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DANTE ALGHIERI - PRESUPPOSTI STORICI, LA VITA

letteratura



-DANTE ALGHIERI-

●PRESUPPOSTI STORICI

Con la casata degli Svevi (Federico I, Enrico VI, Federico II e Manfredi), l'Italia, ma soprattutto Firenze, si divide in due fazioni opposte:

I Ghibellini vogliono l'accentramento politico e temporale nelle mani dell'imperatore;

I Guelfi vogliono il decentramento del potere politico-amministrativo nelle mani dei Comuni, con un podestà e un consiglio dei priori, che detta leggi solo per il proprio comune, ma riconoscono anche la figura dell'imperatore, che deve avere solo la funzione di garante della pax tra i vari Comuni.



Nel 1250, quando muore Federico II, inizia una fase in cui nessun imperatore governa sull'Italia (fino al 1310, quando discende in Italia Arrigo VII di Lussemburgo). Durante questo periodo i signori locali e la Chiesa, occupano le posizioni politiche lasciate libere dall'imperatore (nasce il vescovo-conte); tutto ciò provoca la corruzione della Chiesa ed è per questo motivo che si sviluppano due altre fazioni all'interno dei Guelfi:

I Guelfi Neri rappresentati dalla famiglia dei Donati, sostengono l'idea che il papa e il clero devono possedere anche il potere temporale nelle zone possedute;

I Guelfi Bianchi rappresentati dalla famiglia dei Cerchi, desiderano che il papa e il clero abbiano  il potere spirituale.

LA VITA

-La formazione e l'incontro con Beatrice

Egli nacque a Firenze nel 1265, da una famiglia della piccola nobiltà cittadina di parte guelfa, perciò si poté procurare una raffinata educazione, grazie al maestro Brunetto Latini, che citerà nella Divina Commedia. Si avvicinò alla poesia e come dice lui stesso nella "Vita nova", imparò da solo a far 929i87j le rime, leggendo i poeti provenzali, i siciliani, Guittone, Guinizzelli e Cavalcanti.  Nei componimenti di età giovanile, l'attenzione è del tutto centrata sulla figura di una donna, chiamata Beatrice (colei che beatifica), che occuperà ogni momento della vita del poeta. Ella però muore nel 1290, e inizia per Dante un momento di smarrimento, che costituisce lo stimolo ad uscire dal mondo chiuso e rarefatto dello Stilnovismo, per ampliare i suoi orizzonti; si dedica quindi agli studi filosofici (Aristotele) e anche alla letteratura latina, soffermandosi su autori come Virgilio, Ovidio, Lucano e Stazio.

27 ottobre 2006

-L'esperienza politica

Nel 1293, Giano della Bella , esclude la nobiltà cittadina (a cui appartiene anche Dante) dalla cariche pubbliche, mediante gli Ordinamenti di Giustizia, in modo da evitare lo strapotere economico e legislativo dei nobili, ma questi ultimi avevano bisogno di alcune leggi, per godere dei privilegi, e le ottengono per mezzo della corruzione e della baratteria, quindi venne attenuato il precedente provvedimento nel 1295 e fu concesso ai nobili di ricoprire cariche, purché fossero iscritti ad una corporazione; in questo modo si aveva la speranza, che il nobile non si interessasse solo ai propri non solo, ma anche a quelli della corporazione a cui apparteneva. Dante entra quindi nell'Arte dei Medici e degli Speziali e nel 1300 viene eletto Priore. A Firenze, però, ci sono molti contrasti, sia a causa della divisione tra guelfi bianchi e neri, sia per le manovre di Bonifacio VIII, il quale intendeva occupare la Toscana, approfittando del momentaneo disinteresse degli imperatori di Germania nei confronti dell'Italia. Dante si riteneva al di sopra della parti, ma simpatizzava per i Bianchi, in quanto avrebbe desiderato la pace interna e l'autonomia esterna della città, mentre i Neri appoggiavano la politica di Bonifacio VIII. Il legato pontificio Carlo di Valois (fratello del re di Francia), fu inviato per ristabilire la pace tra le due fazioni, ma favorì i Neri, che nel 1301 si impadronirono di Firenze e iniziarono le persecuzioni contro i Bianchi. Dante in quel momento non si trovava a Firenze, poiché era stato inviato a Roma come ambasciatore, ma nel 1302 venne a sapere di essere stato condannato all'esilio con l'accusa di baratteria, però, non essendosi presentato per discolparsi, venne condannato al rogo e chiunque avrebbe potuto ucciderlo.

-Gli anni dell'esilio

Gli anni di esilio furono venti e inizialmente nutriva una forte speranza di tornare in patria, quindi si era alleato ad altri esuli Bianchi, ma dopo il fallito tentativo di rientrare, decise di rimanere solo: iniziò quindi il pellegrinaggio verso le regioni italiane, diventando uomo di corte presso vari signori, come i Malaspina di Lunigiana, gli Scaligeri di Verona e i Da Polenta di Ravenna. Questi suoi viaggi gli avevano fatto capire quanta violenza, cupidigia di denaro, corruzione della Chiesa ci fosse in Italia e identificò la causa di tutto ciò nell'assenza di un imperatore, il quale avrebbe dovuto garantire i buoni rapporti nella vita civile, facendo rispettare le leggi e obbligando così la Chiesa a ritornare alla sua missione spirituale. Nel 1310 scende in Italia il nuovo imperatore Arrigo VII di Lussemburgo per essere incoronato dal Clemente V, ma egli morì nel 1313 facendo svanire tutte le speranze in Dante. Nel 1315 Dante rifiutò un'amnistia che aveva come prezzo il riconoscimento della propria colpevolezza; negli ultimi anni visse a Ravenna, presso i Da Polenta, con la fama di altissimo poeta e morì nel 1321 all'età di 66 anni.



3 novembre 2006

LA VITA NUOVA



-La genesi dell'opera

Dopo la morte di Beatrice, Dante decise di raccogliere le liriche più significative scritte fino a quel momento, precedute da un commento in prosa che spiegasse l'occasione da cui i singoli componimenti erano nati e facendole seguire da un commento retorico: questo donò un senso profondo ed unitario all'opera. Tale opera, compiuta tra il 1293 e il 1295, venne chiamata la Vita Nuova.

-I contenuti

Da quando Dante aveva incontrato Beatrice all'età di nove anni, l'Amore si era subito impossessato del suo cuore; dopo nove anni la rivede e al suo saluto, gli sembra di vedere la beatitudine, riponendo in tale saluto tutta la sua felicità. Dante, per tener segreta l'identità della donna, finge di rivolgere il suo amore, verso altre donne (che chiama "dello schermo"), ma ciò provoca lo sdegno della gentilissima, che gli nega il saluto. Ciò provoca nel poeta, uno stato di profonda sofferenza e inizia ad utilizzare come riferimento, la poesia cavalcantiana, descrivendo i tormenti dell'amore. Con il tempo, però, si rende conto che il suo amore non deve essere finalizzato al saluto, ma deve essere incondizionato, quindi abbandona la descrizione della sofferenza per amore e inizia a lodare la sua donna. Beatrice muore e Dante cerca di innamorarsi di un'altra donna, ma la gentilissima gli appare in sogno e la tentazione di un nuovo amore svanisce; questa "intelligenza nova", lo innalza fino all'Empireo, la sede dei beati, dove ha la visione di Beatrice nel paradiso. Successivamente decide di non parlare più della sua donna fino al momento in cui possa parlare di lei degnamente e si augura di poter vivere tanto da arrivare a dire di lei ciò che mai fu detto per qualcuna.

-I significati segreti

Il libro si divide in tre parti: nella prima si tratta degli effetti che l'amore produce sull'amante (beatitudine o sofferenza), nella seconda si ha la lode di Beatrice e nella terza la morte della gentilissima, con la scomparsa della materialità. A queste tre parti corrispondono tre stadi dell'amore: il primo è strettamente legato ad una condizione fisica, ovvero al saluto o al non saluto, il quale, nell'amor cortese, era diventato la ricompensa da parte della donna per l'amore a lei destinato, ed era quindi il simbolo dell'appagamento esteriore e materiale. Ma noi sappiamo che ad un certo punto Beatrice nega il saluto a Dante, e quest'ultimo capisce che la felicità non deve nascere da un appagamento esterno, ma dentro di lui, lodando la sua donna indipendentemente dal suo saluto; in questo modo si viene a creare il secondo stadio, caratterizzato da una lode incondizionata, ovvero da una condizione spirituale e non più fisica, che prevede l'amore fine a se stesso e l'unico appagamento consiste nel contemplare e lodare la creatura altissima, che è in terra come un  miracolo. Questo amore è molto simile all'amore dei beati in cielo, che non mira a ricompensa e trova tutta la sua beatitudine solo nella contemplazione e nella lode di Dio; con Dante, quindi, l'amore non diventa più una passione terrena e non si limita ad ingentilire l'animo, ma è la forza che muove tutto l'universo che innalza le creature fino a ricongiungersi a Dio. Nasce una forte differenza tra lo Stilnovismo e Dante, infatti Guinizzelli e Cavalcanti vedevano la donna come miracolo e dono di Dio, ma per loro non c'era nulla al di sopra della donna (ciò provoca il conflitto con la Chiesa), Dante invece, nel suo processo ascendente, arriva a Dio, usando come tramite la donna: questo è il terzo stadio, che porta l'anima fino alla contemplazione del cielo.

Alle idee di Dante si possono affiancare quelle di San Bonaventura, il quale, nella sua opera "Itinerarium mentis in Deum", parla di tre gradi  che portano alla ascesa verso Dio:

Il grado esteriore (extra nos «"(...) è necessario che prima consideriamo gli oggetti corporei, temporali e fuori di noi, nei quali è l'orma di Dio, e questo significa incamminarsi per la via di Dio."»

Il grado interiore (intra nos) «"È necessario poi rientrare in noi stessi, perché la nostra mente è immagine di Dio, immortale, spirituale e dentro di noi, il che ci conduce nella verità di Dio."»

Il grado eterno (super nos-metafisico) «"Infine, occorre elevarci a ciò che è eterno,   spiritualissimo e sopra di noi, aprendoci al primo principio, e questo dona gioia nella conoscenza di Dio e omaggio alla Sua maestà."»

Inoltre, afferma Bonaventura, in corrispondenza a tali gradi, l'anima ha anche 3 diverse direzioni:

«"(...) L'una si riferisce alle cose esteriori, e si chiama animalità o sensibilità; l'altra ha per oggetto lo spirito, rivolto in sé e a sé; la terza ha per oggetto la mente, che si eleva spiritualmente sopra di sé. Tre indirizzi che devono disporre l'uomo a elevarsi a Dio, perché l'ami con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l'anima (...)."»








●IL CONVIVIO

-La genesi dell'opera

Il Convivio fu la prima opera scritta dopo l'esilio da Dante, quindi tra il 1304 e il 1307; egli aveva l'intenzione di scrivere una vasta enciclopedia, da qui il nome "Convivio", ma poi diventò qualcosa di più profondo e con letture allegoriche.

-I contenuti

Il Convivio è diviso in quattro trattati:

Il primo è di introduzione all'opera, spiegando gli scopi della sua realizzazione, infatti Dante vuole offrire una banchetto di sapienza, non ai dotti, ma a tutti coloro che non hanno potuto studiare, pur essendo di animo gentile, per questo motivo l'opera deve essere per forza scritta in volgare, al quale dona una forte importanza, considerandolo pari per dignità al latino stesso. Egli mira ad un pubblico nobile non solo di nascita, ma anche spirituale ed etica, che desideri avere una cultura in forma disinteressata; questa nuova classe nobile dovrà condurre la politica cittadina.

Il secondo trattato parla del metodo utilizzato per i commenti delle sue canzoni, ovvero un metodo allegorico, e della descrizione dei cieli e delle gerarchie angeliche.

Il terzo trattato è un inno alla sapienza, la somma perfezione dell'uomo.

Il quarto trattato, infine, affronta il problema morale della vera nobiltà, che può essere acquistata con l'esercizio delle virtù, inoltre in questo ultimo libro, Dante, si interessa della necessità di un impero universale.

●DE VULGARI ELOQUENTIA

È un trattato di retorica che fissa le norme per l'uso della lingua volgare, quindi, già il fatto che Dante voglia fissare delle norme per un volgare, significa che lo considera come una lingua a tutti gli effetti e voglia trasformarlo in lingua della cultura. Ciò che potrebbe colpire in un primo momento di quest'opera è il fatto che l'esaltazione della lingua volgare sia scritta in latino, ma deve essere per forza così, dal momento che è un'opera indirizzata agli uomini di cultura e ai nobili. L'opera doveva essere formata da quattro libri, ma Dante ne scrisse solo due e mezzo:

Il primo si concentra sul concetto di volgare illustre, aulico, curiale e cardinale; illustre perché deve essere comprensibile a tutti e quindi dare lux, per una comunicazione piena; cardinale perché deve essere il cardine intorno al quale devono ruotare tutti i volgari municipali; aulico perché se gli italiano avessero una reggia, esso sarebbe parlato dai nobili; curiale perché deve essere la lingua dei legislatori. Il volgare, secondo Dante, che soddisfa queste caratteristiche è il volgare fiorentino della classe dotta

Il secondo libro riguarda l'amore, l'armi e la virtù.

●DE MONARCHIA

-I presupposti storici e sociali

La Monarchia non è un'opera di speculazione astratta, ma si basa sulla contemporaneità, infatti Dante descrive il buon governo ideale. Nel Trecento l'impero aveva perso il dominio sull'Italia e la Chiesa, cercando di colmare il vuoto politico dell'impero, era diventata sempre più corrotta: queste sono le cause per cui l'umanità è caduta nell'abiezione, poiché privata della guida temporale e di quelle spirituale, stabilite da Dio. Egli sostiene l'autorità imperiale, per il ritorno della giustizia e della pace, finché, nel 1310 arrivò in Italia  l'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo per ristabilire l'autorità. Dante inviò tre epistole, una ai reggitori dell'Italia, una agli scellerati fiorentini e una ad Arrigo per dimostrare le speranza del ritorno dell'imperatore e il timore del fallimento.

-Struttura e contenuti dell'opera

Il De monarchia è scritto in latino (rivolto ai dotti) ed è diviso in tre libri:

Nel primo si parla della necessità di una monarchia universale, con un sovrano garante della pace e della giustizia;



Il secondo dimostra come l'autorità imperiale sia stata concessa da Dio (provvidenza) al popolo romano, che ha avuto il compito di unificare e pacificare il mondo prima dell'arrivo del messaggio di Cristo;

Il terzo riguarda i rapporti tra la Chiesa e l'Impero, i quali sono autonomi e derivano entrambi da Dio, quindi sono sullo stesso piano e brillano di luce propria, poiché hanno due compiti differenti, l'Impero ha come fine la felicità dell'uomo in questa vita, mentre la Chiesa vuole far raggiungere all'uomo la beatitudine eterna. Tuttavia l'Impero è moralmente inferiore alla Chiesa, poiché deve comportarsi come un figlio verso il padre.

●LE EPISTOLE

Tra le 13 epistole scritte da Dante, tre sono legate alla discesa dell'imperatore in Italia. È importante l'epistola a Cangrande della Scala, signore di Verone, a cui Dante dedica il Paradiso della sua Commedia, infatti in questa lettera egli chiarisce alcune indicazioni di lettura dell'opera, come la pluralità dei sensi, il titolo, lo stile dimesso e umile, la finalità speculativa e pratica dell'opera, ovvero lo scopo di portare i viventi allo stato di felicità. La forma del poema è duplice: la forma del trattato e la forma del trattare, la prima a sua volta ha una triplice divisione:

Tra cantiche;

Ogni cantica è divisa in trentatre canti (tranne l'Inferno che ne ha trentaquattro per un totale di 100 canti;

Ogni canto è costituito da versi endecasillabi divisi in terzine.

La Commedia comincia dalle difficoltà di un soggetto, ma la sua materia termine felicemente.



L'ALLEGORISMO

L'ordine del cosmo è voluto da Dio, quindi la collocazione di ogni elemento ha un suo significato: questa visione simbolica tipicamente medievale è detta allegorismo. Ogni aspetto del mondo non ha un significato in sé concluso, ma rimanda sempre ad altro, a qualche cosa che sta al di là delle semplici apparenze, poiché ogni cosa è stata legata ad un'altra per volere di Dio. L'allegoria è presente ovunque e, quindi, ovunque è presente la testimonianza dell'esistenza di Dio e della sua presenza. Di conseguenza anche nella scrittura possono essere presenti degli allegorismi, quindi, nascono i quattro sensi della lettura:

Letterale: è il significato di superficie che rinvia solo a sé stesso;

Allegorico: la parola o la frase rimandano ad un altro significato, pur avendo un contatto analogico;

Morale: ricava un modello di comportamento dalle parole;

Anagogico: si lega ai significati del testo alla luce della verità divina.

La lettura allegorica, inoltre, può anche essere applicata alla storia, prendendo il nome di allegoria figurale (concezione figurale di Auerbach), la quale riguarda fatti storici reali, che rimandano ad altri fatti reali che devono ancora accadere: il primo sarà la figura, il secondo il compimento.






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