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Dante Alighieri

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Dante Alighieri

poeta (Firenze 1265-Ravenna 1321). Nato da famiglia guelfa di piccola nobiltà (il padre si chiamava Alighiero di Bellincione, la madre donna Bella), allievo di Brunetto Latini, si dedicò presto alla poesia, stringendo amicizia con i poeti stilnovisti Guido Cavalcanti, Lapo Gianni e Cino da Pistoia. Nel 1274 incontrò Beatrice Portinari, morta nel 1290, donna di cui si innamorò e che ispirò tutta la sua opera poetica. A lei dedicò la Vita nuova (1292-1293), raccolta di 31 liriche in una cornice di prosa, in cui Dante, all'interno dello stilnovo, e 939e44j laborò un personale concetto d'amore, non più solo fonte e frutto di nobiltà spirituale, ma sentimento che apre all'uomo la conoscenza (di tipo 'analogico') del Divino tramite la contemplazione della perfezione e della bellezza dell'amata. Altre poesie giovanili, d'imitazione siculo-toscana, sono raccolte nelle Rime (1283-1308), che contengono anche le cosiddette petrose (ispirate dalla passione per una 'donna pietra', cioè dura e insensibile) e composizioni allegorico-dottrinali. Sposatosi con Gemma Donati, ebbe da lei tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia. Prendeva intanto parte attiva alla vita politica schierandosi con la fazione dei guelfi bianchi; dopo aver combattuto a Campaldino contro i ghibellini d'Arezzo (1289), iscrittosi all'arte dei medici e speziali, fu tra i priori di Firenze (1300). Nel 1301, mentre era ambasciatore presso il papa Bonifacio VIII, i guelfi neri, prevalsi a Firenze con l'aiuto di Carlo di Valois, lo bandirono dalla città (1302), condannandolo in contumacia, sotto l'accusa di baratteria, a una multa e poi al rogo. Durante l'esilio, andò peregrinando, tra il 1304 e il 1310, per varie città e corti: fu a Forlì, Verona (presso gli Scaligeri), Bologna, in Lunigiana (presso i Malaspina), a Lucca. La discesa di Arrigo VII (1310) rinfocolò le speranze dell'esule, che scrisse per l'occasione tre delle sue 13 Epistole. Dopo l'ultima condanna a morte (1315) dimorò a Verona (ove espose dinanzi al clero una tesi filosofica in latino, la Quaestio de aqua et terra) e infine a Ravenna, presso Guido Novello da Polenta: qui morì nel settembre 1321 e fu sepolto nella tomba che tuttora ne conserva le ceneri. L'esilio, esperienza centrale della vita di Dante, fu anche il principale elemento ispiratore delle opere della maturità: mentre il poeta affidò al Convivio (1304-1307) le residue speranze di tornare a Firenze grazie ai meriti della sua dottrina, rivendicò, nel De vulgari eloquentia (1304-1305; trattato incompiuto, in latino), la funzione insostituibile dello scrittore nella formazione del linguaggio di un popolo e pose il problema di creare, mediante regole, un volgare nazionale 'illustre', che avesse la stessa dignità letteraria del latino. Spetta infatti all'opera poetica e critica di Dante il merito di aver fatto assurgere il volgare toscano a livello di una grande lingua capace di alta poesia e di speculazione filosofica. Nel Monarchia (1312-1313 ca.; in latino) affermò l'autonomia dell'Impero rispetto alla Chiesa come garanzia per l'attuazione della felicità temporale. La Divina Commedia, infine, è il fondamento della letteratura nazionale; essa trascende ogni motivo occasionale ed è capolavoro di universale bellezza per la ricchezza di sentimenti umani che vi trovano espressione, per la vigorosa e armonica struttura e per il valore di sintesi della visione medievale dell'universo che apre al Rinascimento.



DIVINA COMMEDIA

Poema allegorico, iniziato probabilmente intorno al 1307 e compiuto negli ultimi anni di vita, fu chiamato dal poeta Commedia, in contrapposizione a 'tragedia', per i suoi aspetti linguistici e stilistici (fu composto in volgare, in uno stile mediano, anziché in latino aulico) e perché si conclude felicemente. Ebbe dai posteri, fin dal Trecento, l'epiteto di 'divina', consacrato dall'edizione veneta del 1555. È diviso in tre cantiche (Inferno, Purgatorio, Paradiso) di trentatré canti ciascuna, più un canto introduttivo; consta di 14.233 versi in terzine incatenate di endecasillabi. Soggetto letterale dell'opera è il viaggio immaginario dell'autore nell'oltretomba, compiuto nel 1300, anno del giubileo, con la guida di Virgilio nei primi due regni e di Beatrice, prima, e s. Bernardo, poi, nel Paradiso. A tale viaggio corrisponde allegoricamente quello dell'umanità, sorretta dalla ragione (Virgilio), verso la felicità terrena, simboleggiata dal Paradiso terrestre, e illuminata dalla rivelazione (Beatrice), di cui è depositaria la Chiesa, verso la felicità eterna (l'Empireo, luogo di contemplazione dei misteri della fede cristiana).






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