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IL CALCESTRUZZO - I componenti del calcestruzzo

tecnologia meccanica



IL CALCESTRUZZO

I componenti del calcestruzzo

I componenti dell'impasto sono cemento, acqua, inerti e ed eventuali additivi. I principali tipi di cementi impiegati nei conglomerati sono:

Cementi normali, contraddistinti dalla sigla R, 325

Cementi ad alta resistenza, sigla R, 425

Cementi ad alta resistenza ed a rapido indurimento, R, 525



Cementi alluminosi, R, 525

Cementi per sbarramenti di ritenuta, R, 225

È opportuno che all'inizio dei lavori di costruzione di un edificio di una certa importanza, un campione del cemento che si impiegherà sia inviato ad un laboratorio ufficiale per le prove essenziali, come:

Determinazione della finezza;

Prova di indeformabilità, con la "pinza di Le Chatelier". Questa verifica è importante perché serve ad accertare la presenza di calce libera, che reagisce lentamente con aumento di volume, provocando forti tensioni interne nella massa di calcestruzzo;

Prova del tempo di presa;

Prove di resistenza a flessione e compressione.

Limiti minimi di resistenza a compressione

Tipo si cemento

Tempo si stagionatura

Resistenza a compressione

N/mm2 Kg/cm2

Normale







Ad alta resistenza










Ad alta resistenza e rapido indurimento










Alluminoso












Per sbarramenti di ritenuta








Tipi di presa

Tipo si cemento

Inizio presa

Termine presa

Normale e ad alta resistenza

Alluminoso

Per sbarramenti

Dopo 45 min.

Dopo 30 min.

Dopo 45 min.

Entro 12 ore

Entro 10 ore

Entro 12 ore


Gli inerti

Gli inerti naturali o di frammentazione devono essere costituiti da elementi non gelivi, privi di parti 717i84h friabili, polverulente, terrose e di sostanze nocive all'indurimento del conglomerato ed alla conservazione delle armature; queste caratteristiche devono essere continuamente controllate durante l'esecuzione dell'opera.

Per inerti si intende sia la sabbia che il pietrisco o la ghiaia di fiume. Il pietrisco è ricavato da una roccia generalmente compatta e resistente ed ogni cava fornisce pietrisco di caratteristiche omogenee, di seguito verrà lavato di modo che perda quel sottile strato di polvere che potrebbe essere dannoso. Le ghiaie, invece, possono contenere elementi di rocce diverse, anche poco resistenti, come arenarie.

Le caratteristiche degli inerti possono essere controllate in due modi. L'esame fatto in cantiere permette di verificare la pulizia e la presenza di particelle dannose. In laboratorio la qualità degli inerti viene verificata controllando:

Il tenore di impurità organiche, valutato con il metodo colorimetrico (soluz. di idrossido di sodio);

Il materiale passante allo staccio 0,075 UNI; deve essere per la sabbia, inferiore al 3% in peso; per la ghiaia, inferiore all'1% in peso; per il pietrisco, inferiore all'1,5% in peso;

Il coefficiente di forma C, che serve per indicare se gli elementi del pietrisco o la ghiaia si avvicinano, come dovrebbe essere, a sfere: C= S volumi degli inerti S volumi delle sfere circoscritte

Tale coefficiente deve essere maggiore a 0,15.

Per un buon calcestruzzo non è sufficiente che gli inerti siano omogenei, puliti, resistenti; occorre che mescolati con acqua e cemento diano una massa molto compatta. Infatti, la resistenza meccanica del calcestruzzo dipende anche dalla compattezza, che si ottiene adottando una granulometria degli inerti, cioè proporzionando la quantità degli elementi di diverse dimensioni che costituiscono la sabbia e il pietrisco, in modo che si riducano al minimo i vuoti. Se gli inerti fossero composti da granuli della stessa misura, nella massa del calcestruzzo si avrebbero numerosi vuoti, che solo in parte possono essere occupati dal cemento.

Composizione degli inerti



dimensione



percentuale

Sabbia

Da mm 0,2 a mm 1

da mm 1 a mm 7



Pietrischetto

Da mm 7 a mm 15

Da mm 15 a mm 30



Si può confezionare un buon calcestruzzo, per normali strutture, dosando gli inerti, con una discontinuità granulometrica, nella seguente misura:

per un metro cubo di impasto,

sabbia di fiume da 0,2 mm a 3mm   m3 0,420

pietrischetto da 3 mm a 15 mm   m3 0,420

pietrisco da 15 mm a 30 mm m3 0,420

Risulta quindi che il pietrisco, in volume, è il doppio esatto della sabbia. Se il calcestruzzo deve essere impiegato per strutture sottili (inferiori a 10 cm) si aumenta il dosaggio del pietrischetto e si diminuisce quello del pietrisco, per facilitare le operazioni di getto. La confezione del calcestruzzo in queste proporzioni di inerti comporta una discreta attrezzatura di cantiere, con separazione dei tre tipi di inerti, il che non è sempre possibile. Nella pratica si finisce con utilizzare due tipi di inerti, la sabbia e il pietrisco, quest'ultimo arriva in cantiere già mescolato, con una pezzatura che va da 1 a 3 cm. Infine, per lavori di riempimento, dove si richiede scarsa resistenza, il conglomerato viene eseguito addirittura con un solo inerte, il cosiddetto "misto di fiume" o "misto di cava".


L'acqua per gli impasti

L'acqua per gli impasti deve essere limpida, non contenere sali in percentuali dannose e non essere aggressiva. Praticamente tutte le acque naturali normali possono essere usate per i calcestruzzi, e in casi di necessità, anche l'acqua di mare. Questa non influisce molto sul fenomeno dell'indurimento del cemento, ma provoca diminuzione della resistenza meccanica, contenuta tuttavia in limiti assimilabili. L'acqua di mare non è assolutamente utilizzabile con il cemento alluminoso, ne per strutture in cemento armato precompresso.

Sono escluse le acque degli scarichi industriali e civili, o che contengono zucchero, oli e grassi. Per le acque torbide è ammesso un limite di torbidità di 2 g per litro, sopra tale limite occorre fare decantare l'acqua. Se viene usata acqua calda per l'impasto, la temperatura non deve superare i 60 °C. L'acqua è indispensabile nel calcestruzzo per determinare la reazione di idratazione del cemento (fenomeno di presa); per questa azione è sufficiente una quantità di 30-40 litri per 100 Kg di cemento.

La fase di indurimento si può riassumere così: l'acqua a contatto con i granuli del cemento forma una massa gelatinosa che avvolge gli stessi granuli e li salda. Durante la prima fase dell'indurimento, solo la parte superficiale dei granuli viene idratata, poiché la massa gelatinosa ostacola la penetrazione all'interno dei granuli. Anche dopo alcuni mesi l'idratazione non va oltre i 7 8 micron, mentre i granuli hanno un diametro da 10 a 100 micron. Perciò il cemento più è fine, più raggiunge una elevata resistenza. Nella seconda fase di indurimento nella massa gelatinosa si formano dei cristalli di silicati e idrato di calcio, cristalli che occorrono a collegare ancora più intimamente i granuli. Per questo motivo il calcestruzzo di cemento seguita per molto tempo ad aumentare di resistenza.

Con 30 litri di acqua non è possibile eseguire un impasto che sia lavorabile, perché si ottiene una massa appena umida. E quindi occorre aumentare la quantità di acqua, oltre il minimo necessario alla presa, fino ad ottenere un calcestruzzo che abbia la fluidità necessaria al tipo di lavorazione che si deve effettuare. Infatti, il regolamento precisa che il quantitativo di acqua deve essere il minimo necessario a consentire una buona lavorabilità del conglomerato, tenendo conto anche dell'acqua contenuta negli inerti. In 300 Kg di cemento la quantità di acqua ottimale è di 120 litri, dei quali solo 90 sono indispensabili per la presa, mentre gli altri 30 litri servono a dare all'impasto una sufficiente lavorabilità. In questo caso si ha un rapporto acqua/cemento di 120/300 pari a 0,4.


Eccesso dell'acqua di impasto

La quantità di acqua nell'impasto è il problema essenziale nella confezione dei calcestruzzi. Un impasto con la giusta quantità d'acqua è impossibile da ottenere, anche con la presenza continua in cantiere di un esperto assistente. Il motivo è la difficoltà di lavorazione del calcestruzzo poco fluido che richiede più tempo già nella confezionatura, più tempo nel getto, moltissimo tempo affinché il calcestruzzo stesso sia ben costipato e non lasci vuoti nelle strutture. Invece le maestranze tendono a fare presto mettendo qualche secchio d'acqua in più per fare scivolare al suo posto il calcestruzzo troppo riottoso. Purtroppo l'eccesso di acqua risulta dannosissimo per:

La notevole diminuzione della resistenza; questa è più accentuata nei calcestruzzi di pochi giorni e poi si stabilizza su valori costanti. Quando l'acqua determina un rapporto a/c di 0,80 la resistenza dopo 28 giorni diminuisce del 50% circa. La notevole diminuzione di resistenza del calcestruzzo è dovuta al fatto che la quantità di acqua eccedente alla minima necessaria alla presa del cemento, in parte si perde colando tra le fessure delle casseforme, trasportando fuori della massa del calcestruzzo una discreta quantità di cemento (effetto dilavamento), in parte resta in sospensione all'interno della massa, evapora successivamente, lasciando il calcestruzzo poroso. In pratica, quando per necessità di lavorazione occorre un calcestruzzo molto fluido, è necessario aumentare la quantità di cemento, in modo che il rapporto a/c sia quello stabilito per reggere la dovuta resistenza;

L'aumento del ritiro del calcestruzzo, determina fessurazioni nella massa, con gravi conseguenze per l'impermeabilità delle strutture;

La separazione degli inerti, questi tendono a stratificarsi in base al loro peso specifico, alterando completamente le caratteristiche granulometriche del calcestruzzo. La separazione si verifica quando la coesione interna è inadeguata, se una miscela molto fluida è mossa con una carrucola, le particelle grandi dell'aggregato cadono sul fondo e la poltiglia e la poltiglia di cemento rimane in cima.


Confezione del calcestruzzo

La confezione del calcestruzzo, cioè l'esecuzione dell'impasto dei vari elementi, è una operazione molto importante, dalla quale dipende l'omogeneità del calcestruzzo stesso. La confezionatura può essere fatta a mano o con apposite macchine, le betoniere. La lavorazione a mano è ormai abbandonata; la betoniera viene utilizzata dovunque, in quanto ne esistono di molti tipi, di vari a capacità ed automazione, tali da soddisfare qualsiasi esigenza organizzativa. Il tipo più semplice di betoniera è quello a bicchiere oscillante, facilmente trasportabile, adatto a piccoli cantieri, con una capacità della tazza variabile da 80 a 350 litri. Il caricamento è manuale, ma può essere con dispositivo automatico. La dosatura degli inerti può essere fatta contando le comuni carriole oppure misurando gli inerti con apposite casse tarate, prima di inserirli nel bicchiere. Lo scarico del calcestruzzo avviene rovesciando il bicchiere con l'apposito volante.



Più completa è la betoniera a tamburo orizzontale con carico automatico e scarico per inversione di rotazione. Questo tipo ha capacità maggiori, 350-750 litri, con un elevata produzione oraria di calcestruzzo. Il carico avviene per mezzo di una benna a tramoggia dove gli operai pongono gli inerti. Lo scarico avviene dal lato opposto del carico, invertendo il senso di rotazione del tamburo.

Quando il cantiere è di grande importanza, ed occorre una grande quantità di calcestruzzo, è indispensabile una vera e propria centrale di betonaggio, che comprenda:

Silos per il cemento;

Silos per le diverse pezzature di pietrisco;

Silos per la sabbia;

Betoniera per l'impasto;

Apparecchi per la dosatura del cemento, degli inerti e dell'acqua.

Per un cantiere di media grandezza, può essere sufficiente un impianto per la produzione di calcestruzzo che comprenda:

Un ampio spazio piano e pulito per la formazione dei cumuli degli inerti all'aperto;

Una tettoia per il deposito dei sacchi di cemento, se non si depone il un silo;

Una betoniera ad asse orizzontale di adeguata capacità;

Apparecchi per la dosatura degli inerti ed il loro caricamento.

Un tipo abbastanza usato di caricatore della betoniera è quello a nastro trasportatore continuo, che preleva il materiale dai cumuli e lo scarica nella benna della betoniera.

La dosatura può essere fatta a peso o a volume. Nella pratica comune, si esegue la dosatura per volumi per gli inerti e l'acqua, mentre il cemento si dosa a peso. Come unità di misura del calcestruzzo, si considera il metro cubo.


Posa in opera del calcestruzzo

L'operazione di posa in opera è detta comunemente getto. Questa operazione deve essere eseguita subito dopo la confezionatura e sempre prima che abbia inizio la presa del cemento. Consiste nel gettare l'impasto nelle apposite casseforme. Il sistema più semplice è quello di disporre di una gru a braccio, con una benna che può scaricare il calcestruzzo direttamente nel punto stabilito. In questo caso l'operazione risulta rapida e senza inconvenienti. Quando invece occorre trasportare e travasare il calcestruzzo, si deve fare attenzione affinché i componenti non si separino, in quanto gli inerti più grossi tendono a spostarsi verso il basso, mentre la sabbia e l'acqua rimontano in superficie. Per evitare questo fenomeno è necessario che il calcestruzzo non sia sottoposto a scotimenti eccessivi e non sia lasciato cadere da altezze notevoli, ne fatto scorrere in scivoli troppo larghi e lunghi.

Il getto del calcestruzzo deve avvenire sempre a strati orizzontali di spessore variabile a seconda della dimensione massima degli inerti e del mezzo che viene impiegato per il costipamento. Se il calcestruzzo è assestato a mano, lo spessore sarà non maggiore di 15 cm, mentre se il costipamento è effettuato mediante vibratori lo strato può essere anche di 40 60 cm. Durante il getto è assolutamente vietato l'aggiunta di acqua al calcestruzzo, mentre è opportuno bagnare le casseforme, se sono fatte di tavole di legno


Casseforme per strutture in calcestruzzo

Le casseforme possono avere le forme più varie , secondo del tipo di struttura da realizzare. I materiali usati sono prevalentemente il legno ed il ferro. Le casseforme, oltre la funzione di contenimento (stampo) del calcestruzzo, devono assolvere la funzione statica di sostegno, sia pure per breve tempo, del peso del calcestruzzo, che, essendo fluido, esercita una pressione di tipo idrostatico. Di conseguenza la spinta sarà tanto maggiore quanto più grande è l'altezza del getto. Queste spinte tendono a far aprire le pareti verticali delle casseforme, per cui queste devono essere saldamente fissate in modo che non si verifichi il minimo cedimento. Il lavoro di esecuzione delle casseforme è affidato al carpentiere.


Casseforme il legno

Gli elementi principali delle opere in calcestruzzo armato sono le travi, i pilastri e le solette. Le casseforme dei pilastri si chiamano casseri. Il legno usato in Italia è l'abete comune della qualità meno pregiata, in tavole di spessore di 25 mm, chiamate sottomisure o panconcelli, di larghezza variabile da 10 a 25 cm e di lunghezza di 4 m. l'abete viene usato per il suo costo modesto, rispetto agli altri legni, per la sua facilità di lavorazione (segabilità e piallatura) e per la sua notevole resistenza alle sollecitazioni.

Il collegamento della varie tavole viene fatto con chiodature, con chiodi da carpentiere di 6 e 10 cm di lunghezza. Prima del getto viene rinforzato da una serie di cravatte di legno o meglio di ferro. Le casseforme per muri e pareti sono costituite da due tavolati paralleli, con le tavole disposte in senso verticale o longitudinale, fissati tra di loro da una serie di morsetti tendifilo in acciaio, che assicurano una perfetta tenuta durante il getto.

Dopo il disarmo (operazione di smontaggio della cassaforma) restano sporgenti i tronconi di tondino, che vengono facilmente tagliati a filo parete con apposite tronchesine.

Le casseforme per travi presentano maggiori problemi di carpenteria, in quanto queste devono essere sostenute a notevole altezza da una serie di elementi (i puntelli) in grado di sopportare il peso del calcestruzzo senza cedimenti. La cassaforma per la trave è composta da un tavolato di fondo, detto fondello, e da due pareti laterali, dette sponde; prima viene eseguito il montaggio del fondello, quindi delle sponde, rinforzate e controventate da regoli di legno o, se la trave è molto alta, da tondini di ferro serrati dagli appositi morsetti. Il fondello delle travi non viene messo in opera perfettamente orizzontale, ma con una monta che in mezzeria misura circa il 5 per mille della luce netta, in modo da compensare la deformazione che si ha al momento del getto per assestamento della casseratura. Per ottenere questa monta i puntelli vengono calzati con cunei di legno, oppure con il basamento a vite di pressione. Il criterio di esecuzione delle casseforme è basato su:

La massima economia di materiale;

La facilità di montaggio;

La facilità del getto di calcestruzzo;

La possibilità di recupero di intere parti per il reimpiego, dopo una accurata pulizia;

Possibilità di disarmo senza compromettere la struttura.


Casseforme in metallo

Allo scopo di ridurre i costi delle casseforme si è cercato di sostituire il legno con l'acciaio, specialmente per le cravatte, i morsetti, i puntelli ecc. ai quali si richiede una grande resistenza. L'impiego dell'acciaio per questi elementi si è dimostrato utilissimo per ridurre i tempi di esecuzione e montaggio, migliorando anche la qualità delle casseforme.

L'impiego della lamiera metallica, rinforzata da costolature, anche per i pannelli a contatto con il getto (casseri, fondelli e sponde) si è rilevato invece meno attuabile in pratica, per l'impossibilità di variare le dimensioni delle casseforme. I pannelli in lamiera possono essere utilizzati per pilastri o pareti di grandi dimensioni con una certa utilità; si possono ottenere pilastri di sezione fino a 60 X 60 cm, con variazioni ogni 5 cm; la superficie del getto, dopo il disarmo, rimane perfettamente levigata.






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