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Relazione Elettronica
I.P.S.I.A. Iglesias G.Ferraris
Relazione numero 1
Gli amplificatori operazionali
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Classe 3^ |
A.S. 2005/2006 |
Efisio |
Sezione A - O.E.I. |
Circuiti di misura utilizzati:
Configurazione Invertente
Sommatore
Questo dispositivo fornisce una tensione di uscita proporzionale alla somma pesata di più segnali che possono essere applicati al morsetto invertente (sommatore invertente) o non invertente ( sommatore non invertente).
Integratore/Derivatore
Introducendo un condensatore nel circuito di retroazione si ottiene un amplificatore in grado di eseguire operazioni di integrazione o derivazione. La frequenza minima del segnale è limitata entro determinati valori d 444c22e ai parametri dei componenti usati (integratore limitato), ed in particolare dal tempo di carica della rete RC, τ = RC. Superati questi limiti il circuito entra in saturazione distorcendo il segnale.
CONFIGURAZIONE NON INVERTENTE
Ciò che rende un amplificatore operazionale non invertente, è il fatto che la tensione in ingresso Vi è applicata sul morsetto contraddistinto dal segno +. Nell'amplificatore di tensione non invertente (figura C) la fase del segnale uscente corrisponde a quella del segnale entrante. Il guadagno dell'amplificatore è il rapporto tra la tensione di uscita e la tensione di ingresso, che è sempre maggiore o uguale a 1 ed è determinato dal valore delle resistenze che costituiscono un partitore di tensione, secondo la formula:
Se al posto di R2 si usa una resistenza con valore nullo e si elimina R1 si ottiene un amplificatore con guadagno 1 (buffer o inseguitore): questa configurazione viene utilizzata come adattatore di impedenza.
INSEGUITORE
L'inseguitore è un dispositivo con amplificazione unitaria, V = Vs, che deve avere elevata resistenza d'ingresso e bassa resistenza d'uscita (Rin = ∞ e Rout ) pertanto viene impiegato come disaccoppiatore di impedenza tra circuiti.
SRUMENTI UTILIZZATI
DENOMINAZIONE |
QUANTITA |
CASA COSTTRUTRICE |
CARATTERISTICHE |
N°INVENTARIO |
Triple power supply |
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HAMEG |
DIGITALE |
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Componenti utilizzati
DENOMINAZIONE |
QUANTITA |
SIGLA |
integrati |
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resistenze |
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condensatori |
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Cenni teorici
L'amplificatore
operazionale come circuito integrato è uno dei circuiti lineari maggiormente
usati. Grazie alla produzione in larghissima scala, il suo prezzo è sceso a
livelli talmente bassi da renderne conveniente l'uso in quasi tutte le
possibili aree applicative.
L'amplificatore operazionale è un amplificatore in continua: ciò significa che
esiste una continuità elettrica fra ingresso e uscita; il nome di
"operazionale" è dovuto all'uso per cui era nato tale amplificatore,
e cioè il funzionamento all'interno di elaboratori analogici per l'esecuzione
di operazioni matematiche.
Nella sua forma più semplice (figura 1), un amplificatore operazionale è
composto essenzialmente da uno stadio d'ingresso, da un secondo stadio
amplificatore differenziale e da uno stadio di uscita in classe AB, del tipo
"emitter follower".
figura 1 - schema di base di un amplificatore operazionale
Un amplificatore
operazionale ideale dovrebbe avere, in particolare, amplificazione e resistenza
d'ingresso elevatissime (praticamente infinite) e resistenza di uscita
bassissima (uguale a zero); gli amplificatori operazionali reali si avvicinano
in parte a tali caratteristiche, per cui hanno una resistenza d'ingresso molto
grande, una resistenza di uscita molto piccola ed una amplificazione, ovvero un
guadagno in tensione, moto alto ma pur sempre limitato.La corrente che un
amplificatore operazionale può fornire in uscita in genere non supera i 25 mA.
Senza approfondirne ulteriormente il funzionamento, passiamo adesso a
considerare l'aspetto esterno di un amplificatore operazionale, vale a dire la
forma in cui esso si presenta pronto all'uso. Uno degli amplificatori
operazionali più conosciuti, come già detto, è il 741, disponibile abitualmente
in contenitore metallico tondo oppure in contenitore plastico DIL; la sua sigla
cambia a seconda dei costruttori, diventando LM741, oppure µA741, o altro
ancora.
figura 2 - l'amplificatore LM741 nelle versioni in contenitore metallico tondo ed in contenitore plastico Dual In Line
Per
l'identificazione dei vari piedini si fa riferimento agli schemi della figura
2, dove i piedini sono raffigurati visti da sopra; nel caso del tipo tondo, il
numero 8 corrisponde alla tacca presente sull'involucro metallico.
Per tener fede all'indirizzo soprattutto pratico di questo corso, non ci
dilungheremo sulle equazioni caratteristiche e sulle problematiche progettuali
degli amplificatori operazionali, ma li tratteremo come un'unità funzionale,
dotata di ingressi e uscite, con determinate caratteristiche.
figura 3 - circuito test
In
figura 3 vediamo il nostro amplificatore operazionale, per esempio un LM741,
inserito in un circuito che consente di sperimentarne il funzionamento.
Osserviamo che l'operazionale ha due ingressi, contrassegnati con un
"-" (piedino 2) e con un "+" (piedino 3); ci sono poi
un'uscita, indicata con OUT (piedino 6), e due terminali per l'alimentazione
dell'integrato (piedini 7 e 4). Perchè gli ingressi sono due? Perchè l'amplificatore
operazionale è prima di tutto un amplificatore "differenziale"; ciò
vuol dire che il segnale presente in uscita non dipende solo da uno o
dall'altro degli ingressi, ma da tutti e due, ed esattamente dalla differenza
che esiste fra il segnale applicato su un ingresso ed il segnale applicato
sull'altro. E' proprio qui che si evidenzia la principale caratteristica di un
simile circuito: è sufficiente che fra i due ingressi vi sia una differenza di
tensione anche di pochi µV, perchè l'uscita cambi completamente il suo stato,
passando per esempio da zero al massimo valore della tensione di alimentazione.
Supponiamo di alimentare il circuito con 10 V, e che le due resistenze R1 ed R2
abbiano lo stesso valore: la tensione di alimentazione sarà allora presente per
metà ai capi di R1 e per metà ai capi di R2; in altre parole, al centro, e
quindi sul piedino 3 dell'integrato, ci saranno esattamente 5 V. Il piedino 2 è
collegato invece ad RV1, che è una resistenza variabile: possiamo quindi far
variare a piacere la tensione che risulta applicata sul piedino 2
dell'amplificatore operazionale.
Figura 4
Figura 5
Spostiamo
il cursore di RV1 in modo da portarlo verso il positivo (figura 4), applicando
così al piedino 2 una tensione senz'altro superiore a 5V, e quindi leggiamo,
con un tester, la tensione presente in uscita: troveremo un valore molto vicino
allo zero.
Spostiamo adesso il cursore di RV1 in modo da portarlo in basso (figura 5),
verso la tensione zero, applicando così al piedino 2 una tensione senz'altro
inferiore a 5V, e quindi leggiamo la tensione in uscita: troveremo un valore
molto vicino alla tensione di alimentazione (che è 10 V).
Quello che abbiamo appena constatato ci permette di formulare la regola
basilare del funzionamento del nostro amplificatore operazionale: quando la
tensione sul piedino "-" è maggiore della tensione sul piedino
"+" l'uscita è a livello basso (cioè prossimo a zero); quando la
tensione sul piedino "-" è minore della tensione sul piedino
"+" l'uscita è a livello alto (cioè prossimo alla tensione di
alimentazione).
Ma, come già si è detto, non occorre che la tensione sul piedino 2 vari di
alcuni volt: sono sufficienti pochi milionesimi di volt per provocare la
"commutazione" dell'uscita. Se vi divertite ad osservare la tensione
indicata dal tester mentre ruotate RV1, vedrete che ad un certo istante, di
colpo, la tensione in uscita passa da zero al massimo, o viceversa; potete
tornare indietro, spostare il cursore di RV1 quanto volete, ma non riuscirete
mai a trovare una posizione tale che permetta di avere in uscita un valore
intermedio, vicino alla metà della tensione di alimentazione.
Poichè, come si è visto, quando l'ingresso "-" è a tensione più alta,
l'uscita è a livello basso, si dice che tale ingresso è "invertente".
Se invece avessimo collegato a tensione fissa il piedino 2, variando la
tensione del piedino 3, avremmo riscontrato le stesse variazioni della tensione
di uscita, ma con verso corrispondente alla tensione applicata sull'ingresso
"+"; per tale motivo, l'ingresso "+" viene chiamato
"ingresso non invertente".
Usato come amplificatore, l'operazionale presenta la caratteristica di
amplificare qualsiasi segnale applicato in ingresso: sia un normale segnale
variabile, caratterizzato da determinate frequenze, sia una tensione con
fluttuazioni lentissime o, addirittura, di valore costante. Parlando in termini
di frequenza, si dice quindi che l'amplificatore operazionale lavora con
frequenze da zero (corrente continua) fino ad un valore massimo, determinato
dalle caratteristiche specifiche dell'amplificatore stesso. A questo proposito,
è opportuno accennare brevemente ad un parametro caratteristico degli
amplificatori operazionali: si tratta del prodotto guadagno x larghezza di
banda, che per ogni amplificatore operazionale ha un preciso valore, fisso ed
immutabile. Tale parametro ci dice, in pratica, che se noi utilizziamo
l'amplificatore in modo da ottenere una maggior amplificazione, perdiamo
proporzionalmente in larghezza di banda, e cioè possiamo amplificare segnali in
un campo di frequenze più limitato. Il µA741, per esempio, ha una larghezza di
banda di 1Mhz quando il guadagno è uguale a 1; se viene usato in modo da
amplificare 100 volte, la larghezza di banda si riduce di 100 volte, e passa
quindi a 10Khz. Il guadagno più alto è utilizzabile quando l'amplificatore
lavora con frequenze bassissime o con tensioni continue: in tali casi il
guadagno può essere uguale o superiore a 100.000.
Ma come si determina l'amplificazione di un operazionale? L'amplificatore
operazionale, come amplificatore in continua, può essere utilizzato in diverse
configurazioni, di cui adesso vedremo le più comuni.
figura 6 - amplificatore invertente
Amplificatore
invertente: lo schema è quello di figura 6. La tensione Vi
viene applicata all'ingresso invertente attraverso la resistenza R1; Vu è la
tensione amplificata che si ritrova in uscita. La resistenza R2 riporta
all'entrata parte del segnale in uscita, realizzando in tal modo quella che
viene detta "controreazione"; senza R2, l'operazionale non potrebbe
funzionare come amplificatore lineare, poichè la sua uscita commuterebbe con
estrema rapidità fra un valore minimo (prossimo a zero) ed un valore massimo
(prossimo alla tensione di alimentazione). L'amplificazione del circuito di
figura 6 dipende dalle due resistenze R1 ed R2, secondo la formula
Av = R2 / R1 (ciò significa che se R2 è
di valore più basso, si ha più controreazione e quindi il guadagno è minore).
Vediamo un esempio pratico:
R1 = 100 Kohm (cioè 100.000 ohm)
R2 = 1 Mohm (cioè 1.000.000 di ohm)
Vi= 1mV
L'amplificazione Vu/Vi sarà: Av=1.000.000:100.000=10
Poichè l'amplificazione è 10, con 1 mV in entrata avremo in uscita 10 mV
Osserviamo che il segnale in uscita è invertito, ovvero è di segno opposto a
quello in entrata; se Vi aumenta, Vu diminuisce, e viceversa.
figura 7 - amplificatore non invertente
Amplificatore non invertente: nello schema di figura 7 vediamo
che il segnale d'ingresso viene applicato all'ingresso contrassegnato col
"+", ovvero a quello non invertente. In questo caso, infatti, il
segnale in uscita ha lo stesso segno di quello in entrata.
In questo caso, l'amplificazione è data dalla formula:
Av = (R1 + R2) / R1
Anche per l'amplificatore non invertente, come si vede dallo schema, la resistenza
R2 determina una certa quantità di reazione negativa (o controreazione), che
diminuisce il guadagno dell'amplificatore ma gli consente di lavorare
linearmente.
figura 8 - buffer a guadagno unitario
Buffer a guadagno unitario: il circuito di figura 8 mostra l'utilizzo dell'operazionale come "buffer". Col termine "buffer" si intende un circuito che svolge una funzione di separazione o di adattamento; nel caso specifico, il circuito presenta la più alta impedenza d'ingresso ottenibile con gli amplificatori operazionali. Per ottenere tale risultato, si applica il massimo
valore possibile di controreazione, collegando direttamente l'uscita con l'ingresso invertente. Per tale motivo, il guadagno di questo circuito è uguale a 1, il che vuol dire che il circuito non amplifica (essendo il segnale di uscita uguale a quello di entrata); in altre parole, non si ottiene un guadagno di tensione, ma un guadagno di impedenza.
Dimensionamento Componenti
Eseguito dal professore
Scopo dell'esercitazione
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