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Come nascono le Rivoluzioni (E. Labrousse)

storia



Come nascono le Rivoluzioni (E. Labrousse)


"Per quanto possa sembrare paradossale, una Rivoluzione comincia prima di avere inizio e continua anche quando è terminata" (Luciano Canfora). Di quest'avviso è il maggior esperto di cultura greca, e, assieme a lui, anche uno dei più grandi autori italiani del XIX secolo: Giosuè Carducci, che nel suo Ca Irà, sonetto che prende il nome da una canzone rivoluzionaria, esprime il furore sordo e inascoltato, la rabbia repressa e la comune insofferenza che precedono una Rivoluzione; non una qualsiasi, ma quella del 1789. Labrousse è della stessa idea di questi due letterati, mostrandoci, con la conferenza tenutasi al «Congrès historique du centenaire de la Révolution de 1848», quelle che secondo lui sono le cause fondamentali di una Rivoluzione, cause che non si limitano esclusivamente al momento stesso dell'inizio degli scontri armati, ma che hanno luogo mesi, se non anni, prima dei combattimenti.

Citando «Constitutionel», «Union Monarchique», «La Rèforme» e «Le National» Labrousse ci fa capire come differenti fonti d'informazione, di diversa estrazione politica, abbiano avuto, tutte, lo stesso stupore nell'annunciare l'inizio della Rivoluzione, di come quasi esse non volessero credere ad 656j98g un così radicale cambiamento nell'equilibrio statale. La Rivoluzione sembra una sorpresa, come se nessuno la attendesse o nessuno avesse mai pensato ad una sua possibile comparsa. «Le National» addirittura appella come "imprevista" quella del 25 Febbraio 1848.



Nell'analisi delle Rivoluzioni Labrousse si prodiga in una differenziazione fra le stesse, ritrovando le fondamentali caratteristiche di quelle che accomunano il 1789, il 1830 e il 1848: Rivoluzioni di massa, spontanee ed endogene. Di massa poiché è il popolo a compierle, non una ristretta cerchia di potenti (di palazzo); spontanee poiché frutto di uno slancio improvviso e non di istigazione da parte di un qualche partito (diretta); endogena poiché conseguenza di una difficile situazione interna e non di invasioni militari (esogena). Queste caratteristiche sono parte integrante di un profondo disagio sociale, che, a sua volta, è sintomo di una difficoltà economica non restringibile allo stretto momento nel quale la Rivoluzione si è attuata. E' proprio la ricerca e la definizione di questi disagi che si prefissa lo storico Labrousse nella sua conferenza, "ricercare le origini lontane delle nostre tre Rivoluzioni" limitandosi alla fase più vicina agli scontri, la cosiddetta "esplosione". Tutte e tre le Rivoluzioni sono quindi assimilabili e rapportabili ad uno schema fisso che inizia interessandosi della produzione agricola e si diffonde a macchia d'olio sino alle altre zone economiche. E' quindi attraverso lo studio della Congiunturalità che lo storico dipinge un preciso e ampio disegno della situazione di disagio all'interno di tutte le parti della società interessate da questa Rivoluzione, poiché non vi sono cause fini e se stesse, tutte sono legate e conseguenza di altre cause. Vanno prima però definite quelle che lo storico intende come cause congiunturali, e da che cosa esse siano accomunate; alla base dell' esplosione vi sono due cause, quella politica e quella economica, strettamente legate fra di loro, ma "perché quelle due forze coniugate facciano saltare tutto in aria, bisogna che esse incontrino una resistenza", ovvero il profondo disagio sociale, conseguenza di mancate promesse da parte di chi comandava. Per riprendere un concetto filosofico, la "causa prima", cui Labrousse attribuisce maggiori responsabilità per lo scoppio delle Rivoluzioni, è quella appunto economica, che vede il convogliarsi di tre diversi movimenti: il progressivo aumento, nel corso del XVIII secolo, dei redditi personali, lo squilibrio venutosi a creare per le gravi carestie (1789 e 1830) o per la crisi metallurgica (1848) e, infine, come conseguenza delle precedenti, l'aumento dei prezzi per i materiali di sussistenza. Procedendo comunque ad un analisi di ogni Rivoluzione, partendo da quella del '89, si scopre che la motivazione primaria è il pessimo raccolto delle due stagioni precedenti; la carestia ha portato ad un crollo del potere d'acquisto del gruppo sociale più vasto: la parte contadina e cittadina, in generale il terzo stato. C'è stato quindi un aumento del prezzo delle materie prime di consumo, ormai sempre più scarse ed un relativo rincaro del costo della vita. Tutto ciò ha avuto ovviamente risvolti negativi anche sulla parte industriale, non ancora abbastanza "forte" per sostentarsi senza appoggiarsi a quella agricola. Il ciclo della crisi economica è quindi arrivato alla disoccupazione e all'abbassamento dei salari. E' questo infatti lo schema più classico di una crisi, che non solo Labrousse, ma anche altri suoi eccellenti predecessori, avevano illustrato, come Schmidt sulla «Revue Historique». In ogni caso quel che vale per l'89 vale in parte anche per il '30, benché, come lo stesso storico afferma, "Le crisi si susseguono, non si rassomigliano". L'inizio è sempre dato da una carestia, dovuta, questa volta, alla crisi della patata. Crollo del potere d'acquisto al mercato agricolo, crollo anche in quello industriale, disoccupazione e abbassamento dei salari. Unica differenza di questa Rivoluzione è data dall'imput, che è stato sì rurale, ma quasi indotto dall'esterno; nel 1825 infatti si è avuto un "contagio" inglese, che dai mercati d'oltre manica si è diffuso anche in quelli transalpini, a seguito di ciò, nel '27/'28 è avvenuto lo stesso che successe prima del '89. Ecco quindi la crisi della patata, poi quella del frumento, cui il tubero era strettamente legato, l'aumento dei prezzi e il solito tragico destino della Rivoluzione del XVIII secolo. E' quindi la crisi economica che, creando il malcontento per l'aumento dei prezzi e la diminuzione del potere d'acquisto, dà avvio anche ad una crisi sociale, nella quale la differenza fra i vari ceti è sempre più demarcata. Discorso leggermente diverso va fatto per il 1848; come le precedenti ha una prima fase che ha a che fare con un problema agricolo e tessile, con la crisi della patata e poi il relativo aumento dei prezzi dei cereali, e sin qui identico alle precedenti; la novità è data dal fatto che questa Rivoluzione sia un "incrocio di crisi di tipo vecchio e nuovo". Il nuovo fattore è dato dalla difficile situazione dall' industria metallurgica, la prima nella storia francese. Tutto perché non vi era alcun sintomo, negli uomini di quel tempo, di un possibile tracollo economico, ed era stato così dato avvio ad una politica d'innovazione tecnica dello stato, in primo luogo stanziando fondi per la costruzione di una vasta rete ferroviaria nazionale. Scoppiando la crisi non vi è più disponibilità di danaro e quello già speso è andato irrimediabilmente perduto, portando così ad una serie di conseguenze inesorabili, che hanno, come fine, la rivoluzione.

Non resta ora, dopo aver analizzato il modo in cui nascono le Rivoluzioni, che vedere chi imputare per tali situazioni; la cosa più logica sarebbe incolpare chi ha in mano lo stato, chi decide; ma ovviamente queste persone non possono essere accusate per una carestia, magari per non essere stati previdenti, ma non per cause naturali. Allora non sono le persone da imputare, ma il Sistema che così ha voluto che quegli uomini si comportassero, Sistema che è creatura di una concezione di quel periodo, figlio della Produzione Capitalistica. Questa produzione e i suoi ritmi infatti hanno creato la società di quelli e di questi anni e conseguentemente anche i divari sociali. Sono dunque questi divari, uniti allo scontento economico e sociale, che realizzano le rivoluzioni. Ci sono poi i ribelli, i figli delle idee rivoluzionarie che, istigando la massa fluttuante, danno avvio ai conflitti armati, ma solo perché prima ci sono state le sopra citate cause. Naturale potrebbe sorgerci il dubbio di come, una massa impreparata a qualsiasi scontro, sia militare che politico, possa vincere contro la potente macchina bellica e organizzativa di uno degli stati più avanzati che quell'epoca; Labrousse immediatamente ci viene in soccorso spiegandoci come, a seguito di una grave crisi, anche una perfetta macchina vada in rovina, di come tutti i suoi meccanismi si sleghino, e passino all'altro fronte, decomponendosi così l'organismo amministrativo.

Appurato dunque che le cause siano molteplici per ogni Rivoluzione, e che, per ognuna di loro, si possano in ogni modo trovare elementi in comune, in queste tre, oltre che il modus operandi con cui la Rivoluzione si è attuata, possiamo individuare quasi gli stessi fronti in opposizione.  Il conflitto è stato indubbiamente sociale, e a fronteggiarsi erano due mondi: Vecchio contro Nuovo. Nelle prime due Rivoluzioni il mondo Vecchio è stato rappresentato da una "civiltà fondiaria", la Nobiltà, espressione dell'arretratezza che ancora viveva nella macchina statale, opposta al Nuovo della "civiltà industriale", la Borghesia e i suoi valori. Col passare degli anni il potere borghese si è rinsaldato sino ad andarsi a sostituire alla classe nobile, ormai in via di scomparsa. Ecco che quindi alla borghesia, ai ricchi industriali, si oppone una nuova classe, che tenta di fare ciò che la borghesia aveva fatto 59 anni prima: il "proletariato". E' questa la nuova classe sociale, che, a parere di alcuni (Marx, per citare un nome), è destinata a sopravanzare e sovrastare la borghesia, data la sua forza inarrestabile.

Inutile affermare che quindi la storia sia un'evoluzione d'avvenimenti, che, fondendosi e convogliando, concorrono a crearne altri; è quindi attraverso un'analisi della Storia Positiva, quella che prende in esame completamente i problemi, senza escluderne alcuno, che Labrousse cerca e riesce a definire le motivazioni che hanno concorso all'esplosione di queste tre Rivoluzioni. E' lo studio contemporaneo di cause di diversa estrazione che conferisce alla congiunturalità il titolo di innovativa, la eleva ad uno dei metodi più utilizzati per la ricerca storica. 

Essa è un puzzle di eventi, tasselli, la mancanza di uno dei quali può portare a non comprendere appieno le vicende e le intrinseche e fondamentali motivazioni che ad esse hanno portato. Quello dello storico non è in alcun modo simile o equiparabile ad altri metodi, dato il suo modo di analizzare oltre che i fatti, anche i dati, da articoli dell'epoca a scritti contemporanei, passando per le precise carte statali che riportavano dettagliatamente le cifre dei raccolti di quel periodo. E' sulla precisione e la ricerca che Labrousse crea un nuovo modo di fare la storia.




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