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il conflitto tra patrizi e plebei
Nelle fonti, il periodo che va dalla nascita della
Repubblica al
il problema economico
La caduta dei
Tarquini ed i mutamenti nel quadro internazionale della prima metà del V
secolo a.C., ebbero pesanti ripercussioni nella situazione economica di Roma.
La sconfitta subita dagli Etruschi per opera di Ierone di Siracusa nella battaglia navale combattuta nelle acque
davanti a Cuma, nel
Le annate di cattivo raccolto che si successero nel corso del V secolo a.C. provocarono gravi carestie. La popolazione, inoltre, venne colpita da epidemie.
La crisi economica è dimostrata da prove archeologiche: il numero delle ceramiche greche d'importazione sembra crollare nel corso della prima metà del V secolo a.C. Il problema economico è evidente nella tradizione letteraria, nella quale la crisi provocata dal progressivo indebitamento di ampi strati della popolazione ha un ruolo centrale nella lotta tra patrizi e plebei.
Gli effetti dei cattivi raccolti e delle malattie colpivano i piccoli agricoltori, che avevano minori possibilità di fronteggiare le temporanee difficoltà, e si trovavano costretti a indebitarsi. Il debitore, incapace di estinguere il proprio debito, era costretto a porsi al servizio del creditore per ripagarlo dal prestito e dei forti interessi maturati: è l'istituto del nexum, che riduceva coloro che ne erano vincolati ad una condizione di schiavo. Il debitore insolvente poteva anche essere venduto in terra straniera o messo a morte.
Le richieste della plebe concernevano una mitigazione delle norme sui debiti e una più equa distribuzione dei terreni di proprietà dello Stato, l'ager publicus.
il problema politico
Gli strati più ricchi della plebe erano meno interessati dalla crisi economica. Ciò che essi rivendicavano era una parificazione dei diritti politici tra i due ordini.
Una seconda importante rivendicazione di ordine politico era quella di un codice scritto di leggi, che ponesse i cittadini al riparo delle arbitrarie applicazioni delle norme da parte di coloro che erano stati depositari del sapere giuridico, i patrizi riuniti nel collegio dei pontefici.
le strutture militari e
I problemi politici ed economici non furono gli unici fattori che portarono al confronto tra i due ordini: dietro di esso vi è la presa di coscienza della propria importanza da parte della plebe. Nella città antica, l'esercizio dei diritti civici da parte del singolo è connesso alle sue capacità di difendere lo Stato con le armi. A Roma, questa circostanza è dimostrata dall'ordinamento centuriato. Le centurie non furono solamente unità di voto all'interno dell'assemblea popolare, ma rimasero unità di reclutamento dell'esercito. Ciascuna centuria doveva fornire il medesimo numero di reclute per l'esercito: quindi le centurie delle prime classi di censo, che comprendevano un numero limitato di cittadini, dovevano sopportare il peso più consistente delle guerre.
In considerazione della correlazione esistente tra ordinamento politico è ordinamento militare, è ovvio che anche la presa di coscienza della plebe fosse il risultato di un mutamento nella struttura dell'esercito: nel V secolo a.C., si afferma un nuovo modello tattico, secondo il quale fanti con armatura pesante (opliti) combattono l'uno a fianco dell'altro in una formazione chiusa, la falange. L'ordinamento oplitico-falangitico eclissa progressivamente il modello di combattimento aristocratico, fondato su una cavalleria di nobili seguiti da una turba di clienti con armamento leggero. Il nerbo dell'esercito romano, dunque, venne costituito dalla fanteria pesante, reclutata tra le classi di censo in grado di sostenere i costi dell'armamento oplitico.
È possibile che l'antichissimo esercito repubblicano si basasse sulla fanteria pesante fornita dalle centurie di iuniores delle prime tre classi di censo: queste 60 centurie potevano fornire 6.000 uomini (due legioni), ciascuna composta da circa 3.000 opliti. Le forze armate della prima Roma repubblicana erano completate dalla cavalleria, reclutata nelle 18 centurie di equites, e da soldati armati alla leggera, provenienti dalla IV e dalla V classe.
La legione era reclutata su base censitaria, indifferentemente tra aristocratici e gente del popolo, tra patrizi e plebei. Nelle guerre del V e del IV secolo a.C., si rinsalda la convinzione che gli uomini decisivi sul campo di battaglia non potessero essere ridotti ad un ruolo di comprimari nella vita dello Stato.
Il conflitto tra i due ordini si apre nel
La plebe si diede propri organismi: un'assemblea
generale, che dapprima votava per curie, poi per tribù, ed è nota con il nome
di concilia
plebis tributa. Il meccanismo di voto assicurava nei concilia plebis la prevalenza dei
proprietari terrieri iscritti nelle più numerose tribù rustiche. L'assemblea
poteva emanare dei provvedimenti, che prendevano il nome di plebiscita,
che non avevano valore vincolante per lo Stato, ma solamente per la plebe. Il
cammino verso la completa assimilazione dei plebisciti alle leggi dello Stato
terminò con la legge Ortensia del
Vennero poi scelti come rappresentanti ed esecutori della volontà dell'assemblea i tribuni della plebe, inizialmente due, anche se in seguito crebbero fino a raggiungere i dieci. Ai propri tribuni, la plebe decise di riconoscere diversi poteri: fondamentale il diritto di venire in soccorso di un cittadino contro l'azione di un magistrato (ius auxilii), dal quale si sviluppò il potere di porre il veto ad un qualsiasi provvedimento di un magistrato che sembrasse andare a scapito della plebe (ius intercessionis). La plebe accordò loro l'inviolabilità personale (sacrosanctitas). I tribuni, infine, ebbero il potere di convocare e presiedere l'assemblea della plebe e di sottoporre ad essa le proprie proposte (ius agendi cum plebe).
Vennero creati altri due rappresentanti della plebe, gli edili plebei, che si occupavano dell'organizzazione dei giochi, della sorveglianza sui mercati, del controllo sulle strade, i templi e gli edifici pubblici. È probabile che gli edili plebei originariamente fossero i custodi del tempio di Cerere, Libero e Libera, nel quale venivano conservate le somme delle multe inflitte a coloro che avevano recato offesa alla plebe, nonché copia dei plebisciti, e attorno al quale si svolgeva un mercato.
La prima secessione approdò al riconoscimento da parte
dello Stato a guida patrizia dell'organizzazione interna della plebe; il
problema dei debiti, tuttavia, rimase insoluto. Della crisi economica cercò di
approfittare il console del
Le vicende della prima secessione plebea e del tentativo rivoluzionario di Spurio Cassio mettono in luce i tratti caratteristici del confronto tra patrizi e plebei. La protesta, nata da motivazioni economiche, raggiunge un risultato politico. Il disagio economico della plebe povera venne strumentalizzato dalle famiglie plebee più facoltose ed influenti per raggiungere le conquiste politiche alle quali erano interessate. La plebe non intendeva giungere ad una rivoluzione dell'assetto economico ed istituzionale dello Stato, ma aspirava ad una riforma dall'interno dell'ordinamento vigente, che riservasse il giusto peso a tutte le componenti della cittadinanza.
il decemvirato e le leggi delle xii tavole
La plebe cominciò a premere affinché fosse redatto un codice di leggi scritto. Nel
I decemviri compilarono un complesso di norme che
vennero poi pubblicate su dieci tavole
di legno esposte nel Foro. Per il
È la violenza nei confronti di una giovane a far
precipitare la situazione: le insidie portate da Appio Claudio a Virginia provocano una seconda
secessione, a seguito della quale i decemviri sono costretti a deporre i loro
poteri. Il consolato è ripristinato ed i massimi magistrati del
La norma che proibiva i matrimoni tra patrizi e plebei
viene abrogata, nel
Questa versione delle vicende non ha grande
credibilità e le leggi Valerie-Orazie
del
Nelle XII Tavole è ravvisabile un'influenza del diritto greco, che le fonti antiche
giustificano ricordando come un'ambasceria si fosse recata da Roma ad Atene,
nel
tribuni militari con poteri consolari
Il plebiscito fatto votare da Marco Canuleio ebbe come conseguenza di rimuovere la principale obiezione che il patriziato aveva opposto all'accesso dei plebei al consolato: solo i patrizi si ritenevano titolari del diritto di prendere gli auspici per accertare la volontà degli dei. A seguito del plebiscito Canuleio, tuttavia, il sangue delle famiglie plebee poteva mescolarsi con quello delle stirpi patrizie: diveniva difficile escludere un plebeo dagli auspicia e dal consolato.
Il patriziato, visto minacciato il suo monopolio sul
consolato, ricorre ad un espediente: dal
Creando il tribunato consolare accessibile alla plebe,
i patrizi perdevano il controllo sulla massima magistratura repubblicana,
raggiungendo un risultato opposto a quello che la loro riforma si proponeva di
conseguire. Se l'istituzione della nuova magistratura fosse stata la
conseguenza di una forte pressione della plebe per aver accesso alla suprema
carica dello Stato, difficilmente si riesce a comprendere per quale motivo il
primo tribuno militare con poteri consolari di condizione plebea sia stato
eletto solamente nel
Tra le diverse spiegazioni che si sono proposte della
questione, una ritiene che, nel periodo 444-
Nessuna riforma istituzionale poteva porre rimedio
alle difficoltà economiche della plebe povera: è quanto si può ricavare
dall'episodio di Spurio Melio, un
ricco plebeo che nel
le leggi licinie-sestie
La promulgazione del primo codice scritto di leggi e
l'istituzione della carica dei tribuni militari lasciavano aperti i due nodi,
politico ed economico, del confronto tra i due ordini. La crisi si accelerò
dopo che la minaccia dei Galli si era allontanata da Roma. Nel
Il patrizio Marco Manlio Capitolino, eroe della resistenza contro i Galli, propose una riduzione o la cancellazione dei debiti e una nuova legge agraria, sperando di inaugurare un regime personale. Davanti alla minaccia della tirannide si rinsaldò un fronte patrizio-plebeo, che portò alla liquidazione di Capitolino. La risposta ai problemi di Roma non sarebbe venuta da un mutamento di regime, ma da una riforma interna all'ordinamento repubblicano.
L'iniziativa ritornò ai riformisti, ai tribuni della
plebe Caio Licinio Stolone e Lucio Sestio Laterano, esponenti di due
ricche ed influenti famiglie plebee: Licinio Stolone, infatti, aveva sposato la
figlia di un illustre patrizio, Marco
Fabio Ambusto, il cui prestigio e peso politico contribuirono al successo
dell'azione. Licinio e Sestio presentarono un pacchetto di proposte concernenti
il problema dei debiti, la distribuzione di terre di proprietà statale e
l'accesso dei plebei al consolato. Dopo una fase di anarchia politica, nel
Le proposte di Licinio e Sestio assunsero valore di legge. Le leges Liciniae Sextiae prevedevano che gli interessi che i debitori avevano già pagato sulle somme avute in prestito potessero essere detratti dal totale del capitale dovuto e che il debito residuo fosse estinguibile in tre rate annuali. Stabilivano, inoltre, la massima estensione di terreno di proprietà statale che poteva essere occupato da un privato. Sancivano, infine, l'abolizione del tribunato militare con potestà consolare e la reintegrazione alla testa dello Stato dei consoli, uno dei quali avrebbe dovuto essere sempre plebeo.
Nel
Il pretore, che aveva il
compito di amministrare la giustizia tra i cittadini romani (nel
Vennero eletti due edili curuli, così chiamati dalla sella curulis, lo scranno sul quale sedevano i magistrati patrizi; agli edili curuli venne affidato il compito di organizzare i Ludi Maximi.
verso un nuovo equilibrio
Le leggi Licinie-Sestie del
Nei decenni successivi i plebei ebbero
progressivamente accesso a tutte le altre cariche dello Stato. Nel
Nel
Un tentativo di imprimere un'accelerazione al processo
di riforma venne dalla censura di Appio Claudio Cieco, del 312-
Un provvedimento di portata epocale s'inquadra nel medesimo periodo e sulla stessa linea politica inaugurata dal censore. Il censo dei singoli cittadini, fino ad allora calcolato in base ai terreni ed ai capi di bestiame posseduti, fu valutato anche in base al capitale mobile, consentendo a coloro che non erano impegnati nelle tradizionali attività agricole e dell'allevamento di vedere il proprio peso economico e politico riconosciuto nell'ordinamento centuriato.
All'edile Cneo
Flavio (
Alla censura di Appio Claudio è da attribuire la costruzione di due opere pubbliche di importanza epocale per Roma: il primo acquedotto della città e la via che congiungeva Roma a Capua, che prese il nome di via Appia e che si rivelò d'importanza strategica nel corso della seconda guerra sannitica.
Il
Dal
Le leggi Licinie-Sestie e le conquiste della plebe, tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. chiusero l'età del dominio esclusivo dei patrizi sullo Stato. Al posto del patriziato si venne formando una nuova aristocrazia, formata dalle famiglie plebee più ricche ed influenti e dalle stirpi patrizie che avevano saputo adattarsi alla nuova situazione, e unita da vincoli famigliari, ideali ed interessi comuni. A questa nuova élite si dà il nome di nobilitas, che venne a designare tutti coloro che avevano raggiunto il consolato o che discendevano in linea diretta da un console.
Una sorta di "manifesto" degli ideali della nobilitas
è conservato nell'elogio di Lucio
Cecilio Metello, un grande uomo politico della metà del III secolo a.C.,
che venne pronunciato dal figlio nel
La nobiltà patrizio-plebea si rivelò non meno gelosa delle proprie prerogative del vecchio patriziato. L'accesso alle magistrature superiori era riservato ai membri di poche famiglie, anche se questo monopolio si basava sul controllo dell'opinione pubblica. Per i pochi personaggi che raggiunsero i vertici della carriera politica pur non avendo antenati nobili, venne coniata la definizione di homines novi. Prima d'intraprendere la carriera politica, un giovane romano doveva servire per almeno 10 anni nella cavalleria, reclutata nelle 18 centurie dei cavalieri, che costituivano il vertice dell'ordinamento centuriato. Per intraprendere la carriera politica a Roma, si doveva appartenere ad una delle famiglie più facoltose. Le assemblee elettorali erano controllate dai nobili attraverso i propri clienti: per avere successo era indispensabile ereditare la rete di clientele paterne o godere del patronato politico di un nobile influente.
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