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Oh fin troppo fortunati gli agricoltori, purché conoscano i loro beni

latino




Oh fin troppo fortunati gli agricoltori, purché conoscano i loro beni! Per loro spontaneamente lontano dalle discordie delle armi la fecondissima terra produce dal suolo facile nutrimento. Se l'alto palazzo dalle superbe porte non riversa da tutte le stanze,di 252e43c mattina, una grande marea di clienti che salutano, nè restano a bocca aperta davanti ai battenti intarsiati di bella tartaruga e alle vesti capricciosamente intessute d'oro e ai bronzi di Efira, se la biamca lana non è colorata con la porpora assira e l'uso dell'olio limpido non è alterato dalla cannella; ma non mancano una quiete sicura e una vita fallace ricca di varie risorse, e il riposo negli ampi poderi, le spelonche e i laghi naturali e la fresca valle di Tempe e i muggiti di buoi e placidi sonni al riparo di un albero; lì gole e tane di bestie selvagge e una gioventù resistente al lavoro e abituata al poco, culto degli dèi e venerazione dei genitori; fra loro la giustizia, quando si allontanò dalla terra, segnò le sue ultime impronte. In primo luogo proprio me le Muse, dolci sopra ogni cosa,di cui io porto le sacre insegne colpito d'amore, possano accogliere e mostrino le vie del cielo e le stelle, le diverse eclissi del sole e le fatiche della luna; da dove (provenga) il terremoto,quale forza rigonfi i mari profondi, rotti i ripari, e di nuovo si ritirino in se stessi, perché i soli invernali si affrettino tanto a tuffarsi nell'oceano o quale indugio pesi sulle notti lente a trascorrere. Se invece il sangue freddo intorno al cuore mi impedirà di accedere a queste parti della natura, piacciano a me le campagne e i fiumi che irrigano le vallate, possa io amare senza gloria i fiumi e le selve. Oh, là dove sono le campagne dello Spercheo e le cime del Taigeto frequentate durante i riti bacchici dalle vergini spartane! Oh, chi mi porterà tra le gelidi valli dell'Emo e mi riparerà con l'enorme ombra dei rami! Felice chi ha potuto investigare le cause delle cose e mettere sotto i piedi tutte le paure, il fato inesorabile, lo strepito dell'avido Acheronte. Fortunato anche colui che conosce gli dei agricoli, Pan e il vecchio Silvano e le Ninfe sorelle. Quell'uomo non possono turbare i fasci popolari, né la porpora dei re né la discordia che inquieta i fratelli che si tradiscono o i Daci che calano dal Danubio una volta fatta un'alleanza, non le vicende di Roma e i regni condannati a morire; e quello non si duole avendo pietà per il povero né invidia il ricco.









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