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FRANCESCO PETRARCA - La poesia d'amore in volgare

letteratura



FRANCESCO PETRARCA


LA VITA


Petrarca nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304, da una famiglia borghese. Il padre, ser Petracco, era notaio, ed era stato mandato in esilio dopo che la parte nera si era impadronita del potere in Firenze. Era perciò un fuoruscito politico come Dante.

Studi

Nel 1312 ser Petracco, ,si trasferì con la famiglia ad Avignone, dove allora risiedeva il papa. Francesco, secondo il volere del padre, si dedicò a studi giuridici, prima all'Università di Montpellier, e poi a Bologna, ma lo studio 919h74j del diritto interessava poco a Francesco e non terminò i corsi., La sua vocazione era letteraria. Quando nel 1326 il padre morì, tornò ad Avignone.

Qui conduceva una vita frivola e mondana. Ciò non gli impediva però di dedicarsi allo studio degli scrittori classici, per i quali nutriva una sconfinata ammirazione.

I classici e sant'Agostino:

I suoi maestri erano Virgilio e Cicerone, venerati soprattutto per le loro bellezze formali. Ma accanto ad essi teneva sempre con sé un piccolo libro, le Confessioni di sant'Agostino. Già negli anni della formazione si delineano così le due tendenze fondamentali della cultura petrarchesca, il



culto dei classici ed un'intensa spiritualità cristiana, tra cui Petrarca cercherà poi sempre una

conciliazione.

La poesia d'amore in volgare:

La lingua in cui pensava e scriveva abitualmente, come ci rivelano gli appunti a margine dei suoi manoscritti, era il latino; ma parallelamente coltivava anche il genere della poesia lirica volgare, sulle orme degli stilnovisti, di Dante, di Cino da Pistoia. L'uso del volgare era dunque una scelta letteraria, un omaggio ad una tradizione poetica già prestigiosa e alla sua lingua.

Laura:

Scondo il modello dei poeti d'amore volle focalizzare la sua poesia intorno ad un'unica immagine femminile, a cui diede il nome di Laura, nome simbolico, in quanto richiamava il lauro, la pianta sacra ad Apollo, dio della poesia. Egli stesso sostiene più volte nelle sue liriche che l'incontro con Laura avvenne «il dì sesto d'aprile» del 1327, in una chiesa di Avignone. Sono nate molte discussioni sull'effettiva realtà di questo amore (già Boccaccio lo interpretava come pura espressione allegorica del desiderio di gloria poetica). Ora si è abbastanza concordi nel ritenere che alla base della lirica del Canzoniere vi sia un'esperienza reale, probabilmente un episodio effimero, che, nell' esperienza letteraria, ebbe il valore di un simbolo, intorno a cui il poeta concentrò tutti gli

elementi della sua travagliata vita interiore, le sue contraddittorie aspirazioni, le debolezze, le colpe, i ripiegamenti, le sconfitte.

La sicurezza materiale

Petrarca sentiva fortemente anche l'esigenza della sicurezza materiale e della tranquillità. Allora la carriera più agevole che si apriva ad un intellettuale senza beni propri o una professione (giudice, notaio, medico) era quella ecclesiastica. Petrarca prese perciò gli ordini minori, che non implicavano la cura delle anime, ma consentivano di accedere a cariche e a rendite lucrose. Ottenne la protezione del vescovo Giacomo Colonna, e fu per anni, fino al 1347, alle dipendenze del fratello di questi, il cardinal Giovanni Colonna.

I viaggi

La grande curiosità e desiderio di conoscere, lo spinge a viaggiare, percorre la Francia settentrionale, le Fiandre e la Renania, nel'37 è a Roma, e resta fortemente colpito dalla maestà delle rovine antiche, che accresce in lui la venerazione per il mondo classico. Ogni viaggio è per Petrarca l'occasione per arricchire la propria cultura: nei vari luoghi dove si reca cerca nelle biblioteche di monasteri, abbazie, vescovadi, scoprendo testi di classici latini; inoltre stringe amicizia con diversi letterati europei e italiani, con cui negli anni a venire continuerà a intrattenere una fitta corrispondenza.



La ricerca interiore

A  questa necessità di esplorare continuamente il mondo esteriore, in Petrarca si contrappone bisogno di chiudersi nell'interiorità, di indagarsi, di approfondire la conoscenza di sé. Emblematica è a riguardo l'esperienza dell'ascesa al monte Ventoso, che è narrata in una famosa epistola delle Familiari (cfr. T58).Il poeta con il fratello Gherardo sale sul monte Ventoso presso Avignone, osserva con piacere tutta la vasta estensione del paesaggio, scorgendo in lontananza le Alpi coperte di neve e il mare di Provenza. Assorto nella meditazione, apre le Confessioni di sant'Agostino che porta sempre con sé e legge una frase per lui illuminante: «E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l'immensità dell'oceano, il corso degli astri, e trascurano se stessi». La pagina è presa da Petrarca a simbolo di tutta la sua esperienza spirituale, divisa tra il richiamo dei beni terreni e il bisogno di una vita più pura e raccolta, tutta indirizzata al perfezionamento interiore e alla salvezza.

Valchiusa

Questa tendenza al raccoglimento interiore si concreta nel ritiro a Valchiusa, poco lontano da Avignone. Qui, nel paesaggio sereno e idillico, Petrarca ama rifugiarsi lontano dalle preoccupazioni quotidiane e dal tumulto della vita cittadina, dedicandosi alla lettura dei classici, alla scrittura, alla meditazione. Da questo otium nasce gran parte delle sue opere, sia in latino sia in volgare.

Bisogno di gloria e l'incoronazione

Ma l'attività letteraria per Petrarca non è solo otium. In primo luogo, vi è in Petrarca un grande bisogno di gloria, di riconoscimenti, di onori. Tale desiderio è appagato dall'incoronazione poetica. Petrarca vi aspirava da lungo tempo, e seppe abilmente muoversi per ottenerla, grazie so-

prattutto all'appoggio dei Colonna. L'incoronazione avvenne a Roma, sul Campidoglio, nel 1341,

in una solenne cerimonia che agli occhi del poeta pareva risuscitare i fasti di Roma antica, da troppo tempo dimenticati.

La crisi religiosa

Petrarca fu entrò in una forte crisi religiosa, scatenata dalla decisione improvvisa del fratello Gherardo, di ritirarsi a vita religiosa e dalla vergogna per la nascita della figlia naturale Francesca, (gli ordini minori che egli aveva preso comportavano l'obbligo del celibato e della castità). Ma egli non riesce a prendere una decisione così radicale e definitiva come quella del fratello, in lui la crisi porta alla continua lotta fra l'ansia di purificazione, e il risorgere di interessi mondani, letterari e politici.

L'impegno politico

Petrarca sente vivamente i grandi problemi del suo tempo, e vuole partecipare, proprio in quanto intellettuale. Egli usa il suo prestigio e la sua eloquenza per perorare il ritorno del papa a

Roma, per bollare la corruzione della Curia avignonese ed incitare la Chiesa a ricuperare la

sua purezza originaria; rivolge appelli all'imperatore Carlo IV di Boemia perché scenda in Ita-

lia a ristabilire l'autorità imperiale; condanna le lotte civili fra le fazioni e fra i signori italiani e

invoca una pace durevole; partecipa ad ambascerie e missioni diplomatiche

Cola di Rienzo

Soprattutto si entusiasma per il tentativo politico di Cola di Rienzo, che, restaurata la repubblica nella Roma abbandonata dal papa, sogna di riportare la città alla grandezza antica, facendola cen-

tro di una rinnovata cristianità. Petrarca, ispirato dagli stessi ideali e dallo stesso culto della

Roma classica, invia varie lettere a Cola, per esortarlo a perseverare e indicargli la via da se-

guire. Si pone anche in viaggio per poter essere a Roma al suo fianco; ma, giunto a Genova, la

notizia del degenerare dell'azione del tribuno lo distoglie dai suoi propositi.

L'insofferenza per la corruzione della Curia avignonese porta Petrarca a lasciare, nel 1347, Avignone e il servizio dei Colonna.

In Italia

Tra il'48 e il '51 soggiorna a lungo in Italia, di passaggio a Firenze, conosce di persona Boccaccio e stringe legami con il gruppo di intellettuali fiorentini che già sono precursori dell'Umanesimo, e che lo vedono come un maestro.

Milano

Nel '53 decide di stabilirsi ano definitivamente in Italia, cedendo agli inviti di Giovanni Visconti, signore di Milano. Non ha incarichi precisi: è un illustre ospite, L' otium di cui può godere e la tranquillità della sua casa milanese, gli consentono di dedicarsi alla cura di numerose opere già intraprese in precedenza. Ma nel '6 1, per sfuggire ad una pestilenza che devasta Milano, lascia la città e si rifugia a Venezia.

Padova

Nel'67 poi passa a Padova dove è accolto con grandi onori dai signori del luogo, i da Carrara

Gran parte dei suoi ultimi anni la trascorre in una villetta presso Arquà nei colli Euganei, confortato dalla presenza della figlia Francesca e assorto sempre nelle attività a lui più care, studiare e scrivere.   In questo sereno soggiorno di Arquà si spegne nella notte fra il

18 e il 19 luglio del 1374; secondo la leggenda la morte lo colse chino su un codice del suo

amato Virgilio.


UNA NUOVA FIGURA DI INTELLETTUALE


L'intellettuale cosmopolita

Petrarca è un intellettuale diverso dagli scrittori del Duecento e da Dante in quanto non è più comunale e legato ad un preciso ambiente cittadino, lo si vede nella sua ansia di viaggiare e dal variare continuo dei suoi soggiorni.

E evidente la distanza che lo separa da Dante, che, esule per l'Italia, rimpiangeva di aver lasciato la sua città e non pensava che a ritornare al «bell'ovile» dove aveva «dormito agnello».

L'intellettuale cortigiano

In secondo luogo, Petrarca non è più l'intellettuale-cittadino che partecipa attivamente alla vita politica del suo comune.E' ormai pienamente l'intellettuale cortigiano: accetta la nuova istituzione della Signoria, che si è ampiamente affermata in Italia, e la sostiene con il suo prestigio e la sua autorevolezza di grande intellettuale, di uomo di vasta cultura e di fama europea. In questo ha una funzione pubblica: dà consigli e ammonimenti ai signori, dà lustro con la sua fama alla corte, è impiegato in incarichi prestigiosi; in cambio ne ha rendite, pubblici onori, protezione.

Autonomia intellettuale

Tuttavia resta geloso della sua autonomia di intellettuale, dei Signori resta più che altro un illustre ospite. Si poteva permettere questa indipendenza grazie alle rendite ecclesiastiche, che non lo costringevano a dipendere, per il mantenimento materiale, dai favori di un signore.

Il chierico

Anche in questo Petrarca anticipa una figura di intellettuale che diverrà in seguito sempre più diffusa: il chierico, colui che trae sostentamento da cariche ecclesiastiche, e da esso ricava la possibilità di dedicarsi agli studi a tempo pieno godendo del privilegio di disporre dei libri che voleva, privilegio riservato a pochi, dato il costo altissimo che allora avevano i libri manoscritti.

Il prestigio della letteratura

La letteratura aveva assunto grande prestigio presso i gruppi dirigenti italiani Essa viene considerata la più alta manifestazione dello spirito umano. Il letterato è colui che con i suoi studi fa rivivere il mondo antico, a cui si guarda sempre più con reverenza come modello di vita spirituale e civile. Inoltre le opere del letterato garantivano l'immortalità della fama presso i posteri. Si delinea già la concezione della cultura tipica dell'Umanesimo.

La concezione pre-umanistica della cultura

Per Petrarca nelle lettere si trattano i più alti valori umani, e si possono individuare gli strumenti per la formazione complessiva della persona. Perciò esse non devono essere asservite a fini pratici, ma devono restare un'attività assolutamente disinteressata. Petrarca disprezza il sapere puramente tecnico e scientifico, le 'arti meccaniche'; le lettere invece sono veramente utili e costruttive, perché portano alla meditazione e alla riflessione interiore, permettendo la vera conoscenza di sé e confortano l'animo. Per questo Petrarca ha una idea altissima della dignità del poeta, che ha il potere di consacrare all'immortalità se stesso e coloro di cui tratta. Questa concezione della letteratura e dell'attività intellettuale (in gran parte ispirata a Cicerone) anticipa quella che trionferà nel secolo successivo con l'Umanesimo (il quale, infatti, guarderà a Petrarca come ad un iniziatore e ad un maestro).


LE OPERE RELIGIOSE E MORALI


La maggior parte dell'opera petrarchesca è in latino; in volgare egli scrisse soltanto il Canzoniere e i Trionfi. La vastissima produzione latina può essere suddivisa in due gruppi di opere, quelle religioso-morali e quelle 'umanistiche' (ma i tratti comuni, sul piano delle tematiche come dello stile, sono moltissimi).

Due opere di polemica filosofica, scritte nella maturità, forniscono la chiave per capire la visione del mondo su cui Petrarca fonda tutta la sua attività di scrittore: le Invectivae contra medicum

quendam (Invettive contro un medico, 1352-55) e De sui ipsius et multorum ignorantia

(Sull'ignoranza propria e di molti altri, 1367-70).

Rifiuto della scolastica

In esse Petrarca esprime il suo profondo fastidio per la filosofia scolastica del Medio Evo. Per lui la vera filosofia non è quella che, seguendo l'a ristotelismo, pretende di catalogare nei suoi schemi astratti e aridi tutte le manifestazioni della realtà, della natura come di Dio stesso, ma quella che mira a comprendere l'uomo, a esplorare la sua interiorità per insegnargli a sopportare le miserie della sua esistenza e indicargli la via dell'autentica felicità e della salvezza.

Petrarca non guarda all'insegnamento di Aristotele, ma a quello di sant'Agostino, che aveva proclamato che «in interiore homine habitat veritas» (la verità abita nell'interiorità dell'uomo). Tra Dante e Petrarca corre solo una generazione, ma le due esperienze intellettuali sonomolto diverse. Dante aveva alla base della sua visione del mondo proprio la filosofia scolastico-aristotelica, e ne traeva quell'incrollabile fede in un ordine perfetto che racchiudesse tutte le manifestazioni della realtà. In Petrarca la fede dantesca è venuta meno, e con essa anche la certezza di poter dominare la realtà con rigorosi schemi concettuali. Perciò egli rinuncia ad affrontare il mondo esterno nella sua concretezza e nella molteplicità dei suoi aspetti e si rinchiude esclusivamente nella contemplazione del proprio io, nell'analisi delle proprie inquietudini e delle proprie contraddizioni interiori.

Questo continuo esame di coscienza si trova nelle opere di meditazione religiosa e morale. La più importante è il Secretum, concepito all'epoca della crisi religiosa del poeta, ma ripreso e rimaneggiato. Il titolo completo: De secreto conflictu curarum mearum (Il conflitto segreto dei miei affanni): il significato dell'opera riguarda soprattutto il contrasto delle passioni, gli impulsi contraddittori dell'animo. L'opera, divisa in tre libri, è strutturata come un dialogo tra Francesco stesso e Agostino, il santo e filosofo che Petrarca considerava la sua autentica guida spirituale. Il dialogo si svolge in tre giorni alla presenza di una donna bellissima, figurazione allegorica della Verità, che non prende mai la parola (l'impostazione allegorica, mostra chiaramente il permanere in Petrarca di schemi della cultura medievale). Nel dialogo lo scrittore si sdoppia in due personaggi, che sono entrambi proiezioni della sua interiorità inquieta e lacerata. Agostino rappresenta la coscienza, che fruga nell'animo di Francesco, smonta implacabilmente le sue giustificazioni e i suoi alibi morali, per portare alla luce la verità, spesso sgradevole; Francesco rappresenta la fragilità del peccatore, disposto a imparare ma anche riluttante a staccarsi dalle lusinghe mondane e dai beni che gli sono più cari. Nel primo libro Agostino rimprovera a Francesco la debolezza della volontà, che gli impedisce di tradurre in atto le sue velleitarie aspirazioni ad una vita più pura e virtuosa. Nel secondo libro passa in rassegna i sette peccati capitali, e si sofferma su quello che più gravemente affligge Francesco, l'accidia, una sorta di inerzia morale, di languida debolezza del volere, che annulla ogni possibilità di scelta e di azione e getta l'animo in una tristezza perenne. Ma due sono le colpe più gravi, esaminate nel terzo libro: il desiderio di gloria terrena, che distoglie il pensiero dalle cose eterne, e l'amore per Laura. Per Francesco si tratta di inclinazioni innocenti, mentre per Agostino sono le più basse passioni. In particolare Francesco si inganna nel ritenere che l'amore per Laura sia stato spirituale e fonte di virtù; al contrario, dimostra Agostino, da esso ha avuto inizio la sua degradazione morale.

Mancanza di soluzione ai conflitti

Il dialogo è tutto pervaso dal bisogno di raggiungere la pace interiore, ma quando si conclude tutte le contraddizioni del poeta restano aperte: Francesco non giunge ad un saldo proposito di cambiar vita; anche se vorrebbe farlo subito, riconosce che non può vincere la sua natura. In ciò si può di nuovo vedere la distanza che separa l'esperienza spirituale di Petrarca da quella di Dante. Petrarca non riesce più a delineare l'esemplare vicenda dell'anima che, dalla «selva» del peccato, attraverso il pentimento e la purificazione riesce a giungere alla pace e alla salvezza. Petrarca è ormai l'uomo della crisi. Tale crisi non è solo un dato biografico individuale, limitato alla persona di Petrarca, ma assume un più vasto significato storico.

Petrarca appare come rappresentante di un'età di trapasso tra la disgregata spiritualità medievale e la nuova civiltà umanistico-rinascimentale.

Il latino di Petrarca

Il latino del Petrarca è limpido e armonioso strutturato secondo la lingua dei classici e le pagine sono ricche di citazioni classiche.

De vita solitaria

Il tentativo di conciliare cultura classica e spiritualità cristiana si trova in altre opere religioso-morali di Petrarca. Il de vita solitaria (La vita solitaria) esalta la solitudine. Ma per Petrarca essa deve essere qualche cosa di diverso dalla rigida solitudine degli eremiti: deve essere rallegrata dalle bellezze della natura, dalla conversazione, ma soprattutto dalla presenza dei libri. La solitudine può essere fonte di purificazione interiore mediante la meditazione e la preghiera, ma anche di elevazione dell'animo tramite lo studio dei classici e l'esercizio della poesia.

La conciliazione fra cultura classica e religiosità cristiana

Tra cultura classica e la religiosità cristiana non vi è per Petrarca alcun contrasto: anzi, la saggezza dei libri antichi è un'anticipazione delle verità cristiane. Quindi le massime degli antichi,soprattutto Seneca e Cicerone, possono guidare e confortare l'animo cristiano.

Per Petrarca le cose terrene sono vane e peccaminose, a parte l'esercizio letterario che innalza lo spirito e lo prepara alla meditazione religiosa, e quindi concilia l'ideale cristiano della rinuncia al mondo e quello classico dell'otium letterario, cioè di un distacco da ogni attività pratica per un impegno totale nella cultura dello spirito. L'esercizio della cultura non distoglie dalla perfezione cristiana, ma va nella stessa direzione, è un avviamento ad essa. Per queste posizioni di Petrarca si è parlato di un umanesimo cristiano.

Il De otio religioso

Dopo una visita alla certosa di Montrieux, dove si era ritirato il fratello Gherardo, compose il De otio religioso (Ozio dei religiosi). Il poeta, colpito dalla vita serena e gioiosa dei monaci, che gli appaiono "non uomini ma angeli", tesse un appassionato elogio della vita monastica, contrapponendola alla vita vana di coloro che inseguono ricchezze e onori.


LE OPERE "UMANISTICHE": Petrarca e il mondo classico

Dante e i classici

Anche Dante aveva un vero culto per i classici. Ma il suo atteggiamento era ben diverso da quello di Petrarca. Dante, come tutta la cultura medievale, non aveva coscienza della frattura esistente tra il mondo antico e quello a lui contemporaneo, perciò poteva assimilare figure e temi della cultura classica, adattandoli alla propria visione della realtà. La prova più eloquente è proprio il personaggio di Virgilio, che è definito «nostra maggior Musa» ed è inteso medievalmente come il grande saggio che «tutto seppe»

Petrarca: la coscienza del distacco

Invece Petrarca ha ormai una coscienza chiara del distacco: per questo non  assimila più il mondo antico al presente


L'attività fililogica

Si parla di attività filologica di Petrarca. Infatti  sente la curiosità di conoscere anche quegli autori e quelle opere che la cultura medievale aveva dimenticato. Perciò durante i suoi numerosi viaggi fruga nelle antiche biblioteche, in cerca di quei testi dimenticati,(testi latini, perché Petrarca non giunse mai a padroneggiare il greco). Fa così scoperte di grande rilievo, come quella delle epistole ad Attico di Cicerone, che gli danno l'impulso a ordinare le proprie epistole latine sul modello ciceroniano. Compie anche un lavoro di confronto tra i manoscritti , per emendarli dagli errori dei copisti; parallelamente si preoccupa di annotare i testi, con chiarimenti storici ed eruditi su persone, luoghi, fatti, con rimandi a passi di altri autori. Inoltre, grazie alla sua rete di corrispondenti italiani ed europei, mette in circolo il suo lavoro nella cultura contemporanea. Il lavoro filologico di Petrarca fornirà un esempio e un modello alle generazioni successive degli umanisti.

La nostalgia del mondo antico

Gli scrittori classici sono per Petrarca un modello di sapienza,  di perfezione stilistica; perciò guarda ad essi con venerazione e nostalgia, perché sente quanto quel modello sia lontano dalla realtà presente. Nasce in lui il bisogno di imitarli.

Le raccolte epistolari

Questo culto dei classici si trova in tutte le raccolte epistolari di Petrarca in prosa latina, indirizzate di norma ad altri intellettuali suoi amici, o a grandi signori o a ecclesiastici. Ne risultano 24 libri di epistole Familiari e 17 di Senili, risalenti agli anni più tardi. A parte si collocano le lettere Sine nomine (Senza nome), così chiamate perché, per ragioni di prudenza, non viene indicato il nome del destinatario, in quanto contengono un'aspra polemica contro la corruzione della Chiesa.

Al di fuori di queste raccolte ordinate dal poeta stesso si collocano le Varie, lettere rintracciate e riunite da amici e collaboratori.

Già nella stesura originaria le lettere non erano solo colloqui confidenziali con i destinatari, ma veri e propri componimenti letterari, elaborati. Nel raccogliere e nel rivedere tutto il materiale per la pubblicazione, Petrarca lo sottopone ad ulteriore elaborazione, togliendo ogni riferimento troppo preciso a fatti, persone, luoghi, sostituendo ai nomi reali di persone degli pseudonimi, utilizzando come modello le epistole ciceroniane.

Trasfigurazione letteraria della realtà

Queste lettere non sono quindi documenti di vita vissuta pur trattando temi e autoanalisi biografici, ma trasfigurazione letteraria  della realtà.

L'immagine esemplare del letterato

Petrarca dà di sé un'immagine ideale ed esemplare del letterato e del dotto. Questa immagine costituirà poi il modello dell'intellettuale per secoli. Gli elementi che la compongono sono:fede in una cultura disinteressata che deve affinare l'animo, il fastidio per le attività pratiche e gli affari quotidiani che distraggono dalla vitaspirituale, il sogno di una vita vera appartata, dedicata ai libri lontano dal tumulto della città in un paesaggio agreste adatto alla meditazione e a tranquille letture, ma il letterato ha anche una funzione pubblica, deve proporsi ad esempio, e dall'alto della sua saggezza e della sua dottrina deve ammonire, consigliare, offrirsi come guida.

Il gusto classico

La legge che presiede alla composizione di queste epistole, è quella della selezione e dell' idealizzazione, principi del classicismo: i particolari della vita quotidiana sono accuratamente selezionati, con esclusione di ciò che è troppo realistico, concreto. Inoltre tutti gli aspetti della vita subiscono una costante trasfigurazione letteraria che conferisce nobiltà e dignità. Torna ad imporsi nell'opera latina del Petrarca quella rigorosa separazione degli stili che era propria della cultura antica, e che il Medio Evo con Dante aveva ribaltato.Basti pensare alla mescolanza di sublime e quotidiano, di nobile e di turpe, che caratterizzava la Commedia dantesca. Con Petrarca la realtà bassa e quotidiana viene di nuovo esclusa dalla letteratura, dove esiste solo ciò che è più nobile ed elevato. Anche in questo Petrarca anticipa il gusto che sarà del Rinascimento. E non sarà un caso se nel Cinquecento il petrarchismo, l'imitazione di Petrarca, sarà un aspetto dominante.

Le irrequietudini religiose

Tuttavia, al di là di questa perfetta forma classica, si colgono anche nelle epistole latine le irrequietudini che costituiscono la psicologia petrarchesca, e che erano alla base dell'accanita ricerca interiore delle opere religiose. Anche qui il poeta è spesso chino su se stesso, a capire tormenti contraddizioni, oscillazioni, debolezze.

Troviamo i grandi motivi del pessimismo e dell'ascetismo cristiano: la fuga inarrestabile del tempo, che travolge e distrugge tutte le cose, la labilità e la vanità ingannevole dei beni mondani, le angustie e le miserie della vita, il suo precipitarsi affannoso verso la morte; per contro, l'aspirazione alla vita vera, in cui tutti vivremo in eterno, dove la dolcezza e il godimento sono inesauribili, in cui nulla muta e nulla può finire.

L'Africa

L'ideale classico si concreta significativamente anche nell'Africa. Si tratta di un poema

epico in esametri latini, ripreso più volte negli anni senza mai essere portato a termine. Argomento dell'opera è la seconda guerra punica. I modelli sono naturalmente latini: la materia è ricavata dalle Storie di Livio, ma moduli narrativi e stilistici, episodi e caratteri sono ispirati all'Eneide virgiliana. Il poeta vuole esaltare la gloria e la grandezza di Roma, in particolare le gesta di Scipione l'africano, il vincitore di Annibale.

La meditazione pessimistica

Ma accanto agli intenti epici,  il racconto delle gesta eroiche, sempre nell'Africa compaiono altri motivi, più soggettivi e sofferti. E significativo l'episodio più famoso del poema, quello di Magone morente, sulle cui labbra compaiono i temi più cari alla meditazione religiosa di Petrarca: la vanità delle cose umane, la vita che trascorre tra illusioni i e travagli, l'inquietudine dell'uomo, e, al fondo di tutto, la morte, unica cosa certa tra tante apparenze, che solo insegna ciò che veramente vale. In definitiva, come nelle opere di meditazione religioso-morale si afferma umanisticamente la fede nei valori della cultura e della bellezza formale, così, inversamente e complementarmente, i mesti accenti del pessimismo ascetico medievale risuonano in quelle opere che più direttamente sono ispirate agli ideali del classicismo. Le due tendenze sono in Petrarca sempre compresenti.

De viris illustribus

Il De viris illustribus (Gli uomini illustri) è una raccolta di biografie di illustri personaggi romani, Cesare, Scipione, Catone, ecc., Anche quest'opera è animata dall'intento di celebrare la grandezza di Roma, sulle orme delle Storie di Livio e di altri storici latini; ma anche qui troviamo gli stessi spunti pessimistici, di ispirazione cristiana, sulla fugacità della gloria e sulla miseria della condizione umana. Inoltre il racconto storico si tinge spesso di colori soggettivi, perché lo scrittore proietta nei personaggi le sue inquietudini e i suoi dubbi.

I Rerum memorandarum libri

Altra opera storica sono i Rerum memorandarum libri (Fatti memorabili), una raccolta di aneddoti raggruppati in categorie, per illustrare vari tipi di virtù. E'un'opera di gusto molto medievale, a causa del fine moralistico; ma vi è già uno spirito di novità, che rimanda al Petrarca filologo, ed è la cura di confrontare le fonti da cui sono ricavate le notizie e di discuterne la verosimiglianza.

Il Bucolicum carmen

La sostanza autobiografica, l'impulso ad analizzarsi e a confessarsi torna in altre opere latine. Il Bucolicum carmen (Carme pastorale) è una raccolta di ecloghe che imitano le Bucoliche virgiliane. L'ambientazione è pastorale e vengono toccati argomenti storici e morali.

LeEpistulae metricae

(Epistole in versi), trattano temi politici e morali, in obbedienza a quella 'missione' del dotto di cui il poeta si sente investito, ma, accanto ad essi, anche i motivi soggettivi più cari a Petrarca: la labilità delle cose e la fuga del tempo, l'incombere della morte, i contrasti interiori fra l'aspirazione alla purezza ascetica e l'attrattiva delle cose mondane, il desiderio del rifugio offerto dalla solitudine in una natura idillica, e soprattutto l'amore per Laura, che provoca ardori e tormenti, ma si attenua e impallidisce col trascorrere degli anni. Sono tutti motivi che parallelamente trovano espressione nella poesia volgare, nella limpida dizione delle liriche del Canzoniere.














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