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I Transistor
Il transistor è un dispositivo a stato solido formato da semiconduttorii. Venne scoperto casualmente da Russel Ohl il 23 febbraio 1939, esaminando la differenza di conducibilità tra due lati di un cristallo di silicio semiconduttore con una crepa. Praticamente il cristallo era una rudimentale giunzione P-N .
I transistor vengono impiegati in ambito elettronico, principalmente, come amplificatori di segnali elettrici o come interruttori elettronici comandati da segnali elettrici ed hanno sostituito praticamente quasi del tutto i tubi termoionici.
Il primo tipo di transistor sperimenta 535i89f to e poi prodotto fu il transistor bipolare o BJT, in cui sia elettroni che lacune contribuiscono al passaggio della corrente. In seguito furono creati altri tipi di transistor, in cui il passaggio di corrente avveniva grazie ad un solo tipo di portatori di carica (o elettroni o lacune), detti FET, acronimo di Field Effect Transistor. Sia i FET che i BJT, nel tempo, hanno dato origine a molti tipi diversi di transistor, usati per gli scopi più vari.
Nel linguaggio comune vengono chiamate transistor anche le piccole radio AM/FM portatili a pile, che furono la prima applicazione di questi dispositivi a raggiungere il mercato di massa, verso il 1950.
In un transistor BJT (transistor a giunzione bipolare) una corrente elettrica è inviata nella base (B) e modula (controlla) la corrente che scorre tra gli altri due terminali noti come emettitore (E) e collettore (C).
Per fare questo, il transistor sfrutta la vicinanza di due giunzioni P-N opposte: quando la giunzione base-emettitore viene polarizzata direttamente, i portatori di carica (elettroni e lacune) che transitano attraverso di essa diffondono verso la vicina giunzione collettore-base, dove vengono in gran parte catturati dal campo elettrico interno alla giunzione stessa, che in questo modo viene percorsa da corrente anche se polarizzata inversamente. Tanto maggiore è la frazione di corrente catturata dalla giunzione di collettore, tanto migliore è il transistor: in un transistor ideale, perfetto, tutta la corrente che entra dall'emettitore dovrebbe essere deviata verso il collettore senza raggiungere mai il contatto di base. In pratica, in un normale transistor per usi generici la corrente uscente dal collettore è il 98-99% di quella che entra nell'emettitore, e dalla base esce solo l'1-2% di essa. Il rapporto fra corrente di collettore e corrente di base è detto β del transistor, ed è uno dei parametri fondamentali di questo dispositivo.
L'ordine delle giunzioni non è importante: si possono usare sia una coppia di giunzioni P-N e N-P (ottenendo un transistor P-N-P) oppure due giunzioni N-P e P-N (ottenendo un transistor N-P-N, complementare al primo): un transistor e il suo complementare funzionano in modo quasi identico, ma le tensioni ai loro capi devono essere invertite di polarità (da positive a negative e viceversa).
In un transistor FET (transistor ad effetto di campo) i tre terminali sono chiamati gate G (porta), source S (sorgente) e drain D (pozzo) rispettivamente, e l'effetto transistor si ottiene tramite il campo elettrico indotto dalla tensione applicata al terminale gate che respinge i portatori di carica del silicio del canale fra source e gate, variandone la resistenza elettrica: più la tensione fra gate e source è grande, più ampia diventa la regione svuotata non conduttrice, priva di portatori, e più cresce la resistenza elettrica fra souce e drain. Rispetto ai transistor bipolari i FET presentano il vantaggio di avere il terminale di controllo (gate) isolato, in cui non passa alcuna corrente: lo svantaggio invece è che un transistor FET non è in grado di offrire molta corrente in uscita: in genere i circuiti con transistor FET hanno una alta impedenza di uscita, cioè erogano correnti molto deboli.
Anche i FET come i transistor bipolari possono essere realizzati in due versioni complementari, a canale P fiancheggiato da regioni N o a canale N fiancheggiato da regioni P (come quello nella figura a lato); come nei bipolari il funzionamento è identico, ma a polarità invertite.
I transisori MOSFET sono dei Fet in cui la tensione applicata sul Gate non solo crea una zona svuotata priva di portatori, ma se cresce oltre una tensione detta "di soglia", provoca una inversione di popolazione nel silicio a ridosso dello strato di ossido: nella figura a lato, le due regioni dei terminali di source e drain sono ricavate da silicio P, e sono in comunicazione elettrica tramite il "canale P" creato per inversione nello strato N che le separa, grazie alla tensione applicata al gate sulla barriera superficiale di ossido. Anche qui, è possibile invertire le regioni: in figura è riportato un mosfet a canale p (p-mos), il suo complementare (n-mos) si ricava con un substrato P su cui sono inserite le regioni N di source e drain. Come nel caso dei bipolari, anche il funzionamento dei p-mos e degli n-mos è (quasi) identico, ma a polarità invertite.
Mentre i transisor BJT sono principalmente usati, per il loro alto guadagno, come amplificatori nell'elettronica analogica, i MOSFET sono largamente utilizzati nell'elettronica digitale, soprattutto per la loro struttura molto semplice che li rende facili da costruire e di economico impiego nei circuiti integrati: un ulteriore vantaggio è il basso consumo di energia che si traduce in meno problemi di dissipazione termica, mentre lo svantaggio principale è che sono più lenti nel cambiare stato rispetto ai transistor bipolari. I moderni circuiti integrati a mosfet (microprocessori, DSP, microcontrollori, etc...) usano tutti la tecnologia CMOS (complementary mos), in cui si usano transistor p-mos e n-mos accoppiati, oppure la sua evoluzione BiCMOS.
Con l'evolversi della tecnologia sono stati creati anche altri tipi di transistor, dotati di caratteristiche diverse o adatti a usi particolari: per esempio il transistor unigiunzione è un generatore di impulsi e non può amplificare nè commutare. Gli IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor) invece sono dispositivi ibridi fra i transistor bipolari e i Mosfet, adatti a maneggiare forti correnti.
Nel linguaggio comune vengono chiamate transistor anche le piccole radio AM/FM portatili a pile, che furono la prima applicazione di questi dispositivi a raggiungere il mercato di massa, negli anni '50.
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