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IL SISTEMA DISTRIBUTIVO IN ITALIA - EVOLUZIONE E RIFLESSI SULLA DOMANDA DI SERVIZI COMMERCIALI DELLE VARIAZIONI AMBIENTALI

economia



PRIMA PARTE

IL SISTEMA DISTRIBUTIVO IN ITALIA


Il sistema distributivo italiano nella sua configurazione moderna, ha avuto uno sviluppo singolare rispetto agli altri paesi europei, primo fra tutti la Francia, la cui distribuzione è oggi "moderna" per antonomasia.

Negli ultimi 15 anni, sulla distribuzione moderna francese è stato detto tutto e il contrario di tutto: avanguardia europea del commercio evoluto, patria degli ipermercati strangolatori del mercato, grandeur alimentarista che ha portato alla desertificazione dei centri urbani, caso unico di adeguato sviluppo della moderna distribuzione e di conseguente specializzazione del piccolo dettaglio. La verità sta nel mezzo ed è solo francese, difficilmente esportabile altrove se non in modo molto parziale. Rimane valido però che la Francia è la nazione più specializzata in Europa negli ipermercati; il commercio moderno rappresenta da anni il principale punto di riferimento nel largo consumo; il processo di specializzazione da tempo intrapreso dal dettaglio tradizionale ha permesso la formazione di una fascia d'offerta altamente competitiva sia in termini di varietà merceologica sia in chiave di convenienza; quello della desertificazione dei centri storici cittadini è un problema reale, sul quale il mondo politico, imprenditoriale e di consumo si sta interrogando. In Italia la forza delle grandi organizzazioni commerciali francesi è ormai evidente: recentemente l'apparato distributivo moderno italiano e l'architettura di alcuni dei principali gruppi vedono nella partecipazione francese un momento centrale societario, operativo e soprattutto strategico.



La peculiarità italiana ha origine nella struttura distributiva precedente le trasformazioni portate dalla rivoluzione commerciale, offerta molto frammentata, omogenea esercizi di piccole dimensioni . Questa realtà è completata da alti costi distributivi e da peculiarità locali entrambi originati dalla conformazione fisica del territorio del nostro paese. Lo sviluppo di realtà locali molto diverse tra loro in termini di tipologie distributive di abitudini di comportamenti di consumo e di orientamenti imprenditoriali corrisponde la volontà di adattare l'offerta alla domanda di consumo finale. La mancanza di programmazione in una concezione più ampia dei confini del mercato distributivo non ha certo posto le basi ideali per uno sviluppo razionale della distribuzione commerciale a livello nazionale. In questa struttura originaria si è inserito il controllo politico della crescita commerciale, la Legge 426/71. Obiettivo della legge era la coordinazione del settore industriale già molto avanzato grazie allo sviluppo tecnologico con l'inefficiente oltre che insufficiente apparato distributivo quale tramite necessario per raggiungere il mercato finale di consumo.




EVOLUZIONE E RIFLESSI SULLA DOMANDA DI SERVIZI COMMERCIALI DELLE VARIAZIONI AMBIENTALI



Le profonde trasformazioni ambientali avvenute negli ultimi anni hanno investito contemporaneamente il piano demografico-sociale, culturale-tecnologico, politico-istituzionale ed economico, per poi riflettere sulle imprese industriali, commerciali e di consumo condizionandone le decisioni strategiche sia globali che competitive e funzionali.


I mutamenti nel sistema:


DEMOGRAFICO-SOCIALE

Sotto questo aspetto si sono affermate alcune tendenze di fondo: il maggior peso demografico delle classi di popolazione più giovane e più anziane e la riduzione dell'ampiezza delle famiglie.

Tutto ciò ha favorito lo sviluppo di nuovi settori industriali e l'ampliamento di altri; in particolare a fronte dell'invecchiamento delle popolazioni occidentali, si sta verificando un incremento dei flussi migratori dai Paesi del terzo mondo ed ex comunisti che sta dando vita a segmenti di mercato (cosiddetti "etnici") e prodotti nuovi.

Sotto il profilo geografico ed urbanistico si sono avuti due fenomeni principali: l'emigrazione da zone più povere verso zone più 454d38e ricche e l'inurbamento di grandi masse di popolazioni rurali. Si tratta di tendenze che hanno alterato in modo profondo l'equilibrio degli insediamenti preesistenti e che hanno esercitato decisive influenze sul piano sociale ed economico. Cresce, dunque, la mobilità per effetto degli spostamenti tra centro e periferia e dei flussi turistici interni e internazionali.

Naturalmente, un mutamento del tenore di vita produce dei cambiamenti di ordine culturale e sociale così come le variazioni negli assetti urbanistici e nella composizione demografica della popolazione si ripercuotono sul livello di istruzione e sui modelli di consumo al pari di altri fenomeni quali la crescita dell'occupazione femminile e dei "single", che si riflettono nella domanda di "servizi" un tempo "prodotti" o acquistati dalle famiglie.

I risultati di una ricerca pubblicata alla fine degli anni '80 hanno evidenziato importanti tendenze evolutive sul piano dei valori dei consumatori, riassumibili in quattro gruppi principali.

Questi fenomeni comporteranno una maggiore varietà e variabilità di bisogni sia di beni sia di servizi, che spingerà l'industria ad adottare politiche di differenziazione sempre più spinte incentrate su fattori di natura qualitativa; in questo contesto, pertanto, acquista un ruolo sempre più importante la distribuzione, in virtù del suo rapporto diretto

con il mercato.


CULTURALE-TECNOLOGICO

Il miglioramento del livello culturale e la maggiore diffusione delle informazioni mediante i mass-media hanno fatto crescere nel tempo il grado di maturità dei consumatori, sempre più esigenti sia sul piano della qualità dei prodotti che su quello del servizio distributivo. Lo sviluppo delle tecnologie di questi ultimi decenni ha investito anche l'organizzazione e i modelli di "produzione" e di vendita all'interno delle imprese commerciali, che hanno dato impulso agli investimenti di capitale fisso facendo recuperare al settore buona parte dei ritardi di produttività ed efficienza rispetto all'industria.

Nonostante ciò, il forte aumento della pressione competitiva e dei costi di gestione ha causato una diminuzione generalizzata dei margini commerciali, che ha consentito di sopravvivere solo alle aziende più organizzate e innovative.

POLITICO-ISTITUZIONALE

In tutti i Paesi occidentali, con un sistema distributivo più o meno sviluppato, si è assistito ad un intervento attivo, anche se differenziato, dell'operatore pubblico. Quest'ultimo generalmente interviene innalzando "barriere" (ad es. istituendo l'iscrizione obbligatorio al Registro degli esercenti il commercio) lì dove non esistono degli ostacoli sostanziali all'entrata in un settore o attenuando le barriere economiche lì dove esistono (ad es. attraverso la concessione di credito agevolato al commercio).

La pubblica amministrazione, inoltre, può influenzare le variabili della concorrenza orizzontale (ad es. mediante la regolamentazione degli orari di apertura) tra le imprese commerciali, migliorare la trasparenza del mercato (composizione del prodotto, istruzioni per l'uso, ecc.), aumentare il livello culturale dei consumatori e delle imprese (formazione professionale, assistenza tecnica, ecc.), intervenire sul costo dei fattori della produzione (affitti, lavoro part-time, ecc.).

In conclusione, il commercio italiano è ancora regolato dalla vecchia legge 426/71 pur essendo la realtà di oggi profondamente cambiata rispetto a quella della fine degli anni '60. Si avverte, dunque, l'esigenza di una nuova politica commerciale, di una nuova legge sul commercio al dettaglio in sede fissa, che stabilisca, un serie di misure atte a favorire lo sviluppo della grande impresa commerciale capitalistica e, nel contempo, la riconversione delle piccole realtà tradizionali.



ECONOMICO

Rimane da considerare quale sia, in questo contesto economico, il ruolo del consumatore.

Il diffondersi dell'economia del benessere e del processo di concentrazione industriale ha messo in discussione le teorie tradizionali sul consumo, derivanti dall'economia classica.

Secondo alcuni studiosi, l'aumentato benessere economico ha modificato la distribuzione del reddito fra i diversi bisogni a danno dell'industria che, a fronte degli elevati investimenti di capitale fisso effettuati e dei relativi rischi, necessitava di una domanda più stabile.

Questo obiettivo poteva essere ottenuto, però, solamente mediante un condizionamento della libertà di scelta del consumatore, possibile solo in settori fortemente concentrati. La grande azienda, infatti, a detta di questi autori, potrebbe riuscire ad adattare le esigenze dei consumatori alle proprie necessità, attraverso il controllo del mercato e le attività promozionali.

Altri autori, invece, sostengono tesi completamente opposte, che assegnano al consumatore un potere discrezionale molto elevato nelle scelte sia in merito ai prodotti che ai punti di vendita presso cui effettuare gli acquisti.

La possibilità di orientare le scelte di acquisto ha dei limiti al di là dei quali suscita delle naturali resistenze e spesso delle reazioni contrarie da parte del consumatore. Lo svilupparsi delle "behavioural science", rivolte ad indagare sui motivi razionali e irrazionali che determinano i comportamenti di acquisto dei consumatori, testimonia la complessità del fenomeno.

In conclusione, l'aumento della varietà e variabilità dei bisogni dei consumatori sta confermando un ruolo sempre più importante ed autonomo alla distribuzione commerciale, la cui funzione è quella di conciliare la crescente complessità dei processi d'acquisto con le necessità proprie dell'industria, concorrendo ad innalzare il livello di efficienza globale dei processi di scambio.


Nuovi rapporti tra industria e distribuzione


Le variazioni nella composizione della domanda finale dei beni di consumo delle famiglie mutati i comportamenti di acquisto, l'evoluzione della struttura distributiva hanno modificato gli equilibri che regolano i rapporti tra industria e distribuzione. Con gli anni 70 inizia il declino della posizione dominante dell'industria soprattutto nel caso dei produttori di marca, che vedono riconosciuta già dal leader del settore distributivo. La crescente concentrazione nel commercio lo sviluppo e la differenziazione delle varie forme distributive quindi le molteplici combinazioni di prodotto e servizio che si presentano al mercato mostrano il grado di indipendenza e di autonomia raggiunto dalla distribuzione moderna nei confronti dell'industria. La distribuzione non è più una collaboratrice passiva, una delle variabili controllate dall'industria per collocare i propri prodotti sul mercato di consumo finale; si affianca ai concorrenti ed ai consumatori come nuovo interlocutore del settore produttore. La concorrenza orizzontale che si sviluppa fra i punti vendita al dettaglio allontana ancora di più la possibilità la possibilità di controllo dai canali di vendita da parte dei produttori anzi si passa da una situazione di dipendenza tra distribuzione dalla produzione ad una concorrenza verticale tra i due settori. L'intensità di questa concorrenza è accentuata dal comportamento del consumatore la cui attenzione si sposta dal singolo prodotto all'assortimento ed al servizio cioè al prodotto dell'azienda commerciale. La decisione d'acquisto non è più motivata dalla presenza di singoli beni o prodotti di marca ma dalla valutazione in termini sia di prezzo che di servizi dall'assortimento offerto dal punto vendita che viene osservando un paniere di beni costituito da fronti leader ed articoli di acquisto frequente . Così la store-loyalty si sostituisce gradualmente alla brand- loyalty. La veloce sostituibilità tra i prodotti grocery è tale che neppure le azioni pubblicitarie e promozionali direttamente rivolte al consumatore consentono alle industrie di difendere un punto di forza quale la fedeltà alla marca, quindi la ricerca di vantaggi concorrenziali dell'industria non più limitarsi all'area del marketing ma deve comprendere anche l'area delle vendite. I clienti di canali distributivi se da un lato il numero dei clienti diminuisce a causa della modernizzazione del commercio e della concentrazione dei punti vendita, dall'altro cresce il fatturato che ognuno di loro può garantire all'industria. Per questo motivo fondamentale l'analisi del portafoglio clienti vede i relativi cali in cui essi si collocano. La distribuzione considerata come variabile indipendente al seno commerciale si rafforza il vantaggio che ne deriva dalle vicinanze al mercato finale di consumo e che le consente di usufruire di informazioni tempestive e precise sul suo andamento e sulle tendenze che in esso si sviluppano. Questo tipo di informazione assume importanza crescente in relazione alla frequenza degli aggiornamenti e dalla precisione delle informazioni . L'inserimento di innovazioni tecnologiche quali i lettori di codici a barre garantisce una informazione temporale molto precisa , l'industria ha questo contatto diretto e fondamentale col mercato mentre aumentano i costi che deve sostenere per ottenere le informazioni che le necessitano. Un altro terreno di scontro tra industria e distribuzione riguarda le politiche di prezzo e le condizioni di vendita, manca il rapporto che le lega alla qualità ed al servizio offerti. La distribuzione moderna mostra la raggiunta autonomia attraverso la formazione di una propria imprenditorialità che si identifica in decisioni di sviluppo, strategie di marketing, approccio al consumatore . Si possono identificare le condotte proprie di questa nuova imprenditorialità, selettività nelle politiche di assortimento. La selettività riguarda sia il prodotto in sé sia il produttore: nel primo caso il produttore accerta la convenienza ad inserire il prodotto o linea di prodotti nel proprio assortimento in base alla brand-loyalty, verificata attraverso l'associazione del prodotto in esame con altri, oppure lascia involontariamente vuoto il suo spazio espositivo per un certo periodo di tempo "out of stock" inducendo la corrente a scegliere tra l'attesa del riassortimento, se la brand-loyalty, è molto forte e la sua sostituzione con un prodotto concorrente ; nel caso del produttore invece la scelta dipende dalla capacità dalla propensione di queste fasi di sviluppare politiche di marketing integrate alcune propendenti il distributore, di creazione di marche commerciali e direttamente correlata all'affermarsi della store-loyalty inoltre consente di rafforzare l'immagine dell'azienda distributrice, intacca la leadership dei produttori e garantisce un margine di contribuzione maggiore di prodotti commercializzati.

Il consumatore è l'obiettivo finale comune ed il terreno comune dove sia il produttore che il distributore possono raggiungerlo è il punto vendita è qui che avviene il contatto fra politiche di marketing industriali e commerciali affinché non si ha uno scontro con effetti negativi da ambo le parti il confronto e il coordinamento delle ottiche deve avvenire in una fase antecedente al fine di cercare aree di collaborazione che consentono di ottimizzare la gestione dei punti vendita. In conclusione per poter raggiungere il proprio prodotto nel mercato finale l'industria deve affrontare il sistema distributivo per riuscire a conquistare un suo spazio. D'altro canto una volta inseriti i prodotti in un'assortimento essi godranno presso il pubblico, della garanzia del distributore oltre quello fornito dal loro produttore.

Il trade marketing è quella strategia distributiva che, basata sul concetto di canale cliente, punta a conoscere pianificare gestire il processo distributivo in modo da ottenere, da un lato un'efficace impiego delle risorse aziendali e dall'altro duraturi vantaggi competitivi nello scambio dei prodotti. Questa definizione oltre a comprendere le compatibilità da ricercare fra i tre soggetti che il sistema ha considerato (industria, distribuzione, consumatori finali), mette bene in risalto la componente informativa e la sua importanza è finalizzata alla gestione delle risorse aziendali tale per cui è possibile perseguire punti di forza nell'ambito concorrenziale. Gestione strategica dunque dei prodotti degli intermediari commerciali. Viene riconosciuta la nuova dimensione dell'apparato commerciale e soprattutto l'importanza che ha la creazione di un clima di collaborazione. La collaborazione non è da ricercarsi solamente all'interno delle imprese industriali tra le funzioni di marketing e di vendita ma va ricercata anche all'esterno tra il marketing proprio dell'industria e quello della distribuzione. In questo senso si esprime in termini di marketing contrattato che indica perfettamente la situazione che si dovrebbe creare.


- DISTRIBUZIONE

Da sempre , o quasi, la distribuzione è stata il settore cenerentola dell'economia. Le ragioni di questa scarsa considerazione sono almeno due, la forte polverizzazione delle imprese, e la loro conseguente scarsa capacità di esprimere comportamenti in grado di incidere sul contesto in cui si muovono, e una visione che ha privilegiato l'analisi dei comportamenti industriali. In entrambi i casi è forse giunto il momento per una riconsiderazione.

Il numero delle imprese è ancora elevatissimo e le loro dimensioni medie sono certamente ridotte, in particolare nel nostro paese, ma esistono oggi distributori che, all'opposto, sono diventati molto grandi e sofisticati. Se si guarda alla realtà commerciale dei paesi economicamente evoluti, si trovano infatti imprese di distribuzione ai primi posti delle classifiche per fatturato.

Oggi le imprese di distribuzione , grazie alle dimensioni raggiunte, non esprimono solo potere contrattuale, ma anche comportamenti che mettono in discussione gli equilibri e le stesse missioni dei diversi agenti che convivono nei canali di mercato. In altre parole, esse stanno contendendo all'industria parte del suo ruolo di valutazione e di soddisfazione dei bisogni dei consumatori non solo relativamente ai servizi commerciali, ma anche relativamente ai beni.

La rivoluzione commerciale, che ha portato alla nascita delle formule tipiche del largo consumo di massa, supermercato, magazzino popolare, ipermercato, sono nate su questi presupposti: Facendo gioco sulla volontà dei nuclei familiari di svolgere le proprie funzioni di approvvigionamento in modo diverso dal passato, concentrando gli acquisti e in questo modo usando meno lavoro (spostamenti meno frequenti) e più capitale (maggiori quantità stoccate direttamente, più mezzi di conservazione), queste formule hanno saputo guadagnarsi una posizione centrale in tutti i mercati evoluti. Nel farlo, hanno trovato un potenziale alleato proprio nell'industria di marca che consentiva loro di concentrare l'offerta su pochi beni (per ogni merceologia) ad elevata rotazione, la cui notorietà permetteva inoltre di evidenziare al consumatore la convenienza di prezzo.

Il commercio tradizionale, specie quello con scarse vocazioni di specializzazione, ne è risultato fortemente ridimensionato, riducendosi o a segmenti di nicchia o ad una domanda di vicinato. La concorrenza era del resto impossibile da reggere: le nuove formule distributive potevano contare su vantaggi strutturali di costo che in nessun modo il tradizionale era in grado di recuperare.

La situazione inizia a mutare quando, sostituito il tradizionale, la distribuzione moderna comincia a competere al suo interno, quando cioè, per l'aumentare della densità della rete, i bacini di domanda di più punti di vendita simili si trovano ad essere sovrapposti. In questa nuove situazione i vantaggi di costo non sono più strutturali, come nella concorrenza con il tradizionale, ma vanno conquistati con un'assai più faticosa ricerca di efficienza. Le trasformazioni in atto nella distribuzione, in Italia come altrove, hanno origine in questa nuova situazione e nei problemi che essa pone.

Un primo problema è costituito dall'omogeneità degli assortimenti e delle caratteristiche del servizio offerto. Ciò che nella fase precedente, n quella dello sviluppo, era un vantaggio, la standardizzazione degli assortimenti centrati sui beni di marca, diventa ora un problema. Le diverse insegne si trovano ad offrire sia beni che servizi identici, sono quindi facilmente sostituibili una con l'atra e, per attrarre il consumatore, non possono che ricorrere alla leva del prezzo. In questa fase, in cui è entrata, almeno elle aree commercialmente più evolute, anche la distribuzione italiana, si determina una forte concorrenza che si scarica anche a monte, sull'industria, in termini di richiesta di migliori condizioni di acquisto. Ma, cosa anche più importante, comincia una ricerca di differenziazione sia delle formule di vendita sia delle caratteristiche delle insegne che operano con la medesima formula. Inizia cioè il passaggio, che avviene in ritardo rispetto all'industria, dalla produzione di servizi commerciali standardizzati, vere e proprie commodity distributive, a servizi differenziati e identificati con insegne che svolgono funzioni analoghe a quelle delle marche industriali.

Il perché delle trasformazioni in atto è dunque una crescente concorrenza interna alle moderne imprese di distribuzione che reagiscono cercando di costruirsi nuovi vantaggi competitivi entro un processo di differenziazione dei propri prodotti.


La distribuzione italiana


In questo contesto si inserisce come elemento potenziante il processo di internazionalizzazione in corso. Sino agli inizi degli anni '80 le imprese di distribuzione presenti in più paesi costituivano un'eccezione a una regola di forte caratterizzazione e radicamento nazionale o anche locale. I casi di distributori internazionalizzati si limitavano per lo più a reti specializzate in beni di lusso o con assortimenti molto segmentati, spesso gestite con la formula del franchising e di norma espressione più di imprese industriali che di vere e proprie imprese di distribuzione. In pochi anni il quadro è radicalmente mutato e il numero di imprese con interessi in più paesi si è moltiplicato. Senza entrare in merito ad una discussione più approfondita di questo fenomeno, è però utile richiamare qui almeno i tratti principali. Come già accennato, uno dei fattori di spinta è stata l'innovazione commerciale. Le imprese che nel loro paese di origine avevano lanciato con successo una data formula distributiva hanno cercato di esportarla anche in altri contesti non troppo dissimili da quello di provenienza. Si è trattato talvolta di spinte dovute alla saturazione del mercato interno e più spesso di un tentativo di sfruttare in altri paesi il vantaggio derivante dalla padronanza di una nuova formula. Non potendo i prodotti commerciali essere protetti da brevetti, l'unico modo di sfruttare l'innovazione è crescere velocemente, coprendo i diversi mercati locali e conquistando le localizzazioni migliori prima che lo facciano gli inevitabili imitatori.

Lo sviluppo dell'ipermercato al di fuori del paese di origine, la Francia, ha seguito entrambi questi sentieri, mentre il discount tedesco come altre formule di discount americane sembrano portare all'entrata in altri mercati nazionali come conseguenza della saturazione del mercato interno. Esportazione di prodotti commerciali innovativi e vincoli alla crescita sono dunque stati due dei maggiori motivi di espansione all'estero. Queste spinte hanno trovato fattori ambientali facilitativi nella progressiva convergenza dei comportamenti d'acquisto dei consumatori dei paesi occidentali e, nel contesto europeo, nelle prospettive create dal progetto di unificazione del mercato formalmente compiutosi nel 1993. Quest'ultimo, in particolare, ha avuto un effetto di rilievo poiché ha portato le maggiori imprese ad anticipare l'entrata in altri paesi per cercare di cogliere un vantaggio di prima mossa, che nel settore significa anzitutto occupazione delle localizzazioni migliori. E ciò in particolare nei paesi commercialmente meno evoluti, come il nostro, dove sono ancora molto ampi gli spazi di crescita. L'investimento all'estero si è dunque intensificato ed ha portato in pochi anni alla creazione sia di gruppi che operano in pochi anni alla creazione sia di gruppi che operano con ambizioni globali, utilizzando ovunque la stessa formula proposta con la stessa insegna, sia alcune imprese che si possono definire conglomerate commerciali, attive in diversi paesi con formule diverse e comunque con reti di vendita largamente indipendenti. Queste imprese sono quelle che già iniziano ad operare con logiche di rifornimento su scala internazionale, in particolare quelle che operano con strategie globali in cui la marca commerciale gioca spesso un ruolo di rilievo.

Sono questi i gruppi che stanno iniziando a muoversi nelle direzioni indicate più sopra e che finiranno per costringere anche i loro concorrenti a percorrere lo stesso cammino.

Le tendenze che si è cercato di mettere in luce interessano tutti i contesti economicamente evoluti. In alcuni sono già consolidate, in altri, ancora ad uno stadio iniziale. Quest'ultimo è il caso del nostro paese dove solo da poco e limitatamente alle aeree commercialmente più dinamiche si è ormai quasi compiuta la sostituzione del dettaglio tradizionale con le formule di quello moderno.


LA DISTRIBUZIONE NEL MEZZOGIORNO


La distribuzione nel mezzogiorno rispecchia la più generale struttura economica dell'area. Il processo di modernizzazione è avvenuto più lentamente che nel centro e nel nord, sia in termini di diffusione di grandi superfici che di crescita delle imprese commerciali. Per molti versi la posizione della distribuzione del Mezzogiorno rispetto al resto del paese è simile a quella di quest'ultimo rispetto al contesto europeo. Così come l'Italia è vista dai grandi gruppi europei come un'area in cui esistono grandi potenzialità di investimento, così il sud appare oggi ai maggiori distributori nazionali come il territorio in cui sono ancora possibili ampi spazi di crescita. Anche il rapporto tra dimensione delle imprese è analogo: la grande distribuzione italiana appare piccola se confrontata con gli standard europei e quella del sud piccola se confrontata con quelli prevalenti nel nord. Il ritardo accumulato è tale da rendere molto difficile pensare che l'imprenditoria commerciale locale possa, nel medio periodo, continuare a svolgere un ruolo significativo. Quanto è successo in Sicilia, dove Rinascente ha oggi una netta leadership, e sta avvenendo in Puglia sono i primi segnali di un processo destinato a continuare, di pari passo con il più generale consolidamento della distribuzione italiana. L'imprenditoria locale avrebbe possibilità di reagire, anticipando sui tempi i concorrenti che vengono dal nord, ma ciò richiederebbe un rapido e reale processo di concentrazione aziendale, che se si deve giudicare rispetto all'esperienza passata, costituisce uno senario poco probabile. Più probabile invece che le aziende locali siano cedute e diventino le teste di ponte per chi cerca di espandersi al sud.

Se lo sviluppo del commercio del Mezzogiorno avverrà in parallelo a una crescente presenza di imprese radicate al nord o estere, anche l'industria locale si troverà a dover affrontare problemi nuovi e non facili, e dovrà farlo in tempi molto brevi. La struttura della distribuzione e dell'industria hanno stretti legami: la concentrazione dell'una spinge alla concentrazione dell'altra e viceversa.

Nel quadro di un andamento economico complessivamente negativo nell'ultimo quinquennio nel Mezzogiorno stanno avvenendo importanti trasformazioni strutturali. Trasformazioni che segnano anche discontinuità profonde rispetto al passato; i cambiamenti nella distribuzione commerciale rappresentano uno di questi casi. Il fatto che il Mezzogiorno arrivi a seguire con ritardo le orme di alcune regioni settentrionali e di altri paesi europei non deve indurre a pensare che ciò accadesse. Sono evidentemente venute meno (anche per l'incisiva azione dell'Antitrust) almeno una parte di quelle regole politico-amministrative discrezionali che proteggevano la preesistente, frammentata, struttura distributiva. Come tutte le trasformazioni che aumentano la concorrenza e l'apertura verso l'esterno di una economia (con l'arrivo al sud di grandi gruppi nazionali ed esteri), anche la modernizzazione della distribuzione meridionale è positiva. Questi cambiamenti portano evidenti rischi da non sottovalutare per molti operatori sia per i piccoli commercianti, sia per i produttori legati alla distribuzione locale. Ma portano con sé anche nuove opportunità: la grande distribuzione può anche rappresentare un veicolo per la commercializzazione fuori dal sud dei prodotti locali. Sembra opportuno che questo processo così rapido e incisivo sia accompagnato da opportuni interventi, sia per renderlo socialmente e politicamente più accettabile sia per rafforzare i suoi effetti economici positivi. Ad esempio da misure per favorire la modernizzazione e la specializzazione della distribuzione tradizionale. Ma anche e soprattutto da incisive politiche di risanamento delle città: rendere le città meridionali più vivibili, più facilmente accessibili, più allettanti turisticamente è la miglior strategia in favore della distribuzione meridionale che in questo momento si può immaginare.

La nuova frontiera della distribuzione si è spostata a sud: l'interesse dei gruppi commerciali è elevato in questo momento, ed concentrato soprattutto sulle aree a maggior densità di popolazione: Puglia, Campania, Sicilia e anche Sardegna.

L'EVOLUZIONE DELLE FORME DISTRIBUTIVE


I consumi alimentari vengono commercializzati attraverso una rete ancora carente di strutture moderne. Nel 1994 su un totale di circa 254 mila punti di vendita si contano infatti solo 11.049 unità (4%) tra superette, supermercati e ipermercati, contro i circa 197 mila (77%) punti di vendita specializzata e gli oltre 45 mila (19%) despecializzati di tipo tradizionale.

Considerando la composizione della superficie moderna, risulta evidente come alla centralità del supermercato sull'intero territorio si contrapponga una disomogenea diffusione dell'ipermercato e del superstore, formule, queste due ultime, in alcune regioni addirittura non ancora presenti.

Nonostante il cammino da compiere per adeguare lo stock alle esigenze della domanda sia quindi ancora lungo è indubbio come sia in atto una profonda evoluzione delle formule distributive. Evoluzione che rappresenta, da un lato, l'esito dei tentativi attuati dagli operatori commerciali di implementare tecniche di vendita in grado, come detto, di meglio rispondere alle modalità di acquisto praticate e desiderate dai consumatori; dall'altro, il risultato della ricerca di forme che riescano ad allargare gli spazi di mercato per la grande distribuzione.

Il compimento di questo processo nel comparto alimentare può essere identificato nella diffusione dell'ipermercato e delle altre varie formule distributive apparse sul mercato e che, con riferimento a beni simili, offrono al consumatore la possibilità di reperirli rispetto a differenti occasioni di acquisto. In realtà, la diffusione dell'ipermercato propone la necessità di una generale ridefinizione degli equilibri tra le diverse formule distributive presenti. Con il procedere della modernizzazione, la portata dei cambiamenti in atto è perciò molto ampia proprio perché coinvolge la stessa natura dei rapporti tra consumatore e servizi commerciali, tra processi di acquisto e funzioni d'uso delle diverse formule distributive. Insomma, il consumatore tende a definire in modo sempre più netto le proprie preferenze sul tipo e sulla composizione dei servizi con cui desidera acquistare i diversi beni nei diversi momenti di acquisto. All'ampliarsi delle formule raggiungibili dal consumatore a costi comparabili occorre quindi tenere presente che quest'ultimo diviene <<trasversale>> rispetto al loro stesso utilizzo. Ciò richiede ai distributori di potenziare l'uso di quelle leve che meglio di altre sono in grado di promuovere la fedeltà del consumatore alla specifica insegna (ad esempio, la convenienza generale di prezzo, la qualità dell'assortimento soprattutto nel fresco, le politiche di comunicazione). Nei mercati competitivi è dunque la stessa natura dei modelli di acquisto prevalenti che indica alle diverse formule le strade percorribili; alle imprese spetta il difficile compito di recepire per tempo i segnali provenienti dalla domanda e di dare loro la giusta interpretazione.


L'affermazione degli hard discount




Dopo che negli ultimi anni la distribuzione italiana ha conosciuto un grande sviluppo grazie al proliferare di centri commerciali, creati per offrire al consumatore un elevato assortimento accompagnato da un altrettanto elevato livello di servizi al cliente, la novità dell'hard discount sembra essere in controtendenza con l'adozione di strategie completamente diverse. Comparsi in Italia nel 1992 con Lidl, Europee Discount e Plus, presentano al posto delle enormi superfici, punti vendita di 400-600 mt. quadrati, assortimento da 500-600 merceologie a marchio di fantasia e totale assenza di promozioni con possibilità però di un risparmio sulla spesa che va dal 20-40%. La difficile congiuntura economica e il legame già affievolito tra consumatore e marche sembra decretare il successo di questa formula: ad Aprile 1994 302 hard discount solo nel centro-nord. Chi frequenta hard discount è un consumatore trasversale, fa la spesa in diversi punti vendita li prova e li confronta. Non è necessariamente povero o privo di cultura. Le motivazioni che lo spingono all'acquisto in questi, risalgono solo ai vantaggi economici che compensano gli inconvenienti dovuti all'insufficienza dei servizi (parcheggi, fila alle casse, mancanza di merce sugli scaffali) ed all'offerta dei prodotti. Questa infatti è limitata rispetto agli assortimenti dei supermercati e degli ipermercati ed è quindi necessario il completamento della spesa presso altri punti vendita. Se la qualità è insoddisfacente in alcuni comparti (fresco) gli indici di gradimento aumentano per i detersivi. L'industria di marca nella elaborazione delle strategie competitive non può non tener conto delle imitazioni indotte dal successo di questa forma distributiva sia per quanto riguarda la ripartizione delle quote di mercato che per i cambiamenti valoriali indotti nella domanda, la quale diventa ora molto più sensibile al prezzo.

Il modo e le strategie competitive nel settore detergenti ad uso domestico com'è dall'analisi della struttura del settore quello dei detergenti è un mercato fortemente concentrato e come tale presenta caratteristiche comuni ad altri settori parimenti strutturati caratteristiche di materia di mercato moderno hanno approfondito e reso comprensibile in particolare:

Presenta dal lato dell'offerta un limitato numero di produttori alcuni dei quali controlla quote di mercato elevate;

I prodotti sono diversi;

Il mercato presenta condizioni di limitata trasparenza ed i consumatori sono influenzati dalle politiche di vendita;

Anche i produttori operano in condizione di conoscenza imperfetta;

La concorrenza esercita per lo più con strumenti diversi dal prezzo;

A decidere la soluzione il produttore deve considerare oltre alla reattività della domanda anche la reazione dei concorrenti.

L'impresa produttrice di detergenti si trova dunque a dover fronteggiare un numero limitato di concorrenti con dimensioni e potenzialità competitive simili alle sue. In tale situazione il grado d'integrazione tra le sue decisioni e quelle d'altre imprese non può che essere molto elevato. La definizione delle politiche di mercato incontra dunque resistenze e suscita reazioni non sole nella domanda come viene per il polibonista ma anche nei concorrenti. Nella formulazione dei piani di marketing l'impresa deve quindi tener conto delle reazioni dei concorrenti ad ogni sua iniziativa. Questo spiega perché nel settore dei detergenti la competizione è sempre avvenuta utilizzando strumenti diversi del prezzo (price competition) L'utilizzo di questa leva avrebbe, infatti, come unica conseguenza quella di scatenare una guerra dei prezzi determinerebbe una diminuzione dei profitti di tutte le imprese del settore. Una critica che si può muovere a questa interpretazione è che in realtà l'impiego di qualsiasi altro strumento di marketing potrebbe portare alle stesse conclusioni cioè ad una imitazione delle iniziative da parte dei concorrenti e ad un conseguente annullamento dei vantaggi della stessa. Il motivo perciò si rinuncia a ricorrere al price competition risiede in realtà nella considerazione che il prezzo consente variazioni e quindi adeguamenti molto rapidi sia nella fase decisionale sia in quella degli effetti conseguibili. Oltre tutto il prezzo è forse l'unico fattore in un'offerta come visto poco trasparente che permette comportamenti perfettamente razionali al consumatore. Tra i tipi di concorrenza, può però portare a fenomeni di trading up in altre parole un generale aumenta della qualità dei costi di vendita, dei prezzi della pubblicità e dei servizi del settore con conseguente vuoto d'offerta a livello inferiore dei prezzi. Questo è quello che è accaduto nel mercato dei detergenti ad uso domestico e che vedremo ha portato a mutamenti strutturali nel settore. Alla grande impresa multinazionale che opera nel settore concentrato come quello dei detergenti proprio per il motivo della sua dimensione rimane comunque un'ampia libertà di scelta nell'ambito delle decisioni attinenti ad altri parametri d'azione. Le strategie competitive sono quindi sempre state elaborate ricorrendo in modo massiccio alla pubblicità impostando ampie politiche di marca replicando le caratteristiche qualitative del prodotto al fine di creare una forte immagine istituzionale della marca stessa è una consistente fidelizzazione dei clienti. Le considerazioni fin qui svolte ben si prestano a spiegare le strategie competitive dominanti fin a pochi anni fa nel settore dei detergenti ad uso domestico. Per avere una visione più attuale del panorama per compiere delle previsioni valide per quelle che saranno il modo competitivo dei prossimi anni occorre tener conto di quella che è la domanda in una situazione in rapida evoluzione. Il comparto dei detergenti ad uso domestico è considerato nel suo insieme strutturalmente maturo, è contraddistinto, infatti, da tassi di crescita delle vendita molto modesti. Dopo un lungo periodo di costante crescita durato fino agli inizi del 90 si è uniformato all'andamento di quasi tutti i settori mass market. Dal 91 al 93 i tassi di crescita sono stati di poco superiori all'1,5% e per gli anni avvenire si può prevedere un sostanziale mantenimento dei consumi e dei volumi di produzione. Il rischio avvertito dai più importanti produttori del settore è che al raggiungimento della stessa maturità della domanda si accompagni una banalizzazione nei processi d'acquisto, ciò significherebbe un'eliminazione da parte del consumatore dello sforzo informativo, limitata importanza attribuita al processo d'acquisto. Se così fosse i fatti che acquisterebbero maggiore importanza di influenzare la domanda non sarebbero più la comunicazione e la qualità del prodotto ma il prezzo e la variabile distributiva con una leggera prevalenza del prezzo che ha un suo valore elevato. Non è questo il caso dei detergenti.


Le strutture distributive tradizionali:


Inoltre i nuovi comportamenti del consumatore indotti dalla recessione economica nell'affermarsi di una forma alternativa alle tradizionali quali hard discount rendono concreta la minaccia legata alla possibilità di riempire quel vuoto di offerta al livello dei prezzi bassi venutisi a creare grazie alla struttura del settore e alle strategie adottate in un passato ancora recente dai produttori di detergenti. Allo spostamento verso l'acquisto a basso prezzo e la conseguente erosione delle quote di mercato dei prodotti di marca i produttori leader hanno risposto anche con il congelamento dei prezzi. I rincari medi, infatti, del 93 si sono mantenuti sotto al 4%.Questo denota come ci sia una certa confusione sulle strategie da adottare I grandi produttori, infatti, nonostante la minaccia apportata dai nuovi concorrenti non possono certo utilizzare questa variabile come leva principale per le proprie politiche di marketing perché innescherebbero una guerra di prezzi che avrebbe come unica conseguenza una riduzione dei profitti per l'intero settore sia perché nel perseguire tale strategia non possono evitare di intervenire sul costo del prodotto con conseguenze inimmaginabili soprattutto per gli investimenti pubblicitari e per le politiche di ricerca e sviluppo. Anche sul piano della comunicazione lo sforzo dell'industria di marca deve essere quello di resistere alla tentazione di scivolare sull'argomento prezzo anche perché in un settore maturo la lotta è condotta soprattutto per il rafforzamento dalla fedeltà alla marca da parte della massaia e per farcela la leva del risparmio da sola non basta. Il messaggio pubblicitario deve continuare ad enfatizzare la qualità del prodotto questo non significa che il produttore di marca è condannato a guardare la guerra dei prezzi dall'alto come uno spettatore può intervenire con nuove idee come ad esempio detersivi liquidi per il bucato i cui ricarichi che consentono al consumatore un risparmio senza alcun rinuncia sotto l'aspetto della qualità del prodotto. Anche la capacità di ottenere ottimi risultati a bassa temperatura in un meno tempo con un conseguente risparmio di tempo e d'energia elettrica e acqua costituisce un elemento di convenienza che i prodotti a prezzo stracciato difficilmente possono raggiungere. Una possibilità può essere quello di puntare ad un incremento dell'attività promozionale basate su sconti: funzionano soprattutto quelli immediati ma anche quelli di cui si fruirà nell'acquisto successivo del prodotto oppure è sufficiente regalare al consumatore qualche etto in più di detersivo vantaggio concreto e immediato magari catturando l'attenzione con gadget più effimeri come orologi radioline pupazzetti. Occorre anche aggiungere che il responsabile d'acquisto è fortemente tradizionalista per una serie di precise motivazioni psicologiche tutte italiane legate al problema della pulizia e continuamente assicurata dall'immagine istituzionale della marca. Le industrie sono così spinte a lanciare nuove continue proposte i liquidi i compatti le perle le ricariche non infrequentemente destinate all'insuccesso sia a causa delle varie attività del mercato sia perché le differenziazioni si normalizzano rapidamente e quindi si annulla la loro efficacia competitiva. L'innovazione che in prospettiva mostra le potenzialità più interessanti sono quelle che vanno in direzione ecologica. Qualche anno fa l'attenzione del consumatore italiano all'aspetto dell'impatto ambientale dei detersivi registrò una brusca impennata verso l'alto a causa soprattutto della mucillagine del mare adriatico e della campagna demonizzante fatta dai media esperti nei confronti dei detergenti. Tutte le imprese si affrettarono a produrre senza fosforo in alcuni casi anticipando la legge che norma severamente le formule fino ad evitare la ipertrofizzazione delle alghe. Ora l'attenzione ecologica si sposta anche su altri aspetti come la riciclabilità e la biodegrabilità del confezionamento packaging e il risparmio energetico. Adesso nel nostro paese solo una fascia ristretta di acquirenti si mostra realmente interessata a questi percorsi alternativi ma va anche detto che senza dubbio lo sviluppo di un inserimento valido sul mercato può costituire una buona opportunità di riposizionamento strategico non solo perché consente di aumentare le distanze nei confronti delle non marche (difficilmente inseguono sul piano dell'innovazione data la scarsità di immagine e quindi di investimento in ricerca e sviluppo), ma anche perché può presentare elemento di differenziazione all'interno del gruppo rappresentato dai produttori di marca. In sostanza se è vero che è cresciuta l'attenzione al prezzo da parte dei consumatori e che l'industria di marca si trova a fronteggiare una concorrenza aggressiva come quella degli hard discount che ha fatto del price competition l'arma per ridefinire le quote di mercato del settore e altrettanto vero che le strategie dei leaders non possono prescindere da una continua innovazione di prodotto e dalla ricerca di quella fedeltà alla marca ottenibile con massicci investimenti pubblicitari. La sfida che si propone ai grandi produttori sarà proprio quella di riuscire nei prossimi anni a gestire budget e saranno sempre più ridotti a causa della riduzione dei margini nel modo più efficiente possibile sia nella ricerca di sviluppo sia nella comunicazione. Le imprese leader dovranno, infatti, spingere l'acceleratore sugli investimenti pubblicitari per comunicare inplus dei propri prodotti e mantenere la differenziazione di immagine dei propri prodotti rispetto ai prodotti di non marca.


Umbrandet e le marche commerciali:


Occorre rilevare che quello dei detersivi è un mercato controllato dalle multinazionali con ricercate tecniche di marketing. Il grado di differenziazione dei prodotti è molto elevato e difficilmente si potrà tornare ad una loro banalizzazione nell'ambito dei punti vendita come discount quindi nel futuro dovrebbe essere superiore l'aspetto delle private labile in particolare si tiene conto del fatto che la struttura distributiva in Italia è ancora arretrata rispetto agli altri paesi ed ha ancora alti margini per una maggiore concentrazione. Nel settore dei detersivi le medie imprese quindi hanno in questo senso buone opportunità di sviluppo essendo una missione prevalente per questa tipologia di imprese la produzione per le marche commerciali.


I gruppi strategici:


Secondo Porter occorre riclassificare i comportamenti strategici di tutti i concorrenti indicativi facendo riferimento alle varie scelte strategiche rilevanti nel settore. Otterremo un rappresentazione dei diversi raggruppamenti ognuno dei quali riunisce un insieme di imprese che all'interno del settore adotta strategie simili: Nel settore dei detergenti ad uso domestico è possibile individuare tre gruppi imprese ciascuno dei quali persegue strategie competitive simili al suo interno ma differenti dagli altri produttori di marca:

La grande distribuzione le private label;

Gli hard discount con i prodotti di non marca.

Il primo di questi gruppi ha sempre fatto delle immagini di marche della continua innovazione e della differenziazione dei prodotti le dimensione strategiche lungo cui impostare le proprie politiche competitive. Al contrario fino a qualche anno fa la dimensione e il prezzo si sono presentato come problematica per la politica di marketing che si trovavano di fronte ad una domanda in forte espansione e pochi concorrenti da controllare.

In questa situazione si sono inserite dapprima le private label (che a fronte di una discreta e in qualche caso buona qualità del prodotto presentano prezzi ridotti a discapito dell'immagine di marca che è quindi legata a quella del punto vendita).Solo di recente in Italia si sono affermati i prodotti degli hard discount che sono spesso di qualità mediocre e lo sono comunque spesso i servizi a loro connessi (continua reperibilità dei prodotti sugli scaffali, file per il pagamento, problema parcheggi) non hanno assolutamente immagine di marca (ma anche fantasia).E' interessante notare come quelli che sono i fattori che costituiscono barriere all'entrata in un determinato gruppo strategico, barriere alla mobilità, rendono impossibile per gli appartenenti ad un gruppo diminuire le distanze dagli altri raggruppamenti, così se immagine di marca, qualità dei prodotti e investimenti pubblicitari determinano il successo per il leader del settore dati gli elevati costi necessari per raggiungere tali obbiettivi, diventerà impossibile per lui praticare prezzi bassi allo stesso modo chi opera con i primi prezzi avrà a disposizione margini così limitati da non poter investire in campagne pubblicitarie o in R&S. Per quanto riguarda la concorrenza nei vari raggruppamenti i settori competitivi che decreteranno il successo di un prodotto di marca piuttosto che di un altro saranno costituiti sicuramente dall'innovazione e differenziazione degli stessi e dall'abilità dei produttori nel comunicarle. In particolare soprattutto in ottica di medio e lungo periodo può essere opportunità di differenziazione e riposizionamento strategico l'innovazione e l'erezione ecologica, gli investimenti necessari per ricerca e successiva comunicazione fanno prevedere che chi deve cogliere questa opportunità siano senz'altro i produttori di marca. La capacità d'attrattiva del punto di vendita costituirà invece la base per il successo di una marca commerciale rispetto ad un'altra e il raggiungimento di una leadership di costo sarà l'obiettivo da raggiungere per i prodotti di non marca.  


Verso un mercato europeo


Il continuo sviluppo della distribuzione riduce sempre di più l'utilizzo della Legge 426/71 in termini di interventi volti a razionalizzare il sistema commerciale italiano. Il limite maggiore posto da questa legge è il vincolo alla apertura di esercizi che non abbiano particolari requisiti dimensionali ed ubicativi. Nel caso specifico sono la volumetrie massime consentite che risultano assolutamente inadeguate per la distribuzione moderna. La legge criticata non favorisce né asseconda la modernizzazione piuttosto la vincola e quindi la rallenta. In vista della nuova dimensione europea che i mercati avranno dal 1992, il Consiglio Europeo di Milano a completamento del mercato interno ha approvato il LIBRO BIANCO del 1995 sul completamento del Mercato Interno. Questo progetto di sviluppo in senso europeo è coadiuvato dall'Atto Unico Europeo in vigore dal 1° luglio '87 che prevede disposizioni assumenti valutazioni sul suddetto progetto. Lo sviluppo secondo il programma del Libro Bianco sarà individuato principalmente in tre atti: strategico, localistico e morale. L'analisi dei dati più recenti circa il sistema distributivo italiano mostra che le caratteristiche strutturali degli anni della trasformazione non sono mutati e si prevede che resteranno tali in un prossimo futuro. Il settore grocery ha il suo sbocco nel mercato dei beni di consumo finale attraverso il dettaglio tradizionale e moderno. Gli esercizi del dettaglio tradizionale formano una struttura ancora molto frammentata e polverizzata, soprattutto, è nelle regioni meridionali che il turn over fra gli esercizi del dettaglio tradizionale è più lento.

Il dettaglio moderno. La grande distribuzione e la distribuzione organizzata sono la configurazione moderna del dettaglio. Appartengono alla grande distribuzione società di capitali organizzate di catene indipendenti i cui esercizi si estendono su più esercizi di vendita (ipermercati, supermercati, centri commerciali) generalmente coprono l'intero territorio nazionale (come la Standa e la Rinascente) oppure una sua area notevole come la Generale Supermercati Lombardia . La distribuzione organizzata comprende invece grandi punti vendita del commercio associato, superette, unioni volontarie , gruppi di acquisto . Grande distribuzione e distribuzione organizzata formano la grande distribuzione , termine con cui ci si riferisce in distribuzione moderna generale; al suo interno lo sviluppo numerico delle diverse forme distributive è costante resta comunque inferiore alla quote europee annualmente vengono aperti in media 100 supermercati, 25 grandi magazzini, l'incremento degli ipermercati è sicuramente inferiore alle possibilità reali di crescita. La situazione osservata rileva una sorta di stasi una mancanza di dinamismo verso una struttura più europea e nel cercare innanzitutto delle concessioni governative necessarie all'avviamento di nuovi esercizi; a queste difficoltà si aggiungono gli elevati costi delle superfici sia in fase di costruzione che gestione degli stabili (orari di apertura al pubblico), il credito agevolato per le imprese della grande distribuzione a tassi di interesse più elevati rispetto ad altri paesi europei. La figura mostra in quali % gli esercizi della distribuzione tradizionale moderna coprono il mercato della domanda finale di beni di grocery.


SECONDA PARTE
IL SETTORE DEI DETERGENTI PER USO DOMESTICO

INTRODUZIONE:


L'EVOLUZIONE DEL SETTORE


Sin dai primi anni '80 il settore dei detersivi per uso domestico era sostanzialmente statico sia nel tipo dei prodotti commercializzati sia nei nomi delle aziende produttrici. La ragione fondamentale che ha permesso il consolidarsi di questa situazione è la omogeneità del prodotto. Infatti le sostanze chimiche necessarie alla formulazione delle polveri e detergenti sono le stesse per tutte le aziende. Questa situazione ha enfatizzato la valenza strategica della comunicazione pubblicitaria come arma competitiva tanto che solo i produttori con maggiori disponibilità finanziarie sono stati in grado di sostenere gli investimenti di marketing necessari a mantenere e ad ampliare le proprie quote di mercato. Di conseguenza i piccoli produttori sono stati estromessi dal mercato mentre le risorse economiche necessarie a conquistare e mantenere una posizione nel mercato costituivano una barriera molto solida all'entrata nel settore. Le condizioni sopra descritte mutano inevitabilmente quando l'olandese Unilever lancia sul mercato un nuovo prodotto "Svelto". La sua posizione ha scatenato molte politiche imitative dei concorrenti ha ricreato un ambito competitivo accentrato sul prodotto ma soprattutto ha differenziato il settore in due ambiti specifici: detergenti in polvere e detergenti liquidi. I processi produttivi per i liquidi sono meno onerosi quindi hanno permesso a nuovi trend di entrare nel settore neutralizzando in parte la barriera degli investimenti pubblicitari, solo in parte in quanto i maggiori produttori hanno commercializzato il prodotto liquido con lo stesso nome della polvere come "Dash e Dixan". Il settore dei detersivi presenta una concentrazione molto forte cinque aziende leader operano sia nel campo dei detergenti per bucato sia in quello delle stoviglie. Insieme coprono circa il 90% del mercato, si tratta delle multinazionali Procter & Gamble, Colgate-Palmolive, Henkel e Beckinser tedesche che ha acquistato Miralanza, Panigal e Soilax e della olandese Unilever.

In base alle osservazioni svolte si nota come la competizione fra le aziende del settore si sia nuovamente orientata alla differenziazione del prodotto basata su una costante ricerca di soluzioni ai problemi legati all'equilibrio ecologico, ma il terreno di scontro principale di scontro resta il trade. La struttura tipica dei costi che un'azienda produttrice di detersivi sostiene in % sul fatturato mostra che una quota variabile tra il 35 e il 40 dei costi totali è generata da costi esterni (trasporto, magazzini, contatti con i distributori) e da costi commerciali. Gli altri costi distributivi oltre alle politiche di selezione dell'assortimento praticate dalle aziende commerciali (il 71% dei detersivi è commercializzato attraverso la distribuzione moderna, spingono i maggiori produttori di detersivi a prestare maggiore attenzione alle variabili critiche che caratterizzano i loro prodotti (il packaging, la logistica, problemi di rotazione dei terms, rotture degli stocks, tecniche di vendita, sono osservati dai merchandiser delle aziende produttrici). È proprio l'assistenza che il merchandiser offre al punto vendita per ottimizzare le soluzioni ai problemi appena richiamati a costituire una nuova consistente parte dei costi commerciali, a volte fino al 50%, lasciando l'altra metà a pubblicità e promozione. Lo strumento più utilizzato per misurare la redditività del prodotto e che può essere ben sfruttato in un'ottica di sell-out è il direct-product. Il fattore principale su cui si deve focalizzare l'interesse dell'impresa produttrice è la rotazione del prodotto: all'aumentare della rotazione aumenta la redditività per il distributore in termine di margine di prodotto e di copertura dei costi di esposizione. Per promuovere questa redditività e quindi assicurarsi la preferenza del distributore al momento della definizione dell'assortimento il produttore può intervenire su diverse variabili: dimensione e peso del prodotto, packaging, dimensione dei pallets. In questo modo il prodotto subisce una differenziazione commerciale che si può considerare come l'obiettivo principale delle strategie di trade marketing. Merchandising e organizzazione dello spazio espositivo sono dunque due ambiti in cui l'industria cerca di offrire collaborazione alla distribuzione.

I grandi produttori in Italia di detersivi per uso domestico vengono chiamate le cinque sorelle; queste cinque aziende leader lasciano poco spazio ai produttori minori soprattutto negli anni recenti. Unilever che è presente in Italia con la denominazione di Unilit ha la maggiore quota di mercato nel settore dei detersivi per bucato a mano e lavatrice e stoviglie; per il lavaggio di capi delicati invece la leader è Beckinser; un'altra multinazionale che soddisfa una quota considerevole della domanda e Procter & Gamble.


IL MARKETING MIX NEL SETTORE DEI DETEERGENTI AD USO DOMESTICO:


LE AREE STRATEGICHE D'AFFARI (ASA)


Il settore dei detergenti apparentemente omogeneo, si suddivide in tre settori, cui corrispondono altrettante classi di prodotti con caratteristiche differenziate:

A)    detergenti per uso domestico 79% del consumo totale destinati all'uso del bucato, piatti, superfici dure e pavimenti ecc.

B)    detergenti per comunità 15% del consumo totale destinati all'uso del bucato, piatti, superfici dure e pavimenti

C)    detergenti per uso industriale 6% del consumo totale.

Si parla di tre distinte aree strategiche d'affari che si differenziano oltre che per le caratteristiche dei mercati cui i prodotti sono diretti anche per: le qualità tecniche dei prodotti e la struttura dell'apparato produttivo.

Mentre il segmento dei detersivi per uso domestico è un mercato di tipo concentrato ed oligopolistico, gli altri presentano una grande frammentazione (uno di dimensioni aziendali medio-piccole). Le cause di questa struttura vanno ricercate:

nella semplicità del know-how richiesto per questo tipo di produzione

nel tipo di distribuzione dei prodotti che essendo all'ingrosso anziché al dettaglio favorisce le piccole-medie imprese che si collocano presso degli utilizzatori.



LE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELL'OFFERTA


L'offerta mondiale è controllata da cinque grandi gruppi multinazionali: Procter & Gamble, Unilever, Colgate-Palmolive, Henkel e Beckinser. Esse detengono la quasi totalità del mercato usa, l'80% di quello europeo ed hanno una forte presenza produttiva e commerciale in espansione in America Latina, Africa, Medio Oriente, Asia Orientale. In Italia i produttori aderenti ad Assocasa sono 30 e coprono la quasi totalità del mercato. Ad essi si affiancano una serie di piccole imprese operanti a livello locale con quote di mercato trascurabili. Nell'insieme gli operatori sono circa 125 per un totale di 6700 addetti. Anche i quasi 5000 miliardi di fatturato del settore (dati del 1993) del mercato italiano sono ripartiti tra i cinque grandi che hanno l'84% mentre il restante 16% è delle piccole-medie. Nel nostro paese il processo di internazionalizzazione è avvenuto in un periodo in cui il mercato era in forte espansione. Ciò ha condizionato la struttura del settore stesso, dando una connotazione decisamente positiva agli effetti degli investimenti esteri nel nostro paese. Il fatto che le multinazionali si siano affermate in Italia quando c'era spazio per tutti, ha fatto si che l'investimento estero sia stato veicolo di trasmissione di nuovi prodotti, di nuovi modelli di consumo e di nuove tecnologie: ciò ha permesso di passare ad un prodotto indifferenziato in grado di lavare ogni oggetto, a prodotti specifici per ogni destinazione, ha concorso ad ampliare la domanda. La tendenza in atto è l'affermarsi di prodotti di marca commerciale (private label) e di non marca (prodotti di hard discount) a discapito delle quote detenute dai tradizionali produttori di marca.






LA CONCENTRAZIONE DELL'OFFERTA NEI DIVERSI SEGMENTI DEL MERCATO



I cinque grandi sono riusciti ad erigere elevate barriere all'ingresso non solo di carattere tecnologico-produttivo, grazie agli investimenti in R&S, ma anche e soprattutto di tipo commerciale utilizzando raffinatissime tecniche di marketing e sviluppando una forte immagine istituzionale grazie agli enormi investimenti pubblicitari.

Il boom dei detergenti e la forte correlazione tra quantità consumate ed esigenze di ampliamento e differenziazione dei prodotti, hanno indotto le imprese leader, dotate di ingenti risorse finanziarie, a sperimentare le proprie linee di produzione all'estero, dove i modelli di consumo erano diversi rispetto al paese d'origine. Queste imprese però nelle loro penetrazioni sui mercati esteri incontravano problemi ed ostacoli che richiedevano una presenza produttiva più presente e non solo commerciale.

A)    Le differenti modalità di lavaggio nei diversi paesi e durezza dell'acqua erano fattori che favorivano i produttori locali e richiedevano adeguamenti produttivi delle imprese che volevano entrare nel mercato.

B)    La destinazione dei detergenti al consumo della famiglia rendeva necessaria una rete di distribuzione molto capillare e ingenti sforzi nel marketing e nella pubblicità, che se disgiunti dalla fase produttiva, potevano dar luogo a diseconomie di scala e a molte perdite di opportunità.


I FATTORI DI SUCCESSO NELLA DETERGENZA DOMESTICA



L'industria della detergenza rappresenta una rilevante realtà del mondo economico e produttivo contemporaneo. Essa copre un campo molto diversificato che si esplica in una serie di prodotti specifici per i singoli problemi di lavaggio e pulizia degli oggetti e materiali più diversi. Diversi sono perciò i problemi, le esigenze e le soluzioni, sia nel campo applicativo che formulativo, che ne derivano a seconda che si prendano in considerazione settori quali quello del lavaggio domestico o per comunità o industriale. Il segmento dei detersivi ad uso domestico, rappresenta il comparto di maggiore importanza. L'Italia è sicuramente il paese europeo dove si consumano i maggiori quantitativi di pulitori domestici. Il mercato è presidiato da un grippo di multinazionali, quali Procter & Gamble, Johnson Wax, Bayer, Henkel, Colgate, Unilever, Reckitt & Colman e Manitoba. Tale situazione è giustificata dal fatto che per operare i questo business, bisogna possedere un notevole know-how produttivo, dimensioni internazionali e un'elevata autonomia finanziaria. Le aziende nazionali che operano nel settore sono poche e in ogni caso dispongono di una dimensione media o medio-piccola anche dal punto di vista distributivo. I grandi gruppi vantano una gamma molto completa di referenze e occupano in modo massiccio, i lineari della grande distribuzione. Non trascuriamo però il ruolo delle private label, che rappresentano un ottimo sbocco anche per i piccoli. Il mercato dei detergenti per la casa, vede primeggiare, per quanto riguarda i fattori strategici, le politiche di differenziazione; è un sistema per ovviare alla poca fedeltà alla marca. Del resto la conoscenza spontanea e sollecitata dei vari brand la dice lunga sul rapporto che intercorre tra domanda e offerta: mediamente il grado di affezione a un certo marchio è pari al 38,6% con punte del 58,7% per le cere per pavimenti, mentre per l'alcol del 16,9%. L'attività di promozione è diventata nel corso degli ultimi anni, fondamentale per il settore nel suo complesso e in particolare per quei prodotti con un più alto valore aggiunto. Espositori collocati nelle zone calde dei punti vendita, iniziative tipo 3x2, partecipazione a concorsi a premi, regali e buoni sconti, promotrici e hostess, hanno contribuito all'espansione del mercato, sollecitando il potenziale di consumo. Inoltre oggi la casalinga può impiegare in ogni situazione il preparato che consente di ottenere i migliori risultati, realizzato appositamente per risolvere un certo problema. In pratica oggi ci troviamo di fronte a due categorie di utenti, la prima molto preoccupata della convenienza (pronta all'acquisto solo se necessario) e insensibile a fattori come la qualità, l'immagine di marca o di azienda, le specificità d'uso ecc. Questo gruppo si rivolge agli hard discount, agli ambulanti o alla gamma di primi prezzi offerta dai supermercati; ha il più ridotto livello di fedeltà e di ricordo spontaneo delle marche. All'opposto chi è sensibile ai plus qualitativi, all'efficacia e all'innovazione fa appello ai supermercati e agli ipermercati o al limite al tradizionale droghiere, comprando solitamente generi con una certa notorietà. Il bello è che non ci sono comportamenti intermedi. La distribuzione dei detergenti chimici per la casa avviene soprattutto tramite il moderno, che veicola circa il 58,4% in valore, seguito dal dettaglio tradizionale, con un'incidenza del 19,9%| e degli hard discount, con il 12,9%. In questo business sono presenti in modo significativo anche le vendite dirette su catalogo o porta a porta, grazie alle strutture multilivello. La gamma, il formato e il packaging non rappresentano attualmente fattori di successo strategici. Tuttavia sugli imballaggi si lavora molto, con flaconi maneggevoli, impugnature comode, tappi dosatori ecc. Anche l'innovazione di un prodotto ha un limitato impatto, con riscontri solo nel periodo successivo al lancio. Diverso il discorso del restyling di tutta l'offerta, che finiscono per dettare legge ma, essendo condivisi dalle principali aziende, non offrono grandi margini di competizione: negli anni novanta, si sono diffusi, sulla scia dell'esperienza degli altri paesi, i concentrati, più comodi da stoccare in casa, ma specialmente nel punto vendita e dunque almeno in proporzione, leggermente più economici. Una produzione dei concentrati in larga scala consente un notevole risparmio: eliminando i componenti che influiscono meno sulle proprietà detergenti, si rende più economica la produzione delle polveri.

Volendo riassumere le richieste dei consumatori, possiamo dire che essi ricercano:

prodotti ecocompatibili;

packaging (confezione o imballaggio) ridotto al minimo;

ingredienti "naturali" che non siano irritanti durante l'uso;

prodotti che combinino più funzioni pulenti.

Tra gli altri fattori che stanno condizionando negli ultimi tempi lo sviluppo ed il miglioramento delle formulazioni detergenti è da citare la tendenza alla produzione di tessuti sempre più composti da fibre di diverso tipo ed il lavaggio di un bucato maggiormente colorato. Tutto ciò impone che i nuovi prodotti abbiano una azione delicata, sia verso i colori che verso le fibre, per venire incontro alle esigenze dei consumatori.

I prodotti del mercato della detergenza hanno caratteristiche che appartengono alle merceologie di largo consumo. Il consumatore percepisce questi beni di prima necessità e tale concetto influenza tutte le azioni di marketing e di vendita delle imprese. Anche se all'interno del settore dei detersivi domestici i consumi sono declinati mentre altri sono cresciuti, il consumo globale è cresciuto costantemente nel tempo.

Il quadro della distribuzione dei prodotti di largo consumo e confezionati (grocery) previsto da Nielsen fino al 2000 sarà contrassegnato dalla chiusura di 80.000 negozi al dettaglio. In particolare i punti vendita di alimentari si ridurranno di 25.000 esercizi marginali, mentre nel non alimentare si prevede la cessazione di oltre 50.000 negozi. Viceversa si stima nello stesso periodo, l'incremento degli ipermercati e degli hard discount, i primi verso quota 240, gli hard discount verso il numero di 3.300. Al comparto dell'ingrosso, netta è la flessione prevista: si stima che saranno 106.000 all'inizio del 2000, con prevalente fuoriuscita dal mercato di imprese del settore non alimentare. Per gli ambulanti si prevede un pesante ridimensionamento, come anche per il collegamento fra sviluppo della distribuzione moderna e erosione delle quote di mercato dei prodotti grocery di marca e questo a danno soprattutto delle marche secondarie, essendo i marchi leader riusciti a stabilizzare la loro quota intorno al 30%.


Le politiche di prodotto


Le politiche di prodotto sono costituite dall'insieme delle decisioni e delle scelte aziendali riguardanti i prodotti considerati siano singolarmente sia nel loro assortimento. Nella nostra analisi non ci limiteremo all'utilizzo di una nozione di prodotto fisico, inteso come oggetto offerto dall'impresa, ma affronteremo l'identificazione di un concetto più allargato di prodotto che comprende anche tutte quelle caratteristiche di qualità di funzionamento che riguardando l'utilità e i vantaggi che rendono ai consumatori aumentano le possibilità di differenziazione del prodotto stesso. Abbiamo già visto come le politiche di prodotto nel settore dei detergenti ad uso domestico sono state improntate ad una continua innovazione ed una spiccata differenziazione. La differenziazione ha come scopo essenzialmente quello di evitare una banalizzazione del prodotto data la fase di maturità che sta attraversando la domanda porterebbe ad una eliminazione dello sforzo informativo restringerebbe il processo di acquisto e minimizzerebbe lo sforzo dello stesso. Ciò si tradurrebbe in una maggiore sensibilità dell'acquirente verso il prezzo (azione più diretta ed immediata che ha a disposizione) e il trasferimento conseguente di quote di mercato dei produttori dell'industria e quelli della distribuzione. Se viceversa si continua ad assumere alla domanda significato particolare l'esperienza di consumo accumulata alla domanda stessa può portare ad effetti positivi per l'industria di marca tutto ciò in un'ottica in cui le politiche di differenziazione (intendendo anche modifiche caratteristiche fisiche secondarie del prodotto piuttosto che il modo di esposizione e i servizi connessi e così via) non sono interpretate solo come una continua ricerca per migliorare ed innovare il prodotto ma piuttosto come una risposta alle esigenze dei consumatori. Possono, infatti, prendere vita nei confronti del prodotto attese specifiche che mettono in rilievo quelle che sono le caratteristiche secondarie a volte trascurate del prodotto. Non si punta più quindi solo sul bianco più bianco ma anche sul risparmio energetico sulla facilità d'uso, sulla praticità del packaging, sull'impatto ecologico, su tutto ciò che permette contemporaneamente lo sviluppo del mercato e conseguentemente dell'immagine di marca fortemente impegnata nella ricerca. Quindi se alla fine degli anni '80 le nuove referenze si caratterizzavano con una serie di plus tangibili (polveri, liquidi, multiuso).In un primo impatto le aziende sembrano lanciare nuove referenze cercare posizionamenti introducendo varianti che sono spesso poco identificabili non solo dai consumatori ma a volte anche dalla stessa impresa. Essendo il settore dei detergenti ad uso domestico caratterizzato dalla presenza di poche grandi imprese dal lato dell'offerta i vantaggi competitivi derivanti dai tentativi di riposizionamento strategico da conseguire mediante differenziazione sono spesso destinate ad essere annullate dai concorrenti in breve tempo. Ciascuna impresa oligopolistica deve, infatti, attendersi delle reazioni da parte dei concorrenti che essendo, infatti, poco numerosi non possono ignorare le mosse degli altri produttori. Tali reazioni si concretizzano in una rapida imitazione delle innovazioni introdotte riuscendo quindi nella maggioranza dei casi a spostare quote rilevanti di mercato. I tentativi di differenziazione dei prodotti hanno comunque il merito di rafforzare l'immagine dei produttori di marca. Si costituiscono così barriere all'entrata di carattere tecnologico commerciale oltre ad elevare quella alla mobilità distanziando ulteriormente la posizione strategica di tali produttori rispetto alle marche commerciali e non marche che operando con margini più esigui hanno limitato le opportunità di investimento in R&S . Le imprese del settore oltre alla innovazione e differenziazione di prodotto perseguono anche una politica basata su di un assortimento ampio di prodotti e profondo più prodotti nelle diverse linee coprendo tutti i segmenti di mercato . In questo settore sono infatti riscontrabili molti dei vantaggi che presiedono in genere nelle politiche di prodotto caratterizzate da un'assortimento così strutturato:

maggior sfruttamento dei costi fissi dell'apparato produttivo

possibilità di soddisfare più segmenti di mercato

razionalizzazione e miglior sfruttamento delle capacità commerciali

miglior sfruttamento della pubblicità. Unilever Henkel Miralanza Procter Colgate ma anche private label e non marche dei discount sono quindi presenti con rare eccezioni su tutti i segmenti detergenza casa. Come visto innovazione e differenziazione hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare le politiche di prodotto nei principali segmenti di mercato. Nel settore dei detersivi per bucato negli anni '80 l'innovazione non è più basata su modifiche di tipo formale ma può contare su fattori sostanziali che coinvolgono le formulazioni e le performance dei prodotti. Negli ultimi anni i fattori di successo sui quali puntano i lanci dei nuovi prodotti riguardano principalmente la capacità lavante a bassa temperatura e il rispetto delle fibre delicate associate alla riduzione dell'ingombro. I detersivi liquidi sono stati la prima risposta alla ricerca di un detersivo comodo e adatto ai capi sensibili; il prodotto ebbe un buon successo per i lavaggi delicati soprattutto a mano e andava consolidandosi anche quello per lavatrice .Il lancio di liquidi per lavatrice è stata una risposta alla tendenza generale del mercato. Questi prodotti non possono però avere una formulazione come per quelli in polvere presentano perciò una capacità detergente non confrontabile inoltre non tutte le lavatrici in possesso dalle famiglie sono predisposte per l'uso dei detersivi liquidi per la mancanza di adeguate vaschette e il dosatore da mettere nel cestello risolve solo in parte il problema .Sono queste in sostanza le motivazioni che vedranno per il momento l'affiancarsi di questi prodotti alle polveri in una completa sostituzione delle stesse .Se da un lato i detersivi liquidi normali hanno raggiunto il loro punto massimo di espansione cominciando a far levare tassi di decremento dall'altro, quelli concentrati sono in pieno boom espansivo ; il successo di queste ultime formulazioni si spiega oltre che per i vantaggi comuni ai detersivi liquidi normali e cioè facilità e praticità d'uso, nessuna dispersione di polvere o reazioni allergiche ,resa dei concentrati e particolari attenzioni alle tematiche ambientali. I concentrati grazie alle loro caratteristiche permettono di limitare le immissioni di sostanze inquinanti nell'acqua diminuiscono l'ingombro e di conseguenza risparmio di packaging .Oltre ad andare incontro alle esigenze della domanda i liquidi hanno avuto anche il merito di facilitare tutte le operazioni di trasporto e stoccaggio sia per il produttore che per il distributore con operazioni sempre meno numerose all'aumentare della concertazione del prodotto. L'ultimo passo nella direzione dell'innovazione lo ha fatto Henkel con i "Mega Pearls". Ci si attende che anche gli altri competitor seguiranno l'esempio della casa tedesca . Questi importanti mutamenti tecnologici (come il passaggio dalle polveri ai liquidi normali ed ai concentrati) hanno determinato vere e proprie innovazioni nel segmento detersivi per bucato grazie all'imitazione ed a una diffusione dell'innovazione stessa a tutta l'offerta; i singoli produttori lavorano anche per distanziare la percezione che i consumatori hanno dei propri prodotti rispetto a quelli dei concorrenti e andare quindi alla ricerca di nicchie di mercato seguendo una logica di differenziazione . Come infatti accade per molti beni di largo consumo food e non food anche il settore dei detersivi per bucato tende verso una segmentazione esasperata ; l'eliminazione dell'ingombro rappresenta uno dei plus più graditi agli acquirenti perché consente di economizzare lo spazio sempre più limitato degli appartamenti e come anche ritorni per l'industria in termini logistici .


Ciclo di vita dei detergenti per la casa


Uno dei più importanti tipi di differenziazione è stata l'introduzione delle ricariche che ad un effettivo risparmio ottenuto senza intaccare quelle che sono le caratteristiche tecniche del detersivo coniugano l'impatto ambientale del prodotto .Anche nel settore della detergenza per la pulizia della casa sul versante della R&S sono state trovate nuove soluzioni sia per quanto concerne le formulazioni sia per quanto riguarda il confezionamento. Per il primo aspetto occorre vedere il ruolo crescente dei liquidi e delle creme rispetto alle polveri che già da qualche anno sono in una fase di declino. La presentazione da parte di Unilever del primo detergente liquido per superfici dure "CIF" ha infatti costituito un'importante innovazione tecnologica. L'efficacia complessiva e la comodità nell'uso di questi formulati è stata recepita rapidamente dal consumatore ed ha determinato una quasi scomparsa delle polveri. Si tratta di fluidi strutturati secondo una tecnica che non è stata coperta da brevetto ed è stata riprodotta in modo sostanzialmente identico da tutte le aziende . In generale la funzione di R&S oltre che sul miglioramento e sull'innovazione delle formulazioni dei detergenti hanno concentrato i loro sforzi su alcuni aspetti: comodità e praticità d'uso (la tendenza è quella di fornire prodotti pronti all'uso che magari non necessitino di risciacquo ,semplice utilizzo che fanno quindi risparmiare tempo), questi elementi sono alla base del successo dei multiuso con trigger (erogatori a spruzzo) e del leader "Glassex"; posizionamento (si fa leva sulla funzione d'uso per creare posizionamenti specifici) se non si è legati alla superficie da pulire (per bagno ,ceramica ,ecc.) con caratteristiche mirate del prodotto (igienizzanti ,disinfettanti) .Una via per distanziarsi dai concorrenti è anche quella della profumazione del prodotto, come la presenza nella formulazione di composti particolari come l'aceto ;anche prodotti tradizionali vengono sottoposti ad operazioni di rivitalizzazione. Inoltre la sensibilità ai problemi ambientali: nel comparto della detergenza gli investimenti sull'ecocompatibilità dei prodotti specifico nell'area della detergenza per la pulizia della casa si è formata una specie di nicchia ecologica che potenzialmente promette di allargarsi (gli esempi di questa fase sono "Atlas detersivo a base di tensioattivo di origine vegetale) con trofizzazione dell'aspetto sicurezza, igienizzazione ,disinfezione .Il tentativo di riposizionamento lungo questi assi significativi non coinvolge solo la formulazione del detersivo ma anche il confezionamento che negli ultimi anni ha visto per esempio l'introduzione dell'erogatore a spruzzo, d'imballaggi con un minor impatto ambientale .Anche nel segmento dei detersivi per il lavaggio a mano di stoviglie, i detersivi liquidi hanno ormai soppiantato definitivamente quelli in polvere grazie alla migliore solubilità in acqua ed al miglior effetto deodorante; quelli per lavastoviglie sono ancora in polvere in misura preponderante ma stanno emergendo i detersivi liquidi e le pastiglie da inserire nelle macchine (queste per il consumatore favoriscono i servizi del predosaggio e della praticità d'uso , ma la loro diffusione fino ad oggi è molto contenuta perché questi sembra privilegiare ancora la possibilità di stabilire da solo la quantità di prodotto necessaria per il lavaggio delle stoviglie), le imprese leader cercano di inserire mutamenti nelle caratteristiche dell'offerta che permettono differenziazioni della stessa .Non è una cosa facile perché oramai le formulazioni dei detersivi garantiscono ottime performance sotto tutti i punti di vista. In futuro vedremo che il lancio dei detersivi per piatti enfatizzeranno quelle caratteristiche accessorie come la profumazione, le comodità d'impiego, e il rispetto del ph della pelle. Nonostante poi non ci fosse bisogno di ridurre l'ingombro come è avvenuto per i detersivi per lavatrice micronizzati anche nel comparto dei detersivi per piatti sono stati lanciati prodotti concentrati che costano di più di quelli normali ma richiedono dosaggi inferiori . Anche se nel campo dei prodotti per lavatrice la tendenza dei consumatori era di non ridurre i normali dosaggi utilizzati con i detersivi tradizionali , a molti appaiono poco convenienti.



Le politiche di prezzo


Tradizionalmente le politiche di prezzo nel settore dei detergenti ad uso domestico non sono mai state considerate prioritarie rispetto ad altre leve da utilizzare in ambito competitivo. L'importanza attribuita al prodotto alla comunicazione della sua funzione era di gran lunga superiore alla variabile prezzo. In un settore oligopolistico come quello dei detersivi numerose aziende produttrici si muovono alta concorrenza in termini di prezzo e questo per annullare i possibili vantaggi competitivi e ritrovarsi ad operare con margini inferiori rispetto alla situazione di partenza . Di conseguenza gli investimenti in R&S , in comunicazione , necessari in un'ottica di non price competition oltre a forzare l'immagine di marca dei più importanti produttori del settore hanno portato come effetto una lievitazione generale dei prezzi lasciando scoperta la fascia più bassa del mercato in cui si sono inserite le private label e le non marche degli hard discount. Il peso determinante nelle decisioni inerenti alle politiche di prezzo non è mai stato esercitato dal costo bensì dal mercato ed in particolare più dal comportamento della concorrenza che non dalla risposta della domanda . Il prezzo dei detersivi ha sempre rappresentato un elemento di difficile valutazione per il consumatore, innanzitutto per la presenza di packaging del tutto similari (con differenze contenute in termini di peso e di prestazioni), diversi i dosaggi necessari per il lavaggio quindi anche per politiche di sgrammatura per le imprese che prevedono un mantenimento stabile del prezzo di vendita ed una contemporanea riduzione del formato. Infine la forte presenza di azioni promozionali che spaziano dal regalo immediato al concorso a premi e buoni sconto, incide su una oggettiva valutazione del prezzo. Questa variabile sta comunque trasformandosi in un elemento fondamentale del posizionamento complessivo del brand e direttamente connesso con la quota di mercato. In un momento in cui la fedeltà alla marca sta venendo meno leggere diminuzioni di prezzo contribuisce ad aumentare la quota di mercato; si tratta di uno strumento che le imprese del settore si guardano bene dall'usare per non innescare una spirale discendente che andrebbe a mangiarsi i margini di contribuzione del resto è anche difficile creare valori percepiti particolarmente alti tali da spuntare dei posizionamenti da premio ma senza ridurre la propria quota di mercato ne consegue che il pricing adottato dalle imprese viaggia sul filo del rasoio con un controllo approfondito dell'apparato dei distributori e dei concorrenti .Il risultato è un'allineamento pressoché totale delle principali marche ed un distacco piuttosto elevato degli umbranded e delle marche commerciali. Negli anni più recenti caratterizzati dalla recessione economica e dalla conseguente riduzione del reddito disponibile per le famiglie, hanno visto però un notevole aumento della sensibilità della domanda dei detergenti rispetto al prezzo aumento raggiunto anche grazie all'esperienza accumulata dai consumatori che sono ora in grado di effettuare una più corretta valutazione dei rapporti qualità-prezzo. In un contesto in cui si è assistito alla differenziazione dell'offerta soprattutto verso le fasce più basse del mercato ciò ha voluto dire per i grandi produttori, assegnare nei piani di marketing, alle politiche di prezzo, la centralità che fino ad ora non avevano avuto. D'altronde in tutti i settori del Largo Consumo la competizione nel corso del '94 è stata impostata oltre che su continue novità di prodotto anche sul contenimento dei prezzi. Le opportunità di riduzione e contenimento prezzi nei detersivi vengono ricercate nelle caratteristiche accessorie del prodotto come ad esempio il packaging ricariche o attuate attraverso la ridefinizione dei formati. Ovviamente questa maggiore attenzione al prezzo ha portato al ridisegno delle strategie riguardanti le altre variabili del marketing mix. In particolare se i grandi produttori non hanno diminuito il loro impegno nella R&S in campo pubblicitario e promozionale, sia la ricerca di una maggiore razionalizzazione degli investimenti concentrandosi per esempio sui marchi più importanti eliminando i gadget regalati insieme ai prodotti. Interessanti sono due diverse linee guida che concorrono a determinare le strategie delle imprese inerenti i prezzi: da un lato la struttura degli stessi viene determinata dalla differenziazione merceologica all'interno dei vari segmenti (ad esempio i detersivi per indumenti delicati si collocano a livelli di prezzi più elevati), dall'altro per le aziende leader si è registrata la tendenza a coprire i due poli della scala prezzi, quello dei premium price e quello dei primi prezzi. Infine è rilevante notare come spesso il prezzo diventi motivo di conflitto tra i produttori e i consumatori essendo il mercato dei detersivi caratterizzato dai grandi volumi di acquisto e da una elevata frequenza degli atti di acquisto, si è rilevata una tendenza ormai consolidata dalla grande distribuzione utilizzando i detersivi come prodotti civetta vale a dire venderli a prezzi bassi per attirare clientela e per comunicare posizionamento dell'insegna. Una tendenza fortemente contrastata dall'industria di marca, per ben chiare ragioni di salvaguardia della propria immagine ma anche sul piano pratico per sortire non pochi effetti risolutivi . La soluzione secondo molti responsabili dell'industria dovrebbe essere quella di una regolamentazione di legge che essendo esterna ed oggettiva risolverebbe il problema alla base. Nel frattempo però anche a causa della situazione congiunturale negativa la concorrenza fra catena distributive si è fatta molto aspra e viene spesso combattuta con le offerte promozionali in cui i detersivi rappresentano un'arma molto importante per non esservi inclusi. Non si può dimenticare infatti che questi prodotti per le difficoltà gestionali d'ingombro che comportano e per i margini esigui che consentono di realizzare rappresentano in punto di debolezza per i punti vendita meno organizzati ed allora se le catene finanziariamente più solide e meglio apprezzate inaspriscono la concorrenza proprio sui detersivi forse non sbagliano a calcolare che nel prossimo futuro dovranno affrontare qualche concorrente in meno.






Le politiche distributive


Una delle prime scelte inerenti alle politiche distributive che l'azienda si trova a compiere riguarda la numerosità degli intermediari dei quali intende avvalersi. In particolare nel settore detergenti i più importanti produttori si orientano verso una modalità di vendita estensiva collocando il prodotto presso il maggior numero di intermediari possibili per la valutazione dei rischi connessi e l'eventuale concessione del credito. Se ciò è vero per tutti i prodotti di largo consumo a cui la domanda fluisce continua nel tempo ed è frazionata nello spazio, è ancor più vero in un mercato come quello analizzato in cui la scarsa fedeltà alla marca accentuata dalla forte attenzione al prezzo da parte del consumatore impongono all'impresa la necessità di possedere una distribuzione il più possibile capillare ed efficiente. Ovviamente una scelta di questo tipo comporta per l'azienda un notevole impegno nel settore amministrativo (controllo consegne e giacenze ,fatturazione e contabilità clienti) e nel campo dei crediti oltre ad un'imponente organizzazione della rete di vendita e dei mezzi che ne assicurino l'efficienza (visite alla clientela, frequenza e rapidità dei fornitori eccetera). Alle imprese produttrici si pone poi il problema della scelta tra una politica di tipo push per cui si predispongono le condizioni affinché siano gli intermediari a spingere il prodotto presso i consumatori oppure una politica di tipo pool che punti invece su una politica di convincimento del consumatore attuato direttamente dal produttore in modo che siano i consumatori stessi a richiedere il prodotto presso il punto di vendita. La storia della politica distributiva nel settore della detergenza ad uso domestico evidenzia come le imprese più importanti abbiano perseguito quest'ultima strategia attraverso notevoli investimenti in campagne pubblicitarie e promozioni vendite il tutto coerentemente con le politiche di vendite estensive su citate che permettono comunque al consumatore di trovare il prodotto pubblicizzato in quasi tutti i punti vendita. Altra questione che si pone l'impresa produttrice è la scelta e la selezione per categorie d'individui degli intermediari; preponderante a livello di canale di vendita è il ruolo della distribuzione moderna nella commercializzazione di questi prodotti, per esempio nel segmento dei detersivi per il lavaggio a mano di piatti attraverso la grande distribuzione organizzata viene veicolato il 75% delle vendite, il 56% solo da ipermercati e supermercati. Dalla grande distribuzione passa il 33% di volume, dai gruppi d'acquisto il 23% e dalle unioni volontarie il 17%, l'11% dai grandi indipendenti, il 10% da altri indipendenti e solo il 2,8% ai negozi specializzati. (figura :concentrazione delle vendite per canale, segmento detergenti per lavaggio a mano di piatti). Ad influenzare la scelta e la gestione dei canali distributivi concorrono tra gli altri fattori anche i conflitti che possono manifestarsi tra industria e distribuzione; oggi trova molti consensi l'opinione secondo la quale il rapporto di forza tra industria e trade sia sbilanciato a favore di quest'ultimo (per il produttore non è sempre facile gestire questa conflittualità). Fino a qualche anno fa, prima che incominciasse la crisi la grande distribuzione organizzata concedeva alle industrie di riequilibrare l'aumento dei costi contributivi e promozionali con variazioni di listino più o meno congrue. Oggi questo è possibile solo in minima parte comunque non adeguata, inoltre la GDO anch'essa costretta a registrare margini elevati ritiene che le risorse extra listino siano insufficienti a programmare le sue vendite. Questa reciproca insoddisfazione rischia di trovare uno sbocco in un'offerta che non più adeguata. I problemi col dettaglio tradizionale sono invece generalmente di carattere finanziario. Del resto queste oggettive difficoltà a mantenere un servizio nel cosiddetto canale lungo della distribuzione indeboliscono ancor più l'industria nel suo rapporto con la distribuzione moderna in un clima caratterizzato già di per sé da forti tensioni si inserisce l'oggettiva diminuzione degli spazi disponibili per il moltiplicarsi di marchi e referenze comprese quelle private presenti sul mercato. Attualmente quindi molti articoli godono di spazio e scaffali inadeguato non in linea con le quote di mercato e con le rotazioni, all'aumento delle referenze non v'è stato un aumento proporzionale degli spazi sul lineare e perciò talvolta gli spazi concordati non vengono rispettati. I detersivi tradizionali occupano spazio sullo scaffale perché sebbene siano stati introdotti già da tempo i concentrati sul mercato, il classico e ingombrante fustino continua a vendersi e le case a produrlo. Si verifica spesso che la referenza non trova una sua posizione chiara e definita e risulti confusa tra i prodotti destinati ad altri segmenti; i problemi maggiori sono perciò: da un lato il fatto che i prodotti non abbiano un adeguato spazio a scaffale e dall'altro che non abbiano una posizione chiara e precisa. Altro motivo di conflitto tra l'industria e la distribuzione è costituito dallo sforzo che molte insegne hanno dedicato al lancio di marche commerciali pur con le altre barriere imposte all'entrata, costituite soprattutto dal know-how tecnologico e con l'agguerrita concorrenzialità delle grandi multinazionali. L'introduzione delle marche commerciali può costituire però anche un motivo di collaborazione tra industria e distribuzione spesso infatti per un'azienda di piccole e medie dimensioni le prime leve sono necessarie per mantenere la competitività nel mercato dominato dalle grandi imprese. Consentono infatti il miglioramento della flessibilità produttiva la creazione di linee merceologiche complete corredate da servizi in tempi reali e spesso interessanti. Le tipologie di marche appaiono più adatte a sconti di vario tipo che puntano non tanto sulla convenienza quanto sul rapporto qualità-prezzo, su packaging innovativi in linea con le esigenze dei consumatori oltre che su posizionamenti preferenziali sullo scaffale. Per il brand con il nome dell'insegna conta non solo la fidelizzazione del cliente, ma anche la catena ed in effetti le private label costituiscono un insostituibile elemento di comunicazione all'interno del punto di vendita, un fattore di richiamo per tutti gli acquirenti. Durante il bimestre gennaio-febbraio '95 il CESCOM ha condotto un'indagine avente come oggetto l'assortimento degli articoli tra le diverse tipologie di marche con riguardo ad alcune categorie merceologiche tra cui i detersivi per bucato con rilevazioni di un campione all'interno di sei punti vendita. I risultati di questo studio mirano a dare una visione della struttura degli assortimenti secondo una logica di micro-marketing e con le opportune precauzioni possono essere estesi anche agli altri prodotti che compongono il settore detergenti ad uso domestico. In particolare i dati più interessanti che emergono sono:



un indice di sovrapposizione inteso come rapporto tra numero delle marche sempre presenti e numero delle marche rilevate in ciascun punto vendita che varia entro valori molto distanti tra loro a seconda del punto vendita considerato passando al 36,8% al 58,3%, e ciò a testimonianza di un elevato livello di differenziazione e di differenziabilità dell'assortimento del micro-mercato del singolo punto vendita.

Rapporto quota-spazio-quota numerica che sottolinea il trattamento riservato ai singoli punti vendita alle diverse tipologie di marche indica valori superiori all'unità sia per la marca leader che per la marca insegna, per i primi prezzi, per marche esclusive dove presenti. È interessante notare come questo valere superiore per le marche insegna e per i primi prezzi rispetto alla marca leader, le marche followers testano su una media pari all'unità.

Anche il rapporto quota-spazio-quota di mercato evidenzia anomalie

In genere gli assortimenti piatti sono anche quelli più profondi

In genere i punti vendita in cui la marca insegna non è presente non dà molta importanza ai primi prezzi

Il differenziale di prezzo tra il leader e marca insegna assume un valore medio del 31% mentre quello tra il leader e i primi prezzi del 46,8%.

La crisi d'identità del detersivo di marca è quindi sintetizzabile in un tendenziale calo dei volumi di vendita con conseguente erosione delle quote di mercato ed in particolare un altrettanto tendenziale riduzione dei margini

Come reazione l'industria ha sviluppato diverse azioni sui costi per realizzare necessarie economie, una strategia che almeno a livello ipotetico dovrebbe portare a limitare gli investimenti in comunicazione e pubblicità. In particolare occorre però chiedersi quali sarebbero gli effetti sulle vendite, infatti c'è il rischio che la riduzione del supporto comunicazionale possa produrre un effetto ulteriormente penalizzante innescando un circolo vizioso dalle conseguenze imprevedibili. Diventa legittimo quindi interrogarsi sulla direzione verso cui si stanno muovendo le strategie di comunicazione dei produttori e chiedersi se l'entità delle risorse destinate alla pubblicità ed al consumo stiano subendo dei ritocchi a favore magari di altri strumenti di comunicazione che producono effetti più diretti ed immediati oppure se lo stile ed il contenuto dei messaggi siano destinati a subire trasformazioni significative o al contrario se è preferibile continuare a seguire uno schema già tracciato e collaudato. La congiuntura economica ha aperto un nuovo ciclo per le grandi aziende di marca in cui la conflittualità tra i diversi protagonisti del mercato marche leader, marche commerciali, seconde marche, primi prezzi, ha effettivamente creato turbative di un certo peso. Un forte segnale di questa tendenza è costituito dal moltiplicarsi delle azioni promozionali basate sul prezzo utilizzate ampiamente dai produttori di marca per contrastare le difficoltà del momento spingendo sul pedale della convenienza per diminuire la distanza della propria offerta dalla proposta dei prodotti umbranded. Le circostanze impongono quindi la valutazione di alcuni fattori che avevano fino ad oggi regolato il sistema marca e prime tra tutti la pubblicità e la comunicazione.









Fonte: AL-l'alimentarista 1994



Grande distribuzione

Altri indipendenti

Grandi indipendenti

Unioni volontarie

Gruppi di acquisto

Negozi casa




Le politiche di comunicazione nel settore dei detergenti ad uso domestico



La struttura di un settore e quindi il comportamento e le performance delle imprese ad esso appartenenti sono sottoposte a continua revisione dai mutamenti caratterizzanti l'ambiente esterno al settore stesso. In particolare, i consumi costituiscono una delle determinanti principali della definizione delle funzioni di marketing e il loro evolversi tende a modificare nel tempo tali funzioni ponendosi come uno dei fondamentali fattori di cambiamento del modo di intendere il marketing, sia come concetto che come insieme di azioni. In particolare due sono i fattori che stanno incidendo sull'evoluzione della domanda e del consumo di detergenti ad uso domestico. Il primo di carattere socio-culturale è identificabile nella crescente attenzione da parte del consumatore per la natura e l'ambiente. La coscienza ecologica, da tempo latente, si è manifestata in conseguenza di avvenimenti accaduti alla fine degli anni '80: Chernobyl, l'assottigliarsi dello strato di ozono, entrofizzazione delle acque del Mar Adriatico, ecc. Il secondo è da ricercare nella crisi economica che alla fine del 1992 ha investito l'Italia ed ha avuto come conseguenza più diretta, una diminuzione del reddito famigliare disponibile. L'impatto di tale recessione sull'industria di marca, in quasi tutti i settori di largo consumo, è più evidente se si considera la quasi contemporanea comparsa di nuove tipologie di prodotti a basso prezzo (non marche degli hard discount).
















CONCLUSIONI


Il settore dei detergenti ad uso domestico che si presenta fortemente concentrato dal lato dell'offerta e sostanzialmente maturo da quello della domanda sta attraversando una fase di trasformazione che in conseguenza dei mutamenti nel micro e nel macro ambiente comporta per le imprese operanti al suo interno una riprogettazione delle politiche di mercato in generale e di quelle di comunicazione in particolare, recessione economica ,minor reddito familiare disponibile e affermazione di prodotti a basso prezzo costringono l'industria di marca a fronteggiare nuove sfide competitive a cui le variabili del marketing mix devono necessariamente adeguarsi, nuove politiche di prodotto, basate su di una continua innovazione al fine di evitare la banalizzazione del detersivo e per conseguire una segmentazione spinta del mercato; nuove strategie nei rapporti con la distribuzione che non è solo concorrente nella ripartizione dei margini ma che con la progressiva affermazione di marche commerciali contribuisce ad erodere le quote di mercato dell'industria di marca; accresciuta importanza della variabile prezzo (il nuovo consumatore dispone di più strumenti per la valutazione del rapporto qualità-prezzo) e soprattutto ridefinizione delle politiche di comunicazione con particolare riferimento all'utilizzo degli strumenti comunicazionali. Infatti se negli anni passati la pubblicità costituiva elemento fondamentale e quasi esclusivo delle politiche comunicazionali dell'industria di marca del settore, oggi pur continuando a riconoscerne la centralità, la sua importanza relativa all'interno del mix di strumenti sta subendo un deciso ridimensionamento, (la riduzione dei margini che l'industria dei detersivi riesce a spuntare alla distribuzione unitamente alla necessità di proporre al consumatore un migliore rapporto qualità-prezzo dei propri prodotti hanno visto un intensificarsi delle iniziative promozionali a discapito degli investimenti pubblicitari. In prospettiva poi la tendenza sempre più spinta alla segmentazione del mercato comporterà una perdita di efficacia e di efficienza dell'advertising classico che invece pressa la comunicazione in mercati massificati e indifferenziati a favore di strumenti quali il direct marketing che in un'ottica di utilizzo integrato come strumento promozionale permette di raggiungere in modo efficiente tipi diversi e tipologie di target . Lo stesso strumento può inoltre sostituire e o completare la pubblicità nel perseguire la finalità di consolidare la fedeltà alla marca attraverso l'individuazione del target fedele e indirizzandolo verso opportune iniziative promozionali atte allo scopo. Ancora in una fase in cui il legame tra consumatore e marca tende ad affievolirsi, l'utilizzo non alternativo di strumenti classici ma sinergico e complementare agli stessi di forme di comunicazione quali le pubbliche relazioni e la propaganda e nell'ambito di queste sponsorizzazioni possono contribuire a consolidare un nuovo rapporto di fiducia di conseguente fidelizzazione. Nuove sfide competitive determinano quindi la crescente importanza assunta da altri strumenti che non siano la pubblicità. Ciò comporta per i responsabili della comunicazione commerciale la necessità di porsi in un'ottica nuova nell'impostazione dei loro piani. La molteplicità degli obiettivi che si pone oggi la comunicazione richiedono la valorizzazione di una loro stretta e progressiva integrazione. Anche nel settore dei detergenti ad uso domestico si afferma quindi la consapevolezza della necessità di una strategia complessiva nell'attività di comunicazione al fine di minimizzare i costi complessivi e massimizzare l'efficacia stessa attesa di specificazioni. Se quindi la recessione economica ha portato con se mutamenti valoriali nella domanda più attenzione all'opportunità-prezzo e ai conseguenti spostamenti di quote di mercato, lo stesso non può altrettanto dirsi per l'altro fenomeno, che nelle premesse del nostro lavoro sembra poter esercitare un ruolo determinante nel decretare il successo di un detersivo piuttosto che di un altro, la maggiore coscienza ambientalista del consumatore. Ricerche e inchieste fanno emergere tale innovazione culturale ma all'atto pratico quando si tratta di tramutare i buoni principi in atti d'acquisto altri elementi quali il prezzo o il prodotto sembrano costituire fattori critici di successo. L'analisi di questi errori porta come principale conclusione che performance e rispetto per l'ambiente appartengono a due sfere valoriali ancora distanti se non contrastanti nel vissuto del consumatore. Un'immagine di marca così fortemente sbilanciata verso l'ecologicità può quindi essere premiata da un segmento ben preciso, nicchia, ma il mercato nel suo complesso non è ancora pronto a decretare il successo di un detersivo piuttosto che di un altro in base al prezzo di vendita dello stesso.


















































I FATTORI DI SUCCESSO NELLA DETERGENZA DOMESTICA


L'industria della detergenza rappresenta una rilevante realtà del mondo economico e produttivo contemporaneo. Essa copre un campo molto diversificato che si esplica in una serie di prodotti specifici per i singoli problemi di lavaggio e pulizia degli oggetti e materiali più diversi. Diversi sono perciò i problemi, le esigenze e le soluzioni, sia nel campo applicativo che formulativo, che ne derivano a seconda che si prendano in considerazione settori quali quello del lavaggio domestico o per comunità o industriale. Il segmento dei detersivi ad uso domestico, rappresenta il comparto di maggiore importanza. L'Italia è sicuramente il paese europeo dove si consumano i maggiori quantitativi di pulitori domestici. Il mercato è presidiato da un gruppo di multinazionali, quali Procter & Gamble, Johnson Wax, Bayer, Henkel, Colgate, Unilever, Reckitt & Colman e Manitoba. Tale situazione è giustificata dal fatto che per operare i questo business, bisogna possedere un notevole know-how produttivo, dimensioni internazionali e un'elevata autonomia finanziaria. Le aziende nazionali che operano nel settore sono poche e in ogni caso dispongono di una dimensione media o medio-piccola anche dal punto di vista distributivo. I grandi gruppi vantano una gamma molto completa di referenze e occupano in modo massiccio, i lineari della grande distribuzione. Non trascuriamo però il ruolo delle private label, che rappresentano un ottimo sbocco anche per i piccoli. Il mercato dei detergenti per la casa, vede primeggiare, per quanto riguarda i fattori strategici, le politiche di differenziazione; è un sistema per ovviare alla poca fedeltà alla marca. Del resto la conoscenza spontanea e sollecitata dei vari brand la dice lunga sul rapporto che intercorre tra domanda e offerta: mediamente il grado di affezione a un certo marchio è pari al 38,6% con punte del 58,7% per le cere per pavimenti, mentre per l'alcol del 16,9%. L'attività di promozione è diventata nel corso degli ultimi anni, fondamentale per il settore nel suo complesso e in particolare per quei prodotti con un più alto valore aggiunto. Espositori collocati nelle zone calde dei punti vendita, iniziative tipo 3x2, partecipazione a concorsi a premi, regali e buoni sconti, promotrici e hostess, hanno contribuito all'espansione del mercato, sollecitando il potenziale di consumo. Inoltre oggi la casalinga può impiegare in ogni situazione il preparato che consente di ottenere i migliori risultati, realizzato appositamente per risolvere un certo problema. In pratica oggi ci troviamo di fronte a due categorie di utenti, la prima molto preoccupata della convenienza (pronta all'acquisto solo se necessario) e insensibile a fattori come la qualità, l'immagine di marca o di azienda, le specificità d'uso ecc. Questo gruppo si rivolge agli hard discount, agli ambulanti o alla gamma di primi prezzi offerta dai supermercati; ha il più ridotto livello di fedeltà e di ricordo spontaneo delle marche. All'opposto chi è sensibile ai plus qualitativi, all'efficacia e all'innovazione fa appello ai supermercati e agli ipermercati o al limite al tradizionale droghiere, comprando solitamente generi con una certa notorietà. Il bello è che non ci sono comportamenti intermedi. La distribuzione dei detergenti chimici per la casa avviene soprattutto tramite il moderno, che veicola circa il 58,4% in valore, seguito dal dettaglio tradizionale, con un'incidenza del 19,9%| e degli hard discount, con il 12,9%. In questo business sono presenti in modo significativo anche le vendite dirette su catalogo o porta a porta, grazie alle strutture multilivello. La gamma, il formato e il packaging non rappresentano attualmente fattori di successo strategici. Tuttavia sugli imballaggi si lavora molto, con flaconi maneggevoli, impugnature comode, tappi dosatori ecc. Anche l'innovazione di un prodotto ha un limitato impatto, con riscontri solo nel periodo successivo al lancio. Diverso il discorso del restyling di tutta l'offerta, che finiscono per dettare legge ma, essendo condivisi dalle principali aziende, non offrono grandi margini di competizione: negli anni novanta, si sono diffusi, sulla scia dell'esperienza degli altri paesi, i concentrati, più comodi da stoccare in casa, ma specialmente nel punto vendita e dunque almeno in proporzione, leggermente più economici. Una produzione dei concentrati in larga scala consente un notevole risparmio: eliminando i componenti che influiscono meno sulle proprietà detergenti, si rende più economica la produzione delle polveri.

Volendo riassumere le richieste dei consumatori, possiamo dire che essi ricercano:

prodotti ecocompatibili;

packaging (confezione o imballaggio) ridotto al minimo;

ingredienti "naturali" che non siano irritanti durante l'uso;

prodotti che combinino più funzioni pulenti.

Tra gli altri fattori che stanno condizionando negli ultimi tempi lo sviluppo ed il miglioramento delle formulazioni detergenti è da citare la tendenza alla produzione di tessuti sempre più composti da fibre di diverso tipo ed il lavaggio di un bucato maggiormente colorato. Tutto ciò impone che i nuovi prodotti abbiano una azione delicata, sia verso i colori che verso le fibre, per venire incontro alle esigenze dei consumatori.

I prodotti del mercato della detergenza hanno caratteristiche che appartengono alle merceologie di largo consumo. Il consumatore percepisce questi beni di prima necessità e tale concetto influenza tutte le azioni di marketing e di vendita delle imprese. Anche se all'interno del settore dei detersivi domestici i consumi sono declinati mentre altri sono cresciuti, il consumo globale è cresciuto costantemente nel tempo.

Il quadro della distribuzione dei prodotti di largo consumo e confezionati (grocery) previsto da Nielsen fino al 2000 sarà contrassegnato dalla chiusura di 80.000 negozi al dettaglio. In particolare i punti vendita di alimentari si ridurranno di 25.000 esercizi marginali, mentre nel non alimentare si prevede la cessazione di oltre 50.000 negozi. Viceversa si stima nello stesso periodo, l'incremento degli ipermercati e degli hard discount, i primi verso quota 240, gli hard discount verso il numero di 3.300. Al comparto dell'ingrosso, netta è la flessione prevista: si stima che saranno 106.000 all'inizio del 2000, con prevalente fuoriuscita dal mercato di imprese del settore non alimentare. Per gli ambulanti si prevede un pesante ridimensionamento, come anche per il collegamento fra sviluppo della distribuzione moderna e erosione delle quote di mercato dei prodotti grocery di marca e questo a danno soprattutto delle marche secondarie, essendo i marchi leader riusciti a stabilizzare la loro quota intorno al 30%.







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