Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

LA LOGICA DEL PENSIERO GNOSTICO - PARTE PRIMA - "La lontananza di Dio"

marketing



LA LOGICA DEL PENSIERO GNOSTICO



PARTE PRIMA

"La lontananza di Dio"



CAP 1 IL DIO PRIMA DI DIO


1.Il male del mondo e l'interrogazione su Dio

Nei testi gnostici gli esempi ricorrenti del male sono il conflitto reciproco fra le diverse componenti della corporeità.Questo perché il male non è il contrario del bene ma un' entità a sé stante. Si capisce allora la caratteristica ambiguità dei termini, per cui il principio del male veniva identificato con la materia ma una materia a sua volta rappresentata con connotazioni in certa misura spirituali e morali ( l'anticosmismo veniva incontro a una tendenza diffusa nella cultura tardo-antica). Ciò che lo gnosticismo ha di proprio rispetto alla cultura tardo-antica non è il problema del male né l'individuazione del male nella materia, nella corporeità o nel mondo, bensì la particolare relazione in cui tale problema viene posto con quello di Dio.



Sappiamo che nel contesto giudaico il problema dell' origine del male si traduce in un problema teologico, in una interrogazione su Dio e sulla separazione di Dio ( vale a dire sulla sua lontananza).


2.Trasformazioni del modello biblico della divinità

Nel momento in cui il modello biblico di essere divino, connotato come signore e datore della legge, viene assimilato o totalmente identificato con gli angeli, si consuma il distacco decisivo dal giudaismo e siamo quindi in presenza di uno sviluppo gnostico e siamo quindi in presenza di uno sviluppo gnostico dell'interrogazione di Dio, che si traduce nella domanda sulla sua derivazione. Nella riflessione sul Dio biblico gli gnostici arrivano alla conclusione che il male sta proprio nel fatto che il Grande Arconte si cura solo dei giudei ( cioè di quelli che osservano la sua legge), ed è quindi un Dio partigiano, indegno di presiedere alla totalità dell' essere.In conclusione, il Dio tradizionale è una potenza divina ma non il vero.

Ecco perché l'interrogazione su Dio si pone nella forma della domanda "Donde Dio?", che trova risposta nell' affermazione di un "dio prima di Dio".La riflessione gnostica ( partita dal giudaismo) critica Jahveh non per cri 656g67g ticare l'ebraismo ma per l' esigenza di pensarlo più a fondo.La questione del male, scindendo i due lati della rappresentazione, porta logicamente a questi due esiti solo in apparenza contrastanti, il Dio della potenza e il Dio sconosciuto, che altro non sono se non uno sdoppiamento dell' unico dio ebraico. Gli gnostici allora degradano la potenza divina per la sua inevitabile compromissione con il fenomeno del male , precisamente allo scopo di salvare il mondo, proiettando fuori dal mondo, ciò che questo Dio ciò che questo Dio aveva di più sublime.Da qui nella versione gnostica del Dio nella versione giudaica rimane la sua pura assolutezza, in quanto gli gnostici consideravano il vero Dio come il Soggetto Assoluto.Questo avviene perché il Dio tradizionale va superato in un Dio nel quale io possa riconoscere me stesso,poiché in dio c'è la ricerca del Sé.


3.La teologia filosofica

La scissione del modello anticotestamentario in due entità divine contrapposte, il Dio di questo mondo e il Dio che è prima , è un processo tutto interno alla riflessione giudaico-settaria con evidenti contributi cristiani.In questo intervengono anche riflessioni di origine greca ( platone e la mente demiurgica vs il cosmo; le scuole alessandrine e il dio sovraesseente in quanto causa sia dell' essere che del pensare).


4.Definizioni gnostiche del dio prima di dio

Il Dio gnostico, sulla falsariga ebrea, è "colui che è", l'essere assoluto, cioè è irrelato, indipendente e sovrano. Tuttavia si sentono influssi medioplatonici quando di Dio si parla per negazione, o in termini superlativi o per analogia.Infatti il metodo della negazione, combinato con quello della massima elevazione, tendono a radicalizzare la trascendenza dell' Assoluto al punto che molti testi pur affermando come vero Dio negano si possa parlare in termini tradizionali di divinità. Ecco allora come concetto, articolando le proprie virtualità interpretative, si muove passando nel contrario di se stesso: l'affermazione positiva di Dio come essere assoluto si capovolge in quella negativa ddel nulla originario, certo non il nulla della mancanza ma il nulla della pienezza che trascende ogni nome e ogni essere.Questa trascendenza dell' Assoluto è pensata dagli gnostici non come un concetto statico alla materia dei platonici, bensì come un concetto dinamico, vale a dire come ricorrente ulteriorità. Sicchè il Dio prima di Dio diventa nel pensiero gnostico propriamente l'abisso al di là di Dio.

Nella concezione gnostica, invece, il nous non è in nessun caso una connotazione razionale dell' assoluto. Potremmo dire che è un pensiero non pensante alla stessa stregua in cui è un Dio che non è un Dio e un essere che essenzialmente non è. L'assoluto infatti pensa non perché pensi ma perché è totale autotrasparenza a sé medesimo, luce e chiarezza in quanto tale( l'autotrasparenza sta a significare qui piuttosto un totale possesso). Con questo straordinario atto di audacia speculativa la metafora dell' intelletto si traduce in quella della paternità; l'abisso al di là di Dio non rimane oscuro e senza nome , perché esso ha un nome ed è disposto con paterna sollecitudine a farcelo conoscere(Apocrifo). La metafora gnostica del Padre ha in termini logici la funzione di una negazione della negazione e comporta perciò una positività superiore, dialettica, in cui si compie il movimento del concetto su questo punto.La ricerca dell' essere assoluto, di colui che è, si è capovolta nell' assoluta trascendenza del non essere originario ed eternamente ulteriore;la metafora dell' intelletto autocomprendente e della paternità ribaltano questa visione in una affermazione costruttiva: l'abisso nasconde sì ma insieme dà.


CAP 2 LA MEDIAZIONE


1.Metafora della conoscenza

La religione dunque costruisce una mediazione fra coscienza e trascendenza, e questa mediazione si realizza anzitutto nel conoscere. La conoscenza nel senso sapienziale non è un mero apprendimento intellettuale di certe nozioni.Il sapere ha dunque un valore solo nella misura in cui la grazia divina gli consente di scandagliare dei misteri, cioè si connota in senso misteriosofico (vd Enoc).

Inoltre, in maniera analoga alla misteriosofica ellenica, la sapienza consentiva di reinterpretare più a fondo la tradizione religiosa costituita.



2.La conoscenza gnostica

Gli gnostici hanno la gnvsis in correlazione con il misterion ( in un contesto esoterico e iniziatici).L' acquisizione finale della gnosi culmina nella visione del mistero, ma ecco che a questo punto il concetto si capovolge nel modo che abbiamo osservato.Vedere Dio costituisce un fatto ontologico, non semplicemente conoscitivo, e significa quindi non avere Dio come oggetto di constatazione bensì trasformarsi essenzialmente in lui, diventarlo. In effetti , la conoscenza gnostica ha sempre 2 obbiettivi strettamente connessi: vuole conoscere il mistero divino, il Dio prima di Dio, ma insieme ( o mediante) questo vuol conoscere anche tutte le altre cose.

Come per i fenomeni naturali, così a proposito degli eventi storici, delle tradizioni mitico-culturali e dei passi scritturali lo gnostico va sempre alla ricerca del mistero, cioè del significato nascosto, dell' implicita allusione alla propria dottrina e ai propri miti ( gli gnostici manipolano i testi a manetta).Inoltre il testo non costituisce per l' ermeneutica gnostica un parametro oggettivo. Tutte le sette condividevano la convinzione che le opere del Canone ebraico e cristiano fossero viziate da tagli e manipolazioni introdotte dal Dio inferiore per impedire all' uomo di raggiungere la verità.





Per lo gnostico il mito è la realtà perché la realtà stessa è per sua stessa natura simbolica e di conseguenza la sua comprensione coincide con la comprensione del mito.Ma questa coincidenza di realtà e simbolo, di spiegazione e narrazione deriva dal fatto che la profondità del reale come la gnosi cerca di coglierla è il vissuto,il Sé.Il vissuto non si può se non narrare perché non dice altro , bensì esattamente quell' evento medesimo che il Sé vive nella propria esperienza di sofferenza e liberazione.


3.Mediazione della visione.La questione del secondo Dio

La conoscenza presuppone un' esperienza di visione, e la visione è il compimento a cui tende l' ansia di conoscenza intesa quale mediazione della lontananza di Dio. Ma nella cultura emerge il problema Dio. In termini teoretici: se Dio, il principio di tutte le cose, fosse chiuso nel suo segreto inaccessibile, in conoscibile, innominabile, anche le cose resterebbero nascoste in lui e nulla quindi potrebbe apparire( e invece qualcosa appare). Allora bisogna distinguere fra quello che Dio è nella sua originaria essenza e quello che è nel suo lato rivolto all' esterno, nella disposizione a manifestarsi. Di qui la soluzione proposta dalla teologia gerarchica dei medioplatonici: un secondo Dio. Seguendo la logica ellenistica per cui io vedo tutto ciò che mi appare, in quanto esso è oggettivo; ciò che mi appare mi si rende visibile solo come oggetto nel senso che appare come altro e non come se stesso, nella sua soggettività,questa cadenza logica del concetto di visione emerge con evidenza nel fatto che il secondo Dio del pensiero ellenistico non costituisce un soggetto ma più una struttura oggettiva.

Questo tema in età ellenistica l'apocalittica ,la tradizione sapienziale e la mistica sviluppano da queste premesse l'idea che l'uomo nella usa forma originaria, Adamo, non è solo un essere creato secondo la sembianza di Dio ma è la stessa sembianza di Dio e in questo è la sua primigenia manifestazione. E siccome ogni uomo è in un certo senso Adamo, il profeta che giunge alla visione del carro divino e lo comunica, realizza l' Adamo originario che è in lui. Così le speculazioni esoteriche attribuivamo con estrema coerenza a vari patriarchi della tradizione mistica (Enoc, Mosè, Giacobbe) il privilegio di essersi rivestiti del sacro nome e della gloria, di essersi seduti sul trono divino o trasformati in Angelo, d'esser diventati essi stessi un secondo Dio.


4.Il mediatore gnostico

Nello gnosticismo la figura dell' intermediario si moltiplica: oltre alla manifestazione del Dio nascosto c'è quello che funge da Rivelatore della gnosi, quello che rappresenta la sostanza divina, frantumata nelle anime, quello che porta a compimento la loro salvezza finale.

Nonostante le accuse dei Padri della chiesa di paganesimo, la mitologia gnostica sviluppa a suo modo l' idea del giudaismo settario di un' articolazione interna della natura divina.ma che cosa motiva questo sdoppiamento ? La maggior parte delle scuole gnostiche lo spiegava con l' emergere all' interno dell' Assoluto primordiale di un pensiero che è per sua natura diadico, in quanto implica la dualità di pensante e pensato. Anche se già Simone aveva diviso la divinità in Pensiero (nous) e Riflessione (epinoia). Se da pdv strettamente logico il mediatore è la Diade, e la Diade è gia struttura della molteplicità, allora il mediatore può essere pensato anche come un luogo, cioè una dimensione astratta nella quale l' enigma del Dio prima di Dio si rende manifesto: quindi come uno spazio, anzi uno spazio-tempo. Ora, per questo suo carattere dilacerato e antitetico il mediatore finisce per esser l' autorappresentazione dello spirito gnostico, che appartiene insieme al mondo inferiore ed al pleroma, e cerca l'Assoluto dibattendosi nella prigionia delle tenebre.Lo gnosticismo porta ora alle estreme conseguenze il tema del dio nascosto e del suo apparire. Da qui, se è nella natura profonda della realtà umana che si raggiunge la conoscenza del Nome e la visione di dio , se in pratica il Dio prima di Dio è il Dio-uomo, il problema medesimo della mediazione in tal modo risolto ma anche dissolto.Una volta appreso che il nome di Dio è uomo, cioè che egli appare come un Sé e dunque anche in noi, si comprende che questa lontananza non divide due cose diverse ma rappresenta piuttosto la distanza nella quale inizialmente ci troviamo rispetto al nostro Sé.La ricerca astratta del Dio nascosto come di qualcuno che se ne stia da un'altra parte può venire abbandonata mentre l' esigenza fondamentale (far apparire l' Assoluto) si realizza nel suo contrario, come ricerca dell' uomo sull' identità profonda del proprio essere che egli insieme è e non è.



CAP 3 L'IMMAGINE


1.Immagine e generazione

Il pensiero gnostico ha elaborato in maniera nuova la metafora platonica dell' Intelletto e quella cristiana della Paternità; perché l'intelletto sta qui a significare non tanto la natura razionale , bensì la soggettività, cioè l' autotrasparenza di Dio a se stesso, mentre la funzione paterna è intesa davvero nei termini di una generazione naturale.La soluzione della mediazione della lontananza di Dio presuppone invece un diverso concetto dell' Assoluto stesso, inteso non più come qualcuno che se ne sta fisso per conto suo, bensì dotato nel suo proprio essere di un' intrinseca dinamica che lo predispone logicamente a rivelarsi, come se l'Assoluto fosse massimamente se stesso proprio nel momento in cui si rivolge ad altro e nell' altro si ritrova.

D'altra parte ,la paternità divina, riamane appunto solo un a metafora se il pensiero non mette in evidenza il contenuto logico della rappresentazione; ciò avviene negli gnostici ancora con l' elaborazione dell' altra metafora, quella dell' Intelletto.La dinamica dell'Assoluto consiste nel passaggio riflessivo dal suo essere al suo pensare il proprio essere, rendendosi pertanto trasparente come soggettività assoluta.Nel pensarsi l'Assoluto si sdoppia; nel pensare se stesso L'Assoluto produce davanti a sé stesso l'immagine di sé stesso fatta altro (figlio).Da queste considerazioni lo stesso problema della conoscenza cambia aspetto, si traduce in negatività: il male diviene l' ignoranza.Il nodo teoretico dell' opera consiste appunto nell' evidenziare il rapporto dialettico di identità e differenza che sussiste fra il Padre e il Figlio, fra il nascondimento e l' apertura dell' enigma.Dunque il Figlio è per il Padre precisamente quell' altro nel quale il Padre è Sé, ovvero l' immagine della sua soggettività assoluta.

Se il Dio prima di Dio è Padre, e la sua immagine è il Figlio nel quale si rispecchia e si rileva, il processo della riflessione non resta un fatto isolato ma innesca una tendenza generativa ulteriore.e da qui la struttura di questa dinamica è il 4, il numero della totalità.




Una volta concepito l' Assoluto come articolazione dinamica, l' eternità che lo contraddistingue non è più semplicemente il contrario della temporalità, ma a suo modo essa stessa forma di tempo i cui momenti sono dati dalla successione genealogica degli eoni-immagine.Questo spazio-tempo rappresenta l' ambito concluso e quindi in un certo senso finito della divinità.

Uno stadio più evoluto nell' elaborazione dell' idea di generazione è rappresentato dall' Apocrifo. Viene creata Barbelo(4).Ben presto però l'esigenza di dare alla metafora generativa un' aspetto plausibile fece sì che nella pur ribadita natura androgina di Barbelo prevalesse nettamente la componente femminile rendendola atta al ruolo di Madre nel processo teogonico.


2.Immagine e imitazione

L'immagine ora non sta in un atto automatico di riflessione e di riproduzione, ma è appena l' effetto di un'opera di perfezionamento progressivo portato avanti lungo la storia della salvezza.Il creato quindi non è per sua natura conforme al typos divino ma deve diventarlo mediante la grazia.La negatività dell' immagine nel pensiero gnostico può essere rappresentata non come il riflesso d'una realtà, ma come l' effetto di una deliberata imitazione il cui rapporto col modello è puramente artificioso e distorto.



3.Il desiderio dell' immagine

Ora il pensiero gnostico ha dato prova di grande penetrazione non solo per aver colto questo nesso,ma anche per aver compreso che alla radice dell' imitazione c'è il desiderio, suscitato dall' apparire dell' immagine. Al contrario di Platone nei miti gnostici il desiderio dell' immagine non ha mai questo carattere spiritualistico ma contiene qualcosa di torbido, di oscuro e quasi colpevole.Questo è ben rappresentato dall' avversione manichea .Infatti nel manicheismo l' immagine di luce rimane per così dire al suo posto, non si avventura nelle acque tenebrose; ma sono le tenebre che la aggrediscono.

La natura aggressiva del desiderio di Dio da parte delle tenebre viene spesso riportata a una sorta di attrazione erotica che l' immagine suscita negli esseri inferiori.


Ma posto il problema in questi termini il motivo dell' attrazione erotica per l' immagine divina poteva venire ripreso attribuendogli un'altra funzione, che invero è una delle trovate più sconcertanti dello gnosticismo: servire precisamente al recupero dello spirito rimasto prigioniero sottraendolo alla mescolanza del mondo.

Il tema lo ritroviamo nel mito della seduzione degli arconti da parte di Barbero, con una funzione centrale anche nel manicheismo.Anche qui lo scopo è quello di liberare dalla prigionia degli arconti la sostanza luminosa sottratta all' Uomo primordiale dopo che questi aveva tentato senza successo di opporsi alla loro aggressione.


4.La creazione dell' uomo "a immagine"

In molti testi il tema della fascinosa apparizione dell' immagine divina in un bel preciso rapporto con altri due temi centrali: l'autoproclamazione del Grande Arconte d'esser l' unico Dio, e la creazione dell' uomo secondo l'immagine e la sembianza di Dio.

Da qui Filone ha preso spunto per una sua originale dottrina dell' uomo celeste e dell' uomo terrestre.Il rapporto tra i due uomini sta allora nel fatto che il primo, l'ombra di Dio, il logos di cui Dio si è servito per creare il mondo, costituisce l' immagine ( eikon) e il modello (archtgpos ) del quale il secondo è riproduzione (apeikonisma ) e impronta ( tgmos

Qual' è il contenuto dell' immagine che il manufatto umano avrebbe dovuto imitare? Anche se molte setteranno la propria risposta in generale prevale la figura dell' Uomo Primordiale, identificato nello gnosticismo setita con l'Adamo luminoso padre di Set e in quello valentiniano col Figlio unigenito (Cristo). Nel manicheismo tornano i temi della mitologia setita e barbelognostica, ma con qualche modifica. Secondo il quadro radicalmente dualistico del sistema di Mani l' antropogonia inizia l' ultima fase della guerra tra tenebre e luce e si presenta come la risposta delle forze del male di fronte all'azione del terzo inviato.







Se infatti nelle fonti setite e barbelite, che si inquadravano in un sistema devolutivo, l'apparire dell' immagine divina serviva a smentire la falsa pretesa di dominio degli arconti, nella visione manichea per la quale questo dominio è effettivo e non presunto non è per gli arconti che l'Inviato esibisce le sue belle forme ma esclusivamente allo scopo di liberare la luce prigioniera. Il motivo per cui l'originario tema gnostico del desiderio dell' immagine per diventare irrilevante agli effetti dell' antropogonia sta nella centralità assoluta che l'uomo assume nella concezione manichea.


5.Ontologia dell' immagine: il problema del docetismo gnostico

A differenza del pensiero platonico, in quello gnostico la realtà e l'apparenza non vengono distinte in maniera così rigida e pertanto proprio l'immagine può designare oltre all' espressione o all'alienazione anche il vero Sé, l'assoluto stesso. Mentre allora il platonismo distingue fra la realtà eterna e la sua immagine temporale,lo gnosticismo distingue due immagini, l'una eterna e l'altra transuente, che sono entrambe a loro modo una realtà, anzi la stessa realtà. La metafora del vestito (Tommaso) applicata tanto all' anima quanto al Sé sta a significare che per il pensiero gnostico non esiste un essere distinto dall' apparire poiché l'essere stesso è immagine, in quanto il Sé che è per-altro ed in-altro. Di conseguenza l' identità di cui lo gnostico va ansiosamente in cerca non va mai concepita come identità "sostanziale".

La radicalità estrema con cui il pensiero gnostico ha portato avanti il concetto che l' essere stesso è immagine si manifesta nella dottrina quasi ovunque attestata nella natura apparente del salvatore, il docetismo.Una forma più complessa di docetismo è quella che distingue fra il Gesù storico e il Cristo della fede.Il protagonista dell' evento salvifico risultava qui frazionato in un complesso di personalità distinte, che rappresentavano in sintesi tutti gli elementi dell' universo gnostico venuti a mescolarsi in seguito all' incidente originario. La sofferenza della croce riguardava in tal caso solo la componente inferiore costituita da una materialità corporea più o meno apparente e di conseguenza anche la resurrezione di Gesù doveva intendersi solo per la sua componente spirituale.



Si capisce come il docetismo, seppur sembrando una teodicea, parta in realtà da un problema ontologico: a un senso dell' essere definito dalla filosofia greca in termini di presenza esso cerca di sostituire quello per cui l'essere è l'evento rappresentato dall'immagine. Perciò la figura del Salvatore, che concentra in sé tutta l' ambiguità dell' immagine, è anche lui per sua natura inafferrabile: è questo che gli gnostici intendono dire quando gli attribuiscono una natura apparente.In un certo senso è vero che il Salvatore nella sua apparenza sia una figura vuota di sostanza, come una maschera,ma non perché si risolva in un labile fantasma come interpretavano i Padri della Chiesa, bensì perché appartiene a u livello ontologico diverso e superiore alla sostanza.Allo stesso modo in cui la maschera è un volto apparente, dietro il quale non sta una realtà fisicamente percepibile, così lo specchio può riflettere un mondo esterno che non gli appartiene. Ciò che però il Salvatore riflette, quando viene rappresentato come "specchio", è il tutto nel quale il credente ritrova se stesso;Cristo è allora l' immagine che rispecchia il mio Sé, la mai domanda fondamentale, il mio dramma : la sua sofferenza in questo senso è apparente in quanto rappresenta l'immagine, la cifra simbolica della mia sofferenza.il vuoto di sostanza ovvero di coralità non è però un segno di mancanza ma di pienezza, non una privazione ma un arricchimento.

In conclusione, la dottrina gnostica dell' immagine compie la sua funzione di risolvere il problema della lontananza di Dio proponendo nel contempo un nuovo progetto ontologico, dove l'essere stesso è essenzialmente immagine.






PARTE SECONDA


"La comprensione mitica del mondo"




CAP 1 L'INCIDENTE ORIGINARIO


1.Centralità e funzione dell' incidente nel pensiero gnostico

Dell' esperienza del male, del problema che esso suscita alla coscienza, il pensiero si occupa non risolvendolo in una spiegazione ma comprendendolo alla luce d'una descrizione della sua origine; il male inteso come tema di un racconto, di un mito.Il mito non nasce dal semplice fatto che lo gnosticismo si muove sul terreno delle religioni, ma da un'esigenza del pensiero che potrebbe manifestarsi ed in effetti si manifesta anche in ambiti molto diversi, quando si toccano i cosiddetti problemi abissali.Perciò il mito è la presentazione concentrata di un problema irrisolvibile sotto forma di evento.

Nella mitologia gnostica, che di regola fa perno sul problema dell' origine del male, il racconto originario assume necessariamente un carattere drammatico perché ciò che ha istituito il male non è stata una scelta umana ma un evento catastrofico accaduto nella dimensione divina, di cui l'uomo subisce le conseguenze.Nel momento in cui il problema si traduce in un evento il ricorso al mythos è iscritto nella logica del pensiero gnostico.Nella letteratura gnostica l'origine del male viene spesso motivata con descrizioni mitologiche dell'incidente.In realtà il medesimo incidente originario può essere descritto con questa sorta di meccanismo metaforico astratto oppure anche con l' intervento di agenti personificati: ne è la prova il manicheismo, il quale parla indifferentemente sia della dispersione della sostanza luminosa ovvero dell' anima delle tenebre, sia dello sfortunato combattimento del Primo Inviato. E qua c'è un punto fondamentale, cioè la gnosi anche quando non è mitologica non per questo cessa di essere mitica.


2.La rivolta degli angeli.

Come mai esiste una virtualità e una disponibilità al male che è prima dell'uomo.

Nella Genesi il male è una trasgressione umana, in Enoc invece è piuttosto l'uomo la vittima del comportamento degli angeli e dei giganti. Successivamente, nei tardi sviluppi dell' apocalittica, emerge altresì la preoccupazione di mettere in relazione questo mito con la spiegazione propriamente biblica dell'origine del male.Ma il rimpasto dei materiali apocalittici da parte degli autori gnostici procede con tale autonomia da renderla irriconoscibile.La vera eredità del mito apocalittico della rivolta degli angeli nel pensiero gnostico va ravvisata non già nei passi che vi fanno più o meno riferimento, bensì nella materia originale cui il tema in sé è stato reinterpretato a prescindere dalla specifica concatenazione narrativa e dall' intenzionalità dottrinale che l' apocalittica gli conferiva.Lo gnosticismo sembra così tornare alla visione giudaica comune, dove gli angeli hanno una natura tendenzialmente maligna,ma qui il mito simoniaco trasformava il significato da diserzione che porta lontano da Dio ad aggressione nei confronti di Dio stesso.

Il tema dell' aggressione si presenta poi anche in un a forma sua propria, quando si parla della materia che tenta di afferrare o di trattenere prigioniera presso di sé la sostanza divina.Il Rapporto tra gnosticismo e apocalittica esiste, ed è di natura ermeneutica e dialettica. Ermeneutica perché alcune importanti correnti dell'area gnostica si sono appropriate del materiale culturale offerto dal giudaismo. Dialettico perché tale reinterpretazione ha invertito nel suo contrario il senso che tale materiale voleva veicolare, sicché non è tanto o primariamente la realtà umana, ma Dio stesso ad essere colpito dalla crisi che il mito della rivolta rappresenta.il movimento del concetto nel passaggio dall' apocalittica allo gnosticismo ha il suo elemento portante in ciò, che si tratta un passaggio nel negativo e non di uno sviluppo lineare ed automatico.






3.La caduta dell'uomo

Il tema della caduta di Adamo come conseguenza dei un'aggressione subita da latri nasce quindi da un mitologema di matrice giudaico-apocalittica in cui due esseri angelici e in questo senso due fratelli, Adamo e Satana, lottano per il predominio e quasi si potrebbe dire per la primogenitura.Il fatto è che la posizione del secondo Dio è intimamente contraddittoria, e perciò instabile.Egli deve fare bensì le funzioni di Dio senza pretendere di esserlo e mantenendo così la distanza; ma proprio per questo non può non ambire anche a diventarlo definitivamente.La contraddittorietà della situazione si esprime infine nel fatto che il secondo Dio, non potendo comunque mai diventare il primo, ottiene come unico risultato della sua ambizione d'esser degradato dalla sua dignità e di precipitare nell'abisso.Ecco allora che c'è qualcosa di conflittuale al fondo del rapporto con un Dio come quello della Bibbia e con esso soltanto. E' la stessa fede nella perfezione divina che cela nel suo intimo questa virtualità diabolica della rabbia e dell'invidia, ed è per questo che nella rappresentazione mitologica il satana ribelle può essere nient'altro che un alter ego dell'Adamo glorioso.Si capisce quant'era inquietante scoprire tali reconditi sentimenti nei recessi della coscienza del credente. L'orribile pensiero venne dunque epurato e sdrammatizzato trasferendo il conflitto esistente fra Dio e l'uomo, fra il Primo e il Secondo, a livello di quest'ultimo: ne derivò lo sdoppiamento del secondo Dio per cui la sua anima tenebrosa divenne personaggio a sé stante.

La mitologia gnostica eredita questa impostazione del tema della caduta dell'uomo.Due sono gli elementi costanti: 1) la distinzione fra l'uomo originario come essere divino e l'uomo come persona psicofisica (Adamo) e 2)l'idea che il passaggio dall'uno all'altro, e quindi la caduta, vada cmq attribuito ad agenti esterni.Di tutta questa problematica anche Mani costruì una sua versione: il motivo scatenante del dramma è anche qui l'aggressione delle potenze malefiche, a cui prima risponde il primo inviato perdendo e poi il secondo vincendo.In realtà, l'esito così poco trionfale della prima battaglia contro il male ha una sua funzione precisa nella visione manichea.




Infatti Dio, permettendo che la sua anima sia catturata dagli arconti inserisce la sua luce nel suo dominio, che man mano avanzandoli processo salvifico lo svuoterà dall' interno e ne provocherà la fine. In questa capolavoro dell' ambivalenza gnostica, dove all' inganno del male si sovrappone lo stratagemma del bene e il trionfo della morte si capovolge nel trionfo sulla morte, è difficile non vedere lo sviluppo geniale d'un tema cristiano: anche Gesù infatti mete in moto la vittoria della salvezza proprio mentre è in croce.

In definitiva due sono le interpretazioni fondamentali del mito della caduta dell' uomo: l'orgogliosa presunzione di farsi uguale all' Altissimo, da un lato, e la degenerazione nella sfera della sessualità, dall' altro. A che mira infatti l'Angelo che vuol mettersi al posto di Dio, se non a diventare, come Dio stesso è, la scaturigine ultima dell' essere, il principio della vita? E quale modo migliore di farlo se non assumendo il ruolo di potenza generatrice?


4.Il difetto della donna

La donna è un archetipo mitologico,una cifra e non individuo particolare, ma tuttavia nella logica del mito sono proprio le caratteristiche fisiologiche reali della natura femminile a prescrivere i possibili percorsi della metafora.Ne deriva che la donna è vista essenzialmente in termini genitali ( mestruazioni, disponibilità erotica,ecc..). Il difetto della donna non è una colpa morale, è un evento tragico che a differenza dell'uomo non suscita nella mentalità gnostica alcun senso di colpa. E forse proprio per il suo difetto che la donna è figura intimamente ambivalente: colei che è stata all' origine del male generando abortivamente le potenze cosmiche è al tempo stesso colei che ce ne libera. Così il mito della Donna diventa la perfetta espressione dell'ambivalenza dell' intermediario gnostico.Si capisce come gli gnostici abbiano potuto rilevare in questo misterioso nesso di erotismo e maternità, rappresentato dall'ambigua figura di Prunikos, la figura soggettiva del male del mondo ( l'ambivalenza).

La coppia divina gnostica riflette invece una tematica giudaica.Il secondo membro della copia non è quindi null'altro che la dimensione rivelativi e dinamica del primo e perciò ne può rappresentare anche il figlio e la figlia.



5.La vicenda si Sofia

Con l'introduzione di Sofia giunge a compimento la riflessione gnostica sull'incidente originario.Ora nei sistemi che si svilupparono dopo gli Gnostikoi di Ireneo la coppia divina genera soltanto una sequela articolata secondo criteri numerologici di esseri divini ( eoni), tutti a loro modo manifestazioni spirituali dell' Assoluto; uno dei quali è Sofia.

La mutevole identità di Sofia, la sua ambivalenza e il suo doloroso percorso dal difetto alla conversione, si esprime nel doppio nome:pistis - sofia.

In generale l'elemento erotico non è un aspetto centrale nel mito di Sofia.E' vero però che il suo difetto continua a essere visto in riferimento ad una situazione coniugale trasgredita.Molte teogonie setito-barbelite e soprattutto valentiniane presentano il problema del pleroma degli eoni come una progressiva articolazione di coppie nelle quali si riflette e si espande la potenza generativa della coppia divina primordiale.Il difetto di Sofia consiste sempre in un a rottura dell'ordine familiare. Non si tratta però di una trasgressione sessuale: l'epiteto di Prunikos è infatti solo un dato tradizionale che qui rimane inerte.Il suo non è tanto un adulterio quanto piuttosto una patogenesi, intesa quale superba ambizione di generare, ovvero di creare eoni per conto proprio. In entrambi i casi il contenuto speculativo del mito è che il soggetto non può pretendere di diventare l'Assoluto. E anche se Sofia è responsabile di una colpa gravissima tutte le varianti mitologiche sottolineano al tempo stesso anche la sua fondamentale bontà o innocenza.Il momento dell' innocenza consiste nel fatto che Sofia con la sua brama di sapere rende soltanto più esplicita una contraddizione interna alla realtà divina, poiché Dio non è ma appare nel suo pleroma, ed in esso vuole e deve essere riconosciuto. Questa medesima situazione si ribalta nel momento della consapevolezza nella misura in cui Sofia cerca il Padre come se egli fosse qualcosa da raggiungere; la consapevolezza speculativa, allora, non è se non lo stesso bisogno conoscitivo, cioè precisamente la gnosi. Entrato così nella contraddizione , il Spere ne esce negando se steso, accettando che Dio non può esser conosciuto altrimenti che nella sua rivelazione e solo così si realizza nel suo contrario come vera gnosi, come pistis.



CAP 2 LA NATURA E LE SUE POTENZE



1.Origine e forme del "Dio minore" gnostico

La gnosi dello gnosticismo antico è in primo luogo un progetto di conoscenza dell'Assoluto e della pienezza d'essere( pleroma) nella quale si realizza e si rivela.

Per gli gnostici il mondo malvagio esiste.Allora questa negatività mondana sarà positiva e ciò in un duplice senso: quello di una forza negativa, e quello della sua disposizione,una volta posta, ad esser tolta.Inoltre per esprimere la negatività del mondo si ricorre all' ostilità reciproca che regna nell'ambito degli esseri angelici.si ripresenta pertanto anche nella speculazione gnostica quella certa indistinzione fra Dio e i suoi angeli o fra Dio e le sue potenze che trapelavano nella teologia giudaica, sicché il dio minore può comparire come singolo o come complesso dei sette angeli.

Il punto decisivo dell' origine è la nascita del personaggio, derivato della generazione divina e pertanto incaricato a arconte dell'universo e dopo la sua degenerazione con le sue pretese.

In un secondo momento ( valentiniani e Ireneo) la nascita dell' arconte non è anteriore all' incidente degenerativo ma ne costituisce invece la conseguenza, nel senso che è lo stesso difetto della Donna a metterlo al mondo completamente in contrasto con una normale sequela genealogica.


2.Il concetto di creazione e la mescolanza cosmogonia

L'idea di base è che questi angeli istituiscono la loro sfera di dominio e in un certo senso la costruiscono.Talvolta le fonti non parlano neppure d'una creazione in senso fisico del cielo e della terra ma descrivono un atto simbolico, per cui ogni arconte genera gli angeli di servizio alla sua corte a imitazione della corte divina dove Dio risiede.Il "facere" delle potenze cosmiche è dunque solo un altro modo per significare il "regere".






3.L'esito antropologico della cosmogonia nel mito manicheo

Il concetto di creazione in Mani ha una scarsa importanza. L'origine del mondo deriva infatti non da un atto creativo ma da una mescolanza di realtà opposte, e proprio per questo esso non rappresenta l'avversario del divino( Mani lo riprese probabilmente dai Setiani).Egli infatti respinse qualunque idea di "materia risvegliata" o di sposalizio favorito da altri agenti: secondo lui infatti l'iniziativa della mescolanza non parte dall'alto ma dal basso, cioè dalla progressiva aggressione delle tenebre.

Di qui Mani inserì l'"incidente", e cioè la caduta dell' Uomo Primordiale:è in questa fase che si verifica la commistione della sostanza di Luce con quella della tenebre.Poi c'è la controffensiva con il secondo inviato, "Spirito Vivente" che libera il fratello, ma non anche il "figli" dell'Uomo.Lo spirito crea allora le condizioni per una progressiva separazione della sostanza di luce da quella delle tenebre, e cioè l'esistenza d'un mondo.Questo mondo nella visione manichea non è altro che una macchina regolata con perfetta efficienza per estrarre la sostanza di luce dell'Anima dalla grana tenebrosa nella quale si trovava imprigionata e per ridurre quest'ultima ad un concentrato inerte.La cosmologia manichea è elaborata con un forte senso di sistematicità e con la ragionevole pretesa di offrire una spiegazione scientifica dell' universo.La grande fabbrica cosmica tuttavia no funziona soltanto in questa maniera fisicamente oggettiva, e ben presto il pensiero manicheo fa emergere il ruolo decisivo della soggettività, con l'avvento del Terzo Inviato.in tal modo la luce, pur sottratta agli arconti, continua a restare prigioniera sotto altra forma nel ciclo della natura( mondo e gli uomini). E anche se l'uomo non viene visto completamente in negativo da Mani.Poiché però il mondo è un realtà dialettica e non solo negativa, la persona umana riflette in miniatura l'apparato cosmico in entrambi i suoi aspetti.Per questo lo svuotamento, cioè la distruzione della natura arcontica avviene dunque impiegando le sue funzioni: è un'autodistruzione o in latri termini una distruzione riflessa che ha luogo in e mediante il soggetto.






4.La natura come dissipazione e autodistruzione

La creazione nel pensiero gnostico non è dunque un produttivo conferimento d'essere al diverso ma piuttosto un far apparire, espandendolo, il medesimo.Tuttavia il cosmo creato dal Demiurgo non è precisamente il negativo : è un negativo dialettico e misto, nel quale il positivo è comunque presente, perché è imprigionato in esso.

Qui però si presenta un'aporia dal pdv filosofico.Infatti se il mondo costruito sulle tenebre è un nulla, perché mai ricorre spesso e spesso viene descritto e se ne parla? Il fatto di impiegare il linguaggio del mito evita l'equivoco di una impostazione astratta dell' antitesi tra essere e non essere.Infatti il mito gnostico pensa l'essere e il non-essere non come categorie formali ma come figure, come forze, e la loro contrapposizione non è statica ma dinamica. Se l'essere infatti è neuma e dynamis, spirito di vita e potenza generativa, il non essere è il suo contrario speculare e capovolto. L'antitesi logica viene rigorosamente mantenuta, proprio perché non si conclude con l'eliminazione di uno dei due sistemi.

Il mondo della natura per gli gnostici è la perfetta espressione del nulla attivo in quanto potenza del male. Essa infatti sotto l'ingannevole apparenza dell'essere persegue lo scopo di mantenere e incrementare il non-essere.Questa analisi gnostica del vero volto mostruoso ricorda Nietzche e fa leva su due meccanismi: cibo e sesso.Tra i due c'è una stretta correlazione: nutrirsi e copulare sono infatti due manifestazioni complementari dello stato di debolezza dell'uomo. Alla base di tutto ciò c'è sempre l'elemento di illusorietà e contraffazione che caratterizza la natura in quanto nulla attivo.

Questa tematica è ancora più centrale nel manicheismo.Di qui il doppio aspetto della visione manichea della natura, che del resto corrisponde alla struttura complessa di questa, mescolanza fra luce e tenebre.Per altro verso, però, se la natura mostra il suo lato arcontico nell'aggressività che caratterizza il comportamento degli esseri viventi, nella loro bramosia di cibo e sesso, il manicheo può considerarla nondimeno come l'aspetto visibile della sostanza divina mescolata nel cosmo. Comunque per tutte queste forme di gnosticismo il mondo della vita naturale basta sul desiderio è in quanto tale null'altro che un nulla attivo da cui non può prodursi se non dissipazione e distruzione.



PARTE TERZA


"La secolarizzazione gnostica"



CAP 1 ANTROPOLOGIA ED ESCATOLOGIA


1.L'enigma della soggettività

La vera enigmaticità del soggetto consiste in questo movimento della riflessione che fa il Sé stesso e non tanto nell'"io" o nel cogito. Se consideriamo la riflessione gnostica sul tema dell'"anima" vediamo delinearsi un movimento del pensiero che dopo esser partito da una nozione della soggettività nella sua generale impostazione platonica, luogo comune di tutta la cultura filosofico-religiosa ellenistica, la reinterpreta e la riformula in maniera nuova, giungendo per una lato alla sua dissoluzione, per una altro a un decisivo approfondimento del significato del soggetto inteso non già come mero essere ma come circolo del ritorno a Sé.

A differenza dei greci, per gli gnostici l'incarnazione dell' anima è un evento assolutamente negativo che essa ha subito e non ha pertanto alcuna funzione salvifica.Particolarmente significativo è il fatto che nella visione gnostica l'anima non sia in quanto tale un componente forte della natura umana.Dal pdv gnostico c'è una riserva di fondo rispetto la discorso di Platone che noi siamo la nostra anima.Quella che a noi sembra essere autocoscienza è soltanto l'espressione di una condizione alienata, mentre la vera consapevolezza di sé rimane nascosta.


2.Rappresentazioni gnostiche del soggetto

Per quanto riguarda le rappresentazioni del soggetto, i testi di norma ripropongono una tripartizione corpo- anima- spirito che però è di tipo ebraico e non platonico.




Tuttavia, in quanto si trattava di atteggiamenti esistenziali, di modi dell' interiorità, il discorso gnostico si presentava esteriormente anche come rientrante nella problematica ellenistica dell'"anima" come della protagonista del processo salvifico, quantunque a rigore la salvezza dovrebbe essere appannaggio esclusivo dello neuma e non della psiche .Se il significato ultimo dell' antropologia gnostica è dunque che noi uomini siamo o possiamo essere molte cose, fra tutte queste molteplici animi, dove sta il Sé? Naturalmente in ognuna delle tre forme di esistenza c'è un soggetto che agisce e si autocomprende nel suo comportamento, però dal pdv gnostico l'autocomprensione è sempre qualcosa di distorto, perché il nostro Sé rimane perennemente al di là di noi come l'altro.

E' dalla letteratura manichea dell' Asia centrale che possiamo apprendere un'interessante soluzione del problema.Chiamando ghian l'anima vista oggettivamente come sostanza divina, e griv come Sé stesso.Tuttavia il griv è l'anima (ghian) non solo come sostanza ma anche come soggetto: è l'occhio dell' anima, la sua guida, la sua essenza.Infine il griv non solo come vita, ma il vivente, il principio del nostro esistere come soggetti e quindi veramente un Sé.

Alcuni pensatori gnostici affrontarono il problema del soggetto in termini di anima e di figure come Uomo e Adamo. Questo è la metafora[i] del Sé perché la luce è il luogo è l'autoposizione nel proprio luogo; ma è metafora di dio in quanto Dio costituisce appunto per gli gnostici l'assoluto soggetto , l'autogenerato che è colui che è: in tal senso la luce non è una creatura di Dio bensì Dio stesso è luce. Da qui si potrebbe dire che l'uomo, la cui essenza è la luce, sempre e comunque appare: ma c'è un apparire falso e un apparire vero. E poiché l'anima rappresenta tale ambivalenza del soggetto, essa non è - a differenza del Sé - il luogo dell' autocoincidenza nel quale si può rimanere appagati, il luogo del riposo, ma piuttosto la sede del conflitto e della contraddizione.


3.L'anima prigioniera

Gli gnostici assumono l'immagine dell' anima come pasta sulla base della loro visione della natura che non è mai un ordine stabile delle cose bensì piuttosto un meccanismo perverso di dissipazione.



Questa trasformazione del tema platonico per cui l'anima intesa come sostanza non è la struttura formale del cosmo bensì l'energia della vita alienata nella natura che le potenze cosmiche dissipano per alimentarsi e potenziarsi conduce ad un esito assolutamente inconcepibile per il platonismo, e cioè alla coincidenza tra vicenda dell' anima e la vicenda mitica dell' incidente, del dramma divino. Così il dramma divino della caduta e della prigionia del figlio o altri costituiscono l'immagine, lo schema di riferimento eterno dello stato di perdutezza in cui l'anima versa; ma poiché l'anima o la vita è pur sempre anche vita dell' uomo,allora l'esperienza angosciosa che noi abbiamo è contemporaneamente immagine.In tale reciproco rapporto di immagine fra divino e l'umano consiste il perno di ciò che chiameremo la secolarizzazione gnostica.Anche qui si delinea un movimento del concetto che passa da forme più estrinseche ed estranee ad altre che scandagliano più a fondo la complessità dell'evento e la sua motivazione interna.Ma la spiegazione più diffusa in ambito gnostico è senz'altro quella che attribuisce all'anima una deliberata e colpevole, quantunque sotto certi aspetti anche ambigua, volontà di scendere nel mondo.( vd errore della donna).


4.Il destino e la reincarnazione

Nessuna meraviglia se anche gli gnostici assorbirono in pieno non solo le credenze, ma anche le dottrine e le pratiche dell' astrologia ellenistica.Nel manicheismo i cinque pianeti e le costellazioni vengono direttamente identificati con gli arconti imprigionati alla superficie interna della sfera celeste dal Secondo Inviato; da questa sfera nondimeno essi continuano ad esercitare un'influenza cosmica oggetto per i manichei di ricerche approfondite.

Il destino determina non soltanto le vicende dell'anima all'interno di una singola esistenza corporea ma anche le ulteriori esistenze che dovranno toccarle mantenendola prigioniera per sempre nella dimensione naturale.

Nello gnosticismo la dottrina della reincarnazione ha essenzialmente lo scopo di istituire un raccordo fra la vicenda della divinità sofferente imprigionata e violentata dalle forze del male e la situazione parimenti di schiavitù e di sofferenza in cui l'anima viene a trovarsi nel mondo della natura.


Questi non sono infatti se non due modi, mitico l'uno ed esistenziale l'altro, per esprimere la medesima esperienza negativa: e in questo senso il Dio e l'anima sono detti della stessa sostanza.Anche Mani affronta il problema nel quadro della differenziazione fondamentale tra gli uomini a seconda del loro aderire o meno al messaggio di salvezza: da una parte gli eletti e dall'altra tutto il resto del mondo. Con l'espandersi della predicazione e l'afflusso di nuovi adepti si pose il problema di uno stato intermedio come quello dei fedeli laici.Con questa discussione sui catecumeni, il manicheismo innesca una svolta dialettica al concetto di reincarnazione.Esso infatti non è più soltanto il meccanismo perverso di nascita-morte-rinascita, ma anche uno strumento di purificazione e elevazione.



CAP 2 LA SALVEZZA COME RITORNO A SE'


1.L'ascesa dell'anima

La divorante esigenza di travalicare la finitezza della morte e di raggiungere la vita eterna è centrale in tutte le forme dello gnosticismo. Ben integrata con tutto l'ambiente dell' impero la letteratura gnostica ha ripreso il tema della salvezza dell'anima introducendovi però una sua caratteristica peculiare, cioè la connotazione negativa, ostile e minacciosa delle potenze cosmiche e astrali delle quali l'anima deve attraversare i rispettivi dominii nel corso del suo viaggio celeste.( vd tradizione giudaica). Siccome le figure delle potenze e degli arconti derivavano da quelle degli angeli dell'apocalittica ,la risalita lungo le sfere governate da questi si traduceva in una serie di giudizi a cui l'anima veniva sottoposta.Però si noti che non sempre ciò poteva essere attribuito ad una loro purezza o innocenza intesa in termini morali: molte volte il possesso della gnosi è più che altro uno strumento puramente tecnico, quasi un pass che rende superflui i controlli.

Lo gnosticismo ereditò la contaminazione già in atto fra scesa dell'anima e viaggio dell' Eletto sviluppandone in particolare la tendenza verso un' escatologia realizzata, cioè l'idea che il passaggio dal mondo inferiore al mondo superiore può avvenire anche prima mediante ascesi.

Ora in base all'ontologia gnostica dell' immagine il sapere è essere, e per questo conoscere Dio significa "conoscere Dio".L'Uno non appare dunque come oggetto del sapere e non è il risultato di un'attività della coscienza: eppure traspare come sfondo della coscienza nel momento in cui essa si riduca ad uno stato di assoluta passività.Tutto questo perché in tal modo la coscienza sospendendo ogni agire rimane sola con se stessa, cioè sprofonda nel suo Sé.

Per i valentiniani l'uomo non si riduce a un sistema di scatole cinesi perché le due anime pur poste l'una dentro l'altra costituiscono sempre volta per volta un tutto e non delle parti. Ciò significa che l'uomo in quanto tale (il soggetto) diventa uomo terreno, materiale, non perché sia privo della sostanza o dell'elemento psichico ma perché aderisce interamente alla sostanza o all'elemento ilico del suo essere, e analogamente l'uomo psichico si pone tutto nell'elemento psichico- morale assumendo come accessoria e trascurabile la parte ilico. Ma se per salvarsi bisogna che l'elemento ilico si dissolva e che l'anima psichica venga messa via , cos'è la salvezza se non la distruzione del soggetto? Eppure sembra che precisamente alienando la propria soggettività personale l'uomo finisce per attingere al proprio Sé: ecco il significato della metafora valentiniana del matrimonio con l'angelo.La riflessione valentiniana arriva così ad una riflessione a un risultato assai simile a quella dei trattati Allogene e Zostriano. L'anima si salva non quando appartiene a sé come anima, nella falsa identificazione mondana, ma quando appartiene al regno della vita da cui originariamente deriva; è con questo che si identifica quando conosce sé medesima. Anche nel manicheismo ritroviamo lo stesso pensiero.


2.La predestinazione

Il pensiero gnostico tende a colmare la carenza di significato della oggettività individuale assegnandole un fondamento oggettivo, sotto forma di un piano divino onnicomprensivo e precostituivo nel quale si inserisce il processo salvifico delle singole anime.Che cosa Dio conosca e come agisca resterà per noi un mistero, però essendo il vero Creatore il suo sapere equivale al suo volere e quindi oggetto della sua prescienza è comunque la totalità della vicenda cosmica.




La prescienza divina implica il tempo, ma questo tempo non è un proprietà di dio in se stesso bensì lo spazio aperto dalla sua decisione creativa, cioè il processo salvifico.In quanto oggettività, lo spazio-tempo soteriologico è qualcosa di quantificabile e di misurabile, e nel linguaggio gnostico si dice che il mondo ha un termine preciso e stabilito per la sua esistenza, corrispondente al numero delle anime che devono essere slavate. La salvezza del singolo ha un valore religioso proprio nella misura in cui la ricerca si iscrive in un piano superiore: a maggior ragione se salvarsi vuol dire ritrovare il proprio Sé eterno, il quale già da sempre preesisteva nella prescienza di Dio, quindi il slavato è un predestinato.Tuttavia lo gnostico persegue in piena libertà la sua ricerca dell'Assoluto sottraendosi a tutti i condizionamenti della natura e della tradizione, però il suo conoscere Dio corrisponde ad un suo esser conosciuto da Dio.La predestinazione gnostica non è semplicemente una tesi in favore del servo arbitrio, bensì l'idea della fondamentale coincidenza di autorelazione e eterorelazione.

Il punto nodale però è questo.Si può davvero pensare che a tutti gli esseri umani sia stato donato anche l'elemento pneumatico e basta quindi valorizzarlo o decidersi per esso? Fin dall'inizio gli uomini non sono uguali: per alcuni la salvezza è già scritta, altri invece non hanno alcuna possibilità di uscire dal mondo di cui sono espressione .E questa concezione della divisione in due dell'umanità è uno dei pilastri fondanti del pensiero gnostico. Esiste allora nella visione gnostica una doppia predestinazione, fondata rigorosamente su una doppia genealogia, per cui la salvezza è naturale per alcuni in virtù del medesimo principio che rende naturale la perdizione per altri.Sta qui il carattere fondamentale della predestinazione gnostica: non tanto nel garantire la salvezza ad alcuni e nell'escluderla ad latri; ma nel concepire questa salvezza a vari livelli corrispondenti al diverso grado gerarchico che agli esseri è conferito dalla loro natura.

L'idea gnostica di predestinazione ha però un secondo aspetto molto interessante. Essa non determina soltanto, in base al piano delle prescienza divina, le modalità della salvezza che alle anime è assegnata secondo la loro natura, ma anche il fatto che ognuna spontaneamente si accontenterà della posizione escatologica da essa raggiunta senza avvertire in nessun modo l'ambizione a passare ad una posizione diversa o superiore.


In altre parole, la predestinazione non si manifesta solo nell' ordine oggettivo, ma anche nell'apprensione soggettivo che essi stessi ne hanno, per cui ciascuno sentirà davvero come proprio nel quale è comunque predestinato a rimanere.

Un discorso a parte merita il manicheismo.Qui la situazione è diversa perché la salvezza non riguarda elusivamente gli uomini ma l'insieme della sostanza luminosa dell'anima mescolata in tutti gli esseri della natura e che può venir reintegrata nel mondo divino senza assumere forma umana.Non esiste dunque nel manicheismo alcuna predestinazione !!!! Il manicheismo presenta in una maniera tutta sua alcuni elementi predestizionistici che lo apparentano ad altre sette gnostiche. In teoria tutta la sostanza luminosa dovrebbe essere recuperata attraverso la macchina cosmica e anche l'uomo partecipa con l'osservazione dei precetti. Ma la presenza della materia e l'azione distruttiva dei demoni rappresenta un' ostacolo molto duro.Da questo pdv si comprende come il manicheismo considerasse il peccato piuttosto quale effetto di una costrizione subita da parte delle tenebre e fosse quindi disposto ad un'estrema indulgenza verso coloro che si accostavano alla comunità, cosa che i padri della chiesa accusavano di sottovalutazione del libero arbitrio.

L'idea di una predestinazione negativa ( di qualche luce che non si salverà), si collega alla figura manichea del "grumo" nel quale la materia restante, una volta compiuto il salvataggio della luce, verrà appallottolata e poi gettata via.Per quanto riguarda la predestinazione positiva, sembra essere una conseguenza implicita nel fatto che eletti e catecumeni corrispondono ad una propria immagine- modello: ciò significa che il modello eterno della chiesa manichea con tutti i suoi componenti esiste già da sempre in paradiso. Si conferma così l'idea gnostica della predestinazione, secondo cui la salvezza non è il risultato dell' opera dell'uomo ma consiste nel ripristino di una situazione originaria.








3.Il Salvatore

L'ascesa dell'anima e la predestinazione rappresentano i due lati dialettici del concetto gnostico di salvezza e sono in netto contrasto. La soluzione del problema consisterà nel porre come cerniera e come perno del processo salvifico l'intervento di una figura mediatrice sotto forma di Salvatore.Vi sono diverse rappresentazione del Salvatore, ma principalmente:

Un salvatore pensato come semplice portatore di gnosi

Un salvatore che invece scende nel mondo per liberare le anime.

Tuttavia spesso le rappresentazioni del salvatore mescolano elementi di entrambi.

La prima rappresentazione del salvatore è di chiara matrice giudaica e, mentre in questa prima variante lo schema di base è quello dell'uomo che si eleva al rango divino per tramite della rivelazione, nella seconda c'è invece l'idea di un essere già divino che scende a livello umano per liberare le anime e riportarle indietro con sé ( il 2° vd cristianesimo).

C'è anche una tendenza all'astrazione che emerge chiaramente dal modo in cui la maggior parte dei testi gnostici descrive la discesa del personaggio. L'idea cristiana antica che l'immagine di Dio si è umiliata nell'apparire in forma di servo, viene distorta in ogni documento gnostico nel senso che il Salvatore si è assimilato alle potenze inferiori ed ha assunto falsamente il loro aspetto proprio per non farsi riconoscere. Siccome qui è l'inafferrabilità del Salvatore a costituire il perno logico della rappresentazione, ne risulta che essa è in linea di principio incompatibile con la presenza del negativo nella sua avventura mondana.Oppure nel manicheismo la sofferenza divina viene anche affermata ma nell'astratta generalità della sofferenza di tutti gli esseri viventi, mentre la persona di Cristo non ne è che la maschera; l'esito a cui si vuol arrivare è dunque piuttosto questo, che sono gli arconti ad esser stati umiliati e annientati.

Una maggiore potenzialità dialettica della soteriologia gnostica forse da un altro aspetto della questione e cioè dal fatto che il Salvatore divino disceso nel mondo è pur sempre un personaggio nel quale l'uomo può identificarsi.Il Salvatore, dunque, appare in tante forme perché si conforma a colori ai quali la sua apparizione deve servire.




Non è un uomo determinato perché ogni uomo, in lui, deve ritrovare se stesso.Il rapporto salvifico con Cristo è sì un mistero ma in senso serio: significa cioè che devo fare uno sforzo immane per penetrare nell'enigma che questo redentore rappresenta, e che poi è l'enigma celato nel mio fondo.Egli infatti non l'altro qualsiasi, ma l'altro che porto al fondo di me stesso.

E' chiaro dunque in che cosa consisteva l'enigma irripetibile al di fuori della cerchia degli iniziati: l'identificazione profonda tra il Salvatore e colui che doveva esser salvato.Ma ciò significa l'immedesimazione del soggetto nella propria soggettività, per cui io incontrando Dio mi ritrovo ovvero mi raccolgo in me stesso, non più disperso in altro, cioè mi slavo dalla dissoluzione delle cose ritornando al mio proprio luogo d'origine.

Tuttavia il fatto che l'identità di Salvatore e salvato abbai raggiunto solo nel sistema manicheo una rappresentazione ben coerente, non deve essere dunque per noi la cosa più rilevante.Il vero significato invece è solo logico: il Salvatore come medio nel quale l'umano e il divino si incontrano, poiché Dio, sotto forma di Redentore, recupera nell'uomo ciò che gli è proprio, e l'uomo, nella divinità a lui rivelatasi nel Salvatore, ritorna finalmente a Se stesso. Nel salvatore troviamo perciò compiuta al massimo livello la funzione mediatrice di un "secondo Dio". Egli costituisce infatti il medio fra due rappresentazioni altrettanto astratte della soteriologia, nonché fra due opposte semplificazioni: è astratto pensare alla salvezza come risultato di un' autoredenzione operata dal singolo ed è astratto accettarla passivamente come qualcosa di predestinato.



CAP 3 LO STILE GNOSTICO DI VITA


1.Immedesimazione di mito e esistenza

La secolarizzazione concepita dal pensiero gnostico si compie anzitutto in tale immedesimazione di mito e esistenza.

Anche in questo caso il manicheismo ce lo spiega meglio: la letteratura manichea insiste continuamente sul fatto che il credente deve interiorizzare il racconto mitico del dramma divino.Infatti quello che nel decorso narrativo del mito appare per ultimo è nella realtà vissuta il primo, ed essa va già compreso nel piano degli eventi mitici perché è appunto l'esistenza che il mito deve interpretare. Così i due piani, quello mitologico e quello esistenziale, si immedesimano l'uno nell'altro.

La secolarizzazione gnostica- un secolarizzazione che avviene non a prescindere dal mito ma mediante esso- consiste in questo fatto che ogni anima è l'Anima divina, ne è l'immagine sul piano dell'esistenza, il luogo in cui il mito si automanifesta e si fa esperienza vissuta di dolore e di salvezza.

Da questa posizione di smisurata lontananza, di totale estremità estraneità e disinteresse verso ciò che lo circonda nella natura e nella sfera dei rapporti umani, lo gnostico riconosce immediatamente l'infinita meschinità della vita.Lo gnostico infatti vive miticamente il mondo, e questo spiega taluni suoi aspetti prima vista infantili.Questo stile di fondamentale chiusura non è frutto di superbia, bensì di una consapevolezza amara e rassegnata dell'incomunicabilità che domina i normali rapporti umani.Lo gnostico non esibisce volentieri le su e idee più specifiche al di fuori della cerchia .Farlo con gli estranei non avrebbe alcun costrutto, anzi sarebbe controproducente perché lo obbligherebbe a misurarsi con una logica completamente diversa dalla sua finendo prigioniero dell' equivoco ed esposto all'astiosità.

L'atteggiamento gnostico verso la morte è ispirato a questo principio profondamente pessimistico che, pur consistendo la salvezza nella conoscenza è impossibile da realizzarsi se non attraverso un salto, l'evento drammatico ma risolutivo di una negazione che capovolge il negativo in positivo.



2.La morale e la società

L'assetto della società è figlio del mondo falso e transitorio e così come la morale non ha valore per uno gnostico. Anche se ci sono numerose testimonianze di un interessamento per questioni morali da parte di gruppi gnostici.Fra i gruppi gnostici è senz'altro il manicheismo quello che ha spinto al massimo la tendenza ad assimilare motivi ed espressioni moralistiche.Naturalmente questo poteva anche comparire al livello essoterico della predicazione, ma allora siamo di fronte ancora al mimetismo.

Ad esempio l'applicazione del pensiero gnostico sul paino della prassi produce due forme di comportamento in apparenza opposte: l'ascetismo e il libertinismo. L'ascetismo era un fenomeno essenzialmente antisociale e anche di natura extramorale, in quanto non ha alcuna implicazione con qualcuno o contro qualcuno.Nel caso specifico dei gruppi gnostici praticanti l'ascetismo viene alla luce molto la funzione antinomistica che essi gli attribuivano, quella cioè di agire contro il principio regolativi della vita umana in questo mondo che nella terminologia ebraica è la Legge. Molto interessante il fatto che in molta letteratura gnostica il matrimonio e i bambini siano oggetto di una sublimazione simbolica, spesso anche da parte di quegli stessi gruppi ( come i manichei) che per entrambe queste realtà della vita manifestavano la più grande esecrazione.La possibilità di ritrovare nella vita sessuale anche un significato simbolico spiega il passaggio dall'ascetismo al libertinismo.Infatti mentre sviluppavano il contenuto nascosto di una nozione ebraica in direzione contraria a quella dell'ebraismo stesso, gli gnostici libertini realizzavano altresì, a modo loro, il medesimo obiettivo che si ponevano gli gnostici ascetici: la liberazione dell'anima dal corpo, ovvero la distruzione delle opere della donna.

Fra ai due stremi del l'ascetismo e del libertinismo il pensiero gnostico raramente ha teorizzato una posizione intermedia di maggiore equilibrio.Forse qualcosa del genere faceva Valentino. Tuttavia c'è da notare che in queste problematiche che il punto di vista gnostico non può dar luogo a una visione etica sopratutto perché si pone al di fuori del mondo e quindi al di fuori dei criteri di orientamento morale.




E anche se non vuole partecipare alla società è comunque costretto a tenere un atteggiamento di personaggio da fuori e comunque attento.



3.La secolarizzazione imperfetta dello gnosticismo

Gli gnostici si sentono in dovere di impegnarsi come campioni dell'umanità sofferente in una battaglia contro Dio e di essere implacabili contestatori della sua tirannide.Lo gnostico non sa che farsene di queste rappresentazioni della filosofia e della religione, perché esse ci offrono un modello di divinità essenzialmente estraneo ai nostri problemi, alle nostre esigenze, a cui non possiamo identificarci.

Lo stile gnostico dell'esperienza religiosa ha un aspetto che potremmo definire solipsistico in quanto non si configura né come una relazione orizzontale con il prossimo, né verticale con l'Ente. L'unico Dio che egli disposto a riconoscere è quello in cui può ritrovare se stesso, quello che è o che si è fatto come lui.Il modello gnostico di divinità è dunque il Salvatore e partire da ciò, più in generale, il mondo divino trascendente dal quale questo Salvatore è espressione e dove lo gnostico si attende di ritornare perché da sempre vi appartiene. Qui sta il fondamentale elemento cristiano dello gnosticismo.Quando perciò lo gnostico pretende di diventare Dio, il concetto messo in evidenza è l'analogia fra l'evento di cui è protagonista il Dio sul paino e quello di cui è protagonista l'uomo sul piano dell'esistenza. Così il medesimo schema si rincorre all'interno del racconto e si riflette dal mito dell'esistenza e viceversa:è questo che abbiamo chiamato la secolarizzazione gnostica, dove tuttavia occorre precisare che, a differenza di come il termine è inteso nella cultura contemporanea, essa non esclude il mito ma al contrario lo implica e lo promuove, cioè non rappresenta una demitizzazione ma a uso modo una ri-mitizazzione. Alla luce di questo è chiaro che il cuore del mito gnostico è sempre l'identità dell'uomo in quanto identità di differenti, dell'umano e del divino, entrambi essendo l'uno l'immagine dell'altro.

Il pensiero gnostico è un pensiero religioso non solo perché si occupa delle religioni ma perché ha una sua propria e peculiare religiosità che si potrebbe chiamare religiosità del Sé.




Tuttavia, sono del parere che quella gnostica rimane una secolarizzazione imperfetta.Il superamento dell'aporia della lontananza di Dio attraverso il tema dell'immagine e la risoluzione della trascendenza astratta di un Essere supremo convengono portati avanti con la sequenzialità che sarebbe stata necessaria: non si arriva infatti all'idea di una morte di Dio nell'uomo,nel senso che il Dio non assume la condizione umana in quel che essa ha di più essenziale,la finitezza, e fino in fondo ,fino alla morte.Il persistente pregiudizio docetistico mostra che il pensiero gnostico non è giunto a consumare l'ultimo residuo di un razionalismo astratto, incapace di accettare la realtà e la funzione dialettica del negativo.











Privacy




Articolo informazione


Hits: 4321
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024