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DIRITTO AMMINISTRATIVO

giurisprudenza



INDICE


Capitolo I


Capitolo II Stato ed ordinamento giuridico


Capitolo III La sovranità dello Stato




Capitolo IV le forme di Stato


Capitolo V Il diritto


Capitolo VI L'ordinamento giuridico e la norma


Capitolo VII L'esperienza giuridica


Capitolo VIII L'interpretazione del diritto


Capitolo IX Il sistema giuridico


Capitolo X Le persone e la capacità


Capitolo XI  Le strutture collettive: gli interessi protetti e la soggettività giuridica


Capitolo XII Le persone giuridiche private


Capitolo XIII  Le istituzioni e l'organizzazione amministrativa


Capitolo XIV L'organizzazione degli uffici


DIRITTO AMMINISTRATIVO

Università di Bologna

Facoltà di Economia (prof. Rolando Pini)


Capitolo I


la costituzione (1948) e sensibile alla intera nazione uomo-collettività-Stato e accogliere tutelare i bisogni di libertà dei singoli e delle loro strutture correlazioni sociali.

La continua richiesta di riforme delle istituzioni dovrebbe essere motivata dalla convinzione della loro inadeguatezza a rispondere a gli impulsi, alle ambizioni, alle necessità dell'uomo e delle sue formazioni collettive

il rapporto tra la persona e le istitu 939d39j zioni impernia fondamentalmente su una dimensione di libertà

lo Stato deve essere una autorità destinata a condizionare equità dei comportamenti individuali e collettivi

l'ordinamento (la costituzione) ha a fondamento una opzione caratterizzante sulla natura umana sulle facoltà, sulle connotazioni, sui limiti della condotta della persona che concepita come un essere razionale che controlla il proprio comportamento per ottenere risultati pratici

il termine "persona" non è neutro mai un indice di precise opzioni su cui poggia tutto il piano delle regolamentazioni giuridica

tra i cardini della libertà, della conoscenza, della volontà e della ricerca della felicità, il diritto di segna una immagine complessa della natura umana che contribuiscono a spiegare il senso e le forme della tensione fra la persona e le istitu 939d39j zioni, tra l'interesse particolare (e privato) e quello pubblico.

Il valore positivo dell'organizzazione politica e una garanzia di libertà e mezzo di promozione dell'uomo.

Il percorso della libertà personale non si sviluppa nonostante la presenza dello Stato, ma grazie quest'ultimo, chiamato trovare tutelare l'interesse pubblico e a regolare la società secondo canoni non soltanto conformi alla dignità dell'uomo, ma anche tali da costituirne garanzia strumento di promozione lo rende elemento necessario nella convivenza civile, non accidentale creazione storica, ma essenziale forma di auto organizzazione delle comunità dei quali cercano nelle istituzioni un razionale sistema di composizione dei conflitti di regolazione della vita.

Lo Stato coinvolge nella sua stessa esistenza le società intermedia, cui sono assegnate funzioni essenziali dalla stessa costituzione. La famiglia, il sindacato, il partito, l'associazione sono con questo i rapporti di collaborazione, di confronto, di dialogo, non di derivazione.

Lo Stato non detiene il monopolio delle espressioni collettive dell'uomo, poiché era costituzione sottolinea come alla persona non possa essere negata la facoltà di trovare il senso della sua vita in un multiforme orizzonte di esperienze sociali.

L'ordinamento, rinnega logiche individuali sì che incentiva il percorso della vita comunitaria quale combinato progredire di strutture sociali razionale, rivolti a favorire la aggregarsi di interessi collettivi.

Il gruppo: i suoi fini seguono logicamente a quelli dell'uomo ma questi entra nell'organizzazione sociale per esigenze di cooperazione precise e predeterminabili. Non può essere privo di un interesse collettivo individuato dai suoi componenti e tale da giustificare la loro presenza nell'istituzione; e tale obiettivo o interesse del gruppo non è la somma delle aspirazioni individuali, e quali non debbono essere necessariamente soddisfatte dall'organismo collettivo. Senza interesse generale non vi può essere gruppo, senz'aspirazione alla soddisfazione di un bisogno non vi può essere partecipazione del singolo all'ordinamento giuridico, per la stessa razionalità dei suoi comportamenti e perché si sono concepiti dal diritto come teleologicamente orientati.

Distinzione tra interesse collettivo e interesse individuale: quanto più gli obiettivi delle istituzioni coincidono con quelli dei singoli membri, tanto più o aumentano la coesione della struttura, il grado di raggiungimento dell'esigenza individuale, la soddisfazione delle persone, i benefici che questi ricavano dall'entrata nel gruppo. Il problema è di verificare come si formano volontà del gruppo e quali sono gli scopi che questo si prefigge. Non può sussistere un gruppo che rinuncerà agire per un obiettivo.

Capitolo II Stato ed ordinamento giuridico



l'ordinamento costituisce la sostanza normativa delle attività collettive, mostra l'assetto di interessi fini su cui si impernia la struttura, i criteri che ne guidano l'azione e ne determinano gli indirizzi complessivi. Dunque tra l'ordinamento di gruppo intercorre una piena identità, poiché la prima espressione indicano dimensione giuridica della vita collettiva di un sistema determinato di individui.

Il diritto non crea, ma subisce, o meglio si uniforma gli elementi essenziali dell'assetto del gruppo, alle sue finalità, alle sue connotazioni qualificanti, al sistema di valori cui i componenti aderiscono e che vogliono proteggere e propugnare propugnare. Il gruppo e anche, ma non prima di tutto, ordinamento.

Si pensa la famiglia, che, nel suo essere gruppo, e anche ordinamento. Nella persona e nei gruppi non tutto il diritto, né questo aspetto e prioritario, perché, ad esempio, il diritto non determina gli obiettivi del gruppo, ma ad essi si adegua, si modella sulla conformazione essenziale della struttura collettiva assume, nel definire sue obiettivi, i suoi valori, i suoi fini.

In ciascun gruppo, anche nello Stato, ordinamento è in funzione della organizzazione sociale. Le persone, nell'esercizio delle loro libertà e della loro razionalità, definiscono canoni di condotta è un orizzonte di valori che qualifica non divenire l'evoluzione del gruppo, caratterizzante della partecipazione dell'uomo ad una vita di comunità. Si fa condividere l'idea della organizzazione con insieme di relazioni umane, le quali, almeno per alcuni aspetti, trovano che meritano una regolamentazioni, subiscono scelte di carattere percettivo, diventa un oggetto del diritto. Il diritto che il portato necessario della vita di comunità.

Il diritto non è il criteri di scelta, ma solamente meccanismo di promozione di tutela dei valori che hanno loro legittimazione nella organizzazione del gruppo, nella comunità, destinata a selezionare canoni di comportamento che le norme recepiscono e a cui si adeguano. Il diritto è della storia e nella storia, non insensibile alle aspettative di giustizia se in quanto queste facciano breccia nella organizzazione del gruppo è, quindi, negli uomini che lo compongono. Gli uomini, che non altro, fanno il diritto, poiché questo è il frutto della specifica varia conformazione che possono assumere le relazioni umane; in questa dialettica tra società il diritto, dunque, il fattore determinante che il primo, cioè, suo ordinamento prevale l'organizzazione del gruppo.

L'organismo conosce il diritto come uno dei mezzi che permettono in raggiungimento degli sconti del gruppo, il quale, nel divenire ordinamento, con ricette qualifica le condotte individuali, promuovendone alcune, tre premendone altre, creando un sistema di obblighi, poteri, funzioni, per indicare le posizioni soggettive dei singoli e mostrare come interagisca con esse l'attività della organizzazione. Il diritto, e in primo luogo è fondamentalmente, un immenso cui ricorre ciascuna formazione sociale, cui è necessario qualificare le condotte umane in ragione della loro congruenza con gli obiettivi collettivi.

Resta la necessità che è morale e spirituale, di esprimere un giudizio di congruità fra il diritto positivo e parametri ideali, comunemente raccolti sotto nozione di diritto naturale. Un apprezzamento morale sul diritto ne presuppone uno, preliminare, sulla organizzazione umana da cui ordinamento deriva.

La considerazione dell'esperienza giuridica non si esaurisce nell'analisi di un astratto sistema di norme, ma invoca la comprensione del suo rapporto con la vita associata, con l'evoluzione dell'aggregazione umana, della quale l'ordinamento che è espressione e, sostanzialmente, il frutto.

Il segnalare la identità tra ordinamento di diritto e funzionale a dimostrare che il secondo e profondamente inserito nella storia, e nella storia dei gruppi, non soltanto in quella dello Stato; testimonia come le esperienze giuridiche siano molteplici, e strane, spesso, all'ordinamento statale, in sintonia, però, con sovraindividuali impianto organizzativo che ciascun gruppo si dà, in una dinamica sovente serrata fra spinte individualistiche ed interessi sovraindividuali. Lo Stato e, in primo luogo, ordinamento, nella sua prospettiva di strutturazione giuridica di un gruppo anche di persone, organizzate inserite in una stessa esperienza giuridica, assestato II vari criteri, orientati su principi diversi e mutati nel corso del tempo.





Capitolo III La sovranità dello Stato


Lo Stato come ordinamento giuridico sovrano.

Lo Stato, e inteso non come somma o combinazione di diversi gruppi, ma l'organismo a sé, capace di perseguire definire i suoi fini e di raccogliere, in un una unica dimensione, il popolo che insiste su un solo territorio cerca un governo, quindi, non si per rinunciare alla nozione di sovranità per spiegare lo Stato articolo I della costituzione: lo Stato non è ne il portato di strutture superiori che lo giustificano, non è una combinazione di altri organismi sociali. E, invece, una autonoma organizzazione civile con fini non imposti. Sovrano non è di per sè il governo, la sovranità deriva tal consenso e dalla cooperazione, libere razionale, e l'intero popolo.

Sovranità, principio democratico e rappresentatività.

L'espressione popolo un essere ritenuta equivalente a quella, per qualche verso più suggestiva, di comunità, il popolo infatti indica un sistema di aggregazione di relazioni sociali tra persone libere razionali, alla ricerca della loro felicità. La costituzione riconosce la priorità della vita comunitaria sullo stato.

La comunione di vita e di obiettivi e quella del popolo italiano; ad essa deve rispondere lo Stato, che non per sottrarsi alla responsabilità di tutelare gli interessi del popolo italiano, colto con un'aggregazione articolata, composita, ma storicamente sedimentata.

I fini generali dello Stato.

Lo Stato e ordinamento fini generali, non nasce, in relazione ad esigenze specifiche a funzioni limitate, ma per promuovere il benessere della comunità, si pone quale organismo capace di raccogliere una pluralità di esigenze di sviluppare un'azione articolata su scopi diversi. Gli enti territoriali sono ad obiettivi generali.

Lo Stato e ordinamento esponenziale di una collettività alla pari di altri, in specie di quelli territoriali minori, che condividono il carattere della politicità, ma non sono sovrani a. Lo Stato e anche ente ad obiettivi pubblici, cioè risponde ad interessi di una pluralità indeterminata di individui, cerca il bene comune a società e da aggregazione complessa, si prefigge di soddisfare le esigenze di gruppi diffusi.

Sovranità ed interesse pubblico.

L'interesse pubblico salda lo Stato-apparato con la comunità; l'idea stessa di bene comune mostra la proiezione degli apparati pubblici verso obiettivi contingenti, ma che debbano essere conformi all'attese del popolo. L'ordine al centro di queste complesse tensioni tra l'individuale e il il collettivo, tra il singolo ed il gruppo, tra l'aspirazione alla libertà e la sottoposizione ad una autorità pubblica si situa il concetto dell'interesse pubblico.

Stato, tempo, governo e territorio.

Lo Stato, in quanto ordinamento, e un gruppo organizzato, un popolo alla ricerca di un governo che di risposta ai bisogni della comunità essa interpretare e realizzare l'interesse pubblico. Il popolo e il fulcro dello Stato.

Lo Stato e ordinamento, aggregazione umana, ma essa si identifica per l'insistere sul territorio tradizionalmente correlato a ciascuno Stato. Il rapporto tra lo Stato e ed ville territorio può spiegare, almeno in parte, la un'origine storica di ciascuna istituzione sovrana. Il nesso tra Stato e territorio equivale a quello tra l'ordinamento attuale e la sua storia, tra l'esperienza del presente e il retroterra culturale, politico, sociale su cui affonda le sue origini.

Il territorio non solo delimita all'ambito del governo, ma il criterio privilegiato per scoprirne i antecedenti storici.





Capitolo IV le forme di Stato


La forma di Stato.

L'obiettivo e di identificare, nelle linee essenziali, quali espressioni tipiche abbia avuto lo Stato, a quali di funzioni e alla tutela di quali interessi sia stato piegato l'ordinamento giuridico statale. Un giudizio storico-giuridico può, studiare la rispondenza di ciascun ordinamento ai problemi contingenti, alle difficoltà della sua epoca.

Lo Stato assoluto e lo Stato di polizia.

Nello Stato assoluto, per la prima volta, si è realizzata la concorrenza fra le categorie della sovranità del popolo, del territorio, del governo. Lo Stato assoluto è stato il primo Stato, nel significato specifico di quest'espressione, storicamente determinato.

Quando si avvia il passaggio sul piano dei rapporti politici dello Stato assoluto quello di polizia, la riflessione teorica inizia a terre su piani non rigidamente di drastici la questione della causa della esistenza di istituzioni statali che cominciano a valutare, responsabilmente, l'interesse collettivo quale cardine della loro azione.

La funzione di governo si articolano come razionale esercizio di poteri rivolti alla utilità pubblica nello sforzo di definire il bonum comune, e di raggiungerlo.

Da un punto di vista giuridico, il fulcro resta, l'analisi lucida e razionale del rapporto dell'organizzazione dello Stato e dell'autorità in cui questo si sostanze con l'obiettivo di realizzare eque condizioni di vita e dei partecipanti ad una comunità, non solo di sudditi, ma di soggetti capaci di avanzare pretese e di chiedere azioni pubbliche di sostegno, interventi in non episodici, ma programmati.

Nello Stato di polizia, non si sfugge più al bisogno di dare una misura al potere, non ardendo un sistema di limiti, ma vincolandolo sul piano dei fini.

Lo Stato di diritto (XVIII sec.).

Il modello dello Stato di diritto, un essere visto, come la scoperta della acquisizione di un sistema razionale compiuto di limiti all'esercizio del potere sovrano senza considerare la fusione degli elementi economici e politici. Il primato della legge definisce canoni di condotta per l'autorità, che non è solamente funzionale alla bene collettivo, ma inserita in uno schema compatto di limiti e di previsioni normative.

Lo Stato ho ancora oggi, cerca faticosamente di divenire Stato di diritto. Il concetto di Stato di diritto rinvia al ruolo della legge, chiamata a un supremo sforzo di composizione tra interesse privato e discrezionalità sovrana.

L'odierno diritto amministrativo, nelle sue più recenti espressioni, quali la legge n. 241 del 1990, per essere considerato il frutto dei tentativi, non sempre coerenti continui, di perfezionare canoni essenziali dello Stato di diritto.

Lo Stato liberale (XIX secolo) basato sulla teoria individualistiche.

Lo Stato liberale ha rappresentato il coerente proporsi di strutture costituzionali orientate ad allargare la base di consenso sociale di un potere politico chiamato confrontarsi con consultazioni elettorali seppure ristrette ad una limitata porzione della popolazione. Affermazione di criteri colti a restringere le intromissioni dell'autorità pubblica all'interno delle sfere di libertà riservate ai privati.

È una concezione dei rapporti sociali protesta accogliere un confronto diretto tra il simbolo dello Stato, ad estraniare quest'ultimo da un incontro con la pluralità di formazioni collettive. Sotto valutazione della molteplicità. Incapacità di riprendere l'articolazione della comunità. Si è finito per estraniare l'uomo dalla comunità.

Il pensiero cattolico ripropone essere una visione più equilibrata del divenire sociale, vedendovi il luogo di ambientazione di un sistema di aggregazioni, non la coesistenza di individui privi di collegamenti.

Lo Stato democratico.

Superati i limiti individualistiche lo Stato liberale, la visione democratica si ritrova nell'esperienza della costituzione di Weimar, dove si gettano le basi di una organizzazione del potere pluralista, capace di accettare e di valorizzare tutte le pulsioni di una società sempre di più disomogenea.

Lo Stato democratico è debitore a quello liberale, di cui recepisce l'apertura alla competizione elettorale e alla assegnazione del potere di governo alla maggioranza. L'apparato di governo entra in una tensione costante con tutta la comunità vedendolo come un sistema di relazioni, di esperienze, di ispirazione differenti, ma tutte degne del rispetto pubblico, purché non rinneghino spirito democratico.

Lo Stato democratico, si fa portavoce delle nuove libertà economiche, promuovendo la realizzazione di una società in cui ogni persona si affrancata dal bisogno. Sullo scenario dei grandi conflitti sociali di questo secolo ha dominato lo Stato, eletto a lungo simbolico di raccolta dei valori essenziali della convivenza umana. Dunque, anche lo Stato democratico e un modulo storicamente determinato, ed a un evoluto rispetto per le esigenze dell'uomo e delle sue strutture collettive.

Lo Stato totalitario e quello socialista.

Lo Stato totalitario, in cui il rapporto tra lo Stato-persona e quello comunità si sfoggia secondo percorsi di semplificazione, alla ricerca di soluzioni unilaterali, rispose votate a fare appello ai sentimenti, piuttosto che ad una raffinata sensibilità giuridica. In questo, lo Stato totalitario e negazione della razionalità, e crea un poderoso accentramento del potere, con la costrizione della comunità ad accettare condividere i modelli culturali dei ceti dominanti.

Lo Stato socialista, e segnato da un incontrollato predominio delle aspettative di uguaglianza su quelle di libertà. Ciò, ha comportato nello Stato socialista, una sfiducia quasi assoluta nella potenzialità dell'uomo, e nella sua creatività, compressa da apparati burocratici che hanno finito per creare, invece di superare, le difformità sociali.

Lo Stato interventista dello Stato dirigista.

Nella seconda metà di questo secolo, il fenomeno neocorporativo ha assunto un risalto così marcato da incidere profondamente sulla stessa forma di Stato. In realtà, da un punto di vista teorico, il progetto di uno Stato interventista non dovrebbe essere, corredato sistemi neocorporativi. La storia, ha prenotato una concorrenza fra questi due fenomeni con la conseguenza di appiattir relazioni istituzionali, e di impedire ad essa di acquisire la varietà, la solidità, l'articolazione che sarebbe stato indispensabile.

La crisi dello Stato democratico potrebbe, soprattutto, essere ricondotta al fallimento, almeno parziale, dei suoi percorsi di politica economica, specialmente nelle contingenza in cui si sono affermate logiche dirigistiche, non ingrato di dominare la varietà e la naturale vivacità dei comportamenti imprenditoriali.

Lo Stato sociale.

Una logica partecipativa dovrebbe superare gli schematismi corporativi. La crisi della legge, nel moderno Stato democratico, e il segno della sfiducia nelle potenzialità di governo di una autorità razionale che decida.

L' impianto culturale dello Stato sociale si connette alla responsabile ambizione di ordire una trama di interventi di protezione da volti a liberare dal bisogno tutta la popolazione. Ma le difficoltà risiedono, in primo luogo, nelle spinte particolaristiche, che hanno reso lo Stato democratico garante delle diversità sociali, piuttosto che motore della uguaglianza.

L'orizzonte dei valori che lo Stato accoglie e tutela diviene sempre più frastagliato, incerto, segnato da mediazioni, non da iniziative organiche e lineari. Senza la costruzione di un nuovo progetto che colleghi la persona, la comunità, e le istituzioni, non si intravedono i presupposti per superare i problemi che attualmente affliggono uno Stato succube di interessi di parte, inadeguato a capire e perseguire i bisogni generali.









Capitolo V Il diritto


Diritto ed ordinamento giuridico

Il diritto coincide con l'ordinamento. Il diritto e un insieme articolato i precetti presidiati da sanzioni, quindi è un sistema di norme; il fenomeno giuridico e quindi esperienza di vita di un agglomerato sociale.

La crisi del diritto e la incapacità di realizzare concretamente una appagante sintesi tra la tecnica giuridica e la rispondenza alle istanze sociali, delle quali il diritto e strumento, nell'itinerario organizzativo delle strutture collettive. Il diritto e una esperienza di una comunità con sue specificità culturali. Il diritto deve rivendicare quella dignità culturale da chi non comprende come la regolamentazioni delle condotte richieda l'elaborazione di sofisticati parametri e di criteri di qualificazione tali da invocare mediazioni e apparati concettuali di ardua difficoltà.

Il diritto oggettivo.

Il diritto oggettivo si impone all'interno di una unitaria dimensione, presidiata da principi generali. L'esperienza giuridica e l'interazione tra un sistema, i suoi elementi costitutivi e una realtà che questo impianto normativo deve, per definizione, regolare. La dialettica quindi è fra la comunità e un disegno completo del diritto. Il diritto svela le sue matrici e le sue ascendenze culturali, mostra il percorso storico.

Il diritto e, insieme regno dei concetti e strumento per è tutela di interessi. Il diritto oggettivo e prima di tutto un insieme razionale, da valutare come struttura culturale aggregata. Nel suo essere sistema di norme, il diritto deve trovare una sintesi tra le attese della civiltà di cui è espressione della volontà del legislatore storico.

Positivismo realismo giuridico.

Lo Stato non coincide con il diritto, né è il suo unico attore, in un sistema, invece, molto più articolato. Lo Stato si deve aprire alla partecipazione cosciente responsabile della comunità, del gruppo di cui è espressione. Al centro di questa tensione fra l'apparato di potere e le aspirazioni della società si situa all'ordinamento che, in uno stato di diritto, e il fondamentale meccanismo di garanzia e di incentivazione della libertà personale contro il potere.

In uno Stato democratico, lo stesso diritto deve essere partecipazione concedendo il diritto come luogo di incontro tra l'uomo dello Stato. L'aggregazione, nelle diventare ordinamento il diritto, dovrebbe sviluppare, e non rinnegare, la sua vocazione partecipativa, che caratterizza profondamente lo Stato.

Diritto e comunità.

Il dialogo fra l'ordinamento e la comunità si apre ad una dimensione ideale di verifica sulla razionalità stessa di indicazioni normative che chiedono la condivisione da parte degli uomini.















Capitolo VI L'ordinamento giuridico e la norma


La norma.

E indispensabile precisare che non ogni ordine e non tutte le strutture di regolamentazione dei comportamenti umani sono giuridici. L'idea del diritto e in funzione di quella della norma, e questa ultima, appare come l'immagine di un ordine, di una prescrizione cogente, di un comando vincolante, proprio perché ad esso che apposta una sanzione.

Il diritto emerge come sistema di norme, di prescrizioni che invocano attuazione e obbedienza. La sanzione non è altro se non la verifica della giuridicità del comando e il mezzo di controllo sulla legittimità della condotta umana. Non può esservi sanzione senza processo, e ciò perché la sanzione corre il rischio di perdere le caratteristiche di Massimo criterio di riscontro sulla spontanea adesione collettiva alla volontà normativa. La giuridicità e in funzione della sanzionabilità della norma, attraverso meccanismi processuali.

La norma della volontà dell'ordinamento.

La norma e prescrizione perché può essere fatta risalire ad un momento di volontà. Non vi può essere norma se non vi è l'idea, preesistente, di un ordine, di un incontro tra due volontà, quella che si impone e quella chiamata rispondere alle prescrizioni. Non ogni condotta seguita comunemente dalla generalità dei membri del gruppo può essere, di per sé, norma giuridica. Occorre l'ulteriore condizione della obbligatorietà, cioè dell'esistenza di una sanzione. Quindi, un momento di volontà connette la norma al suo essere nel sistema e alla esperienza collettiva nel gruppo.

Le fonti del diritto.

L'esistenza di un sistema di norme presuppone la indicazione dei criteri per la loro selezione. Comunemente, sono definiti "fonti" del diritto i "canali" attraverso cui una norma è inserita nel sistema, ed una prescrizione e formulata e diviene obbligatoria e applicabile. Alla molteplicità degli ordinamenti giuridici corrisponde una pari varietà di fonti. Le fonti sono il risultato della funzione di cui sono espressione.

Se non vi fossero indicazioni cogenti, quindi norme sulle fonti, non si potrebbero decifrare eventuali conflitti o contrasti tra prescrizioni diverse, nella necessaria costante ricerca di quell'applicabile e, nel caso di difformità inconciliabili, di quella prevalente.

La norma e la sanzione.

Giuridicità equivale a obbligatorietà, cioè ad esistenza di un percorso razionale, predeterminato e coerente di verifica sulla effettiva rispondenza dei comportamenti individuali alle prescrizioni poste che invocano una pronta attuazione. Da non attuazione corretta delle norme definitorie crea scompensi, e causativa di situazioni di illegittimità.

Quindi la sanzione e l'anello di collegamento, dal punto di vista teorico, tra il sistema e la realtà umana. La sanzione e la condizione della effettività; si discerne il momento di Inter relazione tra il diritto e i rapporti umani, attraverso la mediazione del processo, cioè della funzione giurisdizionale.

La sanzione e il processo.

La valutazione della sanzione presuppone uno stretto collegamento con il meccanismo processuale quale strumento di verifica imparziale di risoluzione dei conflitti. La giurisdizione, di conseguenza, è suprema funzione dell'ordinamento, perché salda il diritto con la realtà. Nel processo la norma raggiunge la sua massima effettività trasformando il diritto nello specifico strumento di indirizzo dell'azione umana.

Se la sanzione e il mezzo logico di collegamento tra il sistema e la realtà, da un punto di vista concreto, questa sintesi e nel processo che, dichiarando il diritto e risolvendo le liti, porta, efficacemente, nella realtà contingente la norma, mediante la attuazione delle relative sanzioni. Una nuova autorità si sostituisce quella normativa, e dichiara il diritto, permettendo alla norma di attingere la massima possibile effettività.

Certezza dell'ordinamento, astrattezza e generalità.

Nella sentenza con valore di cosa giudicata la norma trova una applicazione certa terra una specifica scelta del sistema. Non vi è certezza del diritto ma interpretazione del sistema. Certezza si crea, per una precise opzioni giuridica, esclusivamente nel processo, mentre al di fuori di questo avreste regno delle opinioni.

Capitolo VII L'esperienza giuridica


Il diritto e l'esperienza giuridica.

L'esperienza giuridica e la ricomposizione della "vita" della legge, del suo essere strumento di realizzazione concreta dell'ordinamento e delle sue finalità. Il diritto ne è un momento qualificante. L'idea di esperienza giuridica è uno in luce la dimensione di costante cambiamento del sistema normativo.

Le trasformazioni della vita condizionano il tragitto di costante variazione dell'ordinamento, costretto ad adeguarsi ad un orizzonte di interessi che, soprattutto nella società tecnologicamente avanzata, conosce un incessante fenomeno di modificazioni profonde, capaci di influire pesantemente sulla realtà giuridica. L'ordinamento dovrebbe essere colto come il protagonista di una traiettoria di costante evoluzione, idonea a garantire alle mutevoli espressioni umane di raggiungere una legge in sintonia con i bisogni generali.

L'elemento dinamico e essenziale nella comprensione della struttura del diritto, in cui l'intero edificio razionale e permeato da una profonda propensione verso il continuo aggiornamento ed il progressivo adeguamento alla realtà di fatto.

Il fatto ed il diritto, nell'esperienza giuridica.

Il fatto e la sua considerazione nella norma assume, la realtà della qualifica in ragione degli obiettivi dell' ordinamento. Quanto il diritto riconoscere considera comealterum a se, cioè il fatto, insieme dei presupposti di applicazione e di vigenza delle norme.

La scissione tra fatto e diritto non manca di un suo momento di ricomposizione nel cogliere, in una proiezione dinamica, di intrecciarsi ed ville combinarsi dei suoi elementi, in un da divenire unitario della civiltà e del gruppo.

La frequente violazione, la reiterata disapplicazione, la protratta trasgressione sono gli indici della frattura tra fatto e diritto e, pertanto, il segnale della necessità di un cambiamento che dall'esperienza umana si spinga verso il diritto. Il limite di taluni approcci al diritto è proprio la mancanza di un senso storico. Chi pensa al diritto ignorando il fatto, appiattisce l'esperienza giuridica.

Era altro verso, il diritto non si riduce al fatto, perché il primo discende da una volontà del gruppo, e non coincide, con lo svilupparsi dall'esperienza umana.

La continuità e il cambiamento.

Appare un errore troppo comune il ritenere che le pulsioni e l'ambizione al cambiamento possano, semplicemente, essere affrontate con una trasformazioni rapide del sistema, senso più intimo raccordo con il suo fondamento, con i cardini dell'intero edificio razionale, sedimentata dagli sforzi di comprensione di secoli.

Le esigenze di chiarezza insite nel sistema giuridico, non possono avere risposte affrettate, episodi che, se non a prezzo di una progressiva scomposizione del sistema razionale, intaccato non tanto dal modificarsi della realtà di fatto, ma dall'intromissione del legislatore, stesse non ricercano che raggiungono una profonda sintesi con l'enorme per vigenti.

Gli elementi di rigidità e la propensione alla trasformazione.

Le tante leggi che si invocano creano fratture molteplici, per la loro inidoneità, senza più estesi processi riassuntivi e di verifica sull'integrazione con il sistema preesistente, ad inserirsi rapidamente e senza traumi negli impianti normativi tradizionali.

L'impossibilità di giungere ad una sintesi appagante condiziona l'itinerario di cambiamento, il quale appare poco solido, condizionato attenzioni interpretative, da difficoltà di impostazione e di comprensione, di riforme in cui i motivi di rigidità prevalgono su quelli di flessibilità.

I margini di duttilità e di trasformazione dell'ordinamento dovrebbero essere ritrovati nell'approfondimento dell'impianto culturale complessivo il quale deve essere adeguato dall'interno alle nuove evenienze.

Capitolo VIII L'interpretazione del diritto


Il processo di interpretazione.

La nozione di interpretazione identifica un processo logico-deduttivo di comprensione del significato e delle conseguenze di un atto giuridico. Con una specifico riguarda l'interpretazione della legge che qui interessa, l'interpretazione consiste nello scorso protratto di individuazione del senso della norma per inquadrarla nel sistema di cui fa parte.

La funzione interpretativa, partecipa a un percorso logico continuo e progressivo, in cui ognuno approfondisce e rende concrete conoscenze del diritto già sviluppate. Ogni membro della comunità, inconsciamente, esercita l'azione esegetica costantemente, ponendosi, ogni giorno, il dubbio sulla liceità dei suoi comportamenti e cercando di trovare nelle diritto alla risposta ai suoi problemi.

Interpretazione è una funzione della persona e della comunità, il momento di incontro tra la ricerca individuale e le dimensione collettiva del diritto.

Gli elementi tecnici e culturali.

La dottrina e la giurisprudenza e il loro studio dimostrano come il singolo processo ermeneutico si colleghi a quello del gruppo, come il contributo individuale si cornetta a quelli professionali, come il travaglio di ciascuno si all' ricerca di un momento di sintesi con gli approfondimenti dell'intera storia giuridica e, in particolare, dei suoi ultimi sviluppi.

Questa tensione tra strumenti tecnici e vocazione culturale, pare possa impedire all' ermeneutica di perdere le sue qualificanti connotazioni di strumento di analisi sorretto da un metodo specifico.

L'interpretazione della legge e degli altri atti di rilevanza giuridica.

Interpretazione della legge, non può essere equiparata a quella degli altri atti giuridici, in primo luogo dei contratti; in tutte queste contingenza infatti, manca il necessario riferimento al sistema.

L'interpretazione della legge: criteri sincronici e diacronici.

L'interpretazione si situa al centro di due itinerari complementari, l'uno diacronico, l'altro sincronico.

Criterio diacronico: la tutela delle libertà umane si esplica nella assoluta garanzia di momenti di soggettività in una interpretazione della norma a proposito della quale dovrebbe risaltare le componenti culturali, di proiezione verso la ricostruzione sistematica e la rivalutazione del messo storico, della traiettoria diacronica in cui la norma si inserisce.

Criterio sincronico: in quanto funzione umana, l'interpretazione non si può sottrarre all'influsso delle esperienze e delle convinzioni personali, le quali, rispetto ad un metodo che dovrebbe rimanere ancorato a criteri tecnici e a un rigido rigore scientifico, esercitano una precisa influenza sull'interprete, condizionando il suo approccio della sua stessa concezione giuridica.

L'approccio interpretativo non dovrebbe essere concepito come una funzione astratta, avvinta in un tecnici sono fuori dal tempo, dalla storia, dal dibattito culturale. Il ermeneutica giuridica presuppone l'applicazione razionale di energie umane e, l'azione di un soggetto che non può evitare di apportare il contributo della sua esperienza individuale a fronte della attuazione dello sforzo esegetico che è, per sua natura, relativo.

Occorre acquisire consapevolezza della mutevolezza degli esiti interpretativi, per l'inevitabile relatività giuridica. Non esiste un significato univoco della norma, ma solo il suo esporsi all'interpretazione, alla spiegazione razionale, mediante un percorso logico che, per sua natura, conduce a conclusioni potenzialmente difformi.

Livelli di interpretazione.

L'interpretazione si suddivide in una molteplicità di livelli, i quali rispecchiano la scomposizione della "vita" della norma in una serie, anche eterogenea, di percorsi di attuazione e di analisi, che si integrano e si sovrappongono.

La "vita" della norma passa attraverso le coscienze ed Inter ferisce con gli interessi individuali e collettivi, penetra nell'attività umana e vi si radica.

L'esito di questi continui e paralleli sforzi di comprensione e vario, proprio perché ciascuno si inserisce in ambiti differenti, partecipa di condizionamenti e di attitudini disomogenea. L'esperienza giuridica e, per questa ragione, complessa, di difficile comprensione se non si accetta questo sentimento della molteplicità dei tragitti di assimilazione della norma.

La dottrina e la giurisprudenza.

La dottrina e la giurisprudenza rappresentano un punto di partenza per ogni funzione interpretativa. Di percorsi della dottrina e della giurisprudenza costituiscono i sentimenti più evidenti e più noti per dispiegarsi dell'ordinamento, che, però, non si riduce ad essi.

In questo suo essere al tempo stesso, concetto di ricerche e di riflessioni quantomai sofisticate e, peraltro verso "vissuto" da una collettività, risiede il fascino del diritto, nella sua dimensione partecipativa, che coincide con affiorare di un bisogno di sistemazione teorica.




































Capitolo IX Il sistema giuridico


Il sistema che la logica giuridici.

La nozione stessa del sistema implica il riferimento ad una organizzazione di strutture logica, destinate, per loro natura, a saldare il diaframma tra la trama delle prescrizioni giuridiche e il fatto su cui esse incidono, di cui costituiscono meccanismi valutativi e regolativi. La logica del gruppo di viene quella del diritto, mediante il fermo recepimento di categoria come il nesso di causalità.

Oltre alle nozioni della volontà, della razionalità, del tempo, nello spazio, della causalità, desunte dalla esperienza comune, il sistema accogliere e si fonda su concetti quali il rapporto, il diritto, la facoltà, le dico, l'azione, la responsabilità, il potere, che sono derivati dall'analisi teoriche elaborate, le quali ricercano, una entità più profonda che condiziona il divenire e il trasformarsi della norma e che mantiene una coerenza ed una validità protratta nel tempo.

Le categorie logiche e la variabilità della conoscenza giuridica.

L'ordinamento e un sistema sottoposto ad analisi, il quale si tenne non come strutture inerte, la quale un meccanismo dinamico, sebbene aggettivo, vivificato dal suo imperniarsi, nella concreta vigenza, su un processo di interpretazione.

Proprio alle nozioni di fondo, su cui si basta l'intero edificio giuridico permettono ad esso di mantenere, il suo carattere sistematico, unendo una struttura completa ed articolata alla accettazione di ampi margini di revisione critica.

Il carattere sistematico, dunque, identifica un metodo della ricerca che si concilia con la relatività di risultati, i quali dovrebbero conseguire ad un approccio comunque diretto a far risaltare la coerenza delle norme, nel tentativo, necessario, di trarre strutture regolativi omogenee, complete, capaci di risolvere i molteplici conflitti.

Le esigenze di equità.

Dimensione equitativa: la capacità delle strutture logiche e dello stesso percorso ermeneutico di essere sensibili alle aspettative di giustizia del caso singolo e di recepire da atteggiarsi della sensibilità nelle concrete contingenza della vita aggregata.

Si dovrebbe pensare all'interpretazione come ad una ricerca di comprensione delle norme e dello comporsi in un quadro unitario alla luce di profondi sentimenti di equanimità. Il ragionamento giuridico si dovrebbe alimentare di questa propensione equitativa, che, senza distruggere la linearità e la complessiva conformazione del diritto, dovrebbe renderlo omogeneo con gli interessi e con le prospettive di giustizia insite nella sensibilità della società.

Il senso profondo di equità dovrebbe essere colto come un elemento in costante tensione dialettica con la componente meramente tecnica dell'approccio esegetico.

Il sistema delle varie "materie" giuridiche.

Gli aspetti significativi e i rapporti umani, trovano nel diritto uno specchio che sa unire alla impostazione di categorie logiche appaganti una estensione sufficiente a dominare, nella sua eterogeneità, il variegato dispiegarsi degli interessi, tramite una rete attenta e composita di disposizione, che si indirizzano su una pluralità di aree interne all'unitario strutture giuridica. Essa si scompone materie, frutto, da un lato, di diversi caratteri sistematici, dall'altro, di suddivisioni di comodo, di natura didattica, scientifica per far risaltare, di volta in volta connotazioni di specialità entro ambiti più ristretti.

Queste, però, partecipano alla unitarietà dell'ordinamento, di cui sono esplicazione all'interno di settori più ristretti e compatti della disciplina. La identificazione dei vari "diritti" permette un approccio teorico più facile.

Il rischio in cui cade la riflessione giuridica e di perdere il senso profondo dell'unità dell'ordinamento, nel suo essere espressione delle società. Ogni materia rimanda all'ordinamento come ad un orizzonte unitario e, a sua volta, questo può essere compreso unicamente mediante l'introduzione di distinzioni e ripartizione, che non dovrebbero avere, diverse, carenze assolute, ma relative, proprio per cogliere più approfondita mente il senso e la portata delle categorie logiche su cui la cultura della conoscenza giuridica si imperniano.

Il diritto privato ed il diritto pubblico.

All'interno di questa dialettica tra generalità e particolarità, si può inserire il rapporto tra diritto pubblico e privato, cioè tra le due categorie fondamentali in cui è ricompresa l'esperienza giuridica, per sottolineare il protendersi del diritto verso la regolazione dei rapporti tra i membri del gruppo, e dall'altro lato, le forme, i metodi, i criteri di azione dell'autorità che, all'interno dell'ordinamento, ne assuma il governo.

I momenti di contatto sono nell'essenza stessa del diritto, perché non possono essere evitati i nessi tra gli interessi e l'attività dei membri del gruppo e le esigenze collettive, che rimandano alla autorità, garante e promotrice delle aspettative generali. Il raccordo e nella stessa individuazione del diritto come l'espressione del gruppo e, perciò, di obiettivi, scopi, valori, che superano quelli dell'individuo e si qualificano per una dimensione collettiva.


































Capitolo X Le persone e la capacità


Il diritto oggettivo e le posizioni giuridiche soggettive.

Nel sistema del diritto l'idea della posizione giuridica soggettiva e, in larga misura, il perno, di perenne attualità, della costruzione nazionale, fondata sulla configurazione di spazi di tutela raccolti intorno ad interessi protetti e concepiti in una dimensione soggettiva. Il passaggio dalla oggettività della norma al suo trasfondersi in una proiezione soggettiva dà il senso del messo costante tra l'assetto pregò attivo dell'ordinamento e la prefigurazione di ambiti di protezione per le concrete e varie aspettative delle persone.

Il sistema e costituito dal comporsi di questa trama di posizioni individuali ed in cui il suo impianto si salda con l'interesse del singolo. Il punto di passaggio tra la norma e la posizione individuale protetta può essere considerato l'interesse che caratterizza, contestualmente, l'incardinarsi della posizione soggettiva sulla disciplina oggettiva.

Se il diritto si incardina sulla tensione tra l'individuo e la comunità, l'interesse, e la rappresentazione e l'identificazione del senso stesso della penetrazione della norma nell'esperienza collettiva in cui interviene a proteggere esigenze concrete, in rapporto con quelle altrui. L'interesse finisce per essere il perno della proiezione soggettiva dell'ordinamento, il riflesso della norma nell'ambito delle aspettative delle persone.

Il passaggio dalla oggettività alla soggettività mostra il collegamento tra il sistema giuridico razionale, le esigenze generali di cui è espressione della sua capacità di calarsi nello specifico di ogni persona.

Questa tensione tra la dimensione oggettiva e quella soggettiva e lo strumento tramite il quale la disciplina acquista vitalità e può procedere concretamente, diventando in grado di "camminare" insieme gli uomini come singolo, della collettività, nella ricerca, che è individuale e comunitaria, dell'equità, della giustizia, dell'armonia nei rapporti aggregati.

I soggetti giuridici: le persone fisiche.

L'idea stessa dell'interesse specifico implica quella della persona intesa come il fulcro delle esigenze salvaguardare e, quindi, delle disposizioni che in esse si concretizzano.

L'idea della personalità si collega al riconoscimento della capacità giuridica, intesa come il riconoscimento dell'idoneità ad essere titolare di posizioni giuridiche, attive e passive. La capacità giuridica e una connotazione meramente passiva, di attribuzione dell'idoneità ad essere centro di imputazione di diritti e degli obblighi.

La struttura della capacità giuridica concessa ad ogni uomo per l'effetto stesso della nascita appare un esito di grande modernità dell'ordinamento.

La capacità giuridica e la capacità di agire.

La categoria della capacità di agire, in cui il giudizio di idoneità si sposta sulla adeguatezza all'esercizio delle posizioni giuridiche soggettive e, soprattutto, alla adozione dia più impegnativi, rilevanti per l'ordinamento ed assunti come manifestazione della volontà di ciascuno. La capacità di agire e riservata a chi si è in grado di "gestire" concretamente la sua sfera di interessi e di porre in essere atteggiamenti coerenti..

Il presupposto fondamentale della capacità di agire, quindi, è il riconoscimento della razionalità e della corretta formazione ed è espressione della volontà. La capacità di agire e riconosciuta in ragione dell'età, che è indicativa di un sufficiente livello di razionalità di una volontà responsabile, stabile e coerente.

La minore capacità o l'incapacità legale equivale alla oggettiva individuazione di presupposti di tendenziale irrazionalità. L'incapacità "naturale" o transitoria, e tipica di chi solo occasionalmente versi in una reversibile e anzi, occasionale Stato di inidoneità ad agire, super abile in breve e non duraturo.

Il passaggio dalla capacità giuridica a quella di agire e l'immagine del transito dalla valorizzazione di ciascuna persona. La persona, quindi, e definita in ragione della sola nascita; altri fattori, di ordine naturale, designano il riconoscimento non solo della soggettività, ma dell'idoneità ad essere depositario della "gestione" e delle esercizio delle posizioni soggettive e della attività giuridicamente rilevante.




Le "persone giuridiche": disciplina giuridica e suggestioni naturalistiche.

Si può ritenere fuorviante e non persuasiva, la contrapposizione tra le persone fisiche e quelle giuridiche, come se si trattasse di due species di un unico genus. Gli enti, le associazioni, le organizzazioni, alle società, tutte le strutture super individuali, non possono essere equiparate alle vere "persone", quelle fisiche, perché esse esistono in funzione dell'esternazione libera e completa delle attitudini e delle sensibilità umane.

L'idea della personalità giuridica di istituzioni e di organizzazione base collettiva ammirato, da sempre, a dare risposta a problemi di carattere patrimoniale, organizzativo, operativo. Tale esistenza di organizzazioni super individuali non può disgiungersi dai concreti comportamenti di persone fisiche, senza le quali quelle giuridiche non potrebbero essere neppure pensate.

Nella disciplina delle persone giuridiche non si incontra alla descrizione della realtà e l'accettazione di presupposti di condizioni naturali, ma solo un impianto precettivo che cerca di regolare i comportamenti degli uomini, nel loro dare vita a gruppi ed istituzioni, che il diritto non può ignorare che deve considerare (vedi l'articolo 2 costituzione) come protagonisti del suo divenire, perché intorno ad essi si svolgono interessi umani di estrema rilevanza sociale, giuridica, economica.

Le persone giuridiche: sono delle organizzazioni su cui l'ordinamento erge autonomi centri di imputazione ed intorno alle quali definisce un modello di gestione degli interessi umani che invocano la prefigurazione degli apparati super individuali. Il fondamentale tratto comune delle persone giuridiche e il non essere persone umane.

L'interesse individuale, l'interesse collettivo e l'interesse pubblico.

L'interesse non semplicemente individuale a una sua precisa oggettività, uno spazio che non è esclusivamente all'interno dell'assetto giuridico. La trama ed il complesso dispiegarsi di organizzazioni che hanno soggettività giuridica non è unicamente in funzione di ambizioni individuali, ma risponde anche ad interessi che sono di tutti. La trama delle organizzazioni denota, pertanto, una profonda varietà, per la coesistenza di gruppi depositari di interessi collettivi a cui non è riconosciuta la personalità, come per la famiglia, di strutture titolari della sola soggettività e di persone giuridiche in cui manca la dimensione dell'interesse di gruppo che si delinea, piuttosto, quella di aspettative individuali concomitanti, come nell'ipotesi delle società.

Nozione parte e, invece, quella delle istituzioni e delle persone giuridiche pubbliche, destinate, di necessità a proteggere e valorizzare esigenze pubbliche. Il diaframma tra il concetto di interesse collettivo e quello di interesse pubblico riprende la demarcazione tra l'ambizione dello Stato a ergersi a ordinamento politico, con obiettivi generali e la più limitata vocazione delle società intermedie ad essere componenti del divenire sociale, all'interno di un assetto statale, per quanto pluralista, ai sensi dell'articolo 2 della costituzione.

Lo studio delle persone giuridiche implica una tripartizione tra quelle pubbliche, quelle collettive, quelle di origine individuale; la distinzione non è sempre facile ma dovrebbe scolpire un approccio più attento al carattere profondo di ogni organizzazione, sia per identificarne la valenza all'interno dell'ordinamento, sia per valutare la disciplina, in termini di personalità, di metodi di azioni e incidentalmente, di autonomia patrimoniale.













Capitolo XI  Le strutture collettive: gli interessi protetti e la soggettività giuridica


L'interesse collettivo e il principio pluralistico.

Il forte risalto del carattere pluralistico dell'ordinamento implica il riconoscimento della piena attività delle formazioni presenti nella nostra organizzazione sociale, che sono il fondamento di struttura, di varia natura, idonee a consentire il razionale sviluppo delle relazioni interpersonali. Morire le formazioni sociali, a prescindere dalla loro soggettività giuridica, sono gruppi che hanno una dignità e un risalto indipendenti da quelli dello Stato e che si prefiggono scopi tipici della struttura in San, nel suo essere esponenziale di attese non riducibili ad una logica esclusivamente individuale. Si mira alla soddisfacimento e alla perseguimento di finalità tipiche di un gruppo, significative per chi ne fa parte, ma all'interno di una proiezione di insieme. Il cencio da questo

tutti i centri sono colti a valorizzare interessi collettivi sono sottoposti ad interventi legislativi che si sono susseguiti nel tempo e hanno toccato il tema del rilievo di queste aspettative.

Il nostro diritto rinuncia all'ambizione di cogliere nello stato l'unico strumento di soddisfacimento delle attese e delle esigenze non meramente individuali, vedendo, non è alle centro di un insieme di aggregazioni che rispondono alla suo bisogno di socialità.

La dimensione originariamente collettiva delle società intermedie.

La definizione di un ambito originariamente collettivo come presupposto di struttura di gruppo implica alla delimitazione, sul piano qualitativo, di un'area di interessi che siano tali da coinvolgere una pluralità di soggetti, in ambiti più ristretti di quelli del complessivo ordinamento, avvinti intorno ad aspettative ed esigenze proprie della formazione sociale, così da raggiungere il soddisfacimento in una logica di cooperazione necessaria.

Il pubblico tocca una pluralità e stessa ed in determinata di persone, abbracciando, nel suo insieme, una esperienza comunitaria più diffusa e composita.

Il collettivo si impernia su settori e su sensibilità più ridotte, connotate da una certa specificità, in quanto espressioni di gruppi relativamente ristretti e, almeno tendenzialmente, compatti ed omogenei.

Le strutture collettive con autonoma soggettività giuridica.

Il riconoscimento della soggettività giuridica, è attribuita dall'ordinamento a talune delle formazioni sociali previste dall'articolo 2 della costituzione. Gli apparati privati sono dotati di autonoma soggettività e di uno specifico profilo di organizzazioni titolari di diritti e obblighi, mentre, in altre circostanze, non sono, come la famiglia, soggetti dell'ordinamento, privi di una rilevanza in quanto strumenti di imputazione dei rapporti.

L'esigenza originariamente collettiva può essere di entità prive della soggettività giuridica, di associazioni non riconosciuta, di quella estesa trama di organismi privati che l'ordinamento riconosce. La differenza tra le strutture collettive e quelle private portatrici di mere aspettative individuali, non è di ordine giuridico-formale.

Il modello dell'associazione e la varietà di strumenti organizzativi presenti nella nostra esperienza.

Lo strumento dell'associazione non riconosciuta e tipico delle organizzazioni esponenziale di interessi collettivi, con scopi di carattere sociale, sindacale, politico, culturale, ambientale ed umanitario. Nelle diritto italiano, tale categoria giuridica ha rappresentato un modulo importante per la sottrazione dell'organizzazione ad ingerenze e a controlli pubblici, con il riservare alle associazioni una piena indipendenza e quella autonomia assai propizia per sviluppare percorsi di difesa di gli interessi collettivi.

Per i partiti è per i sindacati, nell'attività dei quali i rapporti patrimoniali hanno assunto una notevole importanza, sono sottoposte le associazioni non riconosciuta; se queste non possono essere titolari delle diritto di proprietà su beni immobili, arriva l'intervento di società controllate, che hanno potuto acquisire, senza problemi, la proprietà degli immobili necessari all'attività delle associazioni

le associazioni non riconosciuta sono divenute uno strumento prioritario nell'assetto complessivo dell'ordinamento, in cui hanno acquisito la capacità di offrire uno strumento propizio ai gruppi esponenziale.



La valorizzazione giuridica dell' interesse collettivo.

La dimensione collettiva ha avuto o una estensione maggiore di quella delle associazioni non riconosciuta, individuando in altri istituti giuridici il luogo idoneo alla enunciazione di obiettivi non meramente individuali.

I comitati, le società, anche cooperative, strutture non associative e, al limite, di natura occasionale hanno saputo propugnare quegli interessi che hanno avuto luoghi di espressione pari ed eterogenei. Infatti, la categoria delle aspettative collettive dovrebbe avere un carattere oggettivo e sostanziale, e non meramente estrinseco, per la sua idoneità ad identificare un tipo di bisogno e di scopo che abbia una proiezione di gruppo.

L'ordinamento giuridico risulta influenzato grandemente, per il difficile, ma necessario scambio fra la prospettiva delle esigenze pubbliche in senso lato e quelle che si imperniano su fenomeni di gruppo più limitati.




























Capitolo XII Le persone giuridiche private


L'organizzazione dell'attività di una pluralità di persone e l'interesse individuale.

Le strutture che raggruppano una pluralità di persone fisiche, chiamate a costituire un soggetto dell'ordinamento, non perseguono solamente interessi oggettivamente collettivi, anzi molta volta si pongono obiettivi meramente individuali, di carattere personale, economico, di natura varia esercitati con una organizzazione che rispecchia finalità, scopi aspettative caratteristiche dell'area di esigenze e di attese proprie del singolo.

Le organizzazioni volte a tutelare e promuovere esigenze di ordine individuale acquisiscono, nel nostro ordinamento una diversa valenza. Sono strutture in cui la collaborazione umana rispondere ad interessi meramente individuali, esercitati attraverso fenomeni di regolazione delle condotte umane, mediante cooperazione, destinata a permettere il raggiungimento di obiettivi significativi per tutti membri dell'organizzazione.

Questa si prefigge scopi voluti, scelti e fissati autonoma mente dai partecipanti e non corrispondono, invece, ha più profonde e radicate realtà di gruppo

la sua mancanza di originarietà ma la sua derivazione da retroterra di bisogni è di aspettative di ordine individuale colgono il fondamentale risalto che ha acquisito il sistema complesso del diritto delle società.

L'organizzazione e la soggettività giuridica.

L'indicazione di una struttura come persona in senso giuridico rispecchia ed è il frutto di un'astrazione, di una precisa scelta del diritto, a favore dell'equiparazione dell'organizzazione con l'essere umano.

Si dipana la regolamentazione delle persone giuridiche private; la normativa, pertanto, e imperniata sul rispetto, sulla considerazione e sulla individuazione delle aspettative individuali, di chi partecipi alla divenire della struttura, e peraltro verso, entri in contatto con essa o, meglio con chi agisce in nome delle entità astratta e con i suoi comportamenti ne coinvolge il patrimonio.

Dietro la soggettività giuridica si celano, da un lato, la trama di relazioni dell'ente con le persone che entrano con esso in contatto e, dall'altro, i problemi strutturali, che condizionano il divenire della persona giuridica e rispecchiano il dialogo che si svolge al suo interno.

Le persone giuridiche non hanno consistenza naturalistica se non in rapporto con i comportamenti degli esteri umani che a tali strutture partecipano; ne deriva che la regolazione, da parte dell'ordinamento, delle soggettività giuridica implica quella delle relative condotte dei singoli che, intorno a tali strutture, si raggruppano ed in essa o per esse agiscono.

Le persone giuridiche private ed i singoli modelli del nostro ordinamento.

La varietà degli modelli societari e l'indice della molteplicità di figure giuridiche chiamate a rappresentare gli strumenti di collaborazione per la tutela di interessi individuali. Per quelli patrimoniali i tipi di società rispecchiano una tradizione imponente, radicata nella specifica esperienza delle attività imprenditoriali. Esiste un percorso di razionalizzazione delle funzioni soprattutto per il contenimento del rischio, tramite il noto principio dell'autonomia patrimoniale grazie cui si realizza una divisione tra la sfera patrimoniale del singolo e quella dell'impresa societaria.

Nell'evoluzione del diritto commerciale, il noto dell'autonomia patrimoniale rispondere all'impegno prioritario di separare il rischio dell'attività e di limitarlo, evitando ripercussioni sui beni di ogni socio e, pertanto, sul tenore di vita. L'identificazione di tutte le società come soggetti dell'ordinamento apre il concetto di persona giuridica privata ad abbracciare moltissime esperienze con lavorative.

La materia societaria mostra il più vario utilizzo della nozione di persona giuridica privata, per finalità di carattere non collettivo, ma individuale, seppure attraverso una "gestione" organizzata e capace di coinvolgere soggetti interessati alle dinamiche dell'organizzazione. In ogni caso, tali persone giuridiche possono essere paragonata a quelle pubbliche perché tutte assurgono a centro di imputazione di obblighi ed i diritti e diventano soggetti dell'ordinamento.




Capitolo XIII  Le istituzioni e l'organizzazione amministrativa


Le istituzioni pubbliche e gli interessi generali.

Tra la pluralità di enti, associazioni e gruppi presenti nell'ordinamento, le strutture pubbliche si distinguono per la loro specificità strutturale ed assurgono a categoria omogenea. La natura pubblica e di difficile catalogazione poiché la distinzione tra le persone giuridiche private e quelle inserite nell'amministrazione e mutevole e segnata da progressivi adattamenti.

Seguono una trama di finalità a cui l'ordinamento non riconosce solamente valenze super-individuali, ma anche una natura oggettivamente pubblica. Il passaggio dalla logica privata a quella pubblica comporta una forte gradualità, proprio per l'emergere gli interessi ed i bisogni che sono di gruppi aperti, in determinati che possono, pertanto, essere definiti collettivi, seppure non pubblici. Si guarda all'interesse come meritevole delle perseguimento da parte dell'intera comunità.

L'interesse pubblico, quindi, e caratterizzato dalla sua struttura ti unificazione delle distinte propensione, alla ricerca di quelli equilibrio che connota la necessaria tensione dell'amministrazione verso la composizione razionale delle esigenze diffuse della nostra sensibilità collettiva.

La struttura dell'amministrazione e la sua proiezione verso l'interesse pubblico.

L'assetto interno dell'amministrazione dovrebbe mirare alla selezione ed al perseguimento delle finalità che si definiscono terra dell'impegno di moderazione razionale delle pulsioni, spesso contrapposte, insite nella esperienza comunitaria.

Pertanto la conformazione della struttura pubblica dovrebbe permettere l'individuazione delle concrete opzioni in una sintesi razionale. La degenerazione di questa impostazione culturale e stata la rovina dell'amministrazione nelle proliferare di collegi in cui l'elemento della composizione tra interessi diversi si è risolto in un immissione di esponenti di associazioni e di gruppi. Queste prassi di ordine corporativo hanno rappresentato la negazione stessa dell'amministrazione con la sua incapacità di scegliere e ha provocato effetti per contanti e devastanti sull'immagine e sulla complessiva attività degli enti pubblici.

Dell'oggi che neocorporativi hanno finito per privare di risolto il momento della determinazione e della scelta, per aprire l'amministrazione ad un sistema di prassi di carattere contrattuale.

La soppressione di quegli elementi di contaminazione corporativa dei processi decisionali dovrebbe contribuire a decantare l'impostazione organizzativa, tramite la più coerente e convinta selezione dei nuclei decisionali, e la definizione puntuale rigorosa delle responsabilità. Proprio una tale linearità manca nella presente configurazione, troppo influenzata da condizionamenti e da spinte esterne.

L'organizzazione pubblica e l'apertura alla partecipazione.

Soprattutto dopo le leggi n. 142 e n. 241 delle 1990, la partecipazione e stata apertamente proposta quale modello di conformazione della struttura che, quindi, come principio in grado di con formare l'assetto dell'amministrazione, nel suo impianto operativo; il rilancio della partecipazione va di pari passo con l'idea di imparzialità dell'amministrazione che, recuperata la sua responsabilità decisionale e superati i condizionamenti, dovrebbe trovare nel dialogo con i privati lo spazio ed il mondo per attirare processi decisionali coerenti e maturati a fronte di una oggettiva verifica della situazione di fatto.

L'obiettivo prioritario dovrebbe essere quello di impartire una svolta di ordine qualitativo, per creare le premesse per un più terso eliminare svolgimento delle funzioni amministrative soprattutto quelle di natura autoritativa. La ridefinizione dei modelli strutturali dovrebbe garantire a gli enti pubblici potenzialità sufficienti per il superamento delle rigidità e della loro inidoneità a progredire verso una più corretta selezione delle esigenze generali

le recenti leggi n. 142 e 241 delle 1990 si indirizzano anche alla trasformazione completa del modulo organizzativo dell'amministrazione, con l'idea, di darle nuove possibilità di incontrare le persone di gruppi vitali nella società in una dimensione partecipativa improntata alla chiarezza e alla trasparenza. L'amministrazione dovrebbe essere un interlocutore credibile ed aperto delle singole persone con disponibilità al dialogo e conservazione di uno spazio deliberativo estraneo alle intrusioni consociativa e privo di intromissione perturbanti.

La riforma deve essere vista come eliminazione delle discrasie e delle inefficienze quantitative, nel suo essere proiezione verso una diversa relazione tra gli enti pubblici della comunità, rispetto a gli interessi organizzati presenti nella realtà contemporanea.

L'organizzazione degli uffici e l'organizzazione del lavoro.

L'analisi della struttura di enti pubblici dovrebbe distinguere due profitti: implica da un lato, la pianificazione degli uffici e, e altro, la gestione del personale. L'organizzazione del lavoro precostituisce la programmazione di tutti gli apporti lavorativi utili all'esercizio delle funzioni; l'ufficio identifica quella unità della struttura in cui si forma si manifestano volontà pubblica. L'ufficio, di conseguenza, rappresenta all'unità organizzativa in cui si compie l'effettiva realizzazione del potere, in cui si sostanzia lo svolgersi della funzione.

La distinzione tra ufficio e lavoro e ripresa da recenti provvedimenti, tra cui il decreto n. 29 del 1993, sulla "privatizzazione" per rapporto di servizio del pubblici impiegati. Tutti i dipendenti, sono legati da relazione di natura professionale e si inseriscono, a vari livelli, nella pianificazione del lavoro. Pertanto, l'area del pubblico impiego, comprende tutti i dipendenti dell'amministrazione.

La scomposizione della struttura dell'amministrazione nelle due categorie dell'ufficio e del lavoro consente di porre in luce le distinzione di un assetto organizzativo composito in cui, da un lato, si registrano le scelte del soggetto pubblico, e, dall'altro, l'acquisizione delle prestazioni retribuite di quei lavoratori che finiscono per partecipare all'amministrazione.

La nozione burocrazia.

La nozione di burocrazia riveste (giuridicamente) un ruolo riassuntivo della divisione in due parti tra lavoro ed ufficio nell'organizzazione dell'amministrazione. L'idea di burocrazia riduce ad unità sia il profilo dell'esercizio del potere, sia quello della relazione di impiego, vedendo le due organizzazioni in un nesso reciproco, da cui esce l'immagine complessiva dell'apparato, del suo realizzarsi come centro di lavoro, di iniziativa, di azione e di scelte responsabili degli uomini che vi si collocano.

L'esercizio del potere che il servizio reso in regime di subordinazione contribuiscono, per finalità differenti, andare il senso ultimo della presenza razionale dell'uomo nella amministrazione e l'immagine di questa ultima come di una "macchina" che può esistere ed essere vitale proprio perché è composta di uomini, capaci di apportare un contributo che dia concretezza ad una trama di funzioni e di responsabilità precostituite dalla legge.

La nozione di burocrazia assume, pertanto, un valore giuridico, nelle conferire un senso unico alle molteplici e diverse forme di presenza dell'uomo nell'organizzazione e nel dimostrare come questa sia, essenzialmente, la pianificazione del raccordo tra le funzioni e chi opera per la loro realizzazione effettiva.
















Capitolo XIV L'organizzazione degli uffici


La funzione e l'ufficio.

L'ufficio è la struttura designata ad assumere responsabilità di carattere propulsiva è deliberativo era la concreta attuazione del potere che per la sua traduzione in una serie di adempimenti consequenziali e razionali, costitutivi della funzione. Quindi l'ufficio e la ricomposizione di tutte le attribuzioni di ordine decisionale, della responsabilità di formazione, della manifestazione ed esecuzione della volontà pubblica. L'ufficio seleziona chi possa ed debba assumere un ruolo di responsabilità nella realizzazione delle prerogative pubbliche. L'ufficio mostra una suddivisione completa della responsabilità, tramite l'applicazione delle persone fisiche all'effettuazione della funzione.

L'attività dell'istituzione risulta dalla razionale concorsi delle condotte, delle scelte e delle iniziative dei suoi uffici, quindi da quei i centri di competenza dalla cui combinato agire emerge la trama di gatti che l'intera amministrazione (suddivisa in una pluralità di nuclei ma configurabile come un apparato integrato per la necessità di ricondurre ad unità ciò che, partitamente, e elaborato e deciso).

L'organizzazione e data dalla pianificazione delle competenze ed all'individuazione di una struttura di ufficio che saldi il potere dell'uomo che lo esercita, creando il presupposto strumentale per la realizzazione della funzione. La volontà pubblica presuppone l'esistenza di nuclei, quindi di uomini investiti della responsabilità di assumere le decisioni unto la funzione può essere studiata soltanto come azione degli uffici e delle persone fisiche che in essi trovano collocazione. L'ufficio e il retroterra organizzativo della funzione.

L'ufficio e l'organo.

L'ufficio dovrebbe essere distinto dall'organo; sono nozioni commercianti, seppure diverse, nell'ambito della medesima organizzazione dell'amministrazione pubblica. L'ufficio si proietta verso la creazione e l'esternazione della volontà ed assurgere al centro di formazione delle determinazioni. L'organo risponde al problema di definire quali atti siano imputabili all'istituzione, nell'ambito dei rapporti con i terzi. Rispetto ai terzi si pone il problema di cogliere quali atti possono essere ricondotti alla sfera giuridica dell'ente e l'impegnino.

L'ufficio riproduce, come componente dell'organizzazione, il passaggio dal potere astratto alla sua concreta realizzazione, definendo una dimensione delle competenze interne all'amministrazione. La figura giuridica dell'organo appartiene a una prospettiva completamente esterna in cui si tratta di determinare criteri precisi e stabili di imputazione.

Il concetto di organo si limita a stabilire come i risultati del travaglio che al luogo negli uffici, e cioè i singoli provvedimenti, si espongono all'apprezzamento dei terzi in quanto determinazioni riconducibili all'amministrazione, secondo regole di imputazione che difendono l'affidamento dei pirati.

L'ufficio guarda all'interno dell'apparato di cui è il tassello fondante; l'organo all'esterno, a tutela dell'ovvia necessità di terzi di conoscere quali atti siano riferibili al singolo ente che lo impegnino. I due temi si intersecano reciprocamente. La persona giuridica pubblica e sconto di dire razionalmente in uffici, ma instaura le sua relazione mediante gli organi, quindi attraverso la fissazione di criteri di comunicazione oggettivi, conosciuti, sedimentata dalla consapevolezza degli altri soggetti con cui l'Inter ferisce, soprattutto nell'attuale, profonda accentuazione di elementi partecipativo, ad esempio a seguito della legge n. 241 del 1990.

L'organizzazione degli uffici e la preposizione all'ufficio.

L'assetto istituzionale si qualifica per la presenza di persone a cui spetta, alla luce delle loro esperienza professionale, tradurre in scelte operative le molteplici potestà assegnate all'istituzione. L'organizzazione di uffici e prima di tutto, un insieme di uomini, chiamati a cooperare per creare una volontà riferibile all'intera istituzione.

L'ufficio e sete dell'iniziativa umana come apposizione dello sforzo degli uomini alla realizzazione delle manifestazioni di volontà dell'ente ed all'attuazione della funzione. Perché si è atti alla volontà dell'amministrazione, occorre un comportamento umano; proprio l'ufficio trasforma l'agire del singolo in quello dell'ente, traendone comportamenti dei funzionari la funzione, come realtà giuridicamente autonoma e conoscibile.

L'ufficio assurge a strumento di ripartizione del potere dell'amministrazione in quello dei funzionari e, di conseguenza, di preposizione del singolo ad una concreta responsabilità decisionale. L'ufficio, a differenza dell'organo, dovrebbe essere colto come entità organizzativa chiamata a saldare le competenze con la dimensione umana. L'ufficio e lo strumento giuridico di acquisizione del comportamento umano all'istituzione e di definizione dei modi.

L'ufficio e il "governo" dell'intera attività.

L'identificazione del risalto specifico dell'ufficio all'interno dell'assetto deliberativo che l'istituzione deve fare vedere questa figura organizzativa quale momento di governo non sono della singolo funzione ma della intera attività. L'ufficio e il momento di decisione e di guida dell'intera attività, pertanto non di singole decisioni, ma di una trama diffusa ed integrata di aspetti diversi.

L'attività non può essere definita come mero accostamento di provvedimenti distinti, come una somma di diversi addendi, costituiti da una molteplicità di atti.

La top contribuisce, in forza della sua individualità, a definire un modello ha cercato di espressioni della volontà pubblica, da cogliere nel suo complesso. L'ufficio, pertanto, a un ruolo proprio di centro di governo, svolgendo prerogative di conformazione ai fini pubblici di provvedimenti e di tutto ciò che li circonda.

L'impiego e l'ufficio.

Il raccordo tra l'ufficio è la relazione di lavoro fare debba essere ritenuto di distinzione netta tra due categorie diverse, seppure giustificative della presenza delle persone fisiche nell'istituzione. I percorsi sembra debbano essere considerati completamente paralleli. Chi e preposto all'ufficio, qualora sia un lavoratore subordinato, espletare, anche nel momento in cui svolge le sue prerogative decisionali, attività di facce, retribuita e ricompresa nell'oggetto del rapporto di lavoro.

La comprensione dell'assetto interno della "macchina" dell'amministrazione presuppone proprio questa scissione tra due momenti oggettivamente differenti, da individuare nella loro essenza di strumenti di qualificazione, distinti per obiettivi di peculiari realtà giuridiche. Semplicemente, la conformazione dell'ufficio non è quella del lavoro. La semplificazione dell'impostazione organizzativa dell'amministrazione dovrebbe essere raggiunta mediante la netta e rigorosa separazione tra questi due schemi di definizione della presenza delle persone fisiche nelle istituzioni.





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