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LA TEORIA DI PIAGET SULLO SVILUPPO MENTALE DEL BAMBINO

psicologia



LA TEORIA DI PIAGET SULLO SVILUPPO MENTALE DEL BAMBINO

La più importante teoria sullo sviluppo mentale del bambino, la prima ad averne analizzato sistematicamente, col metodo clinico d'esplorazione delle idee, la percezione e la logica, è quella elaborata da Jean Piaget (1896-1980). Egli ha dimostrato sia che la differenza tra il pensiero del bambino e quello dell'adulto è di tipo qualitativo (il bambino non è un adulto in miniatura ma un individuo dotato di struttura propria) sia che il concetto d'intelligenza (capacità cognitiva) è strettamente legato al concetto di "adattamento all'ambiente". L'intelligenza non è che un prolungamento del nostro adattamento biologico all'ambiente. L'uomo non eredita solo delle caratteristiche specifiche del suo sistema nervoso e sensoriale, ma anche una disposizione, che gli permette di superare questi limiti biologici imposti dalla natura (ad es. il nostro udito non percepisce gli ultrasuoni, però possiamo farlo con la tecnologia).

Piaget ha scoperto che la conoscenza del bambino si basa sull'interazione pratica del soggetto con l'oggetto, nel senso che il soggetto influisce sull'oggetto e lo trasforma. La sua formazione strutturalistica gli ha permesso di superare i limiti sia della psicologia gestaltistica e associazionistica (Herbart), che considera l'oggetto indipendente dalle azioni del soggetto; sia delle moderne psicologie positivistiche, che vedono nei concetti il prodotto della percezione, escludendo che nella conoscenza sia vitale l'azione del soggetto sull'oggetto.



Piaget distingue due processi che caratterizzano ogni adattamento: l'assimilazione e l'accomodamento, che si avvicendano durante l'età evolutiva.

Si ha assimilazione quando un organismo adopera qualcosa del suo ambiente per un'attività che fa già parte del suo repertorio e che non viene modificata (p.es. un bambino di pochi mesi che afferra un oggetto nuovo per batterlo sul pavimento: siccome le sue azioni di afferrare e battere sono già acquisite, ora per lui è importante sperimentarle col nuovo oggetto). Questo processo predomina nella prima fase di sviluppo.

Nella seconda fase invece prevale l'accomodamento, allorché il bambino può svolgere un'osservazione attiva sull'ambiente tentando altresì di dominarlo. Le vecchie risposte si modificano al contatto con eventi ambientali mutevoli (per esempio se il bambino precedente si accorge che l'oggetto da battere per terra è difficile da maneggiare, cercherà di coordinare meglio la presa dell'oggetto). Anche l'imitazione è una forma di accomodamento, poiché il bambino modifica se stesso in relazione agli stimoli dell'ambiente. Un buon adattamento all'ambiente si realizza quando assimilazione e accomodamento sono ben integrati tra loro.

IV) Piaget ha suddiviso lo sviluppo cognitivo del bambino in 5 livelli (periodi-fasi), caratterizzando ogni periodo sulla base dell'apprendimento di modalità specifiche, ben definite. Ovviamente tali modalità, riferendosi ad una "età evolutiva", non sempre sono esclusive di una determinata fase.

A) Fase senso-motoria. Dalla nascita ai due anni circa.

E' suddivisa in sei stadi.

Riflessi innati: dalla nascita al primo mese. Modalità reattive innate: pianto, suzione, vocalizzo ecc., che il bambino utilizza per comunicare col mondo esterno. L'esercizio frequente di questi riflessi, come risposta a stimoli provenienti dal suo organismo o dall'ambiente, porta all'instaurarsi di "abitudini". Ad es. dopo i primi giorni di vita il neonato trova il capezzolo in modo più rapido; pur succhiando sempre il dito, lo discrimina dal capezzolo o dal ciuccio, e smette di succhiare il dito se gli viene dato il cibo. Non c'è ancora né imitazione né gioco, però il bambino è stimolato a piangere dal pianto di altri bambini.

Reazioni circolari primarie: dal secondo al quarto mese. Per "reazione circolare" s'intende la ripetizione di un'azione prodotta inizialmente per caso, che il bambino esegue per ritrovarne gli interessanti effetti. Grazie alla ripetizione, l'azione originaria si consolida e diventa uno schema che il bambino è capace di eseguire con facilità anche in altre circostanze. In questo stadio, il bambino, che pur ancora non riesce a distinguere tra un "sé" e un "qualcosa al di fuori", cerca di acquisire schemi nuovi. Ad esempio, toccandogli il palmo della mano, reagisce volontariamente chiudendo il pugno, come per afferrare l'oggetto; oppure gira il capo per guardare nella direzione da cui proviene il suono. Particolare importanza ha la coordinazione tra visione e prensione: ad es. prende un giocattolo dopo averlo visto.

Reazioni circolari secondarie: dal quarto all'ottavo mese. Qui il bambino dirige la sua attenzione al mondo esterno oltre che al proprio corpo. Ora cerca di afferrare, tirare, scuotere, muovere gli oggetti che stimolano la sua mano per vedere che rapporto c'è tra queste azioni e i risultati che derivano sull'ambiente. Ad esempio, scopre il cordone della campanella attaccata alla culla e la tira per sentire il suono. Ancora non sa perché le sue azioni provocano determinati effetti, ma capisce che i suoi sforzi sono efficaci quando cerca di ricreare taluni eventi piacevoli, visivi o sonori.

Coordinazione mezzi-fini: dall'ottavo al dodicesimo mese. Il bambino comincia a coordinare in una sequenza due schemi d'azione (per esempio, tirare via un cuscino per prender 838g66i e un giocattolo sottostante). In tal modo riesce ad utilizzare mezzi idonei per il conseguimento di uno scopo specifico. L'intenzionalità si manifesta anche nella comunicazione con gli adulti (ad esempio, punta il dito verso il biberon per farselo dare). Inizia inoltre a capire che gli oggetti possono essere sottoposti a vari schemi d'azione, come scuotere, spostare, dondolare ecc. Gradualmente si rende conto che gli oggetti sono indipendenti dalla sua attività percettiva o motoria.

Reazioni circolari terziarie (e scoperta di mezzi nuovi mediante sperimentazione attiva): dai dodici ai diciotto mesi. Il bambino, nel suo comportamento abituale, ricorre sempre più spesso a modalità diverse per ottenere effetti desiderati. Inizia il "ragionamento". Mentre prima, per eseguire una sequenza di azioni, doveva partire dall'inizio, ora può interrompersi e riprendere l'azione a qualsiasi stadio intermedio. Inoltre egli è in grado di scoprire la soluzione dei suoi problemi, procedendo per "prove ed errori". Quindi, esiste per lui la possibilità di modificare gli schemi che già possiede. Ad esempio, dopo aver tentato, invano, di aprire una scatola di fiammiferi, esita per un attimo e poi riesce ad aprirla. Infine può richiamare alla memoria gli oggetti assenti, grazie alle relazioni che intercorrono tra un oggetto e la sua possibilità d'utilizzo.

Comparsa della funzione simbolica: dai 18 mesi in poi. Il bambino è in grado di agire sulla realtà col pensiero. Può cioè immaginare gli effetti di azioni che si appresta a compiere, senza doverle mettere in pratica concretamente per osservarne gli effetti. Egli inoltre usa le parole non solo per accompagnare le azioni che sta compiendo (nominare o chiedere un oggetto presente), ma anche per descrivere cose non presenti e raccontare quello che ha visto-fatto qualche tempo prima. Il bambino riconosce oggetti anche se ne vede solo una parte. È in grado di imitare i comportamenti e le azioni di un modello, anche dopo che questo è uscito dal suo campo percettivo. Sa distinguere i vari modelli e sa imitare anche quelli che per lui hanno un'importanza di tipo affettivo. Vedi ad es. i giochi simbolici che implicano "fare finta" di fare qualcosa o "giocare un ruolo".

B) Fase pre-concettuale. Va da 2 a 4 anni.

L'atteggiamento fondamentale del bambino è ancora di tipo egocentrico, in quanto non conosce alternative alla realtà che personalmente sperimenta. Questa visione unilaterale delle cose lo induce a credere che tutti la pensino come lui e che capiscano i suoi desideri-pensieri, senza che sia necessario fare sforzi per farsi capire.

Il linguaggio diventa molto importante, perché il bambino impara ad associare alcune parole ad oggetti o azioni. Con il gioco occupa la maggior parte della giornata, perché per lui tutto è gioco: addirittura ripete in forma di gioco le azioni reali che sperimenta (ad es. per lui è un gioco vestirsi e svestirsi).

Imita, anche se in maniera generica, tutte le persone che gli sono vicine: le idealizza perché sa che si prendono cura di lui. Impara a comportarsi come gli adulti vogliono, prima ancora di aver compreso il concetto di "obbedienza".

Non è in grado di distinguere tra una classe di oggetti e un unico oggetto. Ad es. se durante una passeggiata vede alcune lumache, è portato a credere che si tratti sempre dello stesso animale, non di diversi animali della stessa specie. Gli aspetti qualitativi e quantitativi di un oggetto può percepirli solo in maniera separata, non contemporaneamente.

Non è neppure capace di relazionare i concetti di tempo, spazio, causa. Il suo ragionamento non è né deduttivo (dal generale al particolare), né induttivo (dal particolare al generale), ma transduttivo o analogico (dal particolare al particolare). Ad es. se un insetto gli fa paura perché l'ha molestato è facile che molti altri insetti che non l'hanno molestato gli facciano ugualmente paura.

C) Fase del pensiero intuitivo. Da 4 a 7 anni.

Aumenta la partecipazione e la socializzazione nella vita di ogni giorno, in maniera creativa, autonoma, adeguata alle diverse circostanze. Entrando nella scuola materna, il bambino sperimenta l'esistenza di altre autorità diverse dai genitori. Questo lo obbliga a rivedere le conoscenze acquisite nelle fasi precedenti, mediante dei processi cognitivi di generalizzazione: ovvero, le conoscenze possedute, relative ad un'esperienza specifica, vengono trasferite a quelle esperienze che, in qualche modo, possono essere classificate nella stessa categoria.

Tuttavia, la sua capacità di riprodurre mentalmente un avvenimento avviene nell'unica direzione in cui l'avvenimento si è verificato. Non è capace di reversibilità. Ad es. mettiamo davanti al bambino due vasi A e B, uguali e trasparenti, e un numero pari di biglie. Chiediamogli di mettere, usando una mano per ogni vaso, una biglia per volta nei due vasi, in modo che siano perfettamente distribuite. Poi si prenderà il vaso B e si verseranno tutte le biglie in un vaso C, di forma e dimensioni diverse da A e B. I bambini di 4-5 anni affermeranno che, nel caso in cui C sia più sottile di A e B, le biglie sono aumentate; diminuite invece, nel caso in cui C è più largo di A e B. Se allo stesso bambino mettiamo di fronte una fila di 8 vasetti di fiori e collochiamo un fiore in ogni vasetto, il bambino dirà che il numero dei fiori e dei vasetti è lo stesso. Se però gli facciamo togliere i fiori per farne un mazzetto, il bambino dirà che i vasetti sono più dei fiori.

Nel Io caso l'errore è dovuto al fatto che egli ha tenuto conto solo del livello raggiunto dalle biglie e non anche della forma del vaso, mentre nel IIo caso il maggior spazio occupato dalla fila dei vasetti ha dominato la sua valutazione. In sostanza ciò che non ha compreso è stata l'invarianza (o conservazione) della quantità al mutare delle condizioni percettive.

Molto importante in questa fase è lo studio psicologico dei disegni infantili.

D) Fase delle operazioni concrete. Da 7 a 11 anni.

Il bambino è in grado di coordinare due azioni successive; di prendere coscienza che un'azione resta invariata, anche se ripetuta; di passare da una modalità di pensiero analogico a una di tipo induttivo; di giungere ad uno stesso punto di arrivo partendo da due vie diverse. Non commetterà più gli errori della fase precedente.

Un ingegnoso esperimento di Piaget illustra bene queste nuove capacità. Si mettano davanti al bambino 20 perle di legno, di cui 15 rosse e 5 bianche. Gli si chieda se, volendo fare una collana la più lunga possibile, prenderebbe tutte le perle rosse o tutte quelle di legno. Il bambino, fino a 7 anni, risponderà, quasi sempre, che prenderebbe quelle rosse, anche se gli si fa notare che sia le bianche sia le rosse sono di legno. Solo dopo questa età, essendo giunto al concetto di "tutto" e di "parti", indicherà con sicurezza quelle di legno.

Naturalmente il bambino fino a 11 anni è in grado di svolgere solo operazioni concrete, non essendo ancora capace di ragionare su dati presentati in forma puramente verbale. Ad es. non è in grado di risolvere il seguente quesito, non molto diverso da quello delle perle. Un ragazzo dice alle sue tre sorelle: In questo mazzo di fiori ce ne sono alcuni gialli. La prima sorella dice: Allora tutti i tuoi fiori sono gialli. La seconda dice: Una parte dei tuoi fiori è gialla. La terza dice: Nessun fiore è giallo. Chi delle tre ha ragione?

E) Fase delle operazioni formali. Da 11 a 14 anni.

Il pre-adolescente acquisisce la capacità del ragionamento astratto, di tipo ipotetico-deduttivo. Può ora considerare delle ipotesi che possono essere o non essere vere e pensare cosa potrebbe accadere se fossero vere. Il mondo delle idee e delle astrazioni gli permette di realizzare un certo equilibrio fra assimilazione e accomodamento. Egli è in grado di comprendere il valore di certi oggetti e fenomeni, la relatività dei giudizi e dei punti di vista, la parità dei diritti, la distinzione e l'indipendenza relativa tra le idee e la persona, ecc. è altresì capace di eseguire attività di misurazione, operazioni mentali sui simboli (geometria, matematica...) ecc.

Famoso è l'esperimento del pendolo ideato da Piaget. Al soggetto viene presentato un pendolo costituito da una cordicella con un piccolo solido appeso. Il suo compito è quello di scoprire quali fattori (lunghezza della corda, peso del solido, ampiezza di oscillazione, slancio impresso al peso), che ha la possibilità di variare a suo piacere, determina la frequenza delle oscillazioni. Lavorando su tutte le combinazioni possibili in maniera logica e ordinata, il soggetto arriverà ben presto a capire che la frequenza del pendolo dipende dalla lunghezza della sua cordicella.

Ovviamente il pensiero logico-formale non è ancora quello teorico-scientifico, che non si forma certo nel periodo adolescenziale.

PIAGET CRITICATO DA VYGOTSKY

I) Gli esperimenti condotti da Vygotsky condussero lo scienziato russo a risultati opposti a quelli ottenuti da Piaget. Secondo Vygotsky, Piaget è andato a cercare nell'analogia con la logica formale e matematica (contemporanea) la possibilità di dare un fondamento razionale alla psicologia. Egli si è rivolto alla logica formale perché con essa credeva di poter stabilire definitivamente il concetto di invarianza dell'oggetto, per eliminare così le rappresentazioni illusorie del soggetto. Non a caso la maggior parte delle sue ricerche si riferisce alla ricostruzione delle tappe evolutive del principio di conservazione (o invarianza) della quantità-sostanza-peso-volume degli oggetti. La matematica infatti possiede il più forte apparato di descrizione delle invarianti. Di qui il formalismo di Piaget: il suo pensiero è genetico solo in senso cronologico non ontologico, è classificatorio-combinatorio-meccanico, non concettuale-dialettico.

II) Secondo Piaget il legame che unisce tutte le caratteristiche specifiche della logica infantile è l'egocentrismo, che sarebbe una posizione intermedia tra il pensiero autistico e quello controllato (adulto). Il pensiero del bambino sarebbe originariamente autistico e solo con la pressione sociale diventerebbe realistico: questo perché ciò che interessa al bambino è la soddisfazione di piaceri, in antitesi al principio di realtà. Piaget avrebbe preso da Freud: a) l'idea che il principio del piacere preceda quello di realtà; b) l'idea che il piacere sia una forza vitale indipendente.

Vygotsky invece afferma che lo sforzo per ottenere la soddisfazione di un bisogno e lo sforzo per adattarsi alla realtà non sono separabili né opponibili, altrimenti c'è patologia.

III) Piaget sostiene che il gioco (immaginazione) è la legge suprema dell'egocentrismo fino a 7-8 anni. Vygotsky invece sostiene che la funzione primaria del linguaggio -nei bambini e negli adulti- è la comunicazione. Il primo linguaggio è quello sociale (globale e plurifunzionale); in seguito le funzioni si differenziano, cioè si egocentrizzano, permettendo allo sviluppo del pensiero e del linguaggio d'interiorizzarsi. In altre parole, ad una certa età il linguaggio diventa anche egocentrico, ma resta sociale, poiché l'egocentrismo rappresenta soltanto un'interiorizzazione di forme di comportamenti sociali. Nell'adulto c'è il linguaggio interiore (linguaggio egocentrico in profondità), che si sviluppa all'inizio dell'età scolare.

Vygotsky poté costatare che di fronte alle difficoltà il coefficiente del linguaggio egocentrico raddoppiava, ma proprio perché con esso il bambino realizzava un processo di presa di coscienza che lo portava, in un modo o nell'altro, a cercare una soluzione del problema.

E' noto il suo esempio: mentre un bambino di 5 anni stava disegnando un tram, gli si ruppe la matita. Accortosi ch'era del tutto inservibile, decise di usare gli acquerelli, disegnando un tram rotto dopo un incidente; egli continuava di tanto in tanto a parlare con se stesso circa il cambiamento del suo disegno. In pratica il linguaggio egocentrico fungeva da mediatore fra quello vocale (se vogliamo "autistico") e quello "interiore" (quello che dà "senso" alle cose).

Qual è la differenza, sotto questo aspetto, fra l'adulto e il bambino? Secondo Vygotsky, il linguaggio egocentrico del bambino è stato così interiorizzato dall'adulto ch'esso, in questi, non si manifesta più come tale. Piaget direbbe che non si manifesta più perché è scomparso; in realtà esso è stato solo "interiorizzato".

L'egocentrismo quindi è quella molla che permette di non essere soffocati dal conformismo sociale, per sua natura ripetitivo. Piaget invece pensava che il bambino diventasse adulto nel momento stesso in cui usciva dal piacere egocentrico per entrare nel dovere sociale.

IV) Secondo Vygotsky il pensiero autistico è un risultato del pensiero realistico di Piaget, poiché questi pretende che il pensiero realistico - sganciato da bisogni-interessi-desideri -sia "puro", capace di ricercare la verità per se stessa. Secondo Vygotsky il pensiero realistico di Piaget si trasforma in autistico perché presume di soddisfare con la fantasia i bisogni frustrati della vita (la logica staccata dalla vita porta all'irrazionalismo).

Va considerata superata la tesi che vede il pensiero egocentrico come un legame genetico tra quello autistico e quello logico-controllato. Nelle sue prime pubblicazioni, Piaget spostava addirittura fino all'età di 7-8 anni la presenza del pensiero egocentrico dominato dall'esperienza del gioco.

V) In Piaget l'apprendimento del bambino utilizza i risultati dello sviluppo senza modificarlo. Piaget vuole studiare l'apprendimento a prescindere dalle esperienze, conoscenze e cultura del bambino. Ecco perché egli pone dei quesiti ai quali il bambino non è in grado di rispondere: p.es. "perché il sole non cade?". Piaget vuol costringere il bambino a lavorare su problemi del tutto nuovi, illudendosi di poter studiare le tendenze del suo pensiero in forma pura.

VI) Piaget si è preoccupato di descrivere le operazioni mentali, ma non si è preoccupato di delineare una didattica che modifichi la situazione in cui si svolge l'apprendimento.

VII) Piaget non prende in considerazione i fattori culturali che condizionano le risposte del bambino (cioè le acquisizioni anteriori, ovvero l'appartenenza a un gruppo, ceto sociale.). Gli interessa soltanto descrivere le differenze del comportamento mentale del bambino, a seconda delle età, rispetto al comportamento mentale dell'adulto. Tuttavia può essere considerata acquisita la ripartizione degli stadi conoscitivi: intelligenza senso-motoria, esperienze concrete, operazioni formali.






Il bambino come soggetto di educazione al diritto

Per iniziare qualsiasi argomento è senza dubbio necessario iniziare a capire il fondamento di una possibile pedagogia legale. Perché insegnare la legalità? Spesso si accusa la scuola elementare di aver introdotto nei suoi programmi troppe materie e ora si vorrebbe proporre una nuova disciplina? Soprattutto quale vantaggi apporterà all'educando un tale argomento? Su un piano psicologico è assodato che il bambino si sviluppi da una fase individuale fino a quella sociale. Attraverso questo sviluppo si incontra necessariamente la dimensione normativa. Per poter interagire con gli altri, bisogna che si conoscano le regole dell'ambiente sociale, in seno a cui nasce l'agire. Se è vero, tuttavia, che la consapevolezza della dimensione normativa, emerge solo molto più tardi, si può affermare che a livello rudimentale questa è presente fin dai primi tempi, da cui il bambino scopre di essere un soggetto diverso e autonomo.

2. 2. 1 - La giustificazione psicologica: Piaget e il gioco delle biglie

Nei processi educativi si possono riconoscere due piani educativi l'uno naturale, l'altro per così dire artificiale. Non vi è dubbio che l'educazione sia prima di tutto un processo naturale ovvero, per usare un termine in voga, spontaneo. Non è necessaria alcuna particolare istituzione, perché inizi un processo educativo fin dalle prime fasi dell'esistenza del bambino.

L'educazione, intesa come processo di apprendimento, è un comportamento naturale, probabilmente lo strumento di sopravvivenza del bambino. Fin dai primi momenti il bambino apprende a vivere e ed interagire con l'ambiente che lo circonda. L'imitazione è il primo mezzo, dove, tuttavia, il neonato non si limita a copiare, ma fin dall'inizio interpreta quanto gli accade. Si instaura in questo modo un forte legame con la madre, imita i suoni che ascolta (lallazione), offre risposte agli stimoli che gli provengono dall'ambiente. Si pensi al riconoscimento corporeo del bambino attraverso lo specchio. L'educando impara a capire la propria immagine grazie ai movimenti riflessi di se stesso. Alza il braccio, sorride tutto ciò gli permette di capire a poco a poco di essere qualcos'altro dalla propria madre, un entità simile, ma diversa. La base di questo riconoscimento è ontologico. Madre e figlio sono due soggetti differenti e l'apprendimento permette di comprendere la diversità, ovvero la soggettività. Questo della soggettività è la prima fase dello sviluppo.

In questa sede, tuttavia, interessa soprattutto lo sviluppo etico-giuridico del bambino. Secondo i noti studi di Piaget il bambino passa da una fase egocentrica ad una, che lo studioso ginevrino definisce di reversibilità e reciprocità. Durante l'infanzia, fino almeno ai 5\6 anni, il bambino interpreta il mondo e la propria esistenza se non in funzione di se stesso e della propria famiglia, unico "altro", con cui ha contatto. Tuttavia ciò non significa che il bambino è un essere a-sociale. Gli studi sul gioco collettivo svolti sempre da Piaget sono estremamente eloquenti.

Durante il gioco iniziano a svilupparsi spontaneamente le idee di responsabilità, reciprocità, rispetto delle norme, che sono peraltro concetti di base del diritto. Questo passaggio, almeno sul piano psicologico, costituisce la transizione da una morale eteronoma, cioè imposta da altri (genitori), a una fase autonoma, dove il soggetto decide da solo di seguire una norma, unico veicolo di coesione sociale. Si scopre che per giocare a una partita di calcio non è sufficiente seguire la propria libera determinazione, ma è necessario adattarsi ad una costellazione di norme, senza le quali non vi potrebbe essere neppure il gioco.

Piaget divide lo sviluppo del bambino per quanto riguarda le regole in quattro fasi distinte. Nella prima detta individuale e che si dispiega tra gli 0 e i 2 anni il bambino percepisce se stesso come un tutto unico rispetto all'ambiente esterno. Non vi è distinzione tra sé e il mondo. Anche durante la seconda fase, denominata dell'egocentrismo tra i 2 e i 5 anni, non si può ancora parlare di una vera e propria consapevolezza nel bambino dell'idea di regola. In questa fase l'infante percepisce tutto il mondo in funzione di se stesso e per se stesso. Tutto, le cose e le persone, esistono e si muovono solo in funzione dei propri bisogni. E' vero che in quest'età iniziano i primi giochi, anche collettivi, ma il bambino non riconosce una vero e propria dimensione delle regole se non in funzione dei propri bisogni.

Solo nella terza fase tra i 7 e gli 11 anni, chiamata dallo studioso ginevrino "età della cooperazione" il bambino inizia a scoprire la regola, anche se sono molto vaghe e spesso contraddittorie tra di loro. Famosi gli esperimenti di Piaget sul gioco delle biglie, dove si dimostra che i bambini di 8\9 anni sanno che vi sono regole da seguire, perché il gioco possa realizzarsi, ma hanno la tendenza di modificarle, magari a proprio vantaggio.

Finalmente tra gli 11 e i 12 anni il bambino - fase della codificazione - non solo è consapevole dell'esistenza delle regole, ma anche della loro stabilità. In questa fase intuisce che la regola vale per tutta la società. Infatti, chiedendo a classi differenti le regole di un gioco, i bambini di quell'età risponderanno in modo simile. Analizziamo un po' più a fondo la terza e quarta fase, in quanto più direttamente interessano la pedagogia legale. Verso i 7 anni ciò che attira un bambino al gioco non è solo la competizione, ma il piacere di usare regole comuni per stare insieme e formare una strategia comune.

La fase "critica" inizia quando il soggetto-singolo incontra altri simili. All'asilo o nei primi anni delle elementari il bambino deve iniziare a agire con altri bambini. Questa è la fase "legale" che accompagnerà ciascun uomo nell'avventura della vita. Se è vero che la società si fonda sulle proprie norme giuridiche, è altrettanto vero che apprendere tali norme, o meglio interiorizzarle, significa vivere nella propria società.

Questa dunque è il momento durante cui, si può affermare, nasce il sociale. Non importa ancora rendere esplicite le regole che fondano un gruppo, più semplicemente si riconosce che c'è un qualcosa che lega tutti i coetanei. Naturalmente la tendenza in questa fase è di modificare, manipolare le regole, ma si comprende che in un modo o in un altro non sono evitabili. Mentre nella fase dell'egocentrismo l'altro esisteva, ma doveva agire solo in funzione di se stesso, nella fase della cooperazione l'altro esiste e interagisce con il sé grazie alle regole. Inizia ad apparire il concetto della reciprocità. Perciò Piaget può concludere: "Le jeu est donc devenu social. Nous disons "devenu", parce que c'est seulement à partir du présent stade qu'une coopération réelle s'établit entre les jouers. Précèdemment chacun jouait pour soi." Nell'ultima fase il bambino non solo conosce le regole, ma cerca di codificarle e renderle comuni a tutte le situazioni analoghe. L'interesse del bambino è per la regola in quanto regola. [.] l'interet, parait etre un interet pour la règle comme telle."

Perciò la prima esperienza sociale si trasforma in percezione della dimensione giuridica. Tutto ciò avviene attraverso un processo spontaneo, ma è esattamente questo sviluppo naturale che fonda una pedagogia legale. Naturalmente, soprattutto nei primi anni di vita, quando non si è ancora sviluppato un vero e proprio pensiero astratto, l'approccio educativo dovrà essere esperenziale, magari grazie al gioco che rappresenta il primo incontro con le norme.

Poi man mano si raggiungerà un insegnamento sempre maggiormente astratto.

Un'educazione alla legalità è necessaria, se consideriamo la condizione attuale dell'adolescente. E' certo che un giovane alle soglie dell'età adulta vive un forte contrasto interiore. Da una parte è ancora attirato dal mondo infantile, dall'altra spesso con forte sofferenza viene trascinato verso la dimensione dell'autonomia e della responsabilità personale. Questo fenomeno, però, è reso più difficile dalla moderna società. L'entrata nella pubertà è molto più precoce, ma non altrettanto l'indipendenza economica. Si assiste a giovani adulti, che vivono volontariamente o involontariamente in una realtà permanentemente semi-infantile. Questa situazione innesca comportamenti di grande irresponsabilità, che, qualora non fossero al più presto guidati, si consolidano in condotte a-sociali e criminali. La legalità si trasforma in un mezzo per guidare il senso naturale alla collaborazione tra gli individui. In una società della comunicazione dove, però, paradossalmente, il senso della solitudine è molto forte, una pedagogia legale può risvegliare il senso dell'altro e di tutti i suoi innumerevoli bisogni, permettendo di far sentire il sentimento di appartenenza del bambino.


Teoria di Piaget


Biografia: nato in Svizzera nel 1896, scrisse più di 75 libri, oltre a numerosi articoli, di cui il primo, sui passeri albini, all'età di 7 anni.

E' stato definito "il signor psicologia infantile", "il gigante della psicologia dello sviluppo", ma non si considerava uno psicologo. La sua principale ambizione fu di gettare un ponte tra la biologia e la teoria della conoscenza (epistemologia).

Riguardo alla teoria della conoscenza, subì l'influenza di Kant, di cui fu allievo: "noi conosciamo le cose attraverso gli schemi, ovvero le immagini di esse, costruiti dalla nostra mente", e si contrappose alle concezioni empiriste (la conoscenza deriva dall'esperienza). I concetti di spazio, tempo, causa, quantità, ecc. sono innati, ma, contrariamente a quanto sostenuto da Kant, le caratteristiche della mente, secondo Piaget, non sono immutabili, ma si sviluppano. Metodologicamente, cercò i rapporti tra teorie scientifiche e senso comune, indicando un'analogia tra sviluppo del pensiero scientifico e sviluppo mentale del bambino.

Riguardo alla biologia, fu influenzato dalle teorie evoluzionistiche di Darwin e individuò un'analogia tra il problema biologico dei rapporti tra organismo e ambiente e i rapporti tra struttura della mente e dati dell'esperienza. Ovvero, l'organismo trasforma l'ambiente ed è da esso trasformato. Allo stesso modo, la struttura della mente interagendo con i dati dell'esperienza, costruisce e trasforma continuamente la conoscenza. Le radici biologiche della conoscenza stanno nelle azioni del neonato, che sono frutto di trasmissione genetica.

Lavorò come psicologo sperimentale presso la clinica psichiatrica di Jung, e questo probabilmente influenzò la sua impostazione metodologica, nella quale sono presenti l'aspetto sperimentale e l'osservazione sistematica, ma anche le tecniche del colloquio.

Nel suo percorso formativo ebbe influenza anche la sua collaborazione con Binet, per l'individuazione dell'età mentale dei bambini, che gli consentì di individuare la natura sistematica degli errori logici dei bambini. L'acquisizione delle capacità di conoscenza e ragionamento è quindi graduale e sistematica e si sviluppa secondo stadi sequenziali che sono in relazione con gli stadi di maturazione biologica.

Stadi successivi sostituiscono i precedenti perché sono più adattivi, rispondono cioè in maniera più adeguata alle richieste dell'ambiente. Fu molto influenzato anche dal biologo Waddington (concetto di "paesaggio epigenetico": l'organismo è come una pallina che rotola tra colline e valli e diversa profondità, che rappresentano i possibili percorsi dello sviluppo. Quando un evento spinge la pallina in una valle molto profonda, la risalita diventa problematica. I percorsi dello sviluppo sono quindi sensibili in misura diversa agli stimoli ambientali. I punti di transizione tra le valli rappresentano punti critici dello sviluppo (concetti di vulnerabilità e resistenza del modello di Horowitz).

Morì nel 1981.


Principi base dell'epistemologia genetica


  1. lo sviluppo ontogenetico è comprensibile alla luce dello sviluppo filogenetico (sia dal punto di vista biologico che culturale
  2. la regolarità e l'universalità dello sviluppo è garantita dalla condivisione dell'organizzazione biologica
  3. l'organismo è attivo e interattivo e si modifica attraverso gli scambi con l'ambiente
  4. lo sviluppo consiste nella trasformazione delle strutture organizzate di cui è costituito l'organismo





Concetti fondamentali




  1. concetto di trasformazione: L'organismo si modifica attraverso l'interazione con l'ambiente, spinto dal bisogno di realizzare con esso scambi sempre più ricchi ed efficaci. La conoscenza avviene attraverso l'azione attiva del nostro organismo. Conoscere un oggetto significa trasformarlo. Dalle azioni reali del periodo senso-motorio si passa alle azioni interiorizzate (o rappresentazioni mentali) delle fasi successive. Es. il raggruppamento di oggetti si può fare realmente (mettere insieme in uno spazio) o mentalmente (classificare per categorie logiche). In entrambi i casi si tratta di azioni (concrete o mentali) che trasformano la realtà, adattandola ai propri schemi. Il coordinamento di più azioni crea le strutture d'insieme. Il coordinamento di azioni concrete dà origine alla nozione di oggetto (stadio senso-motorio); il coordinamento di azioni interiorizzate dà origine alle strutture logiche e alle nozioni spazio-temporali.
  2. Le strutture mentali non si formano solo per effetto della maturazione biologica, né a seguito di un apprendimento passivo, ma attraverso un processo attivo di costruzione, ovvero di assimilazione (integrazione di elementi nuovi in strutture preesistenti). Es. il bambino che possiede lo schema percettivo-motorio del battere ritmicamente e impara a battere un bastoncino sul tavolo, assimila questa azione allo schema preesistente e farà la stessa cosa con qualsiasi altro oggetto. Ma la nuova azione non cambia lo schema preesistente, si limita ad ampliarlo e rafforzarlo.
  3. All'assimilazione segue l'accomodamento, ovvero la trasformazione delle strutture di conoscenza preesistenti (e quindi dei comportamenti) in funzione degli schemi appena assimilati. Es. la suzione del pollice implica comportamenti nuovi e diversi rispetto agli originari comportamenti di suzione del seno. Spesso il bambino si "esercita" in alcuni schemi di azione (assimilazione), ripetendoli fino a quando non li padroneggia. Nel caso in cui il bambino cerchi di mettere in atto i nuovi schemi (accomodamento), senza che l'assimilazione sia avvenuta in modo completo, può incorrere in errori. Es. battere la pallina sul tavolo. Solo quando comprenderà che le palline rotolano, avrà "accomodato" lo schema precedente.
  4. Assimilazione e accomodamento sono invarianti funzionali dell'intelligenza, che si evolve attraverso stadi di sviluppo qualitativamente differenziati.
  5. l'adattamento (=intelligenza, problem solving) si ha quando si crea equilibrio tra assimilazione e accomodamento, ovvero quando si riesce a discriminare tra azioni (reali o mentali) diverse e ad usarle in maniera adeguata ed efficace. L'adattamento è un processo graduale, che si costruisce in fasi successive (stadi). Una prima forma di adattamento si ha alla fine del periodo senso-motorio (il bambino diventa capace attraverso l'organizzazione dei suoi schemi di risolvere problemi pratici, legati però alle capacità percettive). La capacità di rappresentarsi mentalmente gli oggetti segna il passaggio allo stadio successivo, che gli consente livelli diversi di assimilazione. In sistemi di operazioni concrete, prima; e in operazioni formali (astratte), dopo.  L'adattamento, nel vero senso della parola, consiste in realtà nella costruzione di concetti che consentano non solo di conoscere, ma anche di comprendere la realtà (previsione e controllo)- Parallelismo con la conoscenza scientifica.
  6. il concetto di equifinalità indica che lo stesso livello di sviluppo può essere raggiunto partendo da condizioni biologiche e/o ambientali diverse.
  7. Il concetto di stadio si riferisce ad una fase dello sviluppo, caratterizzata da determinate strutture d'insieme che determinano il modo in cui il bambino organizza le sue azioni reali o mentali, ovvero il modo in cui (le strutture attraverso le quali) è in grado di interagire con l'ambiente.

  1. Il concetto di sequenzialità dello sviluppo indica che gli stadi si susseguono in un ordine stabilito. Le strutture d'insieme non si sostituiscono le une alle altre, ma ciascuna risulta dalla precedente, con la quale si integra, e rende possibile la successiva. L'età di transizione da uno stadio all'altro può variare in funzione di diversi fattori (organici e/o culturali), ma l'ordine, la sequenza,  non può cambiare.



Metodi utilizzati


  1. il metodo clinico usato con bambini di età superiore a 4 anni. Il bambino rispondendo alle domande del ricercatore rivela le sue convinzioni, il suo modo di ragionare. Richiede grande esperienza e competenza per discriminare le risposte autentiche da quelle "purchessia" e da quelle puro frutto di fantasia.
  2. il metodo quasi-sperimentale è un ampliamento del metodo clinico. Sono presenti diversi oggetti manipolabili; variano quindi le condizioni ambientali in cui viene effettuata l'osservazione.
  3. il metodo critico serve per evidenziare il pensiero logico del bambino. Attraverso oggetti o situazioni particolari che creano condizioni "critiche" il bambino ha la possibilità di "spiegare" il suo pensiero. Il fatto che bambini di età diversa utilizzano diversamente lo stesso materiale dimostra che il pensiero logico non è innato, ma si evolve "qualitativamente" durante lo sviluppo.


Gli stadi di sviluppo


lo stadio dell'intelligenza senso-motoria è caratterizzato dall'azione diretta che il bambino esegue sugli oggetti, che esistono per il bambino solo nel momento e nel luogo in cui li percepisce. 

Si suddivide in 6 sotto-stadi:  

Primo mese di vita. Sono presenti solo attività riflesse. Attraverso la ripetizione di queste azioni, il bambino assimila (per generalizzazione) la realtà esterna. Es. il bambino ha lo schema di suzione. Succhiando il capezzolo, il dito, la copertina, ecc. conosce la realtà esterna. Primo passaggio da un'attività puramente biologica ad un'attività psichica primitiva.

da 2 a 4 mesi. Formazione delle abitudini (ripetizione di azioni), attraverso le reazioni circolari primarie. Gli effetti delle azioni sono casuali e il comportamento non è ancora strumentale.

da 4 a 8 mesi. Il comportamento diventa funzionale e intenzionale (reazioni circolari secondarie). Gli oggetti cominciano ad avere un'identità, che però è legata all'azione. Se un oggetto scompare, il bambino non lo cerca più.

da 8 a 12 anni. Le reazioni circolari secondarie vengono coordinate volontariamente tra loro ed applicate a realtà nuove. Gli oggetti hanno identità solo in relazione alle azioni compiute dal bambino. Se un oggetto viene nascosto, il bambino lo cerca sempre nello stesso punto.

da 12 a 18 mesi. E' lo stadio delle reazioni circolari terziarie. Il bambino sperimenta nuove combinazioni degli schemi già posseduti per giungere a risultati diversi, e scopre funzioni diverse degli oggetti. Es. usa un bastoncino per avvicinare a sé un oggetto. Cerca un oggetto scomparso anche in posti diversi, ma solo se gli spostamenti sono visibili.

da 18 a 24 mesi. Il bambino è in grado di produrre combinazioni nuove degli schemi posseduti e di usarle per risolvere situazioni problematiche. E' in grado di rappresentarsi mentalmente oggetti e situazioni e quindi di prevedere il risultato delle sue azioni. Gli oggetti hanno acquisito una loro permanenza, esistono cioè indipendentemente dalle azioni compiute su di essi e indipendentemente dalle possibilità percettive. In questa fase, con l'acquisizione di concetti logici (causa-effetto) e spazio-temporali, si raggiunge il livello di intelligenza senso-motoria: il mondo esterno viene organizzato attraverso l'interazione del proprio corpo con la realtà esterna (prima modalità di adattamento).


Stadio pre-operatorio (2-7 anni). L'intelligenza è intuitiva o irreversibile. Il bambino è capace di compiere azioni mentali, ma in una sola direzione. Non è in grado di valutare mentalmente in maniera adeguata il percorso di un oggetto che viene spostato, né è in grado di considerare contemporaneamente di un oggetto la totalità e le sue parti (concetto di frazione). Inizia l'uso funzionale del linguaggio. La realtà è conosciuta anche attraverso il linguaggio, il quale a sua volta segue i percorsi evolutivi della mente. Dapprima le parole sono solo segni, poi acquisiscono significati, rendendo il pensiero comunicabile. Si passa gradualmente da un uso generalizzato dei termini a sempre maggiori specificazioni (es. "bau" è qualsiasi oggetto percettivamente simile al cane). Il passaggio dal simbolo al segno avviene attraverso continue domande. Dai 4 ai 7 anni inizia la capacità di classificare e categorizzare gli oggetti e quindi di usare un linguaggio socializzato (condivisione di significati). Prima dei 7 anni il bambino è incapace di usare le forme logiche del discorso e non si rende conto che l'interlocutore non conosce il suo pensiero prima che gli venga comunicato attraverso il linguaggio. In questa fase il linguaggio è di tipo egocentrico e sincretico. In uno schema complesso si fanno entrare elementi non compresi che vengono assimilati a elementi già noti. E' presente anche una forma di realismo intellettuale: non è ancora chiara la differenza tra ciò che è interno (pensieri, conoscenze) e ciò che è esterno (gli altri, i loro pensieri; il mondo esterno è una proiezione dei propri pensieri, e i pensieri, come i sogni,  sono eventi materiali). Agli oggetti viene attribuita coscienza e volontà (animismo) e agli uomini la capacità di agire sulla natura: le montagne, i laghi sono una costruzione dell'uomo (artificialismo). Le norme sono sacre perché imposte dall'esterno, dagli adulti (giudizio morale eteronomo). Le punizioni sono giuste se espiatorie, indipendentemente dall'entità della colpa. La responsabilità è commisurata all'entità del danno, indipendentemente dall'intenzionalità di chi l'ha commesso. La valutazione logica degli eventi è fondamentalmente egocentrica ed esprime l'irreversibilità del pensiero.


Gli esperimenti classici riguardano la conservazione della lunghezza: Es.







1 2 3



Nonostante il bambino veda che i bastoncini sono gli stessi, afferma che nelle posizioni 2  e 3 la lunghezza è diversa. Non è in grado di "conservare" mentalmente la lunghezza, il movimento cambia gli oggetti.


Lo stesso accade per la conservazione della superficie che implica la capacità di riunire mentalmente delle unità parziali in un tutto che non varia in funzione degli spostamenti delle parti.


Es. Due rettangoli di uguale superficie (=2 cortili per giocare): uno diviso a matita in 6 riquadri e l'altro diviso in 6 riquadri separabili. Il bambino li riconosce come uguali solo quando tutte le parti occupano la stessa posizione, anche se gli spostamenti avvengono sotto i suoi occhi.


Un altro esempio è dato dalla conservazione di quantità fisiche (quantità, peso e volume): 2 palline uguali di plastilina non vengono più definite uguali (sia nella quantità, sia nel peso, che nel volume) se cambia la loro forma, nonostante abbiano a disposizione strumenti (bilancia e barattoli con dentro dell'acqua) che consentono valutazioni oggettive. Lo stesso per la conservazione dei liquidi: se un liquido viene versato in un contenitore di forma diversa, la quantità di liquido viene ritenuta diversa.


I bambini fino a 6 anni non sono in grado di tener presenti più punti di osservazione di un avvenimento nelle sue trasformazioni (valutazione unidirezionale delle coordinate logiche che ordinano il mondo)


Stadio delle operazioni concrete


Operare= tener presenti mentalmente più fattori della realtà.


Dopo i 7 anni il bambino diventa capace di cogliere le relazioni tra gli oggetti e gli eventi. Questo cambiamento non è però immediato, né uguale per tutte le operazioni precedentemente descritte. Piaget parla di decalages (sfasamenti).

In questa fase il pensiero diventa reversibile, il linguaggio e il modo di comunicare perde le caratteristiche di egocentrismo, scompaiono gradualmente l'animismo (attribuzione di coscienza e volontà agli oggetti) e l'artificialismo: il bambino prende coscienza di un mondo "altro" da lui, regolato da principi naturali.

Il giudizio morale da eteronomo (rigidamente guidato da regole esterne) diventa autonomo: il bambino è capace di valutare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e di calibrare le punizioni in funzione della responsabilità e intenzionalità, piuttosto che in funzione dell'entità del danno.


La reversibilità di pensiero e di giudizio conquistata è però ancora legata alle operazioni "concrete", legate cioè all'esperienza percettiva e manipolatoria.


Stadio delle operazioni formali


Dopo i 10-11 anni il bambino diventa capace di padroneggiare anche realtà che non percepisce direttamente. Può quindi ragionare secondo principi logici e risolvere problemi anche se questi vengono posti solo verbalmente, formulare ipotesi e prevedere le conseguenze di un'azione, anche se non lo riguarda direttamente. Il pensiero formale è quindi la rappresentazione in astratto di azioni possibili. Es. Sillogismi, problemi matematici, ecc.

Dal punto di vista sociale e morale, il ragazzo, in questa fase sviluppa il senso di cooperazione, rifiuta l'assenza di regole (anomia), ma anche la presenza di regole coercitive imposte dall'esterno (eteronomia) che non rispondano al senso di giustizia e di equità.


Fattori che determinano l'intelligenza


la maturazione del sistema nervoso e del sistema endocrino fornisce delle possibilità, che però si possono realizzare solo attraverso l'esperienza. Man mano che ci si allontana dallo stadio senso-motorio l'influenza delle esperienze ambientali aumenta rispetto all'influenza della maturazione.

l'esercizio, ovvero l'elaborazione personale delle esperienze e delle azioni effettuate con gli oggetti.

l'interazione sociale , che di per sé è insufficiente, se il soggetto non è in grado di assimilare attivamente i messaggi sociali che riceve dall'ambiente culturale.


L'evoluzione del pensiero di Piaget


anni '30-'40


a)   interesse per la nascita dell'intelligenza

b)  basi della concezione costruttivista

c)   definizione dello sviluppo come risultato della sintesi di una funzione endogena (assimilazione) e di una funzione esogena (accomodamento)


anni '50-'60


a)   epistemologia genetica

b)  costruzione del modello studiale

c)   definizione delle strutture logiche

d)  reversibilità

e)  pensiero operatorio concreto e formale


anni '70


a)   interesse per i meccanismi di transizione tra gli stadi

b)  dalla forma delle strutture, al loro funzionamento

c)   studio del conflitto nella costruzione delle conoscenze (discrepanza tra le proprie aspettative e gli esiti delle proprie azioni), definito in termini di equilibrazione (spinta verso forme di equilibrio più avanzate)



Critiche a Piaget e sviluppo di problematiche lasciate aperte


Analisi dei compiti piagetiani, per la definizione delle abilità e competenze richieste e realmente impiegate dai bambini : l'analisi della situazione sperimentale, della modalità di presentazione dei compiti, del tipo di consegne verbali serve a capire:

a)   il significato che il compito ha per il bambino

b)  a quale domanda stia effettivamente rispondendo

c)   cosa pensi delle aspettative del ricercatore

d)  come interpreta le azioni del ricercatore


Le numerose ricerche che hanno modificato le procedure sperimentali usate da Piaget (specialmente il tipo di consegna verbale) hanno ottenuto risultati molto diversi, soprattutto relativamente all'età (molto più precoce) in cui i bambini riescono ad effettuare certe operazioni mentali (es. tener conto del punto di vista di un'altra persona).

E' vero però che concettualmente la teoria piagetiana non è scorretta, infatti è vero che l'egocentrismo o il ragionamento pre-logico sono tipici del pensiero pre-operatorio.

Il merito di queste ricerche sta soprattutto nell'attenzione agli aspetti metodologi e all'interpretazione che il bambino fa dei compiti proposti. Piaget valutava le risposte dei bambini nei termini di presenza/assenza di certe strutture logiche ed era meno interessato agli aspetti funzionali.






Analisi del concetto di stadio


Non sembra vero che all'interno di uno stadio esista una completa omogeneità del funzionamento delle strutture cognitive. Non esiste stabilità, né sistematicità nelle risposte che un bambino fornisce a compiti diversi.

Flavell ha sottolineato che solo alla fine di uno stadio il bambino è in grado di rispondere a tutti i problemi tipici di esso, ed inoltre chiama in causa altri fattori, come l'aumento delle capacità attentive e della competenza linguistica.


Analisi dei meccanismi di transizione


E' stato inoltre messo in risalto il fatto che Piaget non specifica, tranne che per il periodo senso-motorio, come avvenga l'adattamento, né indica quali situazioni siano in grado di produrre il disequilibrio che dovrebbe innescare il bisogno di riequilibrazione, Né indica quali condotte o strategie debbano essere messe in atto per ristabilire l'equilibrio.


Il fatto che Piaget abbia affermato che il processo di costruzione delle conoscenze sia auto-generativo ha indotto molti ricercatori ad analizzare e verificare fattori trascurati nella teoria classica, come:


il ruolo dell'esperienza e dell'apprendimento

il ruolo delle interazioni sociali




Il ruolo dell'esperienza e dell'apprendimento


Negli anni '60 e '70 la ricerca psicologica è stata focalizzata sulla fiducia nella modificabilità del normale corso dello sviluppo, nella convinzione che modificando i contesti, le condizioni e facendo leva sui prerequisiti posseduti dal bambino, gli si potesse far apprendere abilità cui la teoria di Piaget negava l'accesso, in virtù dei vincoli posti dalle sue strutture mentali.

Anche la sua allieva Inhelder era convinta della possibilità di accelerare lo sviluppo attraverso un contesto di apprendimento di scoperta attiva, creando cioè una discrepanza tra le anticipazioni e aspettative del bambino (in funzione dei suoi schemi attuali) e i dati di realtà (gli effetti di un'azione o trasformazione). Bisogna aiutare il bambino a rendersi conto della contraddizione (conflitto) e a cercare di superarlo a accomodando i suoi schemi precedenti, o attivando schemi che prima era in grado di utilizzare solo in altre situazioni (decalages).

Gli stessi esiti positivi si sono ottenuti però anche in situazioni diverse (ruolo meno attivo del bambino), come modeling, insegnamento verbale di regole, dimostrazione pratica, apprendimento vicariante.

Rimane il fatto però che pur senza un apprendimento specifico ad una certa età i bambini smettono di commettere alcuni errori logici.



Il ruolo delle interazioni sociali nella formazione delle conoscenze


Partendo dall'assunto che le azioni dell'individuo si realizzano sempre in un contesto sociale, e che quindi per comunicare efficacemente il bambino deve modificare i suoi punti di vista, ritenendo cioè che lo sviluppo cognitivo è esse stesso un processo sociale, alcuni ricercatori ipotizzarono che oltre al conflitto cognitivo di cui parla Piaget (affiancato dalla Inhelder) bisogna analizzare il conflitto socio-cognitivo. Il bambino notando le discrepanze tra la sua valutazione della realtà e quella fornita da altre persone con le quali è in interazione, sarebbe spinto ad una  ristrutturazione cognitiva, che non è frutto di imitazione ma il risultato della ricerca di un'organizzazione di ordine superiore. Il conflitto interindividuale rappresenta una spinta più forte rispetto al semplice conflitto intraindividuale ipotizzato da Piaget.


Studi sul ragionamento logico


Piaget sosteneva che nello stadio delle operazioni formali si raggiungesse l'apice del ragionamento logico. Alcuni esperimenti hanno messo in dubbio tale affermazione, sostenuti da molte evidenze empiriche:

presenza di errori logici, tipici e sistematici, in soggetti adulti

influenza della familiarità dei compiti (comunicazione, livello culturale)


Non sarebbe quindi l'età (presenza delle strutture) a condizionare la soluzione di problemi logici, quanto la capacità di comprendere il compito, collocandolo in un contesto familiare e pragmatico.


Le ricerche più recenti mostrano l'inadeguatezza della logica come strumento interpretativo dello sviluppo mentale del bambino.

Indubbiamente la presenza di regole formali nel pensiero rende più facile e probabile l'adattamento e quindi la sopravvivenza della specie, ma molti ricercatori  sostengono che altri processi inferenziali (come gli schemi pragmatici, legati all'induzione), che sono più sensibili al contenuto e al tipo di formulazione del problema, possono ugualmente rendere adattivo il comportamento.


ASPETTI COGNITIVI

All'inizio della scuola elementare l'intelligenza del bambino è ancora legata ad un tipo di pensiero poco agile, poco flessibile, detto CONCRETO che ha le seguenti caratteristiche :

1. è 'realistico', nel senso che si lascia guidare dall'aspetto più attraente o percettivamente più rilevante presente in quel momento (ciò che si vede prevale su ciò che si pensa o si ricorda)

2. è 'irreversibile'. Il bambino è in grado di rievocare azioni o avvenimenti ai quali ha assistito o che egli stesso ha compiuto e di rappresentarsi mentalmente gli avvenimenti che non hanno ancora avuto luogo, ma le successioni e le modificazioni dell'evento vengono viste in senso unidirezionale. Il bambino infatti non riesce a tenere presenti contemporaneamente due situazioni o due momenti della stessa situazione.

3. è 'egocentrico' nel senso che non tiene conto dei punti di vista diversi dal proprio e attribuisce agli altri il proprio punto di vista. La caratteristica dell'egocentrismo si manifesta in tutti gli aspetti cognitivi del bambino : linguaggio, idee relative ai fenomeni fisici, a quelli morali etc. Intorno ai 6/7 anni vengono compiuti notevoli progressi per superare il pensiero egocentrico, ma gli influssi della mentalità egocentrica permangono a diversi livelli.

Ad esempio il bambino quando deve raccontare qualcosa non esprime quello che per lui è ovvio, dato che considera che sia ovvio anche per l'altro. Un altro indice di questa incapacità di comprendere il punto di vista altrui è l'uso equivoco dei pronomi, che il bambino introduce nel discorso senza preoccuparsi di chiarire a chi sono riferiti. Prova di ciò la si può trovare leggendo i temi su un quaderno di scuola elementare.

4. è 'animistico', cioè attribuisce ad altri esseri o elementi del reale stati affettivi e di coscienza che gli sono propri, ignorando la differenza fra esseri animati e inanimati.(Es. La luna è più veloce del sole che la rincorre, ma non riesce mai ad acchiapparla). I bambini di età compresa fra i 6 e gli 8 anni rivelano tendenze animistiche solo per le cose in movimento (es. astri, nuvole, fiumi, veicoli, etc.), mentre fra gli 8 e i 10 anni distinguono fra gli oggetti che si muovono di moto proprio e quelli che si muovono solo per moto ricevuto, attribuendo vita e coscienza solo a quelli che si muovono di moto proprio (astri, vento). Solo verso gli 11-12 anni i bambini rivelano concezioni simili a quelle adulte.

5. è 'artificialistico', cioè tende a credere che tutto sia stato costruito dall'uomo per qualche fine (es. le montagne, i fiumi, le nubi) Tutto ciò può portare il bambino a pensare che i genitori siano in grado di risolvere qualsiasi problema (tra cui la fabbricazione degli eventi naturali).

A partire dai 7 anni dunque il pensiero diventa REVERSIBILE :

possono essere presenti contemporaneamente due fasi successive dello stesso evento ed essere messe in relazione fra loro ( dando luogo alle 'operazioni mentali', da cui 'pensiero operatorio'), ma nonostante ciò ancora per qualche tempo il bambino potrà incontrare delle difficoltà nella soluzione di alcuni problemi.

Nei problemi di seriazione e di classificazione il bambino che è già entrato in fase reversibile agisce secondo un piano logico e non più per tentativi o per analogie percettive come accadeva nelle età precedenti. Per esempio per mettere in fila degli oggetti di diversa lunghezza in modo che il primo sia più lungo del secondo, il secondo del terzo e così via, occorre che di volta in volta il soggetto consideri ogni elemento come al centro di un duplice rapporto (B è allo stesso tempo maggiore di A e minore di C). A 6/7 anni la maggioranza dei bambini risolve correttamente il problema

Fino a 7/8 anni il bambino può non avere ancora chiara la nozione di conservazione della sostanza, cioè che la materia può cambiare di forma ma resta immutata nella sua quantità. Negli esperimenti di Piaget a bambini fra i 4 e gli 8 anni venivano fatte osservare due palline di plastilina identiche, ed il bambino ne riconosceva l'identità, ma quando ad una pallina veniva cambiata la forma, il bambino affermava che i due pezzi di plastilina non erano più di uguale sostanza.

In un altro esperimento, condotto su bambini di età compresa fra i 4 e gli 8 anni, venivano presentati 2 bicchieri uguali contenenti la stessa quantità di acqua colorata. Una volta che il bambino era d'accordo nell'affermare che i due bicchieri contenevano la stessa quantità di acqua colorata si effettuava un travaso in un bicchiere più largo e più basso. Solo intorno ai 7-8 anni i bambini riconoscevano la conservazione della quantità di liquido.

Non altrettanto si può dire per la conservazione del peso e del volume che sono meno rilevanti da un punto di vista percettivo. Per quanto riguarda il peso il bambino resta legato fino all'età di 11 anni alla comune esperienza che una medesima quantità di materia sembra avere un peso diverso a seconda della sua ripartizione sulla superficie della mano. Il salsicciotto b sembra più pesante della pallina di plastilina a perché poggiando sulla mano interessa una superficie più vasta.

L'esercizio e la stimolazione ambientale possono accelerare l'apprendimento: bambini di 9/10 anni possono avere ben chiara in mente la nozione di conservazione del peso e del volume se tali nozioni sono state impartite loro con metodi didattici opportuni, che tengano conto della motivazione e della esigenza di concretezza della mentalità infantile.

Fino a 11/12 anni tuttavia il pensiero si mantiene legato a situazioni concrete, i problemi ed i vari aspetti della vita vengono considerati settorialmente e non esistono ancora tentativi di collegamento delle proprie soluzioni con teorie e principi generali, esigenza tipica del pensiero dell'adolescente.







Altri esperimenti:


1) Vicino a un plastico che rappresenta tre montagne (la cui cima è distinta per qualche particolare) viene collocata in una certa posizione un pupazzo. Al bambino viene chiesto di scegliere tra varie illustrazioni quella che rappresenta ciò che vede il pupazzo.

Da ripetute prove risulta che la grande maggioranza dei bambini a 8-9 anni sbaglia e sotto ai 6-7 anni sceglie l'illustrazione che rappresenta il proprio punto di vista.
Conclusione di Piaget (da questo e da esperimenti analoghi): fino a una certa età il bimbo è incapace a "decentrare".

(2) Vengono presentati 6 oggetti dello stesso tipo, ad esempio 6 gatti-giocattolo, dei quali 4 neri e 2 bianchi. Al bambino viene chiesto "vi sono più gatti neri o più gatti?".


Solo il 25% dei bambini intorno ai 6 anni risponde correttamente. Gli altri confrontano i gatti neri non con la totalità dei gatti, ma con i gatti bianchi.
Conclusione di Piaget (da questo e da esperimenti analoghi): fino a una certa età il bimbo è incapace a considerare contemporaneamente una "parte" e il "tutto", cioè a padroneggiare la relazione di inclusione.
Conclusioni più generali da (1), (2) e analoghi esperimenti:
- la difficoltà a decentrare e a confrontare parte e tutto sono indici della difficoltà a confrontare punti di vista diversi e, quindi, a fare ipotesi, connettere fatti, ...;
- ci sono relazioni tra abilità mentali e capacità di operare su insiemi (collegamenti tra "inclusione" e "se ... allora ...");
- Questi esperimenti sono stati riprodotti in molte situazioni, ottenendo esiti più o meno uguali. Negli anni 70 ricercatori formatisi alla scuola di Piaget realizzarono esperimenti che misero in discussione tali conclusioni.
(1 bis) Due pupazzi-poliziotti vengono posti vicino agli spigoli di una paratia a croce. Viene chiesto al bambino di porre un pupazzo-bambino in un posto in cui i poliziotti non lo possano vedere. La prova viene eseguita per tutte e 4 le disposizioni possibili.

I punti di vista da intersecare ora sono due. Tuttavia il 90% dei bambini di 4 anni risolve correttamente il problema.

(2 bis) Cambiando la domanda in "vi sono più gatti neri o più gatti seduti?" Le risposte corrette passano da 25% a 50%. Questa grande differenza di esiti si può spiegare in questo modo:

l'esperimento pupazzo-illustrazioni presenta specifiche difficoltà di tipo prospettico, che lo rendono inattendibile per la valutazione della capacità di decentrare;

- l'esperimento bambino-poliziotti ha riferimenti alle esperienze dei bambini (situazioni familiari o di gioco in cui si pongono il problema di nascondersi) e ha un "senso umano" che il precedente esperimento non aveva, e ciò facilita la comprensione del problema e stimola l'impegno a risolverlo;

- la prima versione dell'esperimento con i gatti è basato su una trappola: il modo in cui è posta la domanda induce il bambino a confrontare le due sottoclassi; l'aggiunta dell'aggettivo "seduti" nella seconda versione specifica meglio il riferimento all'intera classe; i problemi sono di comunicazione, non legati a difficoltà a confrontare una parte con il tutto.




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