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Analisi del sonetto di Ugo Foscolo: "IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI"

poesia



Analisi del sonetto di Ugo Foscolo:

"IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI"


Sonetto tutto incentrato sul tema degli affetti familiari e su quello dell'avversità della fortuna; è pervaso da una rassegnata protesta contro la propria sorte. È l'unico dei suoi sonetti che il  Foscolo inserì nei "Vestigi della Storia del Sonetto italiano"; ed è non poca lode.



Un di, s'io non andrò sempre fuggendo

di gente in gente, mi vedrai seduto



su la pietra, o fratel mio, gemendo

il fior de' tuoi gentili anni caduto.


La madre or sol, suo dì tardo traendo,

parla di me col tuo cenere muto:

ma io deluse a voi le palme tendo;

e se da lunghe i miei tetti saluto,


sento gli avversi Numi, e le secrete

cure che al viver tuo furon tempesta,

e prego anch'io nel tuo porto quïete.


Questo di tanta speme oggi mi resta!

Straniere genti, l'ossa mia rendete

allora al petto della madre mesta



ANALISI DEL SONETTO


Il sonetto, "In morte al fratello Giovanni", fu scritto nel 1802 e fu dedicato alla memoria del fratello Giovanni Dionigi, tenente dell'esercito cisalpino, che in un momento di sconforto e di amarezza si suicidò, l'8 dicembre 1801, per debiti di gioco all'età di vent'anni.



L'inizio richiama alla memoria un famoso carme di Catullo pure dedicato a un fratello morto lontano: "Multas per gentes et multa per aequora vectus". Ma in realtà la lirica esprime motivi tipicamente foscoliani: la lontananza dalla patria e il perenne senso di esilio, la vita sentita come travaglio e la morte come porto di pace, il sepolcro che perpetua ai vivi la memoria di chi è morto. Campeggiano nel sonetto le figure dei due fratelli, e soprattutto quella dolorosa della madre.

Nel sonetto vi è l'opposizione di due motivi fondamentali: l'esilio e la tomba, elementi tipicamente foscoliani. Il tema dell'esilio si carica di valori simbolici, che vanno al di la del valore letterale della condizione bibliografica del poeta lontano da Venezia, che sta a rappresentare una condizione di sradicamento, di precarietà, che è storia ed essenziale insieme. Esso richiama la figura eroica che il Foscolo ama costruire di se, quella dell'eroe infelice e sventurato a cui il momento storico negativo non consente di avere una patria, di trovare un tessuto politico sociale in cui inserirsi, e neppure un nucleo familiare in cui trovare sicurezza e conforto. La situazione storica si proietta nell'immagine mitologica degli "avversi numi" che perseguitano l'eroe: si presenta cioè simbolicamente come un potere arcano, contro cui è vano lottare, e dinanzi a cui l'eroe, nonostante i suoi slanci generosi, è necessariamente sconfitto. In opposizione a questa condizione di sradicamento si colloca il motivo della tomba il poeta spera di ricongiungere il legame affettivo col fratello, con la cenere del figlio morto la madre parla del figlio lontano. Nella condizione precaria dell'esule, del senza patria, il ricongiungimento con la madre e con la terra natale è l'unico punto fermo, l'unica certezza confortante che può vincere l'inquietudine angosciosa. Ma è un approdo che risulta impossibile. Il polo degli affetti familiari non riesce ad avere il sopravvento su quello dell'esilio.

Nelle prime tre strofe si presenta una struttura chiusa e circolare. All'inizio e alla fine della sequenza poetica si colloca il tema dell'esilio che al suo interno racchiude il motivo del ricongiungimento familiare, annullandolo. Il sonetto, giunto alla terza strofa, rappresenta una situazione bloccata, di sconfitta che appare definitiva ed insuperabile. Quindi l'unica soluzione che si presenta è il rifugio nella morte. Il motivo di morte come unica ancora di salvezza per arrivare alla pace è la stessa conclusione che si può trovare nel sonetto "Alla sera". In effetti il concetto di morte uguale a pace è espresso con la parola chiave " quïete" che è anche collocato in posizione di estremo rilievo infatti è situato alla fine del verso e lontano dal verbo. Però rompendo la struttura chiusa, circolare, delle prime tre strofe, l'ultima ripropone il ricongiungimento col nucleo familiare che sembrava impossibile. Ed è proprio la morte a riaffermarlo: la morte non è annullamento totale, " nulla è eterno", ma, essendo "lacrimata", consente un legame con la vita. Il ritorno impossibile nella vita si attua nella morte, cioè nell'illusione, perché la restituzione delle ossa consente un'illusione di un ritorno al petto della madre. Il sonetto ripropone quell'immagine positiva della morte, come unica illusione di sopravvivenza, che era presente nell'"Ortis" e che tornerà al centro dei "Sepolcri", insieme con l'identificazione mitica della tomba, della terra materna e della figura della madre.

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