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Il Settecento - TORINO, L'ITALIA MERIDIONALE

storia dell arte



Il Settecento


Il Seicento è stato il secolo dell'affermazione trionfalistica della Controriforma e dell'assolutismo sovrano, che ha trovato maggiore espressione nell'arte barocca; ma è stato anche il secolo della polemica caravaggiesca e della nascita della scienza, ossia 525h72f della ricerca della verità attraverso la ragione.

Il Settecento è uno dei secoli di maggiore forza intellettuale, in cui si vengono fondando le premesse dell'età moderna.

E' il secolo dell'Illuminismo, quel vasto movimento culturale-filosofico, sorto in Inghilterra e ben presto diffusosi in tutta Europa, che cerca di capire la realtà attraverso i Lumi della ragione.

La Ragione ha permesso di liberarci dall'ignoranza in cui sono stati volutamente tenuti fin ora, per mantenerli in sudditanza, dagli istituti tradizionali della società. ( Chiesa, Stato, Scuola).

Il Tema fondamentale diventa quindi la chiarezza razionale di contro l'oscurità. In arte significa l'opposizione al barocco ed ai suoi artifici, opposizione ai forti contrasti chiaroscurali, il recupero della leggerezza delle forme e della luminosità, che porta alla schiarita dei colori nel 1725.Significa anche, ritorno alla semplicità ed alla natura, vista com'evasione dalla società contemporanea, e perciò con gli occhi dell'intellettuale, ordinata razionalmente, elegante, più sognata che vissuta realmente; è quel movimento che va sotto il nome d'ARCADIA. Soggetti arcadici, e quindi pastorali, sono l'abitazione in campagna, assecondando la moda della villeggiatura comune all'aristocrazia d'Europa.



Permane la vocazione per il teatro. I temi pittorici, hanno l'aspetto di rappresentazioni teatrali ed i protagonisti sembrano recitare come fossero attori, il melodramma continua ad essere lo spettacolo più popolare e seguito dall'intera collettività, senza distinzioni di ceto.

La progressiva ricerca di chiarezza chiaroscurale conduce dal barocco al neoclassicismo. Il periodo intermedio fra il primo ed il secondo è detto rococò. Il termine vuole interpretare il carattere bizzarro, capriccioso, elegante.

Nel '700 per la prima volta si svincola l'arte da ogni fine, riconoscendola autonoma ed espressione della fantasia e del sentimento e non più di imitare la natura o di visualizzare le verità religiose. Giovan Battista Vico affermava che gli uomini primitivi, privi di raziocinio, pieni di stupore davanti alle cose come fanciulli, creavano, un loro mondo poetico con la fantasia, inventando un linguaggio adeguato per esprimere con esso i propri sentimenti. L'estetica diventa la scienza che studia l'opera d'arte, la " scienza della conoscenza sensibile". " Scopo principale della pittura è commuovere.

Avviene quindi un dualismo tra ragione e sentimento, fra oggettivismo e soggettivismo, fra norma e libertà.

L'Italia va sempre più perdendo importanza, pur non essendo priva d'opere e d'artisti d'alto valore.

TORINO


Filippo Juvara

Fra gli Stati italiani, quello sabaudo, pur conoscendo periodi di vassallaggio nei confronti della Francia, e forse il più vitale grazie all'opera di Vittorio Amedeo II (1666-1732). Quest'ultimo affidò l'incarico di costruire edifici monumentali ad uno dei maggiori architetti italiani: Filippo Juvara (Messina 1676- Madrid 1736).

Juvara dopo un primo apprendistato con il padre, che era incisore, si trasferì a Roma. Tornato a Messina nel 1714, ha la fortuna di essere apprezzato da Vittorio Amedeo II, (da appena un anno nominato re di Sicilia), e gli conferisce il titolo di "Primo architetto del re". Trasferitosi a Torino per volontà del sovrano, dà inizio alla sua attività progettando l'ampliamento della città. Le opere costruite da lui in 20 anni sono numerosissime, fra esse ricordiamo la scala a forbici di Palazzo Reale, scalone e facciata di Palazzo Madama, Basilica di Superga, Palazzina di caccia di Stupinigi.

La Basilica di Superga sorge sul colle omonimo. La pianta è dettata dalla posizione al vertice dell'altura: una forma rotante costituita da un cilindro, sormontato da cupola, preceduto da un pronao (atrio del tempio greco), e sostenuto lateralmente da due brevi corpi trasversali. L'idea è classica, il ricordo del Pantheon è evidente, ma lo sviluppo verticalistico, la snellezza del pronao, la spaziatura ineguale dell'intercolunnio (spazio intercorrente tra colonna e colonna), la luminosità delle superfici ritmate paraste (semipilastro addossato alla parete, spesso con funzione di sostegno) e da colonne, l'ariosità dei campanili, generano una leggerezza, che sicuramente si distacca dalla potenza strutturale e gravità romana del Pantheon.

La Palazzina di Stupinigi è uno dei vari edifici che i Savoia fanno costruire fuori città, seguendo una moda diffusa in Europa e soprattutto in Francia, in quel tentativo di ritorno alla natura teorizzato dal settecento. Non nasce come una reggia, ma come ritrovo per la caccia. E' dunque un edificio piccolo, imperniato su un salone centrale ellittico, coperto da una cupola, sopra la quale è posta la statua di un cervo. Da questo si dipartono 4 bracci, due dei quali proseguono in lunghi corpi che, si inseriscono nello spazio realizzando l'ideale di vita in mezzo alla natura. Caratterizzata da numerose finestre e semipilastri.

L'ITALIA MERIDIONALE


Luigi Vanvitelli

L'idea di far costruire una grande reggia, ed attorno una nuova città, ad imitazione di Versailles, viene concepita dal nuove re di Napoli e di Sicilia, Carlo VII di Borbone, figlio del re di Spagna Filippo V. Questo re da impulso all'agricoltura, restaura le finanze, incoraggia gli scavi d'Ercolano e Pompei. L'incarico di progettare e realizzare la nuova reggia nella pianura sottostante il borgo medievale di Caserta viene affidato a Luigi Vanvitelli, figlio di un pittore olandese, Gaspar Van Wittel all'italiana Vanvitelli si trasferì giovanissimo a Roma dove resto per tutta la vita. Allievo di Juvara, studia i monumenti romani ed i testi dei grandi trattatisti. Fra le sue realizzazioni ricordiamo gli interventi nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli di Michelangelo, le chiese di San Pietro a Pesaro, di San Francesco e San Domenico ad Urbino, di Gesù ad Ancona. La grande occasione gli giunge con la realizzazione della Reggia di Caserta. Il piano di Vanvitelli è grandioso: comprende, oltre al palazzo, la sistemazione del piazzale antistante, il vasto parco, l'acquedotto, la città. Non è stato realizzato completamente sia per gli alti costi, sia per la partenza di Carlo VII, che assunse il ruolo di re di Spagna con il nome di Carlo III.

Il palazzo a forma rettangolare ed è costituito da 4 corpi reciprocamente ortogonali e da due bracci interni intersecati a croce. La facciata posteriore, prospiciente l'immenso parco, è più variata, perché mossa dai semipilastri che dividono le immense finestre. La fronte esterna ha un andamento uniforme, la cui monotonia è rotta da lievi sporgenze centrali e laterali. Ma l'edificio deve essere visto nel suo complesso scenografico. Il vestibolo ottagono, (spazio chiuso da tre lati davanti alla casa) è il punto d'incontro di varie direttrici, che costituiscono spazi divergenti. All'interno oltre alla bella serie di sale, è interessante notare la presenza del Teatro di corte, e della Cappella. Il Parco è stato concepito unitariamente con il palazzo. E' un vasto complesso disegnato razionalmente, con la libera affermazione della natura bosco sul colle, dal quale discende l'acqua, alimentando fontane successive, animate da bei gruppi di statue i cui temi mitici sono trattati elegantemente, come un balletto del teatro musicale. Il palazzo antistante la reggia avrebbe dovuto avere una forma ellittica, ma fu realizzato solo parzialmente, evidente è l'influsso di Bernini con le dovute differenze però di un architetto barocco quale fu Bernini e di una classico quale fu Vanvitelli. Dopo la sua morte la reggia fu proseguita dal figlio Carlo, rimase però incompiuta e spesso deturpata. La ferrovia passa incredibilmente proprio davanti alla reggia incrociando il viale di accesso. La città è sorta quindi disordinatamente. Malgrado l'incompletezza, malgrado i danni, Vanvitelli accanto a Juvara si colloca tra i maggiori architetti italiani del secolo.




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