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La libertà dell'uomo e l'uomo come attività creatrice in Kant - Attività dell'uomo nell'ambito della ragion pura: l'Io Penso

filosofia



La libertà dell'uomo e l'uomo come attività creatrice in Kant



Kant, uno dei maggiori pensatori di tutti i tempi, elabora un vasto e complesso sistema di pensiero che ha come protagonista indiscusso l'uomo. Si può così capire fin da ora il mutamento di prospettiva realizzato da Kant, il quale suppose per la prima volta che l'oggetto ruotasse intorno al soggetto e non viceversa, vale a dire sono gli oggetti a doversi regolare sulla conoscenza dell'uomo e non quest'ultimo.

Fino ad allora invece si era creduto che fosse il soggetto a ruotare intorno all'oggetto (come il Sole che, secondo Tolomeo, ruotava intorno alla Terra). Quindi Kant con la sua affermazione attua una rivoluzione di portata si può dire pari, in campo filosofico, a quella operata da Copernico in campo astronomico, il quale intuì che è la Terra a ruotare intorno al Sole, è l'uomo: ciò che interessa quindi non è l'universo, la realtà, ma l'uomo, l'Io.


Attività dell'uomo nell'ambi 616b12g to della ragion pura: l'Io Penso




Quindi come si è visto ciò che interessa a Kant è essenzialmente l'Io, centro supremo della filosofia e fondamento di tre grandi attività:

Io: che è il soggetto inteso come attività e di conseguenza anche come libertà.

Uomo

Dio

L'attività che l'uomo esercita nell'ambito della ragion pura è essenzialmente conoscitiva, attività che ha l'....., il culmine nell'Io Penso.

L'Io Penso "io lo chiamo appercezione pura, per distinguerla da quella empirica, od anche appercezione originaria (.) e l'unità propria di essa, io la chiamo pure l'unità trascendentale dell'autocoscienza, per designare la possibilità della conoscenza a priori che si fonda su di essa." (Kant Reale-Antiseri pg.734).

L'Io Penso è quindi quell'elemento che permette di unificare le dodici categorie e di sintetizzarle, è il principio supremo di tutta la conoscenza umana. Kant lo definisce appercezione pura trascendentale,  l'autocoscienza dell'intelletto, in altre parole la consapevolezza e la coscienza di essere noi dei soggetti pensanti.

L'Io Penso è così la ragione universale, la coscienza umana e l'attività conoscitiva dell'uomo per eccellenza, il motore immobile della conoscenza.


Pensiero=attività: collegamenti con Faust di Goethe, Pascal e Cartesio

Il fatto di intendere il pensiero come attività (l'attività del pensiero=>sintetizzata da Kant nell'Io Penso) è evidente anche in altri autori:

Innanzitutto si può richiamare il Faust di Goethe, tragedia dell'uomo. A tale riguardo è emblematico l'episodio in cui a Faust appare Mefistofele ed insieme aprono la Bibbia e nel Vangelo secondo Giovanni leggono "In principio era il ......" che tentano di tradurre con "In principio era l'attività", poiché Dio non è altro che attività da cui deriva il fatto che l'uomo è attività creatrice.

La concezione dell'uomo come pensiero e di questo come attività è chiara anche in una affermazione di Pascal in cui sottolinea la fragilità dell'uomo, paragonandolo ad una canna al vento ma al tempo stesso lo definisce grande, in quanto soggetto pensante.

Infine si può ricordare che anche per Cartesio l'uomo era un soggetto pensante e veniva da lui definito come tale, vale a dire res cogitans.


Quindi ritornando a Kant, si può vedere come con la centralità dell'Io, siano così poste le prime basi del Romanticismo, che assegnerà un valore centrale all'uomo. Da questo punto di vista si può ritenere Kant piuttosto vicino alla sensibilità romantica, tanto che proprio da un romantico fu definito "Il Mosè della nazione tedesca".


Attività dell'uomo nell'ambi 616b12g to della ragion pratica: libertà dell'uomo


Dopo aver quindi parlato dell'uomo come attività nell'ambito della conoscenza (Io Penso) è necessario ora affrontare tale concetto nella morale.

L'attività dell'uomo nell'ambi 616b12g to morale è inscindibilmente legata all'idea della libertà. Si può iniziare ad affrontare questo argomento premettendo il fatto che la legge morale può essere definita l'equivalente dell'Io Penso.

Nell'uomo, secondo Kant, esiste una legge morale universale: "Due cose riempiono l'animo di ammirazione e di riverenza sempre nuove e crescenti, quanto più spesso e più a lungo il pensiero vi si ferma su: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me" (Kant Reale-Antiseri pg. 662).

Essa è:

in forma di imperativo categorico

indipendente dall'esperienza

indipendente da motivi materiali (altrimenti si cadrebbe nell'utilitarismo, invece la legge morale è tale, poiché mi comanda di rispettarla proprio in quanto legge "deve perché devi", in vista del bene che è fine a se stesso).

Per spiegare il concetto di libertà nell'ambito della legge morale è importante ricordare i postulati della ragion pratica:

postulato dell'immortalità dell'anima

postulato dell'esistenza di Dio

postulato della libertà: questa è la condizione stessa dell'etica, che nel momento stesso in cui prescrive il dovere presuppone anche che si possa agire o meno in conformità ad esso e che quindi si sia sostanzialmente liberi "Devi, quindi puoi".

Questi postulati richiamano in un certo qual modo concetti metafisici: quindi se già la metafisica ha senso nella scienza, si attua in modo per così dire completo nella morale.

In base all'ultimo postulato, che è quello che ci interessa di più, l'Io risulta suddito e sovrano della legge morale, che egli sceglie in vista di un fine a lui superiore che è il bene assoluto. L'uomo è così libero di rifiutare, è libero di scegliere se conseguire o meno il bene. Quindi il bene non è altro che esercizio della libertà e può essere raggiunto attraverso la volontà buona che consiste nella convinta adesione alla legge. La volontà dell'uomo è infatti buona, ma non santa (propria di Dio), in quanto tende all'infinito.

La perfezione morale si raggiunge proprio nel Sommo bene, Dio, che è all'infinito ed è la giustificazione dello sforzo morale. Ed è proprio in Dio che l'uomo raggiunge la massima virtù e felicità.

Ritornando all'ultimo postulato bisogna capire che l'uomo non ha naturalmente la libertà, ma deve cercarla: per lui la libertà è un impegno. L'uomo è infatti ....... (termine che richiama il mito della caverna di Platone, in cui si capisce che l'uomo è in una posizione intermedia da cui cerca di liberarsi per raggiungerne una più elevata) e la sua grandezza consiste proprio nel tentare di essere libero per poter così raggiungere una dimensione superiore, per poter tendere all'infinito. Ne è un esempio Ulisse "bello di fama e di sventura" che in quanto esule tende all'infinito ed è per questo grande.


Uomo dinanzi alla morale: rispetto e dovere

Per meglio comprendere l'attività dell'uomo all'interno della morale e la libertà che possiede nell'esercizio di tale attività, è necessario introdurre i concetti di rispetto e dovere.

La morale ha come fondamento la coscienza che è universale e si fonda su un sentimento morale che Kant chiama rispetto. Il rispetto ha la capacità di "umiliare" le nostre inclinazioni che ci indurrebbero a deviare dal cammino indicatoci dalla legge morale, che così  invece ha la possibilità di imporsi in tutta la sua forza.

Il rispetto per la legge implica la condizione propria dell'uomo come essere finito, infatti per un essere infinito il rispetto per la legge non avrebbe senso, in quanto ha già raggiunto il proprio obiettivo che è l'infinito.

Quindi l'uomo è un essere finito e teleologico che vive nel Regno dei fini (Reich der Zwecke), in cui vi sono gli esseri ragionevoli (in quanto obbedienti alla legge morale) ed ogni membro è nello stesso tempo legislatore (sovrano) e suddito di se stesso.

A sua volta il rispetto è legato al concetto di dovere (Pflicht) che è il dovere per l'uomo di tendere all'infinito seguendo la giusta via che ci indica la legge morale. Quindi ha senso l'idea di uomo finito che tende all'infinito, che tenta di raggiungere un ideale morale, vale a dire l'idea di un uomo finito che prova rispetto per un fine che gli è superiore (come il Foscolo, per fare un paragone, prova rispetto per le tombe dei grandi in S.Croce). Tale fine gli viene indicato proprio dalla legge morale che diventa così per lui un esempio. Quindi l'uomo vive sempre nel tentativo di perfezionarsi naturalmente seguendo la via della legge morale. L'uomo può essere così definito una macchina del mondo che appartiene al mondo fenomenico, ma non si ferma a questo, va al di là, trascende la natura e diventa così un essere noumenico quando scopre di essere libertà ed attività creatrice. Se quindi la scienza può essere criticata per il fatto di non proporre i fini e gli ideali, l'uomo invece, trascendendo il mondo fenomenico, tende proprio a questi fini ed in questo sta la sua grandezza.  E proprio con questa idea di uomo finito che tende all'infinito siamo già nel Romanticismo. Quindi è in questo ambito morale che ha senso parlare di metafisica che altro non è che un'illusione necessaria, un'esigenza necessaria dell'uomo di andare verso l'infinito Concludendo e riassumendo può essere interessante definire l'uomo un "Prometeo incatenato" dal titolo di un dipinto di Friedrich, per meglio comprendere che l'uomo in quanto incatenato, deve proporsi come impegno la libertà che è il mezzo con cui potrà slegarsi dalla sua condizione e raggiungere un fine più elevato, il Sommo Bene, l'infinito, che è poi Dio, verso cui nutre un sentimento di rispetto ed in cui potrà placare il suo anelito alla felicità, raggiungendo la massima virtù. 



Termini filosofici


Trascendentale: "chiamo trascendentale ogni conoscenza che ha a che fare non con oggetti, ma con il nostro modo di conoscere gli oggetti in quanto deve essere possibile a priori" (Kant Reale-Antiseri pg.677)

A priori: universale e necessario

Mondo fenomenico=>fenomeno: oggetto dell'intuizione sensibile, ciò che ci rivela le cose non uti sunt, sed uti apparent (dal greco....... "c)osa che appare"

Mondo noumenico=>noumeno: cosa in sé (dal greco........ "cosa pensata")



Bibliografia:

Storia della filosofia vol.II Reale Antiseri

Fare filosofia Temi vol.II Abbagnano Fornero





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