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Intro
Da sempre gli uomini si interessano ai problemi del significato, ma è dalla pubblicazione nel 1897 del libro di Michel Bréal, Essai de sémantique, che si è affermata la necessità di uno studio linguistico della semantica, questo perché il problema del significato, ancor prima di essere trattato da discipline quali la filosofia e la psicologia, è un problema legato allo studio delle lingue.
Da pochi anni è in corso una svolta nel modo di studiare i problemi della significazione, lo studio della semantica ha preso, in seguito a una lunga serie di trasformazioni progressive, una nuova piega che verrà trattata dall'autore in modo generalizzato
Capitolo1
Basi storiche
Sul significato del
segno si è discusso in tutte le epoche, dall'antica Grecia all'India, ma
a) Semiologia e tradizione umanistica (Roland Barthes)
Barthes praticava una disciplina, la semiologia, come critica delle connotazioni ideologiche presenti all'interno dell'iper-sistema di segno che è la lingua.
Semiologia linguisticizzante: esistono diversi sistemi di segni all'interno di culture date, questi segni non vanno studiati separatamente ma come sistemi di significazione; tutti questi regimi di significazione sono comprensibili e traducibili in quello supremo che è la lingua. La lingua infatti è un sistema di segni si che oltre ad essere in grado di significare, gode della possibilità di poter nominare se stessa e gli altri segni.
In
tutto questo
L'idea di Barthes è di arrivare alla decostruzione dell'apparato ideologico che nel tempo la borghesia ha calato sulla lingua, e di liberarne un 'grado zero', una forma pura e incontaminata.
Tutti gli studi di Barthes sono frutto di un epoca dove già operava Bertolt Brecht (decostruzionismo culturale attraverso il teatro..) e risentono del linguistic-turn: il tentativo filosofico di porre il linguaggio al centro dlla problematica sociale perché si vede proprio nel linguaggio (maniera attraverso la quale gli uomini si rappresentano e comunicano tra loro) un mezzo attraverso il quale studiare l'uomo.
Al giorno d'oggi la tradizione umanistica che pone il linguaggio al centro della condizione umana si chiama ermeneutica, ma è da considerarsi polverosa e sorpassata, così come qualsiasi tentativo di far risalire a figure del discorso (uso di metafore.) delle teorie del linguaggio che è finito col tempo a dissolversi nelle diverse arti liberali.
b) Il paradigma semiotico (Umberto 141c28b Eco)
Il paradigma di Eco si poneva in netta contrapposizione con l'eredità saussuriana (che segnava la rottura ad inizio secolo tra la semiotica e la più scientifica semantica) e valorizza la tradizione di Charles Sanders Peirce.
Per Peirce la teoria del segno era una semiotica, ossia uno studio di tutti i segni, non una semiologia, ossia uno studio dei segni a partire dal linguaggio verbale e umano.
Eco va alle origini della teoria, ancora prima della rottura epistemologica saussuriana con l'idea che c'è una storia del segno che risale per vie filosofiche sino all'inizio della nostra cultura [...].
Strategie costitutive di questo paradigma semiotico sono:
una morfologia e una gerarchia di segni molto complesse: classificazione dei segni a priori
una teoria di tipo tassonomico che classifica i vari tipi di segni e studia i modi in cui si passa da un segno all'altro. Ad una componente classificatoria si associa una componente sintattica: i movimenti e le azioni trai segni si compiono attraverso azioni di rinvio: il segno non è che un rinvio, si dà quando qualcosa sta al posto di qualcos'altro, tale rinvio si può spiegare attraverso l'inferenza logica. Si passa da un segno all'altro attraverso induziona, abduzione e deduzione.
il quadro entro il quale avvengono questi movimenti da segno a segno è eminentemente testuale. Il testo a cui ci si riferisce è il testo scritto, parlato, in ogni caso linguistico.
Dopo aver affermato l'importanza teorica della non-linguisticità - il testo, sia esso letterario, o mass-mediatico, è diventato il nuovo modello di tutti i funzionamenti semiotici - si è tornati così ad una riflessione di tipo linguistico.
La storiografia del segno, capire come si è giunti oggi all'immagine del segno studiando il modo in cui è stato trattato. Ma qui sorge il problema della possibilità di una ricostruzione storica coerente per cui 'segno' ha lo stesso significato sia per me che per Aristotele.
'Pars destruens' (i risultati della restrizione storiografica)
L'immagine del lessico
Un ostacolo epistemologico alla nozione di segno.
La nozione di segno: essa non è da associare al 'lessico', un segno non è una parola, la semiotica non è una semiologia, e nemmeno una lessicologia! La lingua non è una somma di parole come un sistema di significazione non è un insieme di segni.
Nessun semiologo dovrebbe accettare il fatto che i sistemi di significazione siano fatti di segni, ma interessarsi al modo in cui attraverso una certa forma sonora (significane) noi produciamo sistemi e processi di significazione. Perché siamo in grado di significare mediante un certo tipo di organizzazione espressiva (fonetica, iconica, gestuale), come si arriva a modelli esplicativi che non hanno nulla a vedere con una sommatoria di parole??
Se si persegue a credere che il linguaggio verbale sia primario e lo si immagina attraverso n modello teorico di tipo lessicale (ogni gesto ha un'entrata lessicografica di un proprio specifico significato, come nella lingua) non si supererà mai l'ostacolo epistemologico della nozione di segno e non si renderà mai conto della complessità del senso che sta nel processo, e non nel risultato.
Codici e decostruzionismo
Si tratta di capire cosa metta in relazione i segni tra loro; se in linguistica si può parlare di 'grammatica', nella semiotica si può parlare di 'codice', esso è un sistema di elementi minimi in grado di regolare i funzionamenti, i limiti e le possibilità di comunicazione. Secondo Eco ogni opera è aperta, ogni segno rinvia all'altro pressoché all'infinito, fu proprio a partire da questa basi che verso gli anni '70 si affermò il decostruzionismo, con l'idea che per decodificare fosse necessario decostruire, rompere le catene di un'imposizione esterna e arbitraria e ritrovare lo spazio per una libera interpretazione resa possibile grazie a nuove interpretazioni delle opere. Decodificazione come azione politica necessaria di rottura dei codici. Eco: nozione di 'opera aperta' (idea fondamentale per Peirce) secondo la quale ogni segno può rinviare a una altro segno pressoché all'infinito; il decostruzionismo esaspera questo concetto affermando che in sostanza ogni cosa può essere messa in relazione con un'altra.
Ma a questo punto
si rischiava di cadere nella più totale arbitrarietà, e fu proprio lo stesso
Eco ad invocare un qualcosa in grado di controllare ed indirizzare
Pars construens
Secondo l'autore il segno non è percepibile attraverso un lessico o un'enciclopedia, essi sono semplici strategie semiotiche, come i lessemi sono strategie linguistiche, necessari per utilizzare la lingua e far funzionare il senso; ma la semiotica più ce di questo si dovrebbe occupare del problema più profondo dei sistemi e dei processi di significazione, si tratta proprio di adottare un'altra organizzazione concettuale.
Dallo studio dei segni a.
La glossematica elaborata da Louis Hjemslev non si basa sui segni (ritenuti eventi variabili perché storicamente determinati) ma cerca di articolare il significato della lingua in unità elementari di senso detti 'sememi' (come i fonemi nel suono, i lessemi nella linguistica) che vengono rese pertinenti dal contesto dato in base alla combinazione.
Cosa ne deriva?
la possibilità di separare le due facce del segno: significante e significato e dividerle in piano dell'espressione e piano del contenuto
una scissione articolata all'interno del concetto di segno: la negazione dell'arbitrarietà del segno, l'affermazione che pur non essendo coincidenti, piano dell'espressione e piano del contenuto, si presuppongono
In Peirce il segno è una globalità che rinvia a un'altra globalità, si distinguono gli uno dagli altri ma non hanno una faccia significata e una significante l'ipotesi di Peirce è teoricamente antecedente a Saussure.
Numerose critiche vengono mosse alla Semiotica, prima tra tutte l'incapacità di interessarsi di cose reali e di prediligere la problematica tra segno e realtà più che interessarsi a chi effettivamente si scambia i segni. Questa immagine della semiotica come disciplina principalmente idealistica è ancora viva e circolante.
Parole, cose e oggetti
Noi ci immaginiamo che sia il mondo ad essere intagliato dagli strumenti umani, per renderlo intelligibile, ma il mondi ha una sua naturale indipendenza: il problema è dimostrare come questi due mondi siano tra loro correlati.
Prima si credeva nell'importanza delle formazioni discorsive (Foucault, Deleuze) come mezzo attraverso il quale la gente si rappresentava la realtà, una sorta di storia del referente, fatta di discorsi e rappresentazioni concettuali, indipendente dal discorso. (v. la prigione come formazione discorsiva ne 'Sorvegliare e punire').
Es.: L'illegalità è intesa come forma del contenuto, mentre la prigione è una forma dell'espressione. Per comprendere la nozione variabile di illegalità che ogni epoca si rappresenta, occorre andare a vedere come sono costruite le prigioni reali, NON i discorsi sulle prigioni. Da questa prospettiva non esistono opposizioni di senso tra cose e parole
Successivamente lo stesso Foucault realizzò che la sola realtà esistente non è nelle parole, né nelle cose, ma negli oggetti.
Gli oggetti sono l'esito dell'incontro tra parole e cose che fa sì che la materia del mondo diventi - grazie alla forma organizzativa concettuale dentro cui viene posta - una sostanza articolata da quella forma.
Esistono oggetti, non cose, le cose in quanto dette, espresse, messe in scena e rappresentate sono oggetti, insiemi organici di forme e sostanze
L'assunto della svolta semiotica è tale che: non è possibile, come si era pensato, (v. Hjemslev) scomporre il linguaggio in unità semiotiche minime per poi ricomporle e attribuire significato al testo di cui fanno parte. Operazioni a priori di questo genere sono impossibili, piuttosto si può investire in universi di senso particolari, senza ricercare generalizzazioni valide in ultima istanza. Solo in questo modo è possibile lo studio degli oggetti - siano essi parole, gesti, movimenti, sistemi di luce, stati di materia - gli oggetti sono la nostra comunicazione.
La pasta sfoglia e i due cervelli
Le persone sono inclini ad associare al linguaggio all'idea trasposta di scrittura. In realtà, afferma Barthes, il linguaggio è tutt'altro che lineare perché dotato di intonazioni, gestualità e tratti fisionomici precisi. Esso si può associare a una pasta sfoglia molto complessa fatta di elementi e segni di valore molto diverso.
Il vecchio divario semiotico tra analogico e digitale[1] nasce con la teoria della lateralità e vede il linguaggio verbale collocato dal lato del discontinuo (emisfero sinistro) e l'immagine e la musica dal lato dell'analogico (emisfero destro), è a questo punto sorpassato. Una distinzione così dicotomica non ha ragion d'essere, infatti non è possibile ridurre il linguaggio a semplice emanazione dell'emisfero sinistro in quanto esso utilizza simultaneamente due sistemi di segni: uno digitale e uno analogico.
Quadri, atomi, parti del discorso
Il linguaggio ha dunque una dimensione stratificata in due livelli: organizzazione espressiva e organizzazione del contenuto e questi due livelli sono organizzati all'interno stesso degli oggetti.
La prima semiologia presupponeva che tutto ciò che è dicibile è in qualche misura pensabile, ma la verità è che esiste un'organizzazione dei contenuti e dei concetti indipendentemente dal fatto che essa venga manifestata attraverso qualche sostanza dell'espressione. Non tutto può essere trasmesso tramite il linguaggio verbale, alcune forme del contenuto sono organizzabili a partire da forme di segni diverse indipendentemente dall'espressione linguistica, significanti che il linguaggio verbale non è assolutamente capace di trasmettere. Es.: un quadro: con le parole non sono in grado di esprimerne l'intero significato.
La prima cosa da fare è di liberarsi di una semiotica la quale creda che tutto derivi dalle parole (da significanti enunciabili linguisticamente) Penrose.
Da qui la caduta della prima semiotica:
il segno non ha più una 'taglia', nessuna unità minima, ma varia a seconda del tipo di segmentazione che operiamo nel testo e da ciò che stiamo cercando: dalla grana della voce alla divisione in capitoli. Il problema dell'unità non può più essere affrontato costruendo astrattamente delle tipologie di segni ma va ricostruito volta per volta.
Le parole possono essere considerate dei segni ultimi ma questo è raro. Il vero problema che ancora ci si pone è: secondo quale criterio posso dividere la realtà?
Il significato che scorre fra noi viene suddiviso in tipo di categorie, e questa categorie sono tra loro interdefinite. Ciò significa che non ci sono categorie e parti di significato prima della comunicazione (aggettivi, verbi.) ma vengono ad esistere al momento della comunicazione stessa. La comunicazione è un ritaglio formale della materia che produce sostanza. La semiotica ha il compito di lavorare sulle interdefinizioni, di ricostruire i criteri di pertinenza necessari per specificare di volta in volta il significato dei testi.
Azione e passione
Per scindere la nozione di segno da quella di rappresentazione si è ricorso a una serie di mosse differenziate:
l'introduzione della narratività come logica delle azioni
la narratività mette in movimento la significazione non solo combinando parole, ma attraverso la configurazione di 'attanti' sintattico-semantici che diventano poi personaggi ecc. Essa ha funzione configurante rispetto a un racconto dato, rinviando d'acchito a un significato di insieme. La nozione di narratività fa della semiotica una teoria dell'azione: il linguaggio non è fatto per rappresentare stati del mondo, esso è azione e serve semmai a trasformare quegli stati.
lo studio delle passioni (in relazione narrativa con le azioni)
Le passioni sono fortemente presenti nell'attività configurante del racconto e lo stesso Barthes già da tempo ne studiava l'introduzione nel modello semiotico in quanto vedeva negli affetti veri e propri oggetti di senso
Conseguenza1: Con l'introduzione dell'affettività, l'intera teoria della significazione ne esce alterata. La nozione di segno è scissa da quella di rappresentazione e ci si inizia a porre questioni su i tipi di segni non linguistici (linguaggio dei gesti per sordomuti).
Conseguenza2: Il corpo ritorna a coprire un ruolo fondamentale.
Livelli semiotici e anelli mancanti
La semiotica ha da sempre una vocazione empirica che la spinge a lavorare sulle immagini di pensiero che sono soggiacenti ai testi che si vuole analizzare, siano essi filosofici, pittorici ecc. Essa lavora su qualsiasi tipo di opera cercando di dis-implicarne le idee di segno implicite. Mantiene quindi un'anima prevalentemente filosofica, ma lo fa attraverso lo studio delle pratiche, nel senso che lavora sulle immagini soggiacenti ai testi che essa vuole analizzare (siano essi filosofici o meno).
Essa insomma, si compone di diversi livelli:
il livello empirico può essere considerato il primo, in successione troveremo
Il livello metodologico: la base teorica fatta di metodi con cui i procedimenti di senso sono spiegati.
Il livello teorico: in cui si definiscono e si giustificano le categorie che si usano nei momenti empirico e metodologico.
Il livello epistemologico: implica una presa di posizione riguardo il problema della conoscenza scientifica in termini di principi e metodi.
Gli anelli 'mancanti' sono ciò che dovrebbe legare tra loro i diversi livelli che spesso nella ricerca semiotica non riescono ad essere presenti in modo chiaro ed efficace. Quello che congiunge epistemologia a teoria, quello che congiunge teoria a metodo, e metodo a descrizione.
Capitolo2 LO SCIBILE E I MODELLI
L'elasticità e la parola data
Il linguaggio è dotato di elasticità: attraverso la parafrasi e la condensazione esso è in grado di generare delle forme dell'espressione ulteriore rispetto alle forme del contenuto. Ha inoltre una doppia virtù: quella di poter riferire di certi contenuti e quella di potersi riferire a sé stesso e a quanto sarà/ è stato detto nel corso del discorso.
In tutto questo la semiotica si può ridefinire NON come studio dei segni, bensì come una ricerca a vocazione scientifica dei sistemi e dei processi di significazione. Ed è appunto attraverso questa ricerca di modelli che lo scibile - l'insieme di saperi condivisi da una comunità - diventa sensato.
La narratività
Lo studio della narratività è parte essenziale della semiotica anche se col tempo è stato via via messo da parte; La ricerca sulla narratività all'interno di un'analisi della significazione ha portato al cambiamento della concezione di 'narratività' da semplice studio di racconti orali dalla prospettiva linguistico-semiologico a tutto ciò che si presenta ogni qual volta siamo di fronte a concatenazioni e trasformazioni di azioni e passioni.
La narratività è vista dunque come un atto di configurazione del senso tramite azioni e passioni organizzate dal punto di vista della forma del loro contenuto e manifestate da forme espressive diverse che ridefiniscono e trasformano questi significati (esprimere la narratività con la musica o con le parole è ben diverso).
E' stato detto che il segno è una presupposizione reciproca tra forme espressive e forme dei contenuti, come anche un'organizzazione contemporanea di contenuti semantici e delle sostanze espressive, perciò non è vero che esistono pensieri che restano uguali quando vengono manifestati con forme diverse.
Esiste in ogni caso la possibilità di studiare la narratività come organizzazione virtuale di significazioni, ma questo va fatto prima della semiosi, prima dell'incontro tra ofrme di espressione e organizzazioni di senso. Questo tipo di narratività che si dellinea non è caratteristica soltanto di racconti verbali o scritti, ma è qualcosa che è presente in ogni intreccio di passioni e azioni organizzato in vista di una qualche realizzazione dei termini in gioco.
Questo nuovo concetto di narratività riesce a coprire quel vuoto concettuale tra teoria semiotica e fondazione filosofica costituendo una sorta di interfaccia tra organizzazione dei concetti e base epistemologica.
Si tenta di ridefinire l'affettività insita nei linguaggi.
La passionalità
Barthes per primo tentò di inscrivere la tematica delle affettività all'interno della teoria del segno, la cosa più difficile era riuscire a trovare un linguaggio comune, prima cercò elementi del piano affettivo nella la trans-linguistica di Saussure, in un secondo momento si rivolse alla psicoanalisi che in qualche misura sembrava vicina ai temi per via della linguisticità caratterizzante la cura analitica.
La passione è scollegata dalla tipica opposizione con la ragione e associata all'azione, ed è solo così che si apre la possibilità di riflettere sulla questione semiotica della passione. Proprio secondo Descartes infatti la passione sarebbe il punto di vista sull'azione da parte di chi riceve. "La passione è la prospettiva sull'azione di chi è colto e trasformato rispetto a questa azione", passione sarebbe dunque il punto di vista di chi subisce gli effetti dell'azione (patire, non godere!).
Azione è un'interferenza con uno stato di cose capace o di trasformarlo - se esso deve cambiare - od i mantenerlo così com'è.
Questo spostamento dell'accento sulla problematica delle azioni comporta una messa tra parentesi della nozione di rappresentazione e una conseguente nuova immagine del linguaggio, la smeiotica inizia a pensare agli atti di senso non più in termini prettamente concettuali (compiuti attraverso parole), e si apre ala gestualità, alla musica.
Si pensa ai segni come azioni, trasformazioni di situazioni, messa in campo e modifica di attori, spazi e tempi.
La vera novità della semiotica attuale è l'insistenza non solo sulla performatività del linguaggio, sugli atti linguistici e segnici, ma sul fatto che questi atti sono sempre legati ai loro effetti di senso sul lato delle passioni
Tipologie e configurazioni passionali
Nella retorica aristotelica la dimensione passionale viene trattata attraverso la distinzione tra argomentazioni retoriche (luoghi, prove..) e passioni (tipologia, gerarchia, forme di opposizione). Noi uniamo queste due cose chiedendoci quale tipo di azione ha provocato una determinata passione. Noi classifichiamo le emozioni in termini psicologici e le dividiamo in emozioni interiori e segni esteriori delle stesse. La classificazione di queste emozioni procede in modo binario e per sistemi gerarchici creando delle macro categorie (tipo amore/odio) e da lì sviluppando sistemi complessi di passioni e sotto-passioni che non sono altro che tassonomie logico-linguistiche e modi intellettualistici d lessicalizzare stati d'animo colti nel momento della loro formazione.
La semiotica attuale ha però seguito una differente strategia: definisce le passioni NON componendo un singolo fenomeno patetico nei suoi elementi ultimi (v. decostruzionismo) ma partendo da universi discorsivi specifici - avarizia, gelosia. - e tentendo di descriverli nella loro strutturazione interna complessiva attraverso i processi continui e discontinui a cui danno luogo e nelle trasformazioni narrative.
Quattro componenti della passione
Queste componenti sono da considerarsi come fenomeni semiotici soggiacenti a qualsivoglia sistema di significazione (sostanza dell'espressione) sia esso musicale, linguistico, spaziale, gestuale, iconico. Solo ed unicamente in questi termini è possibile una descrizione radicale delle passioni.
componente modale
nel senso classico (volere/potere/sapere/dovere) ma anche in termini di certo/incerto, possibile/impossibile.
Es.: vendetta è un sentimento di dovere ma di non-poter fare, il desiderio è voler fare, la curiosità è spinta dal voler sapere
componente temporale
La speranza rinvia a qualcosa concernente il futuro, così come la disperazione per qualcosa che non si vuole più.
componente aspettuale
anche questa legata alla temporalità perché ha a cha fare con il tempo e con il modo di scansione dei processi, ma dal punto di vista di un osservatore esterno che coglie il processo attraverso cui si sviluppa la passione in termini di duratività, incoatività e terminatività. Le passioni avendo un tempo hanno anche un ritmo, ciascuna passione ha un ritmo. Ritmo e tempo sono costitutivi della dimensione passionale.
Es.: sensazioni come l'angoscia può essere definita durativa, la disperazione lo è di meno, così come la curiosità , che ha un tempo oscillante a dispetto della vendetta che si mostra continua e lunga.
La musica in questo senso, a partire dalla sua composizione ritmica, ed essendo il ritmo costitutivo di passioni, può dirsi un arte passionale dotata di referente (e quindi di significato). Così come la musica anche l'architettura, il cinema hanno ritmi interni che suscitano emozioni. Col tempo le forme espressive correlate al tipo di passioni vanno a modificarsi, ed è per questo naturale processo che oggi, alla vista di film d'epoca, non riusciamo a provare le stesse emozioni che al tempo avrebbero suscitato.
componente estesica
Questa componente riguarda la sensorialità e parte dall'assunto che non ci può essere passione senza la presenza di un corpo; infatti una qualsiasi trasformazione passionale comporta sempre una trasformazione dell'estesia, della percezione dell'espressione corporale, proprio a livello fisico. Detto in modo più tecnico si tratta di uno scambio tra configurazioni d'organizzazione del corpo e tra concatenazioni più astratte di significato come la modalità o il tempo.
Es.: la vanità ha un certo colore, l'invidia pure, così come la timidezza
La continuità
Il nesso strettissimo di tipo analogico tra corpo e emozioni conduce all'ipotesi teorica molto forte di segni non discontinui e non arbitrari.
Questa affermazione è totalmente antitetica alla visione Saussuriana della questione: il segno è legato all'oggetto in modo arbitrario e tra di loro sono distintivi l'uno rispetto l'altro, nel linguaggio questa discontinuità è resa dalla prova di commutazione in cui da 'pane' si può ricavare 'rane', 'sane', 'vane', ecc. Ciò che la lingua non considera però sono le interiezioni[2], queste non sono distintive e presentano tratti continui ed è proprio in esse che ha sede gran parte del linguaggio affettivo. Insomma, nella morfologia stessa della lingua rientra qualcosa che i linguisti stessi non sanno spiegarsi perché troppo abituati alla discretezza del segno, si tratta di immagini emotive, di passionalità che i linguisti dell'intonazione chiamano 'gesti vocali' di cui fanno parte interiezioni come 'ah', 'oh', 'ih', e l'intonazione.
Il sentimento del dubbio
L'inferenza da segno a segno, dice Peirce, nasce dal sentimento del dubbio. Questo sentimento provocherebbe in primo luogo uno stato di turbamento che è insostenibile se non viene a breve calmato, l'operazione inferenziale è una maniera per calmare il turbamento costitutivo dell'uomo. Il sentimento logico è un sentimento di cui la logica è soltanto uno strumento per trasformare uno stato di dubbio in uno stato di certezza.
L'analisi passionale
Introducendo la dimensione affettiva nel linguaggio l'analisi passionale può trattare i fenomeni dell'affettività tanto da chiedersi cose del tipo: 'ma le altre culture hanno le nostre stesse emozioni?'. Un modo di trattamento dei fenomeni dell'affettività in termini che possono essere in qualche misura riconoscibili.
Come il linguaggio dei segni modifica le idee sulla semiotica.
L'immagine e il gesto
A differenza del linguaggio verbale, l'immagine non si presta ad essere rivestita di un modello linguistico, non ha caratteristiche linguisticamente traducibili, almeno non in modo diretto; per evitare paragoni azzardati con il modello linguistico si è dunque è pensato ad un linguaggio specifico dell'immagine.
Es.: linguaggio dei sordomuti è fatto di gesti che veicolano caratteristiche fortemente iconiche (pugno chiuso=albero) ma anche molto astratte (pugno chiuso=forza) che lo rendono una vera e propria forma espressiva parallela al linguaggio.
Il linguaggio dei sordomuti è l'esempio che il gesto, e di conseguenza l'immagine, ha potuto specializzare una parte di sé stesso nella grammaticalità; e grazie a questa col tempo esso è potuto evolvere (sintatticizzazione) verso una dimensione meno iconica (meno motivata) e più astratta fino ad imitare quasi pienamente il linguaggio naturale per esempio nel il tono.
Oggi si pensa alle origini del linguaggio attraverso l'ipotesi della co-evoluzione tra verbalità e gesto (proprio come nel linguaggio dei sordomuti), questa cosa è molto importante perché rompe la rigida separazione che vigeva tra discontinuità verbale (arbitrarietà dei segni linguistici, digitali, valenza sintattica) e continuità iconica (continuità, analogico, agrammaticale.).
Un'ermeneutica semiotica?
Ermeneutica è un'esplicazione della lingua con i mezzi della lingua stessa, una sorta di parafrasi condotta con gli strumenti di ciò che si vuol parafrasare. Si può iniziare a pensare ad un'ermeneutica dei sistemi di segni diversi dalla lingua e si avranno sistemi di segni che parlano di sé stessi e di altri sistemi di segni attraverso sostanze dell'espressione che ritraducono in parte il significato nel sistema stesso di origine. Es.: un quadro a valenza ermeneutica è un dipinto che parla di un altro dipinto, esplicitandolo o interpretandolo, così come la pittura, si può parlare anche di cinema, o di musica.
Insomma, esiste la possibilità di parlare di esprimere ipotesi teoriche manifestabili non solo da un punto di vista linguistico, è infatti possibile parlare di significati es. pittorici, che non sono manifestabili con le parole, ma solamente attraverso la superficie pittorica stessa. La significazione linguistica non ha privilegio sugli altri segni.
L'enunciazione che la metafora, pur essendo problemi di natura diversa, pongono l'esigenza di pensare in modo nuovo al paradigma semiotico.
L'enunciazione e l'interpretante
Secondo Peirce un segno è in grado di rinviare incessantemente a un altro segno, durante questa procedura di rinvio è necessario un interpretante, una sorta di terzo polo tra il segno che rinvia e il segno a cui si rinvia. L'interpretante non è una persona fisica, ma un segno esso stesso, un segno ulteriore in grado di mettere in relazione gli altri due; oltre a questo c'è da aggiungere che l'int. Non è esterno ma fa intermente parte del sistema semiotico.
Esiste insomma questa istanza di collegamento tra segni, essa stessa di natura segnica, ora, che forma le diamo?
Il concetto di enunciazione si sviluppa entro il paradigma di ricerca linguistico-saussuriano e permette di esplicare in modo migliore l'intuizione dell'interpretante affermando che 'da un segno si rinvia a un altro segno, l'operazione di rinvio è essa stessa un'operazione semiotica'.
L'enunciazione è quella particolare istanza attraverso cui l'intersoggettività si trova ad essere inscritta all'interno del discorso stesso. All'interno dei testi semiotici di diverso tipo - letture, musica, pittura - ci sono i simulacri di interazione che sono inscritti all'interno del testo stesso attraverso processi di enunciazione.
Es.: nella lingua si usa il sistema pronominale 'io-voi' per inscrivere all'interno del discorso i due simulacri dell'enunciatore e del destinatario. Nella pittura vascolare greca l'opposizione tra faccialità e frontalità e profilo esprime a un livello non linguistico la problematica soggettiva della relazione io-tu/egli, oppure più in generale la personalità e l'impersonalità.
La pittura insomma, è in grado di esprimere modi di inscrizione della soggettività e dell'intersoggettività esattamente come fa la lingua attraverso i pronomi.
Nel linguaggio non ci sono soltanto rappresentazioni concettuali, né soltanto rappresentazioni di azioni e passioni. Nel linguaggio c'è l'intervento di un'istanza di enunciazione inscritta nel testo, che porta a trasformare i racconti in discorsi discorso è qualunque sostanza espressiva che oltre a rappresentare qualcosa, rappresenta e inscrive al suo interno la forma della propria soggettività e intersoggettività.
Partendo da questo siamo in grado di comprendere ciò che Lotman dice: 'un testo contiene i propri principi di comunicazione'; questo significa che il testo non è pura comunicazione sprovvisto di criteri comunicativi ma l'insieme delle istanze che io iscrivo mentre sto parlando.
Il testo non è una mera serie di rappresentazioni di stati del mondo, o meglio.. è una rappresentazione di stati del mondo , tra i quali si trova quello specifico fatto che il testo è in comunicazione con qualcuno. Assieme alla semantica e alla sintassi, anche la pragmatica[3] diviene ad essere interna al testo, è una pragmatica semanticamente inscritta che ha il compito di mostrare come un testo crei la propria contestualizzazione interna.
Attraverso l'enunciazione scompare l'opposizione tra semantica e pragmatica e quest'ultima ha il compito di mostrare come il testo letterario è in grado di creare dall'interno la propria contestualizzzione, senza il bisogno di ricorrere al contesto.
Le teorie scientifiche hanno bisogno di una spiegazione testuale.
Metafore e cognizione
I fenomeni enunciativi possono essere considerati delle metafore?
La metafora è generalmente considerata come un segno messo in relazione con un altro segno; la metaforicità ha valenze e possibilità non solo lessicali ed enunciazionali (quella donna è una rosa, io sono il mio week-end), ma anche narrative. Quando la metafora ha una taglia di tipo narrativo si può parlare di parabola: essa è una narrazione che rinvia ad un'altra narrazione, che presenta una relazione metaforica con un altro livello narrativo. Es.:la storia di Mosè è una metafora della storia di Cristo.
Se si nega la distinzione tra le due maggiori strategie cognitive - l'inferenza, fatta di sillogismi e prove, e la metafora composta di figure retoriche (tropi decorativi) con semplice funzione estetica - diventa possibile assicurare alla metafora oltre che alla dimensione estetica una capacità cognitiva di tipo inferenziale. Attraverso il meccanismo dell'abduzione (Bateson) si compie un movimento inferenziale che è anche un approfondimento laterale di una metafora o di una parabola che permette un'amplificazione del racconto suscettibile di scoperta; l'abduzione è chiedere alla metafora di saper ragionare nell'usare la figuratività per portare avanti la catena di inferenze. Ci sono numerose metafore morte, senza alcun tipo di valore conoscitivo, ma esiste però la possibilità di usare il meccanismo metaforico come estensione della conoscenza, proprio come l'inferenza sillogistica viene usata nell'estensione dei saperi. Ed è proprio attraverso questo nuovo utilizzo del meccanismo metaforico che la semiotica peirceiana, fatta di inferenze e cognizioni, e la semiotica greimasiana, fatta di metafore e narratività si incontrano in quel che è stato definito un Gendankenexperiment.
Prova della possibilità di questa unione è il fatto che la maggior parte degli esperimenti sono stati prodotti secondo procedimenti narrativi, insomma: esperimenti mentali si trovano ad avere valenza scientifica (vedi Einstein, Galileo.).
CORPO E INTERAZIONE
Annuire ed enunciare
Si guarda all'enunciazione in quanto fenomeno semiotico più che linguistico, e la si indaga all'interno di forme e sostanze dell'espressione diverse da quelle verbali. In un'analisi del cinema pasoliniano si introduce l'idea del 'discorso indiretto libero', dove l'enunciazione filmica è al contempo oggettiva e personale. In generale comunque c'è l'idea che determinate strategie, quali shifting, embrayage e débrayage e giochi di enunciazione possono essere presenti in dimensioni semiotiche non soltanto linguistiche.
Una parte della semantica contemporanea va nella direzione di incardinare l'esperienza corporea all'interno del funzionamento stesso del significato.
Corpo e schemi astratti
Questione della metafora e della corporeità intesa come rapporto con la dimensione percettiva ed estesica.
Gran parte della semantica contemporanea si rappresenta le metafore come portatrici di schemi corporali, sia fissi che motori. Lakoff e Johnson hanno esaminato la collera dal punto di vista metaforico, e dal momento che il passionale non è una configurazione immobile (v. cp2) sono stato in grado di costruire una successione narrativa di questa serie di metafore: andare in collera è cominciare a bollire, diventare paonazzi. fino a scoppiare.
L'idea di Lakoff e Johnson è che le metafore si ordinano secondo un processo di simulazione di un evento fisico in cui il corpo viene usato come contenitore: all'interno di questo esistono fenomeni di transizione di fase che si vengono a creare che sono sottesi al funzionamento semantico del linguaggio.
Quindi: alla base di ogni metafora non si hanno soltanto opposizioni semantiche elementari (alto/basso, dx/sx) ma vere e proprie storie naturali che riguardano la percezione del corpo, fenomeni estesici, esperienze concrete del mondo ordinate nel tempo; l'esistenza astratta si incarna con concrete esperienze del mondo.
Queste metafore dipendono da un meccanismo di narrativizzazione: vengono incatenate in modo seriale l'una all'altra formando un processo che ha una sua organizzazione di senso a carattere narrativo.
L'"Organon" semiotico
Se l'estetica va verso la scienza e la scienza verso l'estetica, la semiotica si trova al centro del dibattito epistemologico contemporaneo e dovrebbe assumere il ruolo di organon per una teoria delle scienze e uno studio delle tecnologie. Le teorie scientifiche hanno bisogno di una spiegazione testuale.
A questo proposito Bruno Latour tenta di costruire una semiotica delle tecniche, si specializza nello studio degli oggetti e dell'inter-oggettività fino ad arrivare a dire che ciascuno di noi è in qualche modo legato a uno strumento, ed è grazie a questi che siamo in grado di costruire la nostra soggettività; non si tratta di semplici protesi, bensì di unità complesse di relazioni inestricabili tra persone umane e cose-strumenti che producono degli attanti collettivi.
La tecnologia attuale porta alla formazione di queste cose-persone, veri e propri soggetti umano-tecnici che secondo Latour vanno trattati con le stesse categorie con cui la semiotica tratta i fenomeni di significazione antropomorfa. In tutto questo infatti la semiotica dovrebbe giocare un ruolo di 'Organon', una regola di uso pratico in grado di fornire modelli e massime per il funzionamento di conoscenze cognitive e discorsive locali.
Fatti e "fatticci"
Attraverso la metafora della scoperta di un pulsar l'autore spiega i momenti fondamentali della costituzione di un oggetto: prima il dibattito e la conversazione (formazione del fatticcio) e successivamente la trasformazione testuale in fatto. Il fatticcio è il feticcio del fatto, esso nasce attraverso un'opera di traduzione e esiste in funzione di una grande quantità di cose; questo fatticcio diventerà poi un fatto una volta che raccontato in una relazione scientifica ufficiale sarà accettato dalla comunità.
E' solo dopo che l'esito della costruzione viene riconosciuto esistente che il fatticcio diventa fatto.
Agoni testuali
Riprendendo il discorso precedente sull'esistenza o meno di un pulsar. il testo scientifico in generale si basa su risposte implicite a possibili contro-ipotesi più che sul fatto o meno che una cosa esista. Ogni testo è un controtesto.
Si cerca di orientare lo studio della discorsività dalla problematica grammaticale della rappresentazione (l'oggetto di studio) a quella semantica della conflittualità insita nella produzione dell'oggetto stesso. Quindi, non ci si concentra più sulla rappresentazione in sé, piuttosto nel modo in cui essa è stata ottenuta, nella dimensiona agonistica.
In seguito a questo la conflittualità testuale si diffonde a tutti i livelli del linguaggio: dal più basilare ai più complessi tanto da pensare l'intera comunicazione in termini conflittuali.
Cosa deriva da questo? Ogni dinamica può essere interpretata attraverso logiche di conflittualità (es. differenza tra can e may: il primo presuppone che anche se si incontrasse resistenza da parte di un attante, si sarebbe in grado di sormontarlo, il secondo significa che si è in grado di superare qualcosa. La storia dell'esercito con le spalle al burrone permette un aumento della forza a livello simbolico.
L'efficacia simbolica
Il linguaggio è in grado di modificare le azioni e le situazioni pragmatiche, di rappresentare l'uomo ma anche di essere efficace sul mondo. L'efficacia simbolica si basa su processi di passaggio delle informazioni (fenomeni cognitivi) e su processi che investono direttamente il corpo
La forza dei modelli
Possibilità per i concetti semiotici di trovare una loro forma di grammatica suscettibile di confronti tra diversi tipi di sistemi di segni
Prima si è parlato di agonismo come modello esplicativo per la teoria generale delle strategie di senso. La semiotica cerca di costruire modelli generali di spiegazione dei fenomeni della cultura umana, che siano però in armonia con un'ipotesi teorica più generale (es. poeticità (Jakobson) c'è p. quando un segno si riferisce a se stesso attraverso la proiezione del paradigma sul sintagma.
Il modello della poesia di Jakobson è utile nello studio della narratività, nella conversazione e nella rima all'interno dell'immagine; è insomma generalizzabile ed applicabile a testi prodotti con sostanze diverse perché media tra un certo grado di astrazione e la possibilità di applicazione adeguata.
La modellistica è una delle forze della semiotica
La semiotica soprappensiero
La problematica dei modelli introduce la questione della transduzione: la traduzione da sistemi di segni diversi, per es.: traduzione da lingua a lingua, o da sistemi di segni diversi tipo poesia-testo scientifico o poesia-pittura.
La semiotica ha il compito di fornire modelli adeguati al mondo della scienza e mostrare la capacità descrittiva che le è propria.
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