Nella prefazione al romanzo Verga presenta il tema di fondo
dello scritto: la rottura di un equilibrio dato dalla tradizione immobile e
abitudinaria di una famiglia semplice di Aci Trezza, per l'irrompere di nuove
forze, «la fiumana del progresso» scrive Verga, il desiderio di migliorare le
condizioni di una vita grama, lasciando risplendere i luccichii di una
necessaria modernità nel buio fitto dell'universo arcaico. La prefazione
potrebbe leggersi insieme al commento di Luigi Russo, noto recensore dell'opera
omnia verghiana: per il critico il testo rappresenta l'esaltazione del
mondo primitivo, la «religione della casa» e della famiglia.
La lotta de "i Malavoglia" non è esclusivo battersi contro
la natura geografica incarnata dal mare, bestia famelica che inghiotte la
piccola barca dei pescatori, la Provvidenza, portando morte e
disperazione, ma anche scontro con la natura umana, rivisitata nelle
malelingue degli abitanti di Aci Trezza: gente invidiosa, pettegola e
cattiva.
Quando il giovane 'Ntoni lascia il focolare domestico perché
disgustato dalle condizioni estreme di un'esistenza il cui peso non riesce a
sopportare, getta l'intera famiglia nel tormento, lasciando gravare la
funerea sensazione che i valori da sempre perseguiti, ormai senz'anima, non
abbiano più ragion d'essere. E questi valori sono la casa, in quanto
materializzazione della possibilità di sopravvivere, ma anche l'onestà,
l'onore. Vessilli in costante estinzione.
Ne I Malavoglia restano ancora in vita i depositari
delle leggi e dei codici esistenziali messi in crisi dal progresso: oltre al
vecchio 'Ntoni, anche Bastianazzo e altri; ma da vicino i loro valori
rivelano la natura di ideali ormai incomprensibili ai più, a quella massa che
si è sporta ad ammirare i nuovi dei, il denaro, il successo. Il paese, Aci
Trezza, è un coro di abbrutiti, di gente avvelenata dai principi avari del
materialismo. Verga non descrive gli ambienti, lo stile impersonale glielo
impedisce. E allora getta pennellate veloci e poi scrive: racconta del mare
che è, tuttavia, metafora infausta dell'onda del progresso che travolge chi è
incapace di cavalcarla.
Il momento storico è la fotografia degli stessi anni in cui
Verga narra (1863-1878). E' la quotidianità dell'Italia post-unitaria, la
vita dei nostri predecessori nei suoi risvolti umanamente impoveriti quali il
brigantaggio, il lavoro minorile, il servizio militare e le tasse. E' uno
sfondo che, tuttavia, ha dato modo al romanzo verghiano di farsi voce viva e
attuale di una storia realmente vissuta, regionale e universale insieme.
Verga ha un chiaro atteggiamento di premuto pessimismo.
D'altronde è ateo e materialista, non si giova dei privilegi donati dallo
spirito paraclito della religione, che egli intende come insieme di
atteggiamenti di sola pratica abitudinaria senza valore consolatorio alcuno.
Non si intromette nella narrazione, affida tutto alla tecnica ben nota
dell'impersonalità, del lasciare che sembri, davvero, che l'opera si sia
scritta da sé. Nessun filo si percepisce tra il romanzo e il suo autore,
nessun collegamento da potersi fare. Tanti sono i proverbi, simbolo della
saggezza di una generazione passata, molti i paragoni, mente il flusso
gergale è usato solo là dove serve.
E la vita, nel romanzo, assume un po' i caratteri dell'immobilismo:
nulla evolve o muta. Verga si lascia trascinare indietro e regredisce, quasi
risucchiato dalle pagine del romanzo. Si abbassa al livello dei suoi
personaggi in modo da poter dire, fare e vedere così come essi dicono, fanno
e vedono. La sintassi e il lessico sono di stampo popolare, di un siciliano
carico di anacoluti ed errori, che tuttavia, fatta eccezione per quei pochi
vocaboli assolutamente intraducibili, non è dialettale. E il discorso è
totalmente libero. Diretto, nonostante venga reso indirettamente.
Dopo il naufragio della Provvidenza, i ripetuti
lutti, i debiti dovuti al fallimento del commercio di lupini e
l'allontanamento del giovane 'Ntoni, fuggito alla scoperta della vita nella
grande città, Alessi, uno dei nipoti del vecchio 'Ntoni, troverà il modo di
riscattare la "casa del nespolo" e ricomporre un frammento dell'antico nucleo
familiare. Dunque, sembrerebbe di ravvisare un lieto fine tra le ultime righe
del romanzo, ma la critica recente non è del tutto concorde.
C'è chi, come Barberi Squarotti, la pensa diversamente:
l'uscita di prigione del giovane 'Ntoni, il ritorno a casa dello stesso e, di
nuovo, il suo definitivo allontanarsi nella piena coscienza di una spaccatura
insanabile con la propria famiglia, è il simbolo di un commiato ancora più
disgregante. E' il distacco dal mondo arcaico irrimediabilmente sconfitto per
l'avvicinarsi dell'era moderna. E' un passaggio. Il percorso del giovane
'Ntoni, d'altra parte, sarà ripreso e continuato da Gesualdo che, esponente
più tipico del mondo evoluto, avrà il dinamismo e l'intraprendenza di un self
made man.