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Lucrezio
Lucrezio vive tra il 98 e il 55 a.C. anche se tali date sono tuttora discusse dagli studiosi. Della vita non sappiamo quasi nulla per il fatto che , ai giorni nostri, sono pervenuti pochissimi scritti e documenti riguardanti l'autore. L'unica fonte è il "De rerum natura" dal quale, tuttavia, non si possono ricava 939c23j re notizie sulla vita dell'autore.
Dottrina epicurea :
La concezione e la poetica Lucreziana sono basate sulla
dottrina epicurea. Quest'ultima si basa, a sua
- concezione atomistica e materialistica della vita e della natura;
- abolizione della paura degli dei e delle superstizioni religiose;
- etica morale e filosofia di vita "
utilitarismo e individualismo (teoria
- avversione a qualsiasi forma di poesia considerata come un incentivo alle passioni.
"De rerum natura"
Il De rerum natura è un poema epico-didascalico in esametri, suddiviso in sei libri. Suo oggetto è l'esposizione della filosofia epicurea, nella quale Lucrezio vede l'unica via per risolvere i problemi esistenziali dell'uomo. Il destinatario è un certo Memmio, al quale Lucrezio dedica l'opera, forse per ottenere da lui un qualche protettorato o forse per realizzare l'ideale epicureo della " Suavis amicitiae". Lucrezio giustifica la realizzazione dell'opera in esametri (in contrasto con la dottrina epicurea) dichiarando, alla fine del libro I e all'inizio del IV, il suo intento di esplorare strade mai prima tentate da altri: «M'inebria raggiungere le fonti intatte,\ e trarne sorsi, m'inebria spiccare nuovi fiori \ e trarne al capo una splendida ghirlanda.».
Subito dopo, Lucrezio ribadisce, mediante la similitudine "dei medici e dei bambini", il valore strumentale e divulgativo della forma poetica, destinata a mediare in modo efficace contenuti che altrimenti riuscirebbero ostici al lettore: è proprio subordinando i valori estetici ai fini pedagogici e didascalici, egli giustifica in modo ineccepibile, anche dal punto di vista filosofico, la scelta di scrivere non un trattato in prosa ma in esametri.
E molto importante, infine, l'influenza di Empedocle: con quest'ultimo, Lucrezio ha in comune, non solo la forma esametrica e l'argomento, ma anche la profonda convinzione di una missione da compiere per il bene dell'umanità.
Il contenuto dell'opera:
Il
Proemio. Lucrezio apre il proemio dell'opera con un solenne inno
a Venere, attenendosi alle
convenzioni
Il proemio prosegue con
un breve ma fervido elogio di Epicuro, esaltato come l'eroe che ha saputo farsi salvatore
dell'umanità, sconfiggendo l'orribile mostro della religio. Temendo che
la dottrina epicurea apparisse empia agli occhi dei tradizionalisti romani,
Lucrezio narra dell'episodio di Ifigenìa, figlia di Agamennone, immolata con il consenso
L'opera prosegue con la trattazione dei vari argomenti raggruppati in tre gruppi di due libri: I e II trattano di argomenti fisici, il III e il IV di argomenti antropologici, il V e il VI di argomenti cosmologici
La noia in Lucrezio
La noia è, per Lucrezio, come una malattia. Essa deriva dall'impossibilità dell'uomo di soddisfare i propri desideri, le proprie ambizioni, passioni, impulsi. Tutto ciò crea all'uomo una sensazione di profondo disagio di cui spesso non riesce a stabilire le cause precise. L'appagamento dei singoli desideri e delle pulsioni umane sarà solo momentaneo e illusorio: appagato un desiderio ne verrà di nuovo un altro e così via. Solo da un'accurata conoscenza della natura delle cose, e dall'adottamento della filosofia epicurea (atarassia), si può sconfiggere la noia ed evitare il senso di disagio.
La stoltezza degli uomini: Gli uomini si affannano perseguendo falsi scopi, miraggi illusori: gareggiano per emergere, contendono tra loro per conquistare ricchezze e potere, che sono fonti non di vera gioia ma di apprensioni, inquietudini e sofferenze. E non si accorgono che la natura non richiede altro che l'assenza di dolore fisico e spirituale: condizione che si può ottenere con la massima facilità, appagando semplicemente i bisogni elementari.
Natura madre o matrigna?
La concezione Lucreziana tra ottimismo e pessimismo
Lucrezio ci fornisce una visione
LUCREZIO - De Rerum natura
Della vita di Lucrezio si sa pochissimo: unica fonte nella traduzione
Lucrezio scrisse negl'intervalli di lucidità che gli lasciava la follia.
Si uccise di propria mano a 43 anni. Notizie probabilmente false scritte da Girolamo (informazioni cristianizzate).
Nacque negli anni 90 e morì verso la metà degli anni 50 (contemporaneo di Cicerone, Catullo [età di Cesare]).
Segue la filosofia di Epicuro e da lui prende spunto per scrivere il De rerum natura.
Il De rerum Natura è:
Un prodotto letterario di singolare complessità e rinnovato fascino.
Composto da 6 libri con un totale di 7400 esametri.
Opera dedicata all'aristocratico Gaio Memmio ("interlocutore privilegiato"), citato già al 26° verso.
Memmio è uno scettico ed è legato alla filosofia romana.
Composto da varie fasi di un percorso educativo non solo per Memmio.
Lucrezio è epicureo e, con questa opera, vorrebbe insegnare e rendere nota a tutti questa filosofia.
Prende come modello Memmio visto il suo alto grado di scietticità.
L'inno a Venere (richiesta di assistenza) cerca di attrarre il lettore con le sue lusinghe di un proemio non troppo dissimile dai moduli consueti, anche se comporta una lieve infrazione alla dottrina epicurea; Epicuro infatti sosteneva che gli dei erano distaccati dagli uomini, vivevano infatti nell'intermundia.
In seguito il tema dell'opera continuerà più distaccato e indifferente dagli dei.
Contro il pensiero di Epicuro (la poesia non è adatta all'insegnamento morale e filosofico: ci vuole la prosa), Lucrezio scrive in versi da lui definiti "dolce miele" che rendono più facile accettare un messaggio spesso difficile.
Si rivolge con forza al dibattito
culturale
Lucrezio utilizza per questa opera un lessico ricercato.
Inno a Venere
Il De rerum natura si apre con un proemio che ha lo scopo di non presentarsi in un modo troppo iconoclastico (distaccato dalla filosofia predominante: quella romana) ad un potenziale discepolo.
L'inno a Venere contrasta l'ortodossia religiosa epicurea.
Il testo garantisce la sua intenzione di essere strumento educativo per un pubblico specificatamente romano, di cui vuole assicurarsi fin dall'inizio il coinvolgimento emotivo e l'attenzione non ostile.
Giustificato da Cicerone con "multae tamen artis"; infatti l'opera è vista come un opera multi ingenii.
Venere incarna i valori positivi
Sequenze:
Ora si allontana dalla religione e inizia a spiegare come la vede personalmente.
Infatti Lucrezio dal verso 62 inizia a descrivere la condizione infelice degli uomini che vivevano prigionieri delle superstizioni religiose.
Epicuro, che non viene qui
nominato esplicitamente, fu il primo essere mortale a
sfidare tali superstizioni e a indagare con la forza
Le critiche alla religio fatte da Epicuro (Lucrezio spiega a Memmio) non sono empie, ma empi sono i riti tradizionali che una concezione sbagliata degli dei e della loro attività ha imposto agli uomini.
In particolare è empia l'uccisione di Ifigenia, ordinata da Calcante come unico rimedio alla bonaccia che teneva ferma la flotta greca destinata a Troia.
Gli dei esistono ma non aiutano, ne ostacolano, ne puniscono gli uomini (quello succedeva presso i Romani).
Esalta alle stelle la filosofia di Epicuro.
Sequenze:
Lucrezio
riprende i temi fondamentali dell'etica epicurea: l'atarassia (la capacità di chi
è interiormente sicuro, non toccato dalle vicende
Il
lettore che ha appreso già nel primo libro gli aspetti fondamentali
Lucrezio offre lo spettacolo della natura in tutti i suoi aspetti.
E' il
saper vedere [spectare (v.2); tueri (v.5); despicere (v.9); videmus (v.20)] le
cose che distingue il saggio dalla
Sequenze:
Irrisa da Cicerone e da Seneca, la dottrina lucreziana della declinazione atomica costituisce uno dei principi cardinali dell'intero sistema filosofico esposto nel De rerum natura.
In questo passo Lucrezio sostiene che tutti gli atomi si muovono alla stessa velocità e dall'alto verso il basso.
Sostiene anche l'esistenza di un moto casuale che è il clinamen: una deviazione minima nel moto perpendicolare degli atomi. Questo introduce il libero arbitrio (la casualità) che i primi materialisti (Democrito) avevano proposto.
Infatti grazie al clinamen gli atomi, in seguito allo scontro con un altro atomo, variano la loro direzione.
Il
rimprovero ora giunge dalla natura che chiede all'uomo il perché di
Anche Lucrezio rimprovera di questa paura i non convertiti all'epicureismo. Giudica questa paura insensata.
Sostiene che il voler prolungare la vita non giova all'uomo in quanto la morte significa la terminazione di tutti i piaceri e dunque, sfidare questa, vorrebbe dire continuare a vivere privati dei propri piaceri. E allora perché continuare a vivere?
Questo schema logico si sviluppa
attraverso l'immagine topica della vita come un
banchetto da cui l'uomo deve sapersi allontanare una
Presuppone quindi una forza di tipo interiore, un invito all'autarchia e alla moderazione psicologica che devono essere in grado di liberare il discepolo di Lucrezio da vani terrori e desideri.
La noia e il nulla
La terra è impoverita e fiacca ed è stufa di produrre vita e di nutrirla continuamente.
Il lavoro cresce perché, in qualche modo, bisogna far produrre la terra, ma questa produce sempre meno; anche i buoi si stancano sempre di più.
Si trova ora la figura di un vecchio aratore che sospira stanco e in parallelo quella di un padrone che, deluso dai campi, accusa dolente le avverse stagioni e sostiene anche che genti più religiose avessero vissuto meglio.
Se gli uomini riuscissero a scoprire la causa della noia avrebbero una vita migliore. Ma incerti scappano in cerca di altri luoghi.
Si incontra ora un immagine topica di un uomo che lascia il palazzo ma poi, dopo poco tempo, ci ritorna. fuori la vita non è migliore. Un altro uomo scappa a cavallona dopo breve ritorna alla solita vita preso da una crisi di sonno.
Questi uomini vorrebbero fuggire
ma non possono, allora si attaccano a se stessi e si odiano perché non trovano
la causa
Se l'uomo trovasse la causa
Il proemio del libro V è ancora un elogio di Epicuro.
Si riassume poi quanto è stato detto nei libri precedenti, e si enuncia
l'argomento da trattare, precisamente la natività e la mortalità del mondo. Ma
prima si nega la divinità del sole, della luna, delle stelle, dell'etere, in
contrasto a religionie filosofie che tale divinità sostengono. Nel mondo non
c'è posto per gli dei ed essi non hanno alcuna parte nelle vicende
Il mondo non è stato fatto in funzione dell'uomo
In questo passo Lucrezio sottolinea nuovamente, e forse con più vigore, la completa assenza di ogni forma di provvidenza divina dal mondo naturale.
Con questo Lucrezio non vuole
affermare che la natura nutre un senso di vendetta o
odio per l'uomo ma soltanto che gli dei risultano
Le vicende dell'universo, infatti, sono esclusivamente regolate dalle leggi naturali basate sull'interazione di materia atomica indistruttibile e vuoto.
E' questo la parte più discussa ma anche più grandiosa dell'intero poema.
Come nel libro quarto, anche qui inizia da considerazioni scientifiche di carattere generale, di cui l'affresco sublime della peste di Atene costituisce un esempio concreto.
Dapprima infatti analizza le cause che provocano squilibri nell'atmosfera tali da rendere l'aria nociva.
La morte raffigurata alla fine dell'opera potrebbe essere un segno dell'amletismo lucreziana.
La tragica sorte degli ateniesi
sta, più che nella virulenza effettiva
Nel progetto lucreziano rimane comunque uno sfondo educativo espresso con le verba di Epicuro.
E' doveroso ricordare che tutto il libro aveva cercato di spiegare una serie di fenomeni spesso terrificanti, quali il fulmine, i terremoti, i vulcani, e aveva cercato di eliminare le residue tracce di ignoranza causarum che fosse rimasta residua nel discepolo meno influenzato come l'erronea visione religiosa e superstiziosa dell'universo.
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