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FRANCESCO GUICCIARDINI
Francesco Guicciardini nasce a Firenze nel 1483, soggiornò a Ferrara per studiare giurisprudenza. Rientrato a Firenze esercitò, non ancora laureato,
la carriera dell'avvocatura. Si
sposò con Maria Salviati, contro il
volere del padre, la quale, proveniente da una famiglia politicamente
importante contro a Sodernini, lo aiutò a far carriera. Iniziò così una rapida
e brillante carriera pubblica, fui nominato tra i capitani dello Spedale del
Ceppo, nel 1508 compose le Storie fiorentine e i
Ricordi(testo autobiografico). Divenne ambasciatore di Spagna ampliando il suo orizzonte politico, scrisse
Relazione
di Spagna. Nel 1513 torna a Firenze, dove erano rientrati i Medici,
trascorre tre anni di inattività politica e nel 1515 fa parte della Signoria,
dal suo appoggio ai Medici ricava il governo
di Modena, Reggio e Parma. Nel 1521commissario generale dell'esercito
pontificio di Carlo V contro i francesi, in cui diventa protagonista nelle
decisioni politiche, qui accumula l'esperienza che arricchirà o suoi scritti.
In seguito per volere di Clemente VII governa
LE OPERE
Scrisse le Storie
fiorentine durante il tumulto dei Ciompi e la battagli di Ghiara
d'Adda, indaga le cause degli eventi mettendo in risalto il
Magnifico(con un giudizio negativo) e Savonarola. I Discorsi politici sono
collegati all'attività diplomatica, valuta con realismo le diverse forme
istituzionali di governo; nel Discorso di Logrogno analizza i
modi per ordinare il governo popolare suggerendo la forma oligarchica. Un'altra
opera programmatica è il Dialogo del reggimento di Firenze dove
immagina una discussione tra il padre Piero, Sodernini e Capponi
(repubblicani) e Bernardo Nero(monarchico) il quale propone un governo misto (da una parte i nobili e
il senato e dall'altra il popolo) con un gonfaloniere a vita (Sodernini).
Emerge la convinzione che non si possono
dare delle leggi assolute (al contrario di Machiavelli). Nelle Considerazioni
intorno ai Discorsi del Machiavelli dopo un analisi precisa
dell'opera dimostra che i suoi ragionamenti sono infondati; il rifiuto della storia come maestra di
vita è il centro dell'ideologia guicciardina. Ciò viene elaborato nei Ricordi,
dove respinge ogni visione utopica della
realtà e l'infattibilità dei valori etici lo porta considerarli "cose non ragionevoli". Egli
valuta positivamente la fede
poiché rende ostinati, in altri aspetti però è considerata con un atteggiamento distaccato, ironico e
scettico; ma si può trovare anche un richiamo all'essenza e alla semplicità
del messaggio evangelico. Ogni evento per lui deve essere valutato con la discrezione, cioè capacità si
distinguere e decidere di volta in volta sfruttando l'esperienza, ma senza
appellarsi a leggi universali. Palombo
ha ripercorso la genesi del testo il
quale accompagna tutta la vita dell'autore per questo continuamente
arricchite e corrette fino all'ultima stesura del 1530. L'opera non è unitaria, ciascun pensiero è autonomo, essendo scritti al
momento danno una visione frammentata
del reale. A ciò corrisponde una struttura frammentaria, i Ricordi
sono una specie di anti-trattato,
non avendo una compiutezza sistematica del discorso. Il tono è amaro e ironico;
la visione disincantata della realtà
porta lo scrittore all'elogio del
particulare, per cui bisogna pensare alla propria utilità, ma ciò non è
egoismo è il modo per ottenere dignità; questo fu molto criticato in
particolare dal De Santis.
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