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PERSECUZIONE
DEI TRENTA (II)
Dopo essersi spartite le case dei meteci, vi si arrecarono; e scoprirono me che avevo degli ospiti a pranzo; cacciati via questi, mi consegnano a Pisone, mentre gli altri, entrati n 828d39i ell'officina, facevano l'elenco degli schiavi. Io domandai a Pisone se fosse disposto a liberarmi in cambio di una somma di denaro; e quello disse che l'avrebbe fatto, a condizione che il denaro fosse tanto. Allora confermai che ero pronto a dargli un talento in moneta e quello promise che l'avrebbe fatto. In verità sapevo che non aveva attenzione né per gli dei né per gli uomini, ciò nonostante, dato lo stato, mi sembrò che fosse necessario pretendere da lui un giuramento. Dopo che egli si impegnò, inveendo distruzione contro di sé e i suoi figli, che mi avrebbe tratto in salvo, una volta ricevuto il talento, entrato nella mia camera, apro lo scrigno; ma Pisone avvertendosene, mi segue e, considerando ciò che c'era dentro, chiama due dei suoi esecutori e ordinò loro di prendere ogni cosa che vi era dentro. E poiché egli ebbe non quanto era stato stabilito, signori giudici, ma tre talenti d'argento, quattrocento ciziceni, cento darici e quattro coppe d'argento, lo implorai di cedermi l'indispensabile per il viaggio, ma quello rispose che avrei potuto soddisfarmi, se avessi scampato l'esistenza.
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