Giuseppe Ungaretti
<Non so se sono stato un vero poeta, ma so di essere stato un uomo,
perché ho molto amato e molto sofferto ,
ho molto errato e ho saputo quando potevo, riconoscere il mio errore, ma non ho
mai odiato. Ed un uomo è questo che deve fare, molto amare, molto soffrire
,errare e riconoscere se può il proprio errore, ma non odiare mai!>
Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria
d'Egitto, l'8 Febbraio del 1888, ma fu registrato all'anagrafe il 10. I
genitori, di origine toscana, discendono da vecchie famiglie contadine che
lavoravano in piccole frazioni rurali, nelle campagne di Lucca bagnate dal
fiume Serchio, di cui Ungaretti parlerà ne "I fiumi". Il padre, Antonio
Ungaretti , emigrò con tutta la famiglia, per lavorare come serratore, al canale
di Suez; fu quindi operaio allo scavo di quel canale che aprì alle navi una
scorciatoia più sicura per l'Oriente; dove, però, vi contrasse una grave
malattia che lo condusse precocemente alla morte, avvenuta nel 1889, quando
Giuseppe Ungaretti aveva appena due anni. Ad occuparsi della famiglia sarà la
madre, Maria Lunardini, donna analfabeta e taciturna, ma molte religiosa,
gestendo un forno, una panetteria nella periferia di Alessandria, ai margini
del deserto. Nel 1897, Giuseppe Ungaretti, iniziò gli studi all'Istituto Don
Bosco Salesiano, un collegio presso cui studiò anche Filippo Tommaso Marinetti,
grande esponente del Futurismo, ossia il movimento artistico e letterario, in
contrapposizione all'Ermetismo. Quivi, Giuseppe Ungaretti, frequentò il ciclo
elementare e le scuole professionali. Fu la madre ad iscrivere il figlio alla
scuola dei Salesiani. Ma Giuseppe Ungaretti, non si trovava bene nell'ambiente
severo del collegio, lo si nota dai voti , sia nelle varie discipline che in
condotta, non molto esaltanti se li si inseriscono in quel contesto e anche al
contesto scolastico molto prestigioso. Forse sul comportamento del giovane
influì la tristezza del vecchio edificio, una ex-caserma simile ad un carcere ,
a causa delle inferriate alle finestre, dei numeri spessi sino a 6metri e della
piazzola per le esercitazioni dei soldati. La situazione cambia nell'anno
scolastico 1900- 242i82c 1901, (Giuseppe Ungaretti aveva circa 13anni), infatti si
notava di già: la particolare inclinazione per le lingue, soprattutto l'arabo
che sarà fondamentale per la sua poetica, per l'aritmetica, e il voto più alto
in componimento. A soli 15anni, Ungaretti, si ritrovò, così, con una precoce e
severa educazione al plurilinguismo: inglese, francese, italiano e soprattutto
l'arabo. Ciò nonostante, Giuseppe Ungaretti, affermerà che: ".i lucchesi
riescono difficilmente ad imparare la lingua del paese nel quale sono emigrati,
e continuano a parlare lucchese, adoperando le stesse intonazioni, gli stessi
vocaboli, la mia terra è dunque rimasta costantemente in me". Per quanto
riguarda la "sua terra" ,però, c'è da che, il poeta, sulla soglia
giovane-adulto, si accorse di non avere patria, si sentì sradicato e
impossibilitato a sentire radici profonde in una terra, ("In nessuna parte di
terra/mi posso/accasare"). Questa questione diverrà presto tema della sua
opera. Non dimenticherà mai la sua terra natale("La delusione che tu sia,
straniera, /La mia città natale"); sentirà attrazione forte per una eventuale
patria adottiva (la Francia);
i rapporti con il suo vero paese (l'Italia) saranno rapporti di una traboccante
volontà d'amore che si impone, e che non riuscirà mai, a sentire pienamente
ricambiata. In seguito affermerà di avere quattro patrie, ma, questo avverrà
quando Ungaretti avrà già riempito il suo bagaglio culturale, avrà già vissuto
l'esperienza della guerra e così via. Tornando agli studi, riflettendo
sull'iscrizione presso i salesiani e l'avvio all'educazione al plurilinguismo,
c'è da credere che , forse , la madre avrebbe voluto che il figlio divenisse
prete. Quest'ipotesi però, contrasta con un altro fatto: la madre gli fece
anche intraprendere una carriera scolastica professionale, il che non ne
spiegherebbe il motivo, se non era destinato al lavoro. Nel 1904 proseguì gli
studi superiori(seguendo anche corsi di diritto) all'Ecole Suisse Jacot, la
migliore scuola d'Alessandria, in quel periodo. Professori aggiornati e
intelligenti gli parlarono dei nuovi autori francesi, così seguì il " Mercure
de France", e, ben presto, le sue preferenze letterarie divengono: Leopardi,
Baudelaire, Mallarmè, Nietzche. In quell'anno si legò particolarmente ad una
grande amicizia: quella con Moammed Sceab. Nel 1908 Ungaretti frequentò la "
Barocca Rossa", un ritrovo internazionale di anarchici, che ebbe il fervente
organizzatore in Enrico Pea, versiliese, trasferitosi a lavorare in Egitto, e
per tutta la sua vita, (di grande scrittore) molto legato ad Ungaretti. In
quegli anni, dalla Baracca Rossa, fu organizzata un azione per liberare dei
marinai russi(dell'incrociatore Potiomkin), ammutinati nel porto di Alessandria
e arrestati, (La nave russa si trovava nel Mediterraneo per portare soccorso ai
terremotati di Messina). Anche Ungaretti fu processato, presso il Consolato
d'Italia, (in base alle leggi delle Capitolazioni):ci fu poi un assoluzione
generale. In quel periodo Ungaretti faceva propaganda atea ed anarchica,
scriveva articoli politici e letterari; pubblicò anche qualche novella sui
giornali locali e tradusse qualcuno dei "Racconti Straordinari" di Edgard Allan
Poe. Ma non era ancora il momento di scrivere, ne tantomeno di pubblicare,
versi di suo pugno. Nel 1912 partì per l'Italia, con l'intenzione di compiere
gli studi di diritto, (secondo le insistenze materne) a Parigi, per poi invece
tornare in Egitto. Ungaretti aveva 24anni. Prima di allora era sempre vissuto
ai margini del deserto. Non si era praticamente mai mosso prima d'allora da
quella zona: mare, deserto, una città, come lui stesso dice, "friabile", che si
distrugge e si ricostruisce, senza architettura. Una città in cui convivono
varie etnie, in cui la miseria degli arabi si contrappone ad alcune fortune dei
straricchi europei. Fino ad allora non aveva l'idea diretta di che cosa fosse
la montagna, ad esempio, o l'architettura; non ha il senso che il paesaggio e
l'architettura possono avere una stratificazione storica che, via via, porta
avanti , attraverso i secoli nella storia civile e artistica di una nazione, di
un popolo. Dov'è nato, alle spalle, c'è l'inizio dell'epoca storica: poi sabbia,
materie friabili, oasi. Dell'Italia, del paese di origine della sua famiglia
(Lucca), ha sentito solo favoleggiare. Se ha subìto il senso concreto dell'oasi
e del miraggio e (naturalmente) del deserto, ha anche subìto il senso di
quest'Italia come di una Terra promessa. Lui stesso rilascerà testimonianze in
cui affermò di non aver fatto in tempo a rendersi conto della permanente forza
e del significato dell'architettura; è la montagna "che sta, che non si muove"
la sua stabilità, la meraviglia maggiore, e anche riscontrare per strada, nei
volti toscani che incontra, le stesse caratteristiche fisiche che è in grado di
cogliere dalle antiche pitture, soprattutto nelle opere di Masaccio: «Mi scopro
con terrore nei connotati di queste persone», dirà poco più tardi. In Italia
sbarcò a Brindisi, vide rapidamente Roma, la sosta più lunga fu quella a
Firenze, presso gli amici della «Voce», con i quali era in corrispondenza
dall'Egitto, particolarmente con Piero Jahier e Prezzolini. A proposito della
sosta a Firenze, disse: "Quando rientrai dall'Egitto andai a Firenze. Con
Jahier, uno di quei giorni, facemmo una gita all'Abetone. Non avevo mai visto
montagne, venivo dal deserto. La montagna, la neve: novità. Naturalmente poi ci
fu altro: Andai a Parigi e poi, venni allo scoppio della guerra del 1914, a Milano, dove
insegnavo francese in una scuola serale. Il paesaggio che mi era stato
familiare nell'infanzia, un paesaggio assolutamente privo di figure, salvo
quelle degli abbagli del deserto; si fuse dunque col paesaggio francese e anche
con quel paesaggio toscano che avevo intravisto.".Già nell'autunno del 1912,
dove si stabilì per un po', prese alloggio in un alberghetto di "rue des Carmes". Dagli amici della voce,
ottenne lettere di presentazione, ad esempio per Pèguy e per Sorel. Quelli erano inoltre gli anni in
cui egli prese contatto con la fucina dell'invenzione dell'arte. In ogni campo,
soprattutto quello delle arti figurative, nuovi inventori o geniali
rielaboratori da tutto il mondo operavano a Parigi. Infatti ebbe di incontrare
intellettuali come Severini, Satie, Gris, Braque, Paul Fort. Conobbe Picasso,
Modigliani, Jacob, De Chirico e Savino. Era in contatto con il gruppo
fiorentino che, staccatosi dalla «Voce», diede vita a «Lacerba»; Soffici è di
continuo nella lussuosa capitale, così come Aldo Palazzeschi e Papini, o
pittori futuristi come Boccioni, Carrà, Magnelli ecc.Era l'anno 1913 e
Ungaretti frequentava i caffè letterari parigini, dove divenne amico di Lèger,
conobbe Apollinaire, al quale si legò di profondo affetto. Nell'estate dello
stesso anno il suo amico arabo della prima adolescenza Moammed Sceab, che lo
raggiunse dall'Egitto, si tolse la vita, un giorno in quello stesso albergo di
Rue des Carmes. Di questo suo amico egiziano, emigrato a Parigi scriverà la
poesia: "In memoria",(da "Il porto sepolto"):
"Si
chiamava Fu
Marcel [.]
Moammed Sceab ma non era Francese Riposa
E non
sapeva più nel
camposanto d'Ivry
Discendente vivere sobborgo
che pare
di Emiri di nomadi nella tenda dei suoi sempre
suicida dove si ascolta la
cantilena in una giornata
perché non aveva più del Corano di una
Patria gustando un
caffè decomposta fiera
Amò la Francia E non
sapeva E forse io
solo
e mutò nome sciogliere so ancora
il
canto che
visse
del
suo abbandono
Moammed Sceab, non era riuscito a partecipare
con egual fervore di quel momento formativo e creativo dell'arte: «non sapeva
sciogliere il canto del suo abbandono». Ungaretti sa che al rischio di quella
sorte era stato molto vicino anche lui. Per lui fu la Francia la prima patria. La Francia - per i suoi
amici, per la tradizione letteraria, per quello che era stata ed era nella
presenza e nella vita, - veniva a rappresentare, sinteticamente forse,
ingenuamente magari, l'idea della pace, della possibilità di seguitare a vivere
in questa ricerca. Questo è un concetto importante che serve a spiegare, per
esempio, come poteva esser accaduto ad Ungaretti, anarchico, di ritrovarsi in
Versilia a sostenere con fervore e persino con violenza (fu una volta tratto in
arresto) le ragioni della campagna interventista. Per lui, Francia significava
pace(Apollinaire, aveva cantato:«Italia/ Toi notre mère et notre fille/ quelque
chose comme une soeur.»); Germania significava guerra, e diverso atteggiamento
nel campo di quella libera ricerca. Sempre nel 1913 frequentò l'università, a
lettere (addio studi giuridici!); qui discuteva con Strowski una tesina su
Maurice De Guèrin. Seguì il corso che Bergson tenne al Collège de France, un
corso dedicato alla dimensione del tempo, ed avrà molta influenza su Ungaretti.
Nel 1914 rientrò in Italia per prendere un titolo di studio: l'abilitazione
all'insegnamento della lingua francese. E' il periodo della campagna
interventista: in Ungaretti ferveva un animo accentuatamente interventista, che
lo portò a partecipare in pieno alla campagna per l'intervento, facendo comizi
nella zona di Versilia. Lascerà il paese dopo essere stato arrestato e si
sposterà a Milano dove, superato l'esame, inizierà ad insegnare. E' ormai in
attesa del richiamo delle armi, non può più rientrare in patria. Fu proprio a Milano che scrisse le sue prime
poesie, che faranno parte della sezione "Ultime" che apre "L'Allegria". Nel
1915 pubblica le prime liriche su «Lacerba» nel Febbraio, in Aprile e a Maggio
si arruola volontariamente come soldato semplice: in un primo tempo sembra
destinato a restare in un ospedale militare, ma nel Dicembre è già al fronte e
si prepara a combattere prima sul Carso e poi sul fronte austriaco e quello
francese. La prima poesia dal fronte è datata 22 dicembre 1915. La guerra, con
la sua atroce violenza gli fece capire l'assurdità del conflitto e la necessità
che l'uomo sente di riaccostarsi fraternamente agli altri uomini. Questi
sentimenti emergono con accenti vivi ed essenziali nelle prime liriche: "Il
porto sepolto". L'intero anno del 1916 lo trascorre tra prima linea e retrovia;
scrive tutto "Il porto sepolto", che viene pubblicato da Ettore Serra. Nel 1918
il suo reggimento viene trasferito in Francia. Ungaretti giunge, in
concomitanza con l'armistizio, a Parigi dove rincontra Apollinaire che muore
nello stesso anno. Qui, nel 1919 lavora come giornalista e collabora col «Popolo
d'Italia». Esce "Allegria di naufragi" che comprende "Il porto sepolto" e i
versi scritti dal '18 al '19 oltre alla sezione "Ultime". Nello stesso anno
sposa Jeanne Dupoix. Nel 1920 rientra in Italia e si stabilisce a Roma: ha un
incarico presso ufficio stampa del Ministero degli esteri. Nel 1922 segue per
un'agenzia di stampa Francese a Genova, i lavori della Conferenza per il
Trattato di Rapallo. Nel 1923 esce a La Spezia una edizione del Porto sepolto, che
comprende le poesie precedenti e quelle scritte dal '19 in poi che faranno parte
della stagione del Sentimento del tempo. Si trasferisce sui colli romani, a
Marino. Nel 1925 nasce la prima figlia, Anna Maria. Frequenta ancora il caffè
Aragnano e collabora alla rivista «Commerce», di cui è redattore. E' il 1928
(Ungaretti ha 40anni) l'anno della Pietà, della piena conversione alla
religione cattolica, dopo un periodo passato a Subiaco, nella settimana di
Pasqua. Il 1930 è l'anno in cui muore la madre, e nasce il secondo figlio
Antonietto. Nel 1931 esce l'Allegria,( titolo definitivo della raccolta di
poesie tra il 1914 e il 1919.). L'anno seguente la sua poesia ottiene il primo
riconoscimento ufficiale, con il premio del Gondoliere. Nel 1933 esce la sua
nuova raccolta: Sentimento del Tempo e sino al 1936continuano ad uscire testi
popolari africani. E' l'inizio di un lungo lavoro di meditazione e di
traduzione. Ungaretti è invitato ad insegnare letteratura italiana alla
Costituendo Università di San Paolo in Brasile dove rimarrà fino al 1942.
Lascia Milano e da Roma parte per il Brasile . Esce l'edizione compiuta di
Sentimento del Tempo (poesie tra il 1919 e il 1935). Nel 1939 però la vita del
poeta è sconvolta dalla morte precoce (9 anni) del figlio Antonietto, avvenuta
a causa di un attacco di appendicite mal curata. Esperienza dalla quale nacque
una nuova raccolta di liriche: Il Dolore. Nel 1942 torna in Italia dov'è
nominato Accademico d'Italia e gli viene conferito un insegnamento
universitario di Letteratura moderna e contemporanea a Roma. Mondadori inizia
la pubblicazione delle sue opere sotto l'unico titolo: "Vita di un uomo" . Nel
1944 pubblica la traduzione di 22sonetti
di Shakespeare a cui lavora dal 1942 e che nel 1946 saranno 40. Nel 1945 De
Robertis raccoglie le Poesie Disperse. Nel 1947 viene iniziato un procedimento
per l'abolizione della cattedra a Roma, (ottenuta anche da De Robertis), ma
alla fine l'insegnamento viene confermato. Esce Il dolore (poesie tra il 1937
ed il 1946) e nel 1949 il suo primo volume di prosa :Il povero nella città, e riceve
il premio Roma per la poesia. Continua nel 1950 con la pubblicazione di
raccolte poetiche a cui si era dedicato sin dal 1935: "La Terra Promessa"
dove è chiara la ricerca, di quel "soldato", quel "servitore" della speranza
che sempre fu, di una terra, una patria dalla quale però l'esperienza della
vita lo allontana, cosicchè il suo canto tornerà al deserto, alla solitudine e
alla nullità, benchè sempre in lui resterà il senso di ricerca e di
disponibilità d'amore. Nel 1952 appare "Un Grido e Paesaggi" che contiene
poesie "Gridasti: soffoco", dedicata al figlio venuto a mancare anni prima. Nel
1956 riceve l'ennesimo premio di poesia di Knokke-Le-Zoute. Nel 1958 compie 70
anni e la rivista «Letteratura» gli dedica un numero d'omaggio di 370 pagine.
Ma nello stesso anno muore la moglie Jeanne Dupoix. Nel 1960 esce Il Taccuino
del Vecchio con una raccolta di testimonianze e amici scrittori di tutto il
mondo. Con degli amici fa una lunga sosta in Giappone. Nello stesso anno riceve
il premio Montefeltro. L'anno seguente ('61) escono le prose di viaggio del
Deserto e Dopo, che riprendono e ampliano quelle del Povero nella città. Vi
raccoglie anche tradizioni della poesia brasiliana. Nel 1962 viene eletto
presidente della Comunità Europea degli Scrittori. Nel 1964 tiene il ciclo di
lezioni alla Columbia University di New York. Due anni dopo riceve il premio
Internazionale di poesia Etna-Taormina. Nel 1968 in occasione degli 80
anni riceve solenni onoranze da parte del Governo Italiano. Escono due rare
edizioni: Dialogo, piccola raccolta di poesie d'amore, e Morte delle Stagioni,
che unisce anche le opere di Terra Promessa , Taccuino del vecchio e gli ultimi
versi sparsi fino al '66. Nel 1969 viaggia negli Stati Uniti, in Svezia e in
Germania. Esce una raccolta di saggi, "Innocence et mèmoire" , e un volume che
comprende tutte le poesie con note e saggi. Nella notte tra il 31dicembre '69 e
il primo gennaio '70 scrive l'ultima poesia, "L'impietrito e il velluto" che
esce per il suo 82esimo compleanno. Torna negli USA per ricevere un premio
all'Università di Oklahoma. A New York si ammala e viene ricoverato in clinica;
rientrato in Italia si stabilisce per curarsi a Salsomaggiore. Muore
d'improvviso a Milano la notte tra il 1 e il 2 giugno del 1970.
L'ermetismo
Introduzione.
All'inizio del XX
secolo, la poesia italiana si mantiene nel complesso, dal punto di vista
formale, ancora entro i limiti della tradizione. Sebbene in alcuni dei grandi
poeti, del periodo tra fine 800 e intorno 900,siano già presenti i segni di
rinnovamento, essi non rompono mai con il passato. Il rinnovamento del
linguaggio poetico, come tentativo di svincolarsi dagli schemi ideali e formali
tradizionali, si realizza con i primi
movimenti letterari del Novecento.
La corrente più
significativa, nella quale la rivoluzione appare più consapevole e naturale, è
l'Ermetismo, definito come poesia pura o
poesia ermetica. Si ha la scoperta della parola essenziale, si tende a
concentrare in poche, scarne parole il
massimo dei significati , eliminando ogni elemento decorativo. La metrica
tradizionale è superata, trionfa il verso libero, la punteggiatura è travolta
abolita o ridotta al minimo.
La poesia
ermetica interpreta una condizione spirituale del tutto nuova, in relazione
alle vicende storiche del Paese: la prima guerra mondiale, il fascismo. Esprime
il disaggio dell'uomo di fronte ai cambiamenti della società. Tale disagio si
manifesta in alcuni temi particolarmente sentiti: il senso di
inquietudine o di solitudine, l'angoscia esistenziale che deriva dal non
comprendere il significato della vita, dall'impossibilità di stabilire un
rapporto armonioso con l'universo; il desiderio vano di possedere certezze. La
poesia è sentita come un valore assoluto, in quanto costituisce l'unica
possibilità di conoscenza non razionale della realtà, attraverso sensazioni e stati d'animo, espressi mediante
brevi intuizioni, fulminee folgorazioni. I poeti ricorrono all'uso di metafore,
sinestesie , analogie per rendere più carichi di significati i loro messaggi.
Col movimento ermetico la poesia italiana si allinea con gli altri paesi
europei , superando gli schemi tradizionali che ancora la legavano al passato e
divenendo più idonea a rappresentare l'inquieta sensibilità moderna.