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Storia L'UNITA' D'ITALIA - Situazione in Italia prima delle guerre d'indipendenza

storia























Situazione in Italia prima  delle guerre d'indipendenza

TERRITORIO

SOVRANO

Regno di Sardegna

Carlo Felice di Savoia

Sostituì alla legislazione napoleonica un duro regime repressivo.

Colpito dai moti rivoluzionari

Regno Lombardo-Veneto

Governatori austriaci di nomina imperiale

Soffocante controllo austriaco sui fermenti politici e culturali. Il Regno era un possedimento privo di autonomia e governato secondo criteri centralistici (il governatore era solo una figura formale); per questo motivo non si svilupparono i moti costituzionali

Ducato di Parma e Piacenza

Maria Luisa d'Asburgo (moglie di Napoleone)

Conservò la legislazione francese; nel regno non si svilupparono i moti costituzionali

Ducato di Modena e Reggio

Francesco IV d'Asb 424i87e urgo-Este

Governo agitato da accenti reazionari

Granducato di Toscana

Ferdinando III d'Asburgo-Lorena

Governo moderato

Lo Stato Pontificio

Gregorio XVI

Condannò i movimenti liberali e nazionali perché portatori di idee anticristiane; adottata una politica conservatrice

Il Regno delle due Sicilie

Ferdinando II

Politica repressiva


La prima guerra di indipendenza italiana


QUANDO


MOTIVO

Il 23 marzo il re di Sardegna Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria. Le ragioni che indussero il re ad intervenire militarmente furono due:


Il desiderio di soddisfare la propria ambizione, estendendo i territori della monarchia sabauda attraverso la costituzione di un grande regno nell'Italia del Nord


Il timore che nel vicino Lombardo-Veneto potessero prevalere i democratici.


AVVENIMENTI

Il 25 marzo le truppe sabaude varcarono il Ticino e il giorno successivo entrarono in Milano


Nella guerra contro l'Austria si unirono inizialmente a Carlo Alberto anche Pio IX, Leopoldo II di Toscana e il re delle Due Sicilie Ferdinando II, preoccupati di essere travolti dall'agitazione democratica e patriottica. Incalzati dagli eventi, essi inviarono in soccorso alle truppe sabaude alcuni contingenti cui si aggiunsero reparti di volontari. Lo scontro con l'Austria assunse così il carattere di guerra nazionale. Essa, inoltre, vedendo tutti i sovrani italiani uniti nello sforzo comune, si configurò come quella "guerra fredda" che le concorrenti più moderate del Risorgimento italiano auspicavano, in vista della costituzione di una Confederazione di Stati retti dalle legittime dinastie


L'intesa antiaustriaca tra i sovrani italiani era però destinata a una rapida rottura. L'ambiguo comportamento di Carlo Alberto, che mirava soltanto a conseguire un successo personale attraverso l'annessione del Lombardo-Veneto, non tardò a suscitare l'irritazione degli altri sovrani, che in quella guerra, cui avevano aderito malvolentieri, avrebbero avuto ben poco da guadagnare. Essi erano inoltre sempre più preoccupati per l'eventualità di un esito vittorioso dell'agitazione democratica, cosa che avrebbe significato la perdita dei rispettivi troni. In questa prospettiva l'Austria appariva più un'alleata che una nemica. Il primo a ritirarsi dal conflitto fu Pio IX, che improvvisamente in una allocuzione (29 aprile) condannò la guerra tra nazioni cattoliche. Era un chiaro invito a non combattere contro l'Austria. Subito dopo anche Leopoldo II e Ferdinando II si disimpegnarono dal conflitto. Solo il re sabaudo restò in campo, deciso a non rinunciare al suo progetto espansionistico



VITTORIE

SCONFITTE

Inizialmente l'esercito sardo colse qualche parziale successo (Pastrengo, Goito), ma fu soprattutto la strenua resistenza dei volontari toscani a Curtatone e Montanara (29 maggio) a impedire alle forze austriache di passare all'offensiva, consentendo alle truppe sabaude di prevalere di nuovo nella battaglia di Goito (30 maggio).

In seguito, l'andamento del conflitto volse completamente a favore degli austriaci che, riorganizzati e rinforzati dell'afflusso di nuove truppe, sbaragliarono a Custoza (25 luglio) l'esercito piemontese. Radetzky rioccupò Milano e costrinse i piemontesi a ritirarsi al di là del Ticino.

CONCLUSIONE

Il 9 agosto 1848 il generale Carlo Salasco, capo di stato maggiore dell'esercito sardo, firmò l'armistizio con gli austriaci: fra il Regno di Sardegna e il Lombardo-Veneto fu ristabilito il vecchio confine passante per il Ticino. Si trattò, però, soltanto di ujna pausa della guerra, che riprenderà alcuni mesi dopo per iniziativa del governo sabaudo.



Ripresa della guerra contro l'Austria

QUANDO

Il 20 marzo 1849

MOTIVO

Il re sardo Carlo Alberto temeva una caduta irreparabile del prestigio della monarchia sabauda in seguito alla sconfitta di Custoza e , di fronte alla ferma volontà dell'Austria di imporre pesanti condizioni per il trattato di pace, si convinse a riprendere la guerra.

AVVENIMENTI

L'esercito sabaudo fu subito messo in rotta dagli austriaci che, penetrati in Piemonte, lo sbaragliarono a Novara (23 marzo)


Carlo Alberto adbicò a favore del figlio Vittorio Emanuele II e si ritirò in Portogallo


CONCLUSIONE

Firma dell'Armistizio di Vignale che stabilì l'occupazione austriaca di alcuni territori piemontesi


CONSEGUENZA

La monarchia sabauda fu obbligata a rinunciare a ogni pretesa sulla Lombardia e a pagare una forte indennità di guerra ai vincitori



La seconda guerra d'indipendenza


QUANDO

28 aprile 1859


MOTIVO

Cavour decise di dare il via alla mobilitazione delle truppe piemontesi, rafforzandole con corpi di volontari tra cui figuravano i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi. Il 21 aprile 1859 l'Austria inviò al Regno di Sardegna un ultimatum nel quale chiedeva che fosse posta immediatamente fine alle manovre di preparazione del suo esercito e che venissero sciolti i corpi volontari.

Il governo sardo lo respinse e il 28 aprile l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe firmò la dichiarazione di guerra.


AVVENIMENTI

Mentre i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi impegnavano i contingenti austriaci nel Nord della Lombardia, i franco-piemontesi riportavano una prima vittoria a Magenta (4 giugno), aprendosi la strada per Milano, dove pochi giorni dopo Vittorio Emanuele II e Napoleone III entrarono trionfalmente. Seguirono le decisive vittorie di Solforino e San Martino (24 giugno), nella Lombardia orientale al confine con il Veneto. Furono due battaglie assai cruente, costate ingenti perdite sia ai franco-piemontesi sia agli austriaci, che furono costretti a ritirarsi nelle fortezze del "quadrilatero"


Il 12 luglio 1859 Napoleone III firmò con l'imperatore asburgico Francesco Giuseppe i preliminari di pace di Villafranca, confermati in seguito dal trattato di Zurigo (11 novembre 1859). Gli accordi di Villafranca prevedevano la cessione da parte dell'Austria della Lombardia (eccetto Mantova e Peschiera) alla Francia, che a sua volta l'avrebbe consegnata al Regno di Sardegna, e la restaurazione dei sovrani cacciati dall'Italia centrale. Di fronte alla prematura iniziativa di pace di Napoleone III, Cavour diede le dimissioni e venne sostituito alla guida di governo sardo dal generale La Marmora


La spedizione dei Mille

Cavour, dopo aver riottenuto il potere, decise di non tentare di estendere il processo di unificazione ai territori dello stato pontificio e al regno delle due Sicilie in quanto avrebbe incontrato l'opposizione di Napoleone II e della diplomazia internazionale


A questo punto i democratici mazziniani diedero un nuovo slancio al processo di unificazione nazionale


Due mazziniani siciliani,Crispi e Pilo, con mille volontari guidati da Garibaldi, organizzarono una spedizione senza l'approvazione di Cavour


I mille salparono per la Sicilia dal porto di Quarto


Sbarcati a Marsala i Mille si scontrarono pochi giorni dopo con le truppe borboniche a Calatafini ottenendo una vittoria che consentì loro di marcare su Palermo


Dopo duri combattimenti i Mille entrarono nella città


Il 20 giugno i garibaldini batterono le truppe borboniche nella battaglia di Milazzo


Tutta la Sicilia passò sotto il controllo di Garibaldi







La proclamazione del regno d'Italia


Garibaldi, ormai padrone della Sicilia,   passò lo stretto di Messina il 20 agosto 1860 e, sbarcato in Cala­bria, iniziò a risalire la penisola puntando su Napoli


La monarchia borbonica manifestava sempre più vistosi segni di disgregazione e il suo esercito, incalzato dalle forze garibaldine, perdeva continuamente posizioni


Nel frattempo Cavour, temendo che l'impresa garibaldina potesse sfuggirgli di mano e rimettere in gioco lo schieramento democratico e repubblicano a danno del "partito piemontese",inviò suoi agenti a Napoli, nel tentativo di farvi scoppiare un moto liberale e battere sul tempo Garibaldi


L'insurrezione auspicata da Cavour, però, non ebbe luogo a causa delle difficoltà incontrate nell'opera di proselitismo e mobilitazione dei Napoletani


Garibaldi proseguì la sua marcia trionfale verso Napoli, dove entrò il 7 settembre


Cavour, con il consenso di Napoleone II, inviò truppe piemontesi nello Stato Pontificio


Entrate nella Marche, esse batterono l'esercito papale a Castelfidardo (18 settembre 1860), occupando in seguito l'Umbria


Nello stesso tempo Garibaldi nella battaglia del Volturno (1 ottobre) respinse il tentativo di contrattacco dei borbonici


Dai territori pontifici, l'esercito piemontese proseguì in direzione di Napoli, pronto a scontrarsi con i garibaldini se fosse stato necessario


Cavour era ormai fermamente deciso a togliere ogni spazio di manovra a Garibaldi e ai democratici.

Di fronte all'eventualità di una scontro con le truppe sabaude, Garibaldi si rassegnò a non ostacolare i piani di Cavour e si fermò ad attendere l'arrivo di Vittorio Emanuele che si era nel frattempo messo alla testa del suo esercito


Mentre i contingenti sabaudi scendevano verso le regioni meridionali, nell'ex Regno delle Due Sicilie si tenne un plebiscito che, a grande maggioranza, si espresse a favore dell'annessione senza condizioni allo Stato sardo


Il 26 ottobre avvenne a Teano lo storico incontro tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, il quale intese in questo modo esprimere la propria sottomissione alla monarchia sabauda , per non compromettere l'opera di unificazione del paese


Poco dopo, però, egli si ritirò, temporaneamente, nell'isola di Caprera, manifestando così il suo dissenso nei confronti della soluzione alla questione italiana


Con i plebisciti del 4 novembre anche le Marche e l'Umbria furono annesse allo stato sabaudo


Il re di Sardegna era riuscito a imporsi come sovrano nazionale


Sciolto il vecchio Parlamento del Regno di Sardegna, nel febbraio 1861 si tennero le elezioni per il nuovo Parlamento italiano

Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II venne ufficialmente proclamato re d'Italia


All'unificazione mancavano Roma e il Lazio che appartenevano allo Stato Pontificio e il Trentino e Trieste ancora in mano austriaca



Terza guerra d'indipendenza

A causa della sua debolezza militare il giovane regno d'Italia, per tentare di strappare all'Austria i territori italiani rimasti ancora sotto il suo dominio,, poteva contare soltanto sul verificarsi di circostanze internazionali a lui favorevoli.


L'occasione propizia gli fu offerta dal precipitare della crisi apertasi nella relazioni tra Prussia e Austria che sfociò in un conflitto armato tra il giugno e il luglio del 1866 (guerra austro-prussiana)

cui partecipò, a fianco dei prussiani, anche l'Italia, che combattè così la terza guerra d'indipendenza contro l'impero asburgico


VITTORIE

SCONFITTE

Solo Garibaldi, accorso alla testa dei suoi volontari, riportò una vittoria a Bezzecca, ma essa non consentì all'Italia di rovesciare le sorti del conflitto.


Sul piano militare l'esito della guerra fui disastroso per l'Italia, sconfitta per terra a Custoza (24 giugno) e per mare a Lissa, (20 luglio).



CONCLUSIONE

Grazie alla vittoria della Prussia, il Regno d'Italia riuscì comunque a ottenere, con il trattato di pace di Vienna, il Veneto.





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