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I< Re: Romolo (753-716 a.C.)
Il primo
re fu naturalmente Romolo. Tracciato il solco ed eliminato il fratello, il
problema più incombente era di trovare le donne per la sua compagine. Senza
donne non era possibile alcuna discendenza e nessun futuro glorioso avrebbe
segnato la sorte di Roma.
A questo punto Romolo decise ancora una volta di risolvere la questione con
l'inganno: lo stratagemma passò alla storia come il ratto delle sabine. Il
piano era di invitare a una festa il vicino popolo dei sabini con le donne al
seguito, e al momento opportuno, sfruttando la sopresa, rapire quante più
fanciulle possibile. Il piano riuscì alla perfezione: il bottino fu di
seicentottantatre ragazze vergini, meno una, Ersilia, rapita per errore, che
diventò la sposa di Romolo.
Al ratto seguì l'inevitabile guerra tra romani e sabini che finì soltanto
grazie al provvidenziale intervento di Ersilia: ella si fece portavoce delle
sabine rapite supplicando i contendenti di mettere fine a quella inutile
carneficina che avrebbe rischiato di uccidere i padri dei loro figli. A quanto
pare le sabine si erano abituate (o rassegnate) ai rapitori.
Fatta la pace, Tito Tazio, re dei sabini, divenne monarca alla pari di Romolo e
si stabilì con il suo popolo sul Quirinale (Tito era originario di Curi e i
suoi vennero chiamati quiriti).
A Romolo si atrribuisce la prima divisione sociale delle genti romane: il
popolo venne diviso in tre etnie (o tribù): I Ramnes (o Ramini) di Romolo, I
Tities (o Tizi) di Tito Tazio e i Luceres (o Luceri), tribù che raggruppava le
genti di origine etrusca.
Romolo decise poi di formare un senato (Curia) composto da 100 (poi ampliato a
200) patres (padri fondatori) nominati dal re, ad 858h75i esclusione dei Luceri.
Anche l'esercito fu diviso in milites e celeres, i primi fanti e i secondi
cavalieri.
I due reggenti decisero poi di bonificare l'area del Campidoglio e costruire un
Foro, ovvero uno spazio attorno al quale si sarebbero affaciati la Curia, i
templi delle divinità maggiori, i mercati e le botteghe degli artigiani; il
centro politico, religioso ed economico della città romana.
Accade però che Tito Tazio morì in seguito a un'imboscata forse tesagli da
qualche città sabina limitrofa e Romolo si trovò solo a fronteggiare una
popolazione spaccata in due: per arginare la crisi si profuse in una nuova
divisione della popolazione. Si decise di dividere i romani in patrizi (i
patres, i fondatori storici) e plebei (tutti gli altri). Ai primi spettavano i
compiti religiosi ed amministrativi, ai secondi l'artigianato, il commercio e
il lavoro nei campi. I matrimoni tra cittadini di classi diverse furono
proibiti.
La morte di Romolo è avvolta nel mito: scomparve in una notte di tempesta
durante un'eclissi, il suo corpo non fu mai ritrovato. Si dice che salì in
cielo sul carro di Marte per diventare il protettore dei romani col nome di
Quirino (ma forse fu solo vittima di un complotto).
II< Re: Numa Pompilio, il pio (716-672 a.C.)
Dopo la
morte di Romolo seguì un periodo di confusione in cui si susseguirono alla
guida di Roma dieci patrizi, mentre le stirpi sabine e romane lottavano tra di
loro per la supremazia.
Alla fine si decise di eleggere a reggente Numa Pompilio, di stirpe sabina e
marito di Tazia, la figlia del defunto re sabino. Numa Pompilio era un uomo al
di sopra delle parti: era molto religioso e poco portato alla frenesia della
vita politica tanto che alla responsabilità del governo preferì in principio la
calma di Curi. Ma i romani lo convinsero dicendogli che governando avrebbe reso
un servizio a Dio.
Il suo regno fu contraddistinto dalle riforme religiose: introdusse riti meno
sanguinari, riformò il calendario portandolo da 10 a 12 mesi (aggiunse Gennaio,
in onore di Giano Bifronte, e Febbraio, in precedenza l'anno seguiva il ciclo
lunare e cominciava da Marzo, consacrato a Marte), i giorni dell'anno passarono
da 304 a 355.
A lui si attribuisce anche la fondazione del collegio dei pontefici, massime
cariche religiose, e la suddivisione della popolazione per mestieri (fabbri,
vasai, carpentieri e orefici). Fu un re ben voluto dalla plebe e molto
popolare.
Morì a ottantanni senza aver mai fatto una guerra, quando già le due stirpi
riappacificate gli avevano eretto un mausoleo sul Gianicolo.
III< Re: Tullo Ostilio, il distruttore di Alba (672-640 a.C.)
Tullo Ostilio,
di origine latine, era assai diverso dal suo predecessore: Il suo nome venne
associato alla distruzione di Alba Longa.
Per avere un casus belli che giustificasse la guerra come giusta agli occhi
degli dei istituì il collegio dei feziali, i quali avevano il compito di
trovare un pretesto per ogni belligeranza. La
guerra con Alba fu lunga e spietata (è qui che si svolse l'episiodio degli
Orazi e Curiazi). La città fu distrutta e la sua popolazione deportata sul
monte Celio; Il suo re, Mezio Fufezio, fu sventrato atrocemente, legato mani e
piedi a quattro quadrighe con cavalli partite in direzioni opposte.
Gli ultimi anni del suo regno videro la costruzione di una nuova sede
senatoriale (Curia Hostilia) e la sconfitta degli Etruschi di Veio, nonche una
terribile epidemia di peste.
Mori' in un incendio provocato da un fulmine scagliato da Giove, il quale pare
non avesse gradito un rito sacro a lui dedicato.
IV< Re: Anco Marzio, il fondatore di Ostia (640-616 a.C.)
Anco
Marzio, di stirpe sabina e marito di una figlia di Numa Pompilio, divenne il
IV< re di Roma.
Dopo aver conquistato il terreno che separava la città dalla costa, fondò
Ostia, così anche Roma, come si disse, potè avere il suo Pireo (il porto di
Atene).
Fornita Roma di uno sbocco marittimo e migliorata la navigabilità del Tevere,
aumentarono i commerci, sopratutto del sale, per estrarre il quale si scavarono
nuove saline e si costruirono per conservarlo dei magazzini lungo il fiume. Il
re ordinò poi la distribuzione gratuita del prodotto, cosa che risultò gradita
alla popolazione, che lo usava per conservare i cibi.
Le barche risalivano il Tevere per portare il sale alle zone piu' interne e
scendevano cariche di legname, facendo aumentare gli scambi e instaurando
stabili rapporti d'affari con gli etruschi.
Al re si attribuisce poi la costruzione del primo ponte in legno sul Tevere, il
Sublicio, a sud della futura isola Tiberina, e la conquista, con abituale
deportazione delle popolazioni entro le mura della città, di numerose tribù
locali.
V< Re: Tarquinio Prisco e l'occupazione etrusca (616-578 a.C.)
Con
Tarquinio Prisco inizia l'occupazione etrusca di Roma. Era figlio di Demarato,
un eminente greco fuggito da Corinto e stabilitosi a Tarquinia, città etrusca.
Tarquinio, che si chiamava ancora Lucumone, sposò Tanaquilla, raffinata dama
etrusca, che lo convinse a trasferirsi a Roma dove divenne il braccio destro di
Anco Marzio. Il re lo fece tutore dei suoi figli e lo iscrisse nella tribù
lucera.
Salito al trono col nome latino di Lucio Tarquinio Prisco, allargò il numero
dei patres della Curia introducendovi per la prima volte dei membri etruschi.
Non contravennendo agli usi romani, intraprese una serie di battaglie
vittoriose nei confronti dei popoli vicini, continuando ad espandere il territorio
di Roma e formando una lega di stati etruschi con reciprochi vincoli di non
belligeranza.
Tarquinio introdusse nel protocollo di corte i fasci littori e le più raffinate
usanze etrusche, fece sfoggio di grande sfarzo durante le celebrazioni e si circondò
di guardie del corpo. La città di Roma venne ingrandita e abbellita: si
lastricarono le strade, si arricchì il Foro di nuovi tempi e nuove strutture,
si costruì il Circo Massimo e si iniziò la costruzione del tempio di Giove
Capitolino.
A Tarquinio si attribuisce il generale affinamento dei riti e delle tradizioni
romane sotto l'influenza della più raffinata civiltà etrusca.
Morì ucciso da sicari assoldati dai figli di Anco Marzio, che lo accusavano di
aver conquistato il trono grazie al favore che godeva agli occhi del padre,
nonchè alle sue ricchezze.
VI< Re: Servio Tullio, il rifondatore (578-534 a.C.)
Servio
Tullio, etrusco, era di orgini servili ma aveva preso in sposa Tarquinia, una
delle figlie di Tarquinio Prisco, e si era assai distinto in battaglia come
comandante di cavalleria.
Fu un re non eletto, in particolare si racconta che salì al trono grazie a uno
stratagemma escogitato assieme alla suocera. I due fecero credere alla
popolazione che Tarquinio Prisco fosse ancora vivo e che in punto di morte
avesse passato momentaneamente il regno nelle mani di Servio, carica che da
temporanea divenne definitiva.
Servio Tullio dovette domare le rivolte di Veio, Cere e Tarquinia, che non
riconscevano il lui il successore di Tarquinio e si rifiutavano di rispettare
gli accordi di non belligeranza firmati con il predecessore.
In ricordo delle sue orgini fece una legge che permetteva a chiunque di poter
scalare i livelli sociali a dispetto delle origini di classe.
Servio venne ricordato per essere un grande riformatore, tanto da meritarsi
l''appellativo di rifondatore di Roma: per conoscere meglio la popolazione fece
indire un censimento generale, quindi passò a dividere le genti in cinque
classi secondo il censo.
A lui si devono le possenti mura di tufo che cinsero Roma nel V< secolo
(conosciute come serviane).
Servio assegno' poi ad ogni moneta di bronzo una immagine di un capo di
bestiame (pecus, da cui pecunia) in rapporto al loro diverso valore.
La città venne divisa in quattro zone: la Palatina, L'Esquilina, la Collina (o
Quirinale) e la suburana (o Celio). Alle tre tribu' originarie (Ramini, Tizi e
Luceri), dette tribù urbane, venne aggiunta una quarta tribù, detta rustica,
composta da tutte quelle popolazioni che si erano aggregate alla città per vari
motivi (guerre, deportazioni e profughi di diversa natura) le quali prendevano
il nome dalla zona geografica di origine.
Il regno di Servio vide un periodo di pace, stabilità e concordia tra le
diverse stirpi romane. Sull'Aventino venne eretto, di comune accordo, un tempio
alla vergine dea Diana, divinità dei boschi cara alla plebe, agli schiavi e
alle donne.
Tutto ciò non impedì la morte violenta di Servio Tullio per mano della figlia
Tullia, che intendeva impossessarsi del regno assieme al cognato. La leggenda
vuole che, ucciso il padre, la figlia ne abbandonò il corpo esanime in strada e
vi passò sopra con il suo carro. Quindi, non paga, fece avvelenare il marito,
Arunte Tarquinio, per sposarne il fratello Lucio Tarquinio, che divenne il
nuovo re.
VII< Re: Tarquinio il Superbo, il tiranno (534-510 a.C.)
L'ultimo re di Roma fu ricordato per la sua tirannia e l'assoluta iniquità, e per aver esasperato a tal punto il popolo romano da meritarsi l'appellativo di Superbo, nonché la rivolta che lo scacciò.
Il Superbo sciolse il senato, ne vietò ogni riunione e uccise tutti coloro che gli mostrarono opposizione. Impose poi nuove tassazioni, arricchendo il suo patrimonio personale e distruggendo tutto l'impianto di riforme del suo predeccessore, governando senza alcuna regola e a suo esclusivo tornaconto.
L'episodio
leggendario che provocò la caduta della monarchia e la scacciata degli etruschi
da Roma vede come protagonista Sesto, un figlio di Tarquinio. Assieme ai
fratelli Tito e Arunte e ad altri compagni di baldoria, ormai ubriachi,
proposero di vedere cosa mai stessero combinando in quel momento le proprie
mogli.
Giunti a casa, le trovarono con gran sorpresa tutte più o meno affacendate in
baccanali, tranne una, Lucrezia, la moglie di Lucio Tarquinio Collatino, seduta
al telaio. La cosa non finì qui.
Ospite di Tarquinio Collatino, Sesto abusò sessualmente di sua moglie Lucrezia.
L'indomani Lucrezia si precipitò dal padre e dal marito, e spiegando loro cosa
era successo, trasse da sotto le vesti un pugnale e si uccise.
Da questo suicido scaturì una furente sollevazione popolare guidata da il padre
di Lucrezia, Spurio Lucrezio, dal marito e dal figlio di una sorella di
Tarquinio il Superbo, Lucio Giunio Bruto, fino allora defilato ma destinato a
grandi cose. Egli portò il cadavere di Lucrezia al foro e giurò di vendicarne
la morte con l'aiuto dei romani e dell'esercito che ancora assediava Ardea.
Era il 510 a.C. quando Roma scacciò la dinastia dei Tarquini, ormai
completamente screditata e divisa al suo stesso interno, liberandosi della
dominazione etrusca e dandosi una nuova forma di governo.
Tarquinio il Superbo fu costretto all'esilio e si rifugiò nella città etrusca
di Cere, mentre il figlio Sesto fu ucciso a Gabi. Così nasceva, secondo la
leggenda, la Repubblica dei consoli.
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