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L'ITALIA NEL XVIII SECOLO - Guerre di successione

storia



L'ITALIA NEL XVIII SECOLO




Guerre di successione:

Nel 1698 le potenze europee emanano un trattato di spartizione designando come erede a Carlo II d'Asburgo-Spagna, privo d'eredi ed in pessime condizioni di salute, Carlo, il secondogenito dell'imperatore. Alla morte di Carlo II viene nominato erede universale Filippo II d'Angiò, nipote del re di Francia Luigi XIV, che diventa re con il nome di Filippo V. Nel 1702 scoppia la guerra di successione spagnola; le potenze europee temono l'eccessivo potere della Francia. Nel 1711 Carlo diventa imperatore con il nome di Carlo VI ed eredita i domini asburgici; gli alleati europei non possono più proporlo come erede al trono spagnolo (avrebbe posseduto Spagna ed Impero e sarebbe stato troppo potente). Nel 1713 si ha pace di Utrech e nel 1714 la pace di Rastatt. A seguito di tale guerra l'Inghilterra ottiene privilegi commerciali dalla Sp 616i83g agna, il riconoscimento di Gibilterra e Minorca e di alcuni territori francesi nell'America del Nord. A Filippo V viene riconosciuta la corona spagnola pur confermando la separazione delle due corone. L'Austria ottiene i Paesi Bassi Spagnoli ed il dominio della penisola italiana. Lo Stato sabaudo esce dalla sudditanza francese e diventa indipendente.




In Polonia i re vengono eletti da una numerosa assemblea di nobili all'unanimità (elezione soggetta all'influenza delle potenze). Nel 1733 scoppia la guerra di successione polacca tra i candidati: Stanislao Leszczyński, candidato francese (appoggiato anche da Spagna e Savoia) e Federico Augusto, candidato austrorusso. Nel 1735 francesi ed austriaci raggiungono un accordo, nel 1738 viene stipulata la pace di Vienna. Il candidato austrorusso vince le elezioni, al candidato francese viene assegnato il ducato di Lorena (dopo la sua morte sarebbe passato alla Francia) mentre a Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa d'Austria, viene assegnato il Granducato di Toscana. Carlo di Borbone, figlio del re di Spagna, ottiene il regno di Napoli e la Sicilia.


Nel 1713 Carlo VI emana la prammatica sanzione per ammettere alla successione anche le figlie femmine (Carlo VI non aveva eredi maschi). Nel 1740 alla morte di Carlo VI, ci fu l'ascesa al trono della figlia Maria Teresa, con conseguente opposizione dei sovrani europei più o meno imparentati con la casa austriaca, primo fra tutti Federico II re di Prussia. Federico II di Prussia occupa la Slesia, ne segue la guerra di successione austriaca che vede Spagna e Prussia contro Austria, Inghilterra e Olanda. Nel 1748 si giunge alla pace di Aquisgrana. L'Austria ottiene il riconoscimento definitivo della prammatica sanzione ma cede la Slesia alla Prussia, la Francia ne esce a mani vuote ed in Italia non ci sono cambiamenti rilevanti.


In Europa sono presenti scontri tra Francia ed Inghilterra per motivi coloniali mentre Maria Teresa non si rassegna alla perdita della Slesia, volenterosa di sconfiggere la potenza prussiana. Scoppia così nel 1756 la guerra dei sette anni che vede il rovesciamento delle alleanze, Austria e Francia, contro Prussia ed Inghilterra. Nel 1763 si giunge alla pace tra Austria e Prussia. In Europa nulla cambia (la Slesia rimane alla Prussia), ci sono cambiamenti coloniali perché la Francia cede il Canada all'Inghilterra (dove i coloni americani, partecipanti alla guerra, sperano di poter espandere i propri territori).



Situazione in Italia dopo le guerre che sconvolsero l'Europa nella prima metà del 1700: la guerra di successione spagnola aveva posto fine all'egemonia di Madrid sull'Italia ed aveva permesso ai Savoia di acquistare il titolo regio. La guerra di successione polacca aveva determinato l'insediamento nel regno di Napoli di Carlo III di Borbone e in Toscana di Francesco Stefano di Asburgo-Lorena. Avendo il rovesciamento delle alleanze del 1756 posto fine al contrasto franco-asburgico,  dal 1748, anno in cui terminò la guerra di successione austriaca, al 1792 (allorché le armate della Francia rivoluzionaria e giacobina muovono all'attacco dell'Europa conservatrice e reazionaria), l'Italia gode di un lungo periodo di pace. Ciò rende possibile un'intensa attività riformatrice da parte dei principi più illuminati, all'unisono con quanto avviene negli altri stati europei e rende stabile l'assetto territoriale creato ad Aquisgrana.



L'Italia nel XVIII secolo: il lungo periodo di pace, supportato da una ripresa demografica e dalla rivoluzione agricola, fu favorevole allo sviluppo delle riforme. I principi illuministici, attraverso la traduzione delle opere, gli scambi fra intellettuali, il fiorire di circoli culturali, di riviste e di società scientifiche vennero a collocarsi al centro della vita intellettuale italiana.

L'azione riformatrice dei sovrani illuminati fu particolarmente intensa in tre stati: il Regno di Napoli, la Lombardia austriaca e la Toscana dei Lorena.

Le riforme nel napoletano, sia sotto il regno di Carlo III che, in parte, sotto quello di suo figlio Ferdinando IV, furono favorite dall'appoggio della classe colta. Carlo III, con la collaborazione del toscano Bernardo Tanucci, attuò una politica anticurialistica, promosse la riforma dei tribunali, creò il supremo magistrato del commercio ed attuò una riforma generale globale con l'istituzione del catasto. Le riforme nel mezzogiorno furono possibili grazie proprio alla collaborazione fra la dinastia e gli uomini di cultura quali, ad esempio, Giambattista Vico e Pietro Giannone, Antonio Genovesi e Gaetano Filangeri. Napoli, pur non essendo il centro economico principale del regno, a causa di una struttura economica fragile, divenne una grande capitale europea, sia come centro culturale, sia come esempio di cooperazione politico-intellettuale.

Nella Lombardia austriaca, prima con Maria Teresa e poi con il figlio Filippo II, furono attuate riforme in ambito fiscale, abolita la censura ecclesiastica, istituito un nuovo catasto e promosse le istituzioni culturali. Anche qui, infatti, importante fu il contributo degli intellettuali; in particolar modo quello a Milano dei fratelli Verri e del gruppo che si raccoglieva attorno alla rivista "Il Caffè" e di Cesare Beccaria che nel 1764 pubblicò l'opera "Dei delitti e delle pene" dove, criticando le procedure giudiziarie, propose l'abolizione della tortura e della pena di morte.

Anche nel Granducato di Toscana, con la dinastia degli Asburgo-Lorena, il riformismo si fece sentire. Non tanto grazie a Francesco Stefano quanto al figlio, Pietro Leopoldo che creò un nuovo codice penale, detto appunto Leopoldino, dove veniva abolita la tortura e la pena di morte, in applicazione delle indicazioni di Cesare Beccaria. Si occupò della liberalizzazione del commercio, soprattutto in ambito agricolo favorì i piccoli proprietari contadini. Eseguì riforme giurisdizionalistiche abolendo i privilegi ecclesiastici. A Firenze, pur non essendoci una statura intellettuale come a Milano o Napoli, molto importante fu Francesco Maria Gianni che appoggiò il granduca nell'elaborazione delle leggi agrarie.

Lo Stato pontificio non aderì, logicamente, all'Illuminismo essendo uno dei principali bersagli della polemica razionalista; gli sforzi intrapresi in questo secolo dai pontefici, quali la bonifica delle Paludi Pontine, devono essere considerati come normale prosecuzione dell'attività di governo.




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