli ultimi anni del Cinquecento. All'inizio era stato concepito come un poemetto idillico-mitologico; poi venne un vero e proprio poema, immaginato in opposizione o in competizione con la Gerusalemme liberata di Tasso, e anzi volutamente più ampio e prolisso: in effetti l'Adone consta di ben 5033 ottave e detiene il primato di poema più lungo della nostra letteratura.

Formalmente il poema appartiene al genere epico; in realtà il gusto anticlassicista del poeta smentisce e dissolve il codice tradizionale del genere: siamo infatti di fronte a un poema di pace più che di guerra. Inoltre, la dimensione privata e amorosa prevale ampiamente su quella pubblica e militare e lo stesso personaggio di Adone si configura come eroe non-violento, e dunque come vero e proprio anti-eroe epico (diviene re di Cipro grazie a una partita di scacchi e alla sua bellezza, non certo per le sue virtù guerriere), che rifiuta il potere e la guerra e sceglie l'amore. Infine, al posto della congiunzione fra storia e religione, che era a fondamento del più "regolare" poema tassesco, qui si realizza quella fra mito pagano ed edonismo. Le preoccupazioni che avevano tanto turbato Tasso non appartengono alla fantasia di Marino, che si limita a qualche concessione esteriore per evitare la censura ecclesiastica: ma ciò non bastò, e infatti la Chiesa nel 1624 pose all'Indice l'Adone.

Il poeta prende a modello soprattutto le Metamorfosi di Ovidio (preferito per il suo sensuale edonismo al Virgilio dell'Eneide), ma si rifà anche a numerosi altri autori greci (come Apollonio Rodio, autore delle Argonautiche) e latini (come Lucano, Stazio, Apuleio, Claudiano), nonché al Poliziano delle Stanze per la giostra (che già aveva descritto il regno di Venere a Cipro), a Pulci, ad autori minori del Cinquecento che avevano già raccontato la favola di Venere e Adone. Quanto al linguaggio, esso non si rifà ai criteri sanciti da Bembo o al fiorentino teorizzato dall'accademia della Crusca, ma alla lingua "comune" dell'epoca, arricchita dall'invenzione di neologismi, latinismi, dialettalismi. 

Per quanto concerne la trama, i venti canti possono suddividersi in quattro blocchi:

o    i canti I-IV espongono l'evento iniziale: Cupido, per vendicarsi della madre, Venere, che lo ha battuto, la induce a innamorarsi di un mortale, Adone, approdato all'isola di Cipro. Dapprima Venere vede il bel giovane addormentato e se ne innamora, poi Adone cura la dea ferita dalle spine di una rosa e a sua volta cade in amore.

o    i canti V-XI narrano come Adone venga iniziato alle delizie dei cinque sensi nel giardino del piacere e successivamente a quelle dell'intelletto e delle arti. Adone apprende anche i primi elementi della scienza moderna (compare qui anche l'esaltazione di Galileo). Nel frattempo Mercurio congiunge i due amanti in matrimonio.

o    i canti XII-XVI narrano le peripezie di Adone che deve superare una serie di prove di iniziazione. In particolare egli deve difendersi (aiutato da un anello fatato datogli da Venere) dagli agguati di Marte, geloso di Venere, ed è costretto a fuggire da Cipro. Imprigionato da una maga da lui non ricambiata nell'amore, riesce a fuggire tramutato in pappagallo e in tale forma assiste agli amori coniugali di Venere e Marte nel giardino del tatto. Poi fugge travestito da donna ed è catturato dai ladroni. Infine torna a Cipro e ottiene la signoria dell'isola dopo una vittoriosa partita a scacchi. Ma Adone rifiuta di esercitare il potere anche dopo che, in seguito a un concorso di bellezza da lui vinto, è nominato re dell'isola.

o    i canti XVII-XX hanno per oggetto la morte di Adone, ucciso da un cinghiale mandatogli contro da Marte e reso furioso dall'amore (Adone lo aveva ferito con una freccia di Cupido), il processo al cinghiale (assolto perché mosso da amore), la sepoltura del protagonista e gli spettacoli e i giochi indetti da Venere in onore del defunto.  

La critica più recente ha rinvenuto nell'Adone un preciso disegno allegorico, riscattandolo dalle accuse di disimpegno ed edonismo evasivo che avevano colpito l'opera nei secoli precedenti. Il regno di Cipro si presenta nel poema come luogo antitetico rispetto ai valori della cosiddetta società civile e cortigiana, un luogo ideale dove dominano la non-violenza, l'amore, il gioco e l'arte. Quando nel canto X Adone è condotto in cielo per istruirsi, gli vengono mostrate la grotta della Natura - dove dominano le forze irrazionali - e la casa dell'Arte, dove regna la tecnica, capace di migliorare le condizioni della vita umana: vi si considerano, per esempio, i metodi di misura del tempo, l'arte della stampa e infine il telescopio di Galileo. Se si aggiunge il parallelo finale appena adombrato e nondimeno percepibile fra la morte di Adone e quella di Cristo, sembra che dal poema emerga, attraverso la struttura allegorica, un messaggio ideologico volto a esaltare gli effetti benefici dell'amore per cui sono morti Cristo e Adone e che si configura per questa via come aspirazione a una palingenesi dell'umanità per mezzo dell'amore, dell'arte, della scienza, insomma della civiltà in contrapposizione alla natura e alla barbarie. Non si può escludere, a questo proposito, un'influenza filosofica dei libertini francesi e precisamente della loro cultura ispirata al materialismo epicureo. 


Marino e la critica

L'Adone provocò alla sua uscita un acceso dibattito, perché violava i principi aristotelici, era privo di unità, non rispettava i criteri linguistici di purezza; ciononostante, l'opera ebbe larga fama non solo in Italia ma anche in Europa. Il dibattito si estinse solo negli anni Quaranta; dopo questa data, l'opera, che nel frattempo era stata condannata dalla Chiesa e posta all'lndice, continuò ad avere larga fama e a circolare fra i lettori colti di tutta Europa.

Ma a partire dalla fine del Seicento, e poi per tutto il Settecento e l'Ottocento, il nome di Marino fu colpito da discredito e la sua produzione poetica divenne quasi sinonimo di cattivo gusto, di bizzarria gratuita, di cerebralismo artificiale. Nell'Ottocento Francesco De Sanctis nella sua Storia della letteratura italiana, pur salutandolo come il "re del secolo", vide in lui il massimo esempio della corruzione morale del Seicento e della decadenza italiana. Nel Novecento Benedetto Croce promosse gli studi su Marino pubblicando nel 1913 anche una antologia delle sue poesie; ma nella Storia dell'età barocca in Italia (1929) l'Adone è dichiarato "pseudopoesia" per la presenza eccessiva dell'elemento intellettuale e la mancanza di partecipazione sentimentale.

In epoca più recente, i pregiudizi di natura estetica contro Marino sono caduti e l'Adone è stato pienamente rivalutato. Da un lato, il suo messaggio ideologico è stato riconsiderato nei suoi risvolti positivi, palingenetici e forse anche eretici; dall'altro, studiato dal punto di vista della attualità, il poema ha addirittura mostrato notevoli addentellati con la sensibilità e con la cultura contemporanee.




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