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CANTO VI - PERSONAGGI STORICI - PARAFRASI

dante



CANTO VI

PERSONAGGI STORICI

Sordello: appartenente ad una nobile famiglia in origine, ma che col tempo si è via via impoverita. Poeta italiano, ma che utilizza nelle sue opere il provenzale, visita varie corti italiane (Verona, Provenza.)fino all'arrivo di Carlo d'Angiò; egli, infatti, gli dona vari possedimenti in Abruzzo.

Il suo lavoro più famoso è rappresentato dal compianto in morte di Ser Blacas. 929j91j


SPIEGAZIONE

Incontro con i morti scomunicati Incontro con i negligenti (pigri; aspettarono l'ultimo momento per pentirsi dei propri peccati) + morti violenti ; essi sono costretti a rimanere in Purgatorio per un periodo pari alla loro vita.




Dante si è appena liberato da una folla di anime che gli chiedevano preghiere di suffragio.

Segue una parentesi dottrinale relativa a queste preghiere, dotate del potere di abbreviare il periodo di soggiorno in Purgatorio.

L'anima che il poeta incontra, Sordello(*), viene rappresentata in tutta la sua immobilità statuaria, compostezza, nobiltà; sembra che essa sia immersa in una sorte di meditazione dolorosa (proprio con queste caratteristiche Dante indica il magnanimo dai nobili pensieri).


PARAFRASI

Ma prima che si proceda senza sapere dove andare, vedi là un'anima che, stando a sedere tutta sola, guarda attentamente verso di noi: quella ci spiegherà la strada più breve per salire. (58-60)

Andammo verso di lei: oh anima lombarda, come ti trovavi in atteggiamento fiero e disdegnoso ( distaccato) e nel movimento degli occhi dignitosa e pacata. (61-63)

L'anima non ci diceva niente, ma ci lasciava procedere verso di lui, seguendoci con sguardo fermo e attento, come un leone quando si adagia, riposa ( rilevazione di tutta la dignità dell'anima grazie a questa similitudine). (64-66)

Ciò nonostante Virgilio si avvicinò a lei, pregandola che ci mostrasse la salita più facilmente percorribile e quell'anima non rispose alla sua domanda, ma ci domandò da dove venissimo e chi fossimo (di nostro paese e de la vita)e il mio dolce maestro cominciò a dire "Mantova." e l'anima, precedentemente tutta raccolta nella sua solitudine, balzò verso di lui (Virgilio) dal luogo in cui prima si trovava dicendo "O mantovano, io sono Sordello e vengo dalla tua terra" e si abbracciavano l'un l'altro. (67-75)

Ahi Italia schiava dell'anarchia, del disordine (Serva Italia; perché priva di una guida costituita dall'imperatore), sede di dolore, nave in mezzo ad una grande tempesta (problemi, lotte, cupidigia) priva di un nocchiere, non signora dei popoli (come ai tempi dell'antichità romana) ma luogo di corruzione! ( Parole dure che esprimono tutto il rammarico e la sofferenza di Dante). (76-78)

Quell'anima nobile (Sordello), al semplice nominare della sua terra, fu  pronta a fare al suo concittadino grandi festeggiamenti, qui in Purgatorio, mentre entro i tuoi confini (Italia) i tuoi abitanti (gli italiani) non si trovano in uno stato di pace, e anche coloro che vivono all'interno di una stessa città si dilagnano reciprocamente. (79-84)

Cerca, infelice (misera), lungo le coste che cingono i tuoi mari e poi guardati all'interno se alcune parti di te godono di uno stato di pace. (85-87)

A che cosa è servito che Giustiniano (l'imperatore) regolasse le leggi se poi manca chi le faccia rispettare? Senza il freno ( le leggi) la vergogna sarebbe minore (questa frase indica la consapevolezza della presenza di limiti e, contemporaneamente, la non considerazione del loro valore). (88-90)

Ahi persone che dovreste essere devote e lasciare sedere Cesare sulla sella ( a far rispettare le leggi) guardate come questo animale (Italia) è ribelle, riottoso a causa del fatto che non è correttamente guidato dagli sproni da quando avete preso in mano la predella (parte della briglia che si afferra per condurre a mano il cavallo; da quando gli ecclesiastici hanno usurpato il potere imperiale che non sono in grado di gestire). (91-96)

O Alberto d'Austria, che abbandoni costei che è diventata indomabile e selvaggia, e dovresti inforcare i suoi arcioni ( dovresti prenderne il controllo), cada un giusto castigo dal cielo sopra la tua stirpe e sia straordinario ed evidente, a tal punto che il tuo successore lo tema ( non ripeta i tuoi stessi errori). (97-102)

Poiché tu e tuo padre avete tollerato, trattenuti per cupidigia dai possessi in Germania, che il giardino dell'impero (l'Italia), fosse abbandonato, devastato dalle guerre. (103-105)

Uomo del tutto dimentico dei suoi compiti, vieni a vedere i Montecchi e i Cappelletti (famiglie, rispettivamente ghibellina e guelfa, in contrasto tra loro), i Monaldi e i Filippeschi: i primi sono già tristi e gli ultimi sono sospettosi (della rovina ormai prossima). (106-108)

Vieni, anima crudele (o insensibile), vieni e guarda l'oppressione dei tuoi feudatari e preoccupati delle loro colpe e vedrai com'è decaduta la contea di Santa Fiora. (109-111)

Vieni a vedere la tua Roma ( personificata, appare come una donna), vedova e sola che piange giorno e notte, gridando: "Oh mio imperatore ("Cesare mio"), perché non stai con me?" (112-114)

Vieni a vedere la gente quanto si ama (ironico)! E nessuna pietà di noi ti induce a scendere in Italia, vieni almeno per curarti della tua fama, di cui tu ti vergogneresti (se venissi qui in Italia; ulteriore allusione ai contrasti, agli odi).(115-117)

E se mi è permesso chiederlo, o sommo Giove (Cristo) che per noi in terra venisti crocifisso, la tua giustizia si è allontanata da noi? (118-120)

O forse stai preparando, nell'abisso inesplorabile della tua mente, un qualche bene imprevedibile, lontano dalla nostra capacità di comprendere? (121-123)

Poiché le città italiane sono tutte piene di tiranni (coloro che concentrano tutto il potere nelle loro mani) e ogni contadino (villano tono dispregiativo di Dante) che partecipa  a capo di una fazione alla lotta politica si atteggia a ribelle dell'autorità imperiale ( riferimento ad un console pompeiano, Claudio Marcello, avverso a Cesare).(124-126)

Firenze mia (tono sarcastico), puoi essere assai contenta di questa digressione che non riguarda te, grazie al tuo popolo che fa di tutto per non meritare tali rimproveri. (127-129)

Molti (al di fuori di Firenze) hanno in cuore il senso della giustizia, ma la manifestano tardi per non parlare senza riguardo, mentre a Firenze parlano tutti di giustizia, ma nessuno riesce mai ad applicarla. (130-132)

Molti uomini appartenenti ad altre città rifiutano le cariche pubbliche ( perché esse comportano responsabilità troppo grandi), ma il tuo popolo risponde anche senza essere stato chiamato, e grida "Io sono pronto a sostenere questo incarico!" (133-135)

Rallegrati pure, perché tu ne hai giusto motivo: tu sei ricca, tu sei caratterizzata da pace e guidata da uomini di giudizio. I fatti manifestano apertamente se dico il vero oppure no.(136-138)

Atene e Sparta, che fecero le antiche leggi ( legislatori a cui si fa rimferimento: Solone e Licurgo) e furono così ben ordinate, che diedero al vivere civile un piccolo contributo, rispetto a te, che prendi provvedimenti tanto sottili ( termine che può indicare contemporaneamente sia raffinatezza che fragilità), dato che a metà novembre non si realizza ciò che è stato progettato ad ottobre. (139-144)

Quante volte, del tempo di cui ti ricordi, leggi, moneta, forme di magistratura cittadine, costumi e cittadinanze hai cambiato! (144-147)

E se ben ricordi e vedi chiaro, ti vedrai somigliante a quell'inferma che non riesce a trovare pace sul morbido letto, ma col cambiare continuamente posizione cerca sollievo al suo dolore ( come se cambiando continuamente la situazione si potesse raggiungere la situazione di pace). (148-151)







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