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La presenza di materia viene schematizzata con la presenza di un dielettrico.
Un dielettrico tipico è un materiale formato da atomi che hanno gli elettroni fortemente legati (per esempio un isolante) o da molecole polari.
Per quanto riguarda gli atomi, conviene modellizzarli come delle
distribuzioni centrosimmetriche di carica[1].
Supponiamo per semplicità inoltre che l'atomo sia costituito da un solo protone
ed un solo elettrone e assumiamo che l'elettrone sia una nube carica
negativamente distribuita con simmetria sferica attorno al protone. Ciascuna
delle due cariche è soggetta alla forza di Lorentz:
Quindi in presenza di campo elettrico o magnetico il sistema si deformerà e si verrà a creare un dipolo elettrico atomico. Comunque, essendo la massa dell'elettrone molto minore di quella del protone, assumiamo che sia solo la nube elettronica a muoversi e che invece il nucleo resti fermo.
Nel caso di molecole polari, i dipoli sono già pre 919d37j senti in assenza di campo elettrico, ma la loro orientazione casuale determina un momento complessivo macroscopico nullo; la presenza del campo orienta i vari dipoli producendo un momento complessivo non nullo.
Si definisce un momento di dipolo macroscopico
a partire dai momenti[2]
atomici (o molecolari)
:
con dt=elemento infinitesimo di volume
E' come se fosse una densità spaziale di momento di dipolo.
A sua volta, un dipolo atomico è in realtà la somma di tanti dipoli elettrone-nucleo. Andiamo ora a considerare l'energia potenziale U di un elettrone, relativa al campo elettrico generato dal nucleo, dagli altri atomi ed elettroni vicini e dal campo esterno; essa dipende dalla deformazione d del dipolo secondo una certa curva[3]:
Applicando un campo elettromagnetico esterno, su ogni elettrone agirà
la forza di Lorentz che però sarà praticamente pari a q
, perché il termine
è di solito molto minore
di q
, essendo in modulo B=E/c.
Ora, se essa è molto minore della forza
elastica che tende a far tornare l'elettrone in equilibrio, ovvero la forza coulombiana
di attrazione del nucleo, legata al campo elettrico generato da quest'ultimo,
allora possiamo trattarla come una perturbazione; possiamo cioè supporre che la
deformazione d rimanga all'interno della buca di minimo e possiamo quindi approssimare
l'andamento del potenziale come parabolico (cioè quello tipico dell'oscillatore
armonico). Questo vorrà dire che applicando una forza q, l'atomo si deformerà come un oscillatore armonico con una
certa costante elastica k:
kx = qE con x = d d0
Dunque assumerà un momento di polarizzazione:
E corrispondentemente, se il materiale ha una densità di elettroni pari a N, la polarizzazione macroscopica sarà:
Quindi per campi elettrici piccoli rispetto al campo elettrico atomico la polarizzazione è proporzionale al campo. Il campo generato dal nucleo vale circa 1010 V/m ed è molto grande.
Normalmente invece i campi elettrici esterni sono dell'ordine di 103 V/m quindi molto minori.
Con i laser però si raggiungono valori molto più alti, tali da invalidare l'approssimazione vista ora; si parla in questo caso di ottica non lineare. Nell'ottica non lineare la polarizzazione dipende dal campo elettrico secondo una relazione non lineare del tipo:
Torniamo al caso dell'ottica lineare.
La costante di proporzionalità tra campo elettrico e polarizzazione viene indicata con:
dove c viene detta suscettività e nel vuoto vale 0. Consideriamo solo materiali con c>0, ovvero con polarizzazione concorde al campo elettrico. Si definisce poi la costante dielettrica relativa:
er c e e e er
In questo modo possiamo compattare la scrittura della prima equazione di Maxwell in presenza di dielettrici; infatti, tenendo conto delle cariche aggiuntive rp dovute alla polarizzazione, tale equazione dovrebbe scriversi come:
Sappiamo (vedi Fisica II) che:
Quindi possiamo scrivere:
Definiamo allora un vettore ausiliario detto spostamento elettrico:
Dunque la prima equazione di Maxwell diventa:
L'approssimazione che abbiamo visto, di proporzionalità tra campo elettrico e polarizzazione viene detta approssimazione di mezzo lineare. Inoltre in generale e deve essere trattato come un tensore e questo implica che la polarizzazione, pur mantenendo la proporzionalità con il campo elettrico, può non avere la stessa direzione (anisotropia). Per molti materiali però e può essere trattata come uno scalare; si parla in questi casi di mezzo isotropo.
Un'ulteriore semplificazione si ottiene quando e è costante nello spazio, e si parla di mezzo omogeneo.
Per un mezzo lineare, isotropo e omogeneo possiamo portare fuori dalla divergenza e nella prima equazione di Maxwell, e scrivere:
Anche per la magnetizzazione accade una cosa analoga, cioè in condizioni di linearità il vettore di magnetizzazione è proporzionale al campo magnetico attraverso una costante di suscettività magnetica cm
Normalmente però, nello studio dell'ottica le proprietà magnetiche sono sempre trascurabili per cui non ci interessiamo della trattazione di questo caso.
Riportiamo le equazioni di Maxwell e a fianco la loro forma nel caso di mezzi lineari omogenei isotropi e in assenza di cariche elettriche libere e di correnti (r = 0 e J = 0):
Applicando il rotore ad ambo i membri della seconda equazione ed utilizzando anche le altre equazioni, dopo alcuni passaggi si possono ricavare le equazioni delle onde elettromagnetiche:
e
Queste due equazioni vettoriali corrispondono a due sistemi di 3 equazioni scalari, che valgono, ad esempio nel caso del campo elettrico[4]:
Essendo l'espressione del campo elettrico:
Mettiamoci nel caso in cui E sia costante sul piano xy, cioè Ex Ey e Ez non dipendono da x e y:
Ex(x,y,z,t)
= Ex(z,t) Ey(x,y,z,t)
= Ey(z,t) Ez(x,y,z,t)
= Ez(z,t)
In questo modo l'equazione vettoriale delle onde si riduce alla forma:
Questa equazione rappresenta tre equazioni scalari, che in questo caso sono indipendenti, cioè possono essere risolte separatamente; infatti in generale Ex , Ey ed Ez sono legate dalle equazioni di Maxwell[5], per esempio dalla prima:
In questo caso invece =
=0 (i = x,y,z) e quindi possiamo limitarci a considerare
anche una sola delle tre equazioni scalari, essendo tra loro indipendenti.
Prendiamo quella lungo x:
vogliamo dimostrare che sicuramente questa equazione ammette soluzioni del tipo:
Ex(z,t) = f(z vt)
La soluzione f(z vt) descrive una funzione di una certa forma f(z) che trasla lungo
l'asse z ad una velocità v che è la definizione di onda progressiva o regressiva. Se
poniamo x = z
vt, possiamo scrivere:
e
Derivando una seconda volta si ha:
Equazione caratteristica delle onde
Dunque sicuramente un'onda di questo tipo è una soluzione possibile per le equazioni delle onde. Notiamo inoltre che essa sarà dotata di una velocità:
dunque nel vuoto
dovrà essere:
Sappiamo che l'indice di rifrazione n è
definito come:
Quindi potremo scrivere:
Dove abbiamo tenuto conto che nei mezzi di interesse ottico mr è praticamente 1.
Abbiamo visto quindi che una soluzione molto semplice delle equazioni delle onde è un campo elettrico costante su ogni piano parallelo al piano xy e variabile nel tempo.
La variazione nel tempo la possiamo vedere
come dovuta alla traslazione lungo z di una certa forma f(z) con velocità .
E' conveniente considerare variazioni nel tempo (ovvero forme lungo z) di tipo sinusoidale poiché mediante la scomposizione in serie di Fourier qualunque funzione temporale può essere vista come una somma di sinusoidi di frequenza diversa.
Avremo quindi un campo elettrico del tipo:
Ex(z,t) = E0xsink(z vt) (analogamente per le altre componenti)
Il parametro k è inserito per rendere adimensionale l'argomento del seno ed ha quindi le dimensioni dell'inverso di una lunghezza ovvero le dimensioni di una frequenza spaziale. E' detto numero d'onda.
Un onda di questo tipo viene detta onda piana monocromatica trasversale polarizzata linearmente.
Se per esempio la direzione di oscillazione è
una certa (si mantiene sempre
nel piano xy trasversale alla propagazione), abbiamo ancora un'onda polarizzata
linearmente e la possiamo vedere come la
composizione di due onde oscillanti una lungo x e una lungo y:
ovvero in maniera
compatta
Calcoliamo il periodo di oscillazione T: in un punto z0 all'istante t0 l'argomento del seno vale kz0 kvt0 . Il periodo T sarà tale che all'istante t0+T, sempre nel punto z0, la differenza tra i due argomenti sarà 2p
kz0 kv(t0+T) kz0+kvt0 = 2p
Quindi frequenza e pulsazione saranno:
w = kv
Analogamente, la lunghezza d'onda, ovvero il
periodo spaziale sarà
Possiamo allora riscrivere l'onda come:
Mettiamoci ora nel caso ancora più generale,
cioè quando la direzione di propagazione non è z ma una certa . L'argomento del seno, che contiene la variabilità nello
spazio e nel tempo, dovrà essere costante su ogni piano ortogonale al vettore
in ogni istante.
Essendo un vettore, conviene
scegliere anche k come vettore avente la stessa direzione di
, cioè la direzione di propagazione, in modo tale che w rimanga scalare.
Indicando con il generico punto
dello spazio (x,y,z), il piano ortogonale a
è quello formato dai vettori
ortogonali a
e cioè formato da tutti i vettori
tali che
.
Questo però è il piano passante per l'origine.
Tutti gli altri piani paralleli si ottengono traslando e cioè sono dati da
ovvero
.
Quindi se scriviamo sin, l'argomento del seno sarà costante su ogni piano diretto secondo
e dunque un'onda piana
monocromatica polarizzata linearmente secondo
e propagantesi lungo
potrà scriversi in
generale come:
Un'onda sferica ha come superficie equifase
una sfera, quindi l'argomento del seno sarà . Inoltre, per mantenere l'energia per unità di superficie
costante, l'ampiezza dovrà diminuire come 1/r. Otteniamo quindi:
Questa volta k è uno scalare.
Nel calcolo dell'energia trasportata da
un'onda piana, viene fuori il vettore di Poynting, che è definito come e nel caso di un'onda piana[6]
vale
. Il suo modulo è detto intensità
istantanea e rappresenta l'energia che all'istante t fluisce nell'unità di
tempo attraverso la superficie unitaria disposta ortogonalmente alla velocità
di propagazione.
Si trova:
Attenzione,
non è il modulo della notazione complessa ma il modulo del
vettore ampiezza. Quindi ad esempio per un'onda piana si avrà, nelle due
notazioni:
e
Si parla
inoltre anche di intensità media,
che è l'intensità istantanea mediata su un periodo di oscillazione. Si osserva
che la media su un periodo del è 1/2 (lo stesso per
il sin2) e quindi, per un'onda piana:
(normalmente in ottica il fattore
non viene considerato)
Se supponiamo come ulteriore approssimazione che le varie componenti Ex , Ey ed Ez siano indipendenti[7] (il che è vero nel caso di onda piana) e lo stesso per le componenti di B, possiamo descrivere le onde con un'unica grandezza scalare, detta disturbanza V(r,t) che genericamente rappresenta ciascuna di queste componenti.
Per la disturbanza varrà quindi l'equazione scalare delle onde:
Questa approssimazione, detta approssimazione scalare, è giustificata dal fatto che normalmente fa previsioni abbastanza in accordo con gli esperimenti.
Inoltre limitiamo il nostro interesse a soluzioni di tipo monocromatico:
V(r,t) = V(r)cos(wt+j
Normalmente per compattare le scritture e semplificare alcuni calcoli si usa il simbolismo complesso:
V = V(r) e iwt con V(r) = A(r) eiF(r)
La parte reale di V è la V(r,t) vista prima.
Dati due punti A e B a distanza r in un mezzo di indice di rifrazione n, si definisce cammino ottico tra i due punti:
l = nr
Essendo n=c/v, dove v è la velocità delle onde in quel mezzo, il cammino ottico risulta essere pari a:
dove t è il tempo impiegato dalla luce per spostarsi da A a B. In pratica il cammino ottico è lo spazio percorso dalla luce nel vuoto nel tempo impiegato per andare da A a B (nel mezzo n).
Consideriamo un'onda piana o sferica in due
punti disposti lungo il cammino di propagazione (quindi per l'onda piana ) allo stesso istante t. L'argomento del coseno, ovvero la fase
del campo, valgono in entrambi i casi (piana o sferica):
cos (kr1 wt) e cos (kr2 wt)
Dunque se ci spostiamo di r=r2 r1, l'onda si sfasa di kr, ovvero[8] k0nr.
Quindi lo sfasamento di un'onda di frequenza w (e quindi k0 = w/c) che percorre un tratto r in un mezzo di indice di rifrazione n è:
Dj = k0nr = k0l
Consideriamo un insieme di onde piane armoniche con frequenze diverse che si propagano nella stessa direzione in un certo mezzo.
Nel caso ideale hanno tutte la stessa velocità v = c/n, ma in realtà se consideriamo la dispersione, n dipende da w e quindi anche v(w) = c/n(w
Un particolare insieme di onde piane di estremo interesse pratico è il pacchetto d'onda, ovvero un treno
d'onda armonico di lunghezza d'onda propria nel vuoto l e durata finita Dt (e quindi di lunghezza nel vuoto Dz = cDt). Esso può essere scomposto spazialmente
secondo Fourier in tante componenti di vettore d'onda diverso (ovvero di
lunghezza d'onda diversa):
(1)
Ogni componente ei[kz-w(k)t] si muoverà nel mezzo con una certa frequenza w(k) dipendente dalla lunghezza d'onda[9].
La g(k) invece è il peso di ciascuna componente.
Poiché e
allora
Vediamo come è fatta la g(k); se consideriamo un istante fissato, per esempio per semplicità t=0, possiamo schematizzare il treno d'onda come una sinusoide troncata, cioè:
La (1) è allora l'antitrasformata di g(k) e si può vedere facilmente (vedi teoria dei segnali) che g(k) corrisponde ad una sinc.
Per k>0 si ha:
Osserviamo che la larghezza della sinc è
inversamente proporzionale al suo argomento e cioè Dz, e se indichiamo con Dk la sua
larghezza a metà del valore massimo si ha che .
Supponiamo allora che Dz sia abbastanza largo e quindi Dk abbastanza stretto e supponiamo che w(k) vari lentamente con k.
Possiamo allora sviluppare w(k) in serie intorno a k0 fermandoci al primo ordine:
Riscriviamo lo sviluppo secondo Fourier per tempi t
A parte il fattore di fase fuori
dall'integrale, osserviamo che ogni componente di lunghezza d'onda trasla
approssimativamente con la stessa velocità . Ovviamente questa è un'approssimazione tanto più valida quanto più w(k) ha un comportamento lineare.
Questo modello è una buona approssimazione, ma per una migliore accuratezza bisognerebbe usare modelli quantistici.
Se a riposo la nube elettronica è centrosimmetrica allora è d0=0. Nel caso più generale però, la condizione di riposo potrebbe essere anche quella con il dipolo deformato.
In teoria un altro legame è nelle condizioni al contorno ma noi qui ci stiamo interessando solo di propagazione in un mezzo.
In realtà invece sono legate dalle equazioni di Maxwell (vedi pag. ) e dalle condizioni al contorno.
Sappiamo che k = 2p l e l = v/n k = w/v; dunque, se conosciamo k nel vuoto (k0= w/c), poiché v = c/n, allora possiamo scrivere k = k0n.
La dipendenza di w da k può apparire strana perché in realtà entrando in un mezzo w rimane costante e k cambia. In questo caso però stiamo scomponendo un campo secondo le lunghezze d'onda e quindi la w(k) è solo la funzione matematica inversa di k(w). D'altra parte k rappresenta una frequenza spaziale e noi stiamo scomponendo una f(z) secondo Fourier (l'istante t è fissato).
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